Il dipinto entrò nelle raccolte Cariplo, a seguito dell’acquisizione dell’Istituto Bancario Italiano, come opera di ignoto pittore seicentesco, e così fu pubblicato nel volume del 1995 dedicato ai patrimoni delle banche lombarde. La scheda dedicata alla tela nella pubblicazione dedicata alle collezioni d’arte antica della Fondazione propone un’attribuzione a Giovanni Bernardo Carbone, artista genovese allievo di Giovanni Andrea de Ferrari ma soprattutto seguace ed emulo di Anton Van Dyck, che segnò profondamente il mondo artistico ligure, a seguito della sua presenza in città dal 1621 al 1627: dall’artista olandese Carbone trasse ispirazione nella sua ampia produzione ritrattistica, dove seppe dare spolvero alla capacità tecnica, soprattutto nella resa dei decori e delle stoffe.

Il dipinto della Fondazione costituisce un esempio significativo della sua arte, nella definizione virtuosistica dei pizzi della camicia e del ricco collare. Interessante appare la costruzione del dipinto, con il gomito sinistro proteso in avanti a creare lo spazio e la spalla destra leggermente arretrata. Il pittore sceglie una resa naturalistica del giovane uomo, raffigurato in una posa non ufficiale, con uno sguardo intenso rivolto verso lo spettatore, a cui sembra rivolgersi in un dialogo, evidenziato dal gesto della mano destra. Uno fra i riferimenti più vicini pare essere il Ritratto di prelato della Galleria di Palazzo Reale di Genova, collocabile tra il settimo e l’ottavo decennio del Seicento, epoca a cui andrebbe ascritto anche l’ovale della Fondazione e il Ritratto di gentiluomo nella londinese Wallace Collection, contraddistinto da un simile movimento della mano [1].