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Utente:Tom.Roosters/Sandbox

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Cesarina Prampolini

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Cesarina Prampolini (Villanova (MO), 15 aprile 1921 - Giugno 2014) è stata una partigiana italiana.

Avvicinamento alla Resistenza

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Si avvicina alla Resistenza in seguito alla morte del suocero, causata dal primo dei quattro bombardamenti che colpiscono la città di Modena. Con il soprannome di Marta e come staffetta prende quindi parte al CUMER (comando militare della Resistenza in Emilia-Romagna) e diviene membro, dal 5 aprile 1944, del CVL (corpo volontari della libertà).

« Se c'è bisogno vado anche a Bari, purché finisca questo lavoro! »
([1])

Passo che evidenzia lo strazio emotivo e i pensieri che la tormentavano in quegli anni.

Incarichi presieduti durante la guerra

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Staffette partigiane (villa del Borello)

Entra nella Resistenza come staffetta del CUMER (Divisione "Modena Pianura"), operando nelle zone di Modena, Reggio Emilia e Bologna. Organizza i Gruppi di Difesa della Donna e offre ospitalità ad alcuni soldati stranieri a casa sua, dando loro acqua e cibo. Le viene attribuito il grado di Capitano e viene riconosciuta partigiana italiana dal 5 aprile 1944 al 30 aprile 1945.

« Ho portato tanta stampa! Una volta mi avevano dato 5000 copie di un giornale, erano sei, cinque plichi così che dico: "Ma come faccio a nasconderli!", allora dice: "Eh, li metti sopra al manubrio con sopra una mano" e son venuta fino a Modena »
([2])

Passaggio che descrive il ruolo quotidiano della partigiana in un aneddoto ai limiti del reale, proprio in queste occasioni, infatti, molte donne sono state uccise nel tentativo di passare, trasmettere informazioni tra zone e città diverse.

All'arrivo degli americani a Modena, il 22 e il 23 aprile 1945, durante le parate e le feste di liberazione, la donna assume sempre un ruolo distaccato, non applaudendo mai ai soldati Alleati, poiché pur sempre la causa di numerosi morti.

Dopo la guerra

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Cesarina Prampolini dopo la guerra si impegna nel PCI e nell'UDI, non rivelando, almeno inizialmente, di aver fatto parte della Resistenza, per evitare gli stereotipi di genere che si erano creati nei primi anni del Dopoguerra, verso le partigiane italiane.

  1. Frase pronunciata dalla partigiana durante un'intervista del 10 aprile 1996, a cura di Anna Maria Agnini
  2. Tratto dal libro "A guardare le nuvole: partigiane modenesi tra memoria e narrazione", Liotti, Remaggi, pag. 215

Bibliografia

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  • Caterina Liotti (curatrice) Angela Remaggi (curatrice), A guardare le nuvole. Partigiane modenesi tra memoria e narrazione, Carocci (2004), ISBN 9788843029617
  • Roberta Pinelli, Dizionario biografico delle donne modenesi, Elis Combini editore in Modena (2019), ISBN 9788865091838