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Biografia del Melekh Mashiach/Capitolo 8

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CAPITOLO 8
CAPITOLO 8
Rotolo del Mar Morto - parte dello Scrollo di Isaia (Isa. 57:17-59:9)
Rotolo del Mar Morto - parte dello Scrollo di Isaia (Isa. 57:17-59:9)

Le Sette ebraiche

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Per approfondire, vedi Ebraicità del Cristo incarnato.

Il biblista che tenta di ricostruire la vita della Giudea all'inizio dell'era cristiana deve condurre un tipo di indagine che si concentri sulla natura e il significato delle varie sette ebraiche. La vita di Gesù non può essere chiaramente compresa finché non viene studiata in relazione alle sette da cui sono sorti i suoi amici e/o nemici.

Gli ebrei al tempo del Mashiach erano divisi nelle seguenti sette: Farisei, Sadducei, Esseni, Erodiani e Zeloti.

Per approfondire su Wikipedia, vedi le voci Farisei, Cristianesimo ed Ebraismo, Origini del cristianesimo e Paolo di Tarso e il giudaismo.

I farisei appaiono nel Nuovo Testamento, coinvolti in conflitti con Giovanni Battista e con Gesù, nonché col personaggio di Nicodemo il Fariseo (Giovanni 3:1) che, insieme a Giuseppe d'Arimatea, aiutò a deporre il corpo di Gesù nella tomba (Giovanni 19:39-42) a grande rischio personale. Gamaliele, il rinomato rabbino e difensore degli apostoli, era anch'egli un fariseo e, secondo alcune tradizioni cristiane, si convertì segretamente al cristianesimo. Esistono vari riferimenti nel NT a Paolo di Tarso come fariseo prima della sua conversione al cristianesimo.

Il Nuovo Testamento – particolarmente i Vangeli sinottici – soprattutto presenta la dirigenza dei farisei come ossessionata da regole artificiali (in particolare in materia di purezza), mentre Gesù è più interessato all'amore di Dio; i farisei disprezzano i peccatori mentre Gesù li cerca. (Il Vangelo di Giovanni, che è l'unico vangelo in cui è menzionato Nicodemo, in particolare ritrae la setta come divisa e disposta a discutere). A causa delle frequenti rappresentazioni nel Nuovo Testamento dei farisei come attaccati alle regole e boriosi, la parola "fariseo" (e suoi derivati) è entrata in uso quasi comune a descrivere una persona ipocrita e arrogante, che pone la lettera della legge prima dello spirito. Ad oggi quindi il termine fariseo nel linguaggio parlato non denota più un membro della setta religiosa ebraica, ma piuttosto una persona falsa, cattedratica, che guarda più alla forma delle proprie azioni e di quelle degli altri piuttosto che alla loro sostanza. La connotazione fortemente negativa del termine deriva principalmente dal fatto che Gesù usava spesso rimproverare i farisei e inveire contro il loro comportamento (sebbene Gesù fosse anche stato ospitato a pranzare da uno di loro – Luca 7:36-50), in quanto essi si consideravano essere i "maestri della Legge"; in secondo luogo, ciò deriva anche dalle lotte interne di gruppi e sette giudaiche esistite in contemporanea con quella dei farisei (tra cui i giudeo-cristiani) e che sarebbero state soppresse solo dopo la rivolta di Bar Kokheba. Gli ebrei di oggi, che sono fedeli all'ebraismo farisaico, tipicamente lo trovano insultante e alcuni considerano l'uso della parola come antisemita.

Alcuni hanno ipotizzato che Gesù stesso fosse un fariseo e che i suoi argomenti coi farisei erano un segno di inclusione piuttosto che di fondamentale conflitto (il dibattito e la disputa erano modalità narrative dominanti usate nel Talmud come ricerca della verità e non necessariamente un segno di opposizione o ostilità). L'enfasi di Gesù ad amare il prossimo (si veda Comandamento dell'amore), per esempio, fa eco all'insegnamento della scuola di Hillel. Le opinioni di Gesù sul divorzio (Matteo 5), tuttavia, sono più vicine a quelle della scuola di Shammai, un altro fariseo. Altri sostengono che il ritratto dei farisei nel NT sia una caricatura anacronistica. Sebbene una minoranza di studiosi seguano l'Ipotesi agostiniana per il problema sinottico, la maggior parte dei biblisti datano la composizione dei vangeli cristiani tra il 70 e il 100 EV, nel tempo dopo che il cristianesimo si era separato dal giudaismo (e dopo che farisaismo era emerso come la forma dominante). Piuttosto che un resoconto accurato delle relazioni di Gesù coi farisei e altri leader ebrei, questo punto di vista sostiene che i Vangeli riflettano invece la competizione e il conflitto tra primi cristiani e farisei per la guida degli ebrei, o rappresenti i tentativi dei cristiani di defilarsi dagli ebrei al fine di presentarsi in una luce più favorevole (e benigna) ai romani e agli altri pagani – rendendoli quindi una fonte tendenziosa in merito al comportamento dei farisei.

Esempi di passi controversi sono la storia di Gesù che dichiara perdonati i peccati di un uomo paralitico ed i farisei che chiamano tale azione una bestemmia (Marco 2) Nella storia, Gesù ribatte l'accusa di non avere il potere di perdonare i peccati e quindi li perdona, inoltre guarendo l'uomo. I cristiani interpretano la parabola del paralitico come dimostrazione che gli insegnamenti "costruiti" dai farisei avevano così "accecato i loro occhi" e "indurito i loro cuori", da farli perseverare nel rifiuto (a differenza delle folle) di accreditare la sua autorità. Di conseguenza, il NT descrive Gesù che affronta quella che egli reputa essere una saccenteria sentenziosa non-scritturale dei farisei in merito al peccato, alla infermità e alla malattia.

Alcuni storici tuttavia notano che le azioni di Gesù siano in verità simili e consistenti con le credenze e pratiche ebraiche del tempo, come riportate dai rabbini, che comunemente associano la malattia al peccato e la guarigione al perdono. Gli ebrei (secondo E. P. Sanders) respingono l'idea neotestamentaria che la guarigione sia stata criticata/disapprovata dai farisei, poiché non esiste fonte rabbinica che metta in questione o condanni tale pratica. Un'altra argomentazione asserisce che, secondo il NT, i farisei volessero punire Gesù per aver guarito la "mano inaridita" di un uomo durante lo Shabbat (Marco 3). Ma nessuna regola rabbinica è stata trovata secondo cui Gesù avrebbe violato lo Shabbat.

Alcuni biblisti credono che quei passi del Nuovo Testamento che appaiono più ostili contro i farisei, come il passo riportante le critiche di Gesù agli scribi e ai farisei, siano stati scritti dopo la distruzione del Tempio di Erode nel 70 EV. Solo il cristianesimo e il farisaismo sopravvissero alla distruzione del Tempio e i due rivaleggiarono per un breve periodo di tempo, fino a quando i farisei emersero come la forma dominante dell'ebraismo. Quando molti ebrei non si convertirono, i cristiani cercarono nuovi convertiti tra i pagani. I cristiani dovevano spiegare perché i convertiti dovessero ascoltare loro piuttosto che gli ebrei non messianici in merito alla Bibbia ebraica (Tanakh), e si dovevano inoltre dissociare dagli ebrei ribelli che tanto spesso respingevano l'autorità romana e l'autorità in generale. Venivano così percepiti come avessero presentato una storia di Gesù più in sintonia coi romani che con gli ebrei.

Per approfondire su Wikipedia, vedi la voce Sadducei.

I sadducei costituirono un'importante corrente spirituale del medio giudaismo (fine del periodo del secondo Tempio), e anche una distinta fazione politica verso il 130 AEV sotto la dinastia asmonea. Rappresentata eminentemente dall'aristocrazia delle antiche famiglie, nell'ambito delle quali venivano reclutati i sacerdoti di importanza più alta, nonché, in particolare, il Sommo sacerdote, la corrente dei Sadducei si richiamava, nel proprio nome, all'antico e leggendario Zadok (o anche Sadoq o Zadoq), sommo sacerdote al tempo di Salomone. Cercavano di vivere un giudaismo illuminato; politicamente erano realisti e quindi, a differenza degli zeloti, cercavano di trovare un compromesso anche con il potere romano.

Dei sadducei e della loro spiritualità non conosciamo molto, perché la loro fazione, ritenuta colpevole di collaborazionismo nei confronti dei romani, fu letteralmente sterminata durante la rivolta giudaica del I secolo. Quel poco che sappiamo ci è stato tramandato da Flavio Giuseppe che ha raccontato la prima guerra giudaica che, oltre ad essere una lotta di liberazione dalla dominazione straniera, fu anche una vera e propria guerra civile. Gli eventuali residui superstiti dei sadducei o furono assimilati dalla società romano-ellenica nella quale si rifugiarono, oppure si convertirono al cristianesimo. In ogni caso, dopo la catastrofe nazionale giudaica del 70 EV, culminata nella distruzione di Gerusalemme e del suo secondo Tempio, l'ebraismo riemerge coagulandosi attorno alla corrente spirituale dei farisei, avversaria dei sadducei e di questi ultimi non vi è alcuna traccia.

Sui sadducei cala, quindi, un velo che assomiglia molto ad una sorta di damnatio memoriae: i romani, che si erano appoggiati a loro per governare la Giudea, dovettero constatare il sostanziale fallimento della loro categoria in quanto amministratori e alleati. Dai farisei, che già ne avevano avversato la dottrina, i sadducei vennero parimenti ritenuti responsabili della catastrofe che aveva colpito la nazione ed il Tempio; per i cristiani, infine, i sadducei rimasero indelebilmente associati alle figure di Caifa ed Anna, rispettivamente, il sommo sacerdote che fece arrestare e condannare a morte Gesù e un precedente sommo sacerdote (in carica al tempo in cui Gesù avrebbe avuto 12 anni e sarebbe stato ritrovato dai genitori ad insegnare nel tempio).

I Sadducei erano la classe sacerdotale del tempio e l'aristocrazia laica di Gerusalemme. Accettavano solo il Pentateuco, respingendo ogni scritto posteriore e ogni tradizione orale. Il loro culto era incentrato sul mantenimento del loro poter nel tempio e sulla purità rituale della legge mosaica. Conservatori, concilianti con la cultura greca e collaborazionisti con i Romani, sono menzionati dai Vangeli come i "dottori della legge", protagonisti della Passione di Gesù.

Sulla dottrina dei sadducei non ci è pervenuto alcun testo scritto, pertanto non è possibile tracciarne un quadro preciso. Secondo quanto riferito da Flavio Giuseppe, essi sostenevano che si dovessero considerare valide solo le norme contenute nella cosiddetta Legge scritta, ossia quanto tramandato nei libri della Bibbia ebraica (Tanakh), o Torah, mentre i farisei ritenevano valide anche certe norme contenute nella Legge orale, ossia la tradizione interpretativa della Torah, trasmessa in maniera verbale dalle generazioni precedenti. A differenza dei farisei, che credevano nel giudizio dopo la morte con la ricompensa dei giusti e il castigo dei malvagi, i sadducei negavano l'immortalità dell'anima e l'esistenza di pene e premi nello Sheol; tuttavia, è lecito dubitare che avessero, al riguardo, una posizione di netta preclusione, perché l'evidenza archeologica delle modalità di sepoltura seguite dai sadducei attesta, in ogni caso, una fede nell'esistenza di un mondo ultraterreno del quale il defunto, alla morte, entra a far parte. Secondo quanto riportato dai Vangeli sinottici, i sadducei, al contrario dei farisei, non credevano alla risurrezione dei morti. Pare che non accettassero nemmeno la dottrina degli angeli, affermando che fossero pulsioni ispirate da Dio nelle creature umane o manifestazioni del suo potere. Il rifiuto della tradizione orale, fu, probabilmente, il fattore che consentì ai sadducei di aprirsi alla cultura dell'ellenismo, pur conservando la fede nel giudaismo, facendo di essi un’élite intellettuale ed imprenditoriale capace di esercitare notevole influenza persino nell'ambito della politica imperiale. La loro permeabilità agli influssi stranieri, connessa alla capacità di mantenere intatta la propria identità, è tipica dei ceti aristocratici di ogni tempo ed ogni nazione e l'opposizione ai sadducei da parte dei farisei riecheggia motivi di orgoglio nazionale e di rivalsa anti-aristocratica che troviamo, nella Storia, replicati numerose volte in diversi contesti. Sebbene i sadducei siano scomparsi dalla scena storica nel I secolo EV, ai loro insegnamenti si richiamarono i Caraiti, che ruppero con l'ebraismo rabbinico nell'VIII secolo; tuttavia una questione fondamentale distingue le due sette: i Caraiti credono nella resurrezione, nell'immortalità dell'anima e nelle ricompense e punizioni dopo la morte.

Per approfondire su Wikipedia, vedi la voce Esseni.

Gli Esseni furono un gruppo semita di incerta origine, nato forse attorno alla metà del II secolo AEV e organizzato in comunità monastiche. Erano comunità isolate e conducevano una vita eremitica o cenobitica.

Tra i gruppi ebraici di età ellenistico-romana, conosciuti e documentati anche da autori greci e latini, quello degli Esseni è forse oggi il più noto, a causa della scoperta, effettuata a Qumran nel 1947, dei manoscritti del Mar Morto, appartenenti a una comunità di questo tipo. Già nell'antichità avevano scritto su di essi, per ricordare i più rilevanti, Filone Alessandrino (Quod omnis probus liber sit), Flavio Giuseppe (Guerra Giudaica), che ci attesta di esserne stato discepolo, e Plinio il Vecchio (Naturalis Historia). Sulla loro origine e sul significato del nome (puri, bagnanti, silenziosi, pii) non c'è accordo tra gli studiosi. Molto probabilmente ebbero inizio dalla metà circa del II secolo AEV in epoca maccabea, e di essi non si fa mai menzione prima degli Asmonei.

Di vita appartata e solitaria, si erano organizzati, fuori dal contesto sociale, in comunità isolate di tipo monastico; protetti da Erode il Grande, al tempo di Gesù erano oltre 4 000 e vivevano dispersi in tutto il paese; circa 150 erano quelli residenti a Qumran. Questo sito andò incontro a una fine violenta nel 68 EV a opera dei romani a causa del loro coinvolgimento nelle sommosse negli anni della guerra che si concluse con il crollo di Gerusalemme. Prima della fine però riuscirono a nascondere la loro biblioteca nelle grotte circonvicine. Alcuni scampati, sembra, si unirono agli zeloti di Masada e ne condivisero la sorte. Lo proverebbe il ritrovamento, durante gli scavi del 1963 a Masada, di un frammento di pergamena dei Canti della santificazione del sabato noto dai ritrovamenti della grotta 4.

Sugli esseni si sono concentrate molte speculazioni esoteriche. Il controverso Ahmed Osman, ad esempio, nel suo libro "Fuori dall'Egitto", ha sostenuto che "Esseno" deve essere tradotto come "colui che segue Gesù (Essa)". Questa "ovvia" traduzione letterale è da tralasciare a causa delle indiscutibili assunzioni circa le origini della cristianità del I secolo EV. Gabriele Boccaccini dichiara che una etimologia per Esseni non è ancora stata trovata, ma che si applica anche a numerosi gruppi diffusi in tutta la Palestina che includono anche la comunità di Qumran (Boccaccini, "Beyond the Essene Hypothesis", 1998, p. 47). Infine il riferimento di Flavio Giuseppe a un "cancello degli Esseni" nel Tempio suggerisce che una comunità essena vivesse nel quartiere della città o che regolarmente accedesse a questa parte dei recinti del Tempio. Gurdjieff, nel suo libro "I racconti di Belzebù a suo nipote", sostiene che gli Esseni sono stati i veri e più fedeli seguaci di Gesù.

Il Padre della Chiesa Epifanio (che scrisse intorno al IV secolo EV) sembra fare una distinzione tra due gruppi principali all'interno degli Esseni: "Coloro che vennero prima di lui [Elxai, un profeta Esseno], gli Ossaeni e i Nazareni." (Panarion 1:19). Epifanio descrive ogni gruppo nel modo seguente:

"I Nazareni - erano Ebrei per provenienza - originariamente da Gileaditis [dove i primi seguaci di Yeshua fuggirono dopo il martirio di Giacomo, fratello di Gesù], Bashaniti e Transgiordani...Essi riconoscevano Mosè e credevano che avesse ricevuto delle leggi, ma non la nostra legge ma altre. E così, essi erano Ebrei che rispettavano tutte le osservanze ebraiche, ma non offrivano sacrifici e non mangiavano carne. Essi consideravano un sacrilegio mangiare carne o fare sacrifici con essa. Affermavano che i nostri Libri sono delle falsità, e che nessuno dei costumi che essi affermano sono stati istituiti dai padri. Questa era la differenza tra i Nazareni e gli altri..." (Panarion 1:18)
  • Esseni "Ossaeani":
"Dopo la setta dei [Nazareni] viene un'altra setta legata strettamente a essi, chiamata Ossaeani. Costoro sono Giudei come i primi... originari della Nabataea, Ituraea, Moabitis e Arielis, le terre oltre il bacino che le Sacre Scritture chiamavano Mare di Sale... Sebbene siano diverse dalle altre sei sette essa si è separata da loro solo perché proibiscono l'uso dei libri di Mosè come fanno i Nazareni." (Panarion 1:19) Giuseppe aggiunge: "Oltre a essi, esiste un'altra frangia di Esseni che concordano per leggi e costumi ma differiscono nella visione del matrimonio." (Guerra Giudaica 2.160).

Alcuni gruppi moderni che rivendicano una connessione con l'Essenismo, rivendicano anche la collocazione degli Ossaeani, che incoraggiavano il celibato, che sarebbe stata attorno all'area di Qumran; e dei Nazareni, che incoraggiavano il matrimonio, e sarebbero stati attorno all'area del Monte Carmelo.

Leggi, usanze, teologia e credo

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I resoconti di Giuseppe e Filone mostrano che gli Esseni (Filone: Essaioi) conducevano una vita strettamente celibe, ma comunitaria − spesso paragonata dagli studiosi alla vita monastica buddista e in seguito cristiana − anche se Giuseppe parla di un altro "rango di Esseni" che si sposavano (Guerra 2.160-161). Secondo Giuseppe, avevano usanze e osservanze come la proprietà collettiva (Guerra 2.122; Ant. 18.20), eleggevano un capo che attendesse agli interessi di tutti e i cui ordini venivano obbediti (Guerra 2.123, 134), era loro vietato prestare giuramento (Guerra 2.135) e sacrificare animali (Filone, §75), controllavano la loro collera e fungevano da canali di pace (Guerra 2.135), portavano armi solo per protezione contro i rapinatori (Guerra 2.125), e non avevano schiavi, ma si servivano a vicenda (Ant. 18.21) e, come conseguenza della proprietà comune, non erano dediti ai commerci (Guerra 2.127). Sia Giuseppe sia Filone hanno lunghi resoconti dei loro incontri comunitari, pranzi e celebrazioni religiose.

Da quanto si è dedotto, il cibo degli Esseni non poteva essere alterato (con la cottura ad esempio); e potrebbero essere stati strettamente vegetariani, mangiando principalmente pane, radici selvatiche e frutta. [senza fonte] Dopo un totale di tre anni di prova (Guerra 2.137-138), i membri appena unitisi prestavano un giuramento che comprendeva l'impegno a praticare la pietà verso la divinità e l'aderenza a principi morali verso l'umanità, per mantenere uno stile di vita puro, di astenersi da attività criminose e immorali, di trasmettere intatte le loro leggi e di preservare il libro degli Esseni e il nome degli Angeli (Guerra 2.139-142). La loro teologia includeva il credo nell'immortalità dell'anima e il fatto che avrebbero ricevuto indietro le loro anime dopo la morte (Guerra 2.153-158, Ant. 18.18).

Gli Esseni vengono discussi in dettaglio da Giuseppe e Filone. Molti studiosi credono che la comunità di Qumran, che presumibilmente produsse i Rotoli del Mar Morto, fu un ramo degli Esseni; comunque, questa teoria è stata disputata da Norman Golb e da altri studiosi. Alcuni suggeriscono che Gesù fosse un Esseno, e che la Cristianità evolse da questa setta dell'Ebraismo, con la quale condivide molte idee e simboli.

Secondo Martin A. Larson, gli oggi incompresi Esseni erano Ebrei Pitagorici, che vivevano come monaci. In quanto vegetariani e celibi, in comunità autosufficienti, che evitavano il matrimonio e la famiglia, essi predicavano una guerra incombente con i "Figli del Buio". In quanto "Figli della Luce", ciò rifletteva un'influenza separata dallo Zoroastrismo attraverso la loro ideologia parente del Pitagorismo. Secondo Larson, sia gli Esseni sia i Pitagorici ricordavano i thiasoi, o le unità di culto dei misteri orfici. Si discute tuttora sui possibili rapporti fra il Battista e la comunità degli Esseni.

Un'altra questione è la relazione tra gli Essaioi e i Therapeutae e Therapeutrides di Filone (si veda De Vita Contemplativa). Si può sostenere che egli considerava i Therapeutae come una branca contemplativa degli Essaioi i quali, diceva, ricercavano una vita attiva (Vita Cont. I.1).

Testi e documenti storici

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Gran parte dei documenti storici sugli esseni derivano dai ritrovamenti archeologici nel sito di Qumran, prima di questi ritrovamenti si conoscevano solo alcune citazioni da parte di scrittori antichi, in particolare Ippolito Romano, Plinio il Vecchio, Filone Alessandrino e Flavio Giuseppe (antichità Giudaiche e Guerre Giudaiche) che la chiamano “setta degli esseni” (Hasidim, in greco Haghoi cioè santi).

Nel 1947, in una zona desertica a 30 km da Gerusalemme, grazie a una scoperta fortuita da parte di un pastorello di nome Mohammed Adh Dhib vennero rinvenute delle giare contenenti dei rotoli di pelle avvolti in brandelli di tela. Il materiale in larga parte venne rivenduto a un trafficante di nome Kando che a sua volta lo rivendette al governo israeliano. Negli anni seguenti sono stati rinvenuti, in undici grotte della zona, circa 900 rotoli, alcuni ridotti in frammenti altri in discreta condizione di integrità. Ben 200 di essi riguardavano libri o parti di libri dell'antico Testamento.

In particolare l'intero rotolo di Isaia, oggi conservato nel Museo detto Scrigno del Libro a Gerusalemme. Vennero ritrovati anche i rotoli con le regole della comunità e tanti altri che permisero di far luce sulla misteriosa comunità essena. Un team di studiosi internazionale presieduto da padre De Vaux, un domenicano residente in Giordania, ma costituito da studiosi anche acattolici ed ebrei cominciò a studiare i reperti sin dalla metà degli anni cinquanta. Lo studio, non sappiamo se volutamente o meno, è stato piuttosto lungo e laborioso. Oggi, dopo circa sessant'anni dalla scoperta, tutto il materiale è stato messo a disposizione della comunità scientifica.

Tra i principali documenti pubblicati vi sono:

  • la Regola della comunità;
  • la Regola dell'assemblea;
  • la Regola della guerra dei Figli della Luce contro i Figli delle Tenebre;
  • I rotoli di Isaia
  • il Commentario ad Abacuc;
  • il Documento di Damasco.

Usi e costumi esseni

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Le loro speranze messianiche erano riposte nel "Re dei Giudei" che li avrebbe liberati con le armi dal giogo pagano per edificare il Regno terreno di YHWH e nel sommo sacerdote, ossia nel messia (Mashiach), Aronne. Nei loro testi fanno riferimento ad un Maestro di Giustizia morto a causa della sua lotta contro l'empietà.

Abolita ogni proprietà personale, praticavano la comunanza dei beni, si contentavano del necessario e, di quanto producevano o possedevano in comune, facevano baratto. Dediti ai lavori di agricoltura e di artigianato, alternavano ore di attività con momenti di preghiera. Contrari alla violenza e attenti al rispetto degli animali, che non sacrificavano, rifiutavano di essere arruolati e di fabbricare armi, professando l'uguaglianza di tutti gli uomini e si dichiaravano "artigiani di pace".

Dediti al servizio di Dio nel celibato, gli Esseni coltivavano la pietà e la coerenza etica, come prescriveva la Torah che leggevano di continuo, specialmente di Shabbat, giornata che trascorrevano nell'osservanza più rigorosa. In questo giorno si svolgeva la lettura solenne, commentata da uno dei più colti fra loro, secondo l'esegesi allegorica. Cominciavano la giornata con la preghiera davanti al Sole, lavoravano in silenzio fino alle undici quando insieme, cinti di un panno di lino, facevano abluzioni di acqua fredda; solo dopo questo bagno entravano nel refettorio loro riservato per il pasto frugale, consumato soltanto dopo una preghiera di benedizione da parte di un sacerdote. Terminato il pasto, elevavano una preghiera di ringraziamento, si toglievano la veste bianca comune e riprendevano il lavoro in silenzio fino a sera, quando insieme si riunivano per un altro pasto comunitario. L'ammissione alla comunità, avveniva tramite l'adozione di figli altrui, o l'accesso di nuovi giovani adepti. L'ammissione era peraltro selettiva e solo dopo tre anni di iniziazione, costituita da prove, si entrava a far parte del gruppo con un pasto comune e un giuramento solenne davanti alla comunità: con questo atto i neofiti assumevano l'impegno di essere totalmente leali e di non rivelare nulla ai profani, neppure se torturati a morte. Gli iniziati dovevano tacere soprattutto sulle dottrine esoteriche dei libri antichi e sui nomi degli angeli, oggetto di speculazione mistico-teologica. La struttura del gruppo esseno era gerarchica e comprendeva i gradi di postulante, di novizio e di iniziato. Sotto il profilo dottrinale gli Esseni sostenevano l'immortalità dell'anima e professavano un'escatologia di retribuzione per buoni e malvagi. Ammettevano pure la resurrezione, il giudizio finale e la fine del mondo. Tra loro, dice Giuseppe Flavio, vi furono veggenti e profeti.

Il gruppo degli Esseni subì influssi esterni all'ebraismo: la sottolineatura del dualismo bene-male, l'atteggiamento di venerazione di fronte al Sole, la dottrina sugli angeli, la presenza di bagni rituali si collegano a tradizioni iraniche o parsi. Così come il celibato, il cenobitismo, la riprovazione dei sacrifici cruenti e dell'olio, rinvierebbero a tradizioni buddhiste, se avessimo comprovati documenti di contatti culturali tra India e Palestina nel periodo ellenistico-romano. Quanto al silenzio comunitario, agli anni di noviziato, alle vesti bianche, alle prescrizioni della dieta, all'esoterismo della dottrina garantita dal giuramento, all'escatologia, il collegamento con le scuole filosofiche greche viene quasi spontaneo, specie con la tradizione pitagorica.

I testi detti "Regola della comunità" e "Regola dell'assemblea" regolavano ogni aspetto della vita comunitaria degli esseni. Era previsto che in un gruppo di 10 uomini vi fosse almeno un sacerdote, che quando questi si riuniscono a cena per discutere e chiedere chiarimenti al sacerdote si disponessero a tavola secondo la scala gerarchica e che questi avessero a tavola sia del pane sia del vino; il primo a toccare pane e vino doveva essere il sacerdote (definito in quest'indicazione "messia d'Israele") che li benediceva, quindi tutti gli altri commensali, che benedicevano anche loro il pane "ciascuno secondo la propria dignità".

Rapporti tra esseni e zeloti

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Tra i reperti di Qumran si ritrovano tracce che collegano la comunità essena ai rivoltosi zeloti, come ad esempio il Rotolo della guerra.

« ...Sono divisi (gli esseni) fin dall'antichità e non seguono le pratiche nella stessa maniera, essendo ripartiti in quattro categorie. Alcuni spingono le regole fino all'estremo: si rifiutano di prendere in mano una moneta (non ebraica) asserendo che non è lecito portare, guardare e fabbricare alcuna effigie; nessuno di costoro osa perciò entrare in una città per tema di attraversare una porta sormontata da statue, essendo sacrilego passare sotto le statue. Altri udendo qualcuno discorrere di Dio e delle sue leggi, si accertano se è incirconciso, attendono che sia solo e poi lo minacciano di morte se non si lascia circoncidere; qualora non acconsenta essi non lo risparmiano, lo assassinano: è appunto da questo che hanno preso il nome di zeloti, e da altri quello di sicari. Altri ancora si rifiutano di dare il nome di padrone a qualsiasi persona, eccetto che a Dio solo, anche se fossero minacciati di maltrattamenti e di morte. »
(Ippolito Romano, Refutatio IX, 26)

Rapporti con il cristianesimo

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Alcune usanze essene erano molto simili a quelle cristiane dei primi secoli e ciò potrebbe essere dovuto alla comune origine giudaica e all'uso delle medesime scritture bibliche. Nonostante ciò, i numerosi paralleli esistenti tra gli scritti di Qumran e i vangeli canonici, hanno convinto un buon numero di studiosi del fatto che le dottrine e le tradizioni delle comunità essene abbiano costituito la base fondamentale sulla quale si è successivamente sviluppato il cristianesimo.

Gli indizi emersi dalle ricerche filologiche, storiche e archeologiche, testimoniano l'esistenza di rapporti tra esseni e cristiani, e legittimano l'ipotesi secondo la quale il cristianesimo e l'essenismo siano legati da una stretta parentela. In particolare, le scoperte dell'archeologo Bargil Pixner, documentate da vari esperti, tra i quali Rainer Riesner, hanno evidenziato un fatto di eccezionale rilevanza: il primo luogo di riunione della prima comunità cristiana a Gerusalemme, nonché il luogo ove si svolse l'ultima cena, era ubicato nelle immediate vicinanze del quartiere degli esseni a Gerusalemme: “esseni e primi cristiani sarebbero vissuti a Gerusalemme, per così dire, porta a porta” (Otto Betz, Rainer Riesner, Gesù, Qumran e il Vaticano, 1995). Ciò rende estremamente plausibile l'ipotesi di contatti diretti e frequenti tra esseni e cristiani. Inoltre, alcune evidenze di ordine storico, hanno convinto molti studiosi del fatto che siano avvenute conversioni in massa di esseni al cristianesimo. Secondo Otto Betz e Rainer Riesner: “Dobbiamo anche tener conto che un gran numero di esseni si convertì a Gesù come messia. Questi esseni convertiti formavano una cerchia di teologi che per quei tempi poteva ritenersi altamente qualificata. Essi erano in grado di pensare e studiare a fondo chi sia stato Gesù e in che modo ci abbia portato la salvezza”. Sul tema dei paralleli tra esseni e cristiani, i due autori affermano: “Vi sono stati occasionalmente, a dire il vero, dei tentativi di negare in ampia misura le somiglianze emerse, ma questi non necessari sforzi apologetici rimangono in minoranza”.

Similitudini con la dottrina cristiana

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Le similitudini con la dottrina cristiana sono numerosissime e possono essere divise, in linea di principio, in due categorie: similitudini filologiche e similitudini relative alle usanze rituali, alla teologia e alle consuetudini organizzative.

  • Similitudini filologiche:

Sono quelle che emergono dal confronto tra i manoscritti degli esseni e gli scritti del Nuovo Testamento. Secondo Betz e Riesner: “È davvero sorprendente constatare quanto spesso essenismo e cristianesimo primitivo facciano riferimento a un gruppo ben definito di testi veterotestamentari. Poteva esserci, qui, la stessa tradizione esegetica” (Otto Betz, Rainer Riesner, Gesù, Qumran e il Vaticano, 1995, p. 221). Jean Daniélou identifica questa comune tradizione esegetica in una raccolta di Testimonia messianiche (4QTest/4Q175) rinvenuta a Qumran, contenente una selezione di profezie dell'Antico Testamento, che sarebbe stata utilizzata anche dai primi cristiani (Jean Danielou, I Manoscritti del Mar Morto e le origini del cristianesimo, 1993, p. 37) Esistono, inoltre, paralleli filologici che risultano estranei alle tradizioni giudaiche veterotestamentarie. Ad esempio i temi relativi ai “figli della luce” e “i figli delle tenebre”, i “molti / la maggior parte”, la giustificazione “solo per grazia”, la figura del “mebaqqer” ("ispettore", ἐπίσκοπος) rappresentano punti di contatto presenti nell'essenismo e nel cristianesimo, ma assenti nelle tradizioni esegetiche del giudaismo coevo, rappresentato da gruppi quali i Farisei e i Sadducei, la cui impostazione culturale era improntata a una fedele e rigorosa osservanza e conformità agli scritti dell'Antico Testamento. Secondo Danielou, si tratta di temi “in cui è più chiara la dipendenza del cristianesimo nei confronti di Qumran” (Jean Danielou, Ibid., p. 33).

Per quanto riguarda le analisi filologiche comparative, André Paul afferma: “Tra gli scritti di Qumran e il Nuovo Testamento anche le rassomiglianze sono precise. Un dato testo particolare, una data espressione o titolo trovano in entrambi corrispondenze sorprendenti. La materia è così ricca che la scelta diventa necessaria” (André Paul, I Manoscritti del Mar Morto, 2002, p. 267). Le formule introduttorie del Nuovo Testamento erano invariabilmente più vicine alle formule di Qumran che alle formule mishnaiche, talvolta anche una traduzione letterale delle formule di Qumran. Certo è che i testi del Nuovo Testamento mostrano numerosi paralleli e punti di contatto con quelli di Qumran. Poiché gli scritti esseni sono più antichi di quelli cristiani, è logico supporre che i primi possono avere influito sui secondi.

  • Similitudini relative alle usanze rituali, alla teologia e alle consuetudini organizzative:

Anche in questi casi le similitudini risultano significative a causa della divergenza esistente tra l'essenismo e le coeve usanze e tradizioni giudaiche. Jean Danielou sottolinea che: “Fu quando la prima chiesa incominciò a svilupparsi, che essa dovette darsi una forma più istituzionale. E qui ancora emergono i punti di contatto con la comunità di Qumran. [...] Risulta così evidente che la prima comunità cristiana è immersa in un ambiente ebreo e vicino a Qumran, dal quale essa riprende numerose forme di espressione” (Jean Danielou, Ibid., p. 30-39).

Tra le usanze rituali e teologiche, che presentano significative similitudini tra essenismo e cristianesimo, si possono ricordare: i pasti comunitari, le preghiere quotidiane, il battesimo, il calendario solare, la Didaché, il Testamento dei XII patriarchi, la resurrezione dai morti, le beatitudini. Tra le consuetudini organizzative: il matrimonio e il divorzio, la comunione dei beni, l'organizzazione gerarchica, l'organizzazione giudiziaria, l'ascetismo, la vita associata, l'ospitalità. Nei paragrafi seguenti sono elencati alcuni paralleli tratti dai manoscritti di Qumran e dagli scritti neotestamentari, e altri aspetti riguardanti le usanze rituali e sociali delle rispettive comunità:

Scribi e Farisei
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La Comunità di Qumran presenta similitudini notevoli con la testimonianza evangelica; infatti nell'attesa della liberazione dall'oppressione romana, si ponevano in conflitto con la classe politica e sacerdotale (i sadducei etichettati come collaborazionisti), gli scribi e i farisei messi alla berlina anche da Gesù (farisei, sadducei, scribi, pubblicani... guai a voi! in Matteo 23)

Il rito cenobitico
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Era previsto che in un gruppo di 10 uomini vi fosse almeno un sacerdote, che quando questi si riuniscono a cena per discutere e chiedere chiarimenti al sacerdote si disponessero a tavola secondo la scala gerarchica e che questi avessero a tavola sia del pane sia del vino; il primo a toccare pane e vino doveva essere il sacerdote (definito in quest'indicazione "messia d'Israele") che li benediceva, quindi tutti gli altri commensali, che benedicevano anche loro il pane "ciascuno secondo la propria dignità".

Un esempio che si cita spesso è costituito dall'espressione “i molti / la maggior parte”, un termine generico che è venuto a designare un intero gruppo di fedeli in diversi passi del Nuovo Testamento. È probabile che nelle parole eucaristiche di Gesù, come sono riportate in Matteo e in Marco, il termine sia usato per indicare il gruppo dei discepoli, mentre nel testo parallelo, Luca abbia sentito la necessità di spiegarne il significato per i suoi lettori.

« Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” »
(Matteo 26:27-28)
« Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza, versato per molti” »
(Marco 14:23-24)
« Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi” »
(Luca 22:20)

Un caso più chiaro è nella Seconda Lettera ai Corinzi di Paolo:

« se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma in parte almeno, senza voler esagerare, tutti voi. Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dai più »
(2Co 2:5-6)

A Qumran i membri a pieno diritto sono designati con la stessa parola ebraica che sta dietro l'espressione paolina “i molti / la maggior parte”. La Regola della comunità detta norme su chi può parlare e quando può intervenire durante le assemblee generali di tutto il gruppo:

« Nella seduta dei molti nessuno proferisca alcuna parola senza il gradimento dei molti, né di colui che fa da ispettore dei molti »
(Regola della comunità VI, 11-12)

Il termine compare in questo senso: 26 volte nelle colonne VI-VIII, una volta nella colonna IX, e tre volte nel Documento di Damasco. In alcuni di questi casi è chiaro che “i molti” avevano funzioni giudiziarie, proprio come in 2 Corinzi:

« Inoltre nessuno introduca una causa contro il suo prossimo davanti ai molti se prima non v'è stata una ritenzione davanti ai testimoni »
(Regola della comunità VI, 1)

Grazie ai testi di Qumran, oggi è finalmente chiaro che le espressioni neotestamentarie “i molti” o “la maggioranza” indicano sempre la totalità degli uomini o dei membri della comunità.

Il rito eucaristico
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Il rito dell'eucaristia, descritto dall'evangelista Luca:

« poi preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo "questo è il mio corpo che è dato per voi: fate questo in ricordo di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi »
(Luca 22:19-20)

Presenta dei paralleli con alcuni riti esseni, tuttavia, come riferisce il Vangelo di Giovanni, durante la cena Gesù lavò i piedi ai suoi discepoli e disse loro di farlo l'un l'altro: {{Citazione|"Quando dunque ebbe loro lavato i piedi e ripreso le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: Capite quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono.
Se io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io.
In verità, vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato".|Giovanni 13:13-16

Alle similitudini eucaristiche con il rito esseno corrisponde una grande differenza: Non vi è ordine gerarchico, non vi è sottomissione di casta o di livello. Il maestro Gesù invece lava i piedi ai discepoli; ma soprattutto, gli esseni dovevano lavarsi -prima- di essere a tavola, non sarebbe stata tollerata perché impura, una vasca d'acqua per i piedi durante il pasto.

« ...in ogni luogo in cui saranno dieci uomini del consiglio della comunità, tra di essi non mancherà un sacerdote: si siederanno davanti a lui, ognuno secondo il proprio grado, e così, nello stesso ordine, sarà domandato il loro consiglio in ogni cosa. E allorché disporranno la tavola per mangiare o il vino dolce per bere, il sacerdote stenderà per primo la sua mano per benedire in principio il pane e il vino dolce... »
(Regola della Comunità, V)
« ...e quando si raduneranno alla mensa comune oppure a bere il vino dolce, allorché la mensa comune sarà pronta e il vino dolce da bere sarà versato, nessuno stenderà la sua mano sulla primizia del pane e del vino dolce prima del sacerdote, giacché egli benedirà la primizia del pane e del vino dolce e stenderà per primo la sua mano sul pane. Dopo, il Messia di Israele stenderà le sue mani sul pane e poi benediranno tutti quelli dell'assemblea della comunità, ognuno secondo la sua dignità. In conformità di questo statuto essi si comporteranno in ogni refezione, allorché converranno insieme almeno dieci uomini... »
(Regola dell'Assemblea, II)

Le similitudini non giustificano inoltre l'idea di una vera e propria derivazione del rito cristiano da quello esseno. Al riguardo scrive Hans Conzelmann:

« L'idea cristiana del pasto sacramentale e la sua forma sono state prese in prestito da modelli non-cristiani? Il giudaismo non ha sacramenti: l'idea che mangiando e bevendo determinate sostanze consacrate secondo un rituale determinato si crea la comunione con Dio, gli è estranea. Però esistono, nel giudaismo, pasti sacri, soprattutto la cena di "pesah" che si celebra una volta l'anno in ricordo delle liberazione del popolo dalla schiavitu' di Egitto. I cristiani hanno molto presto interpretato la loro Santa Cena come cena di "pesah": Cristo morendo era il vero agnello di pesah (pasquale)... Recentemente si è portato l'esempio della setta di Qumran, che celebrava due volte al giorno il suo pasto con pane e mosto. Ma anche questa è soltanto un'affinità esteriore. »
(Le origini del Cristianesimo, 74-75)

Partendo dall'ebraicità di Gesù appariva piuttosto difficile giustificare il rito eucaristico, ossia il cibarsi del sangue e della carne del dio, atto apertamente blasfemo per la comunità ebraica del tempo sebbene piuttosto diffuso in altre religioni orientali. Questo tema era già sentito in età apostolica, e la lettera agli ebrei dà un'interpretazione rivolta all'ebraismo della morte di Cristo, mettendola in relazione con i sacrifici del Tempio di Gerusalemme, durante i quali gli animali venivano uccisi e consumati.

Il tema del deserto
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Il tema del deserto, presente nel racconto su Giovanni Battista dell'evangelista Marco:

« Come è scritto nel profeta Isaia: "Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" »
(Marco 1:2-3)

Presenta dei paralleli con un passo della regola della comunità:

« [...] in base a queste norme saranno separati di mezzo al soggiorno degli uomini dell'ingiustizia per andare nel deserto a preparare la via di lui, come sta scritto "nel deserto preparate la via, appianate nella steppa una strada per il nostro Dio [...] »
(Regola della Comunità, VIII, 13-14)

Entrambe le citazioni provengono da un passo del profeta Isaia, riportato nel libro di Isaia:

« Preparate nel deserto la via del Signore, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio! Ogni valle sia colmata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; i luoghi scoscesi siano livellati, i luoghi accidentati diventino pianeggianti. Allora la gloria del Signore sarà rivelata, e tutti, allo stesso tempo, la vedranno; perché la bocca del Signore l'ha detto. »
(Isaia 40:3-5)

Ma ciò non desta molta meraviglia in quanto il libro di Isaia era ampiamente utilizzato e copiato a Qumran ed era utilizzato da tutti gli ebrei per i risvolti messianici ed escatologici. Anche in ambito cristiano i risvolti profetici messianici ed escatologici vennero marcati e sottolineati.

I Figli della Luce
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Il tema della luce è presente in vari passi del vangelo di Giovanni:

« ...la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio ...
...Camminate mentre avete la Luce, perché non vi sorprendano le Tenebre; chi cammina nelle Tenebre non sa dove va. Mentre avete la Luce credete nella Luce, per diventare Figli della Luce ...
...Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre... »
(Giovanni 3:19-21;22:35-36;22:46)

Questo presenta dei paralleli con alcuni documenti esseni:

« ...Per il saggio affinché ammaestri tutti i Figli della Luce... In una sorgente di Luce sono le origini della verità e da una fonte di Tenebra le origini dell'ingiustizia... »
(Regola della Comunità)
« ...allorché i Figli della Luce porranno mano all'attacco contro il partito dei Figli delle Tenebre... »
(Regola della Guerra)

Differenze con la dottrina cristiana

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La maggior parte degli studiosi che si occupano dello studio dei rotoli del Mar Morto concorda nel trovare affinità e consistenti similitudini comportamentali col primo cristianesimo, soprattutto di matrice giudaica. Il cristianesimo condivide infatti con il giudaismo il complesso delle scritture dette Antico Testamento, lo stesso concetto monoteistico di Dio e l'affermazione che egli è l'unico creatore. Vengono condivise le leggi morali della Torah, l'attesa del Messia, il concetto di resurrezione corporale, la credenza negli angeli e il giudizio finale. Gli esseni in definitiva non sono che una delle tante fazioni religiose che costituiscono il giudaismo di cui condividono le scritture e l'osservanza delle leggi cerimoniali levitiche; Dove si riscontrano difformità è invece per quanto riguarda il loro isolazionismo e il complesso sistema di norme che regola il loro tipico modo di vivere e il loro comportamento. Questo è concettualmente riassumibile in quattro termini: Ascetismo, legalismo, ritualismo ed esclusivismo.

La personalità del Gesù tratteggiata dai Vangeli e predicata dagli apostoli è tutt'altra; Gesù infatti si schiera contro l'ascetismo, non insegna a estraniarsi dal mondo come richiede il codice di vita esseno ma ad andare addirittura verso il mondo a predicare il vangelo di salvezza. L'ascetismo, nell'ambito del cristianesimo, comincerà a manifestarsi due secoli dopo con Sant'Antonio, i Padri del deserto e Pacomio. In occidente ancora più tardi con San Benedetto e San Bernardo.

Hans Conzelmann, critico storico, afferma al riguardo:

« ...L'atto di aver risuscitato Gesù' riguarda tutto il mondo. La chiesa non può ritirarsi, come fanno certe sette giudaiche, per godere della propria edificazione interiore. Questa correlazione fra la risurrezione di Gesù', fondazione della chiesa e mandato missionario è stata poi raffigurata nella scena del"comandamento missionario" (Matteo 28:16-29; Luca 24:46-49;Atti 1:8) »
(Le Origini del Cristianesimo, 56)

E ancora più specificamente:

« ...I cristiani avrebbero potuto ritirarsi ai margini della società come il gruppo di Qumran e tenere gli occhi fissi al cielo nell'attesa del ritorno del Figlio dell'uomo. In questo caso avrebbero abbandonato il mondo alle potenze malvagie riservando a se stessi uno spazio protetto e privilegiato....Comportandosi così però la chiesa non avrebbe veramente creduto in Dio... e il significato di Gesù sarebbe stato limitato al futuro apocalittico. Per la stessa ragione la comunità non si dà regole ascetiche né in materia di sesso, né di alimenti, né di vestiario. »
(Ibid.)

A chiarire ulteriormente il fatto, Hans Küng dell'università di Tubinga scrive:

« Dove stanno le differenze tra Gesù e i cenobiti esseni o i monaci di Qumran?...Nonostante qualche lineamento comune, tra Gesù e i monaci si apre un abisso.La comunità dei discepoli di Gesù non ebbe caratteri eremitici o monastici. 1) Nessuna segregazione dal mondo. Gli esseni si segregarono dal resto dell'umanità per tenersi lontani da ogni contaminazione. Vollero essere la comunità pura di Israele. Emigrazione all'interno! Ciò vale a maggior ragione per gli uomini di Qumran....Gesù invece,non pretende un'emigrazione interna o esterna che sia. non uno straniamento dal meccanismo del mondo,non un atteggiamento di fuga dal mondo. Teorie di tipo estremo orientate sullo sprofondamento interiore sono estranee a Gesù. Egli non vive in un convento e nemmeno nel deserto....La sua azione si svolge in pubblico,...in contatto persino con chi ha una pessima reputazione sociale, con chi secondo la Legge è impuro e come tale è aborrito da Qumran. »
(Essere cristiani)

e ancora chiarisce:

« Nessun ascetismo. Gli esseni assecondavano la loro aspirazione alla purezza dedicandosi a pratiche ascetiche....Vincolati alla Regola della comunità, 1QS....Gesù invece non è un asceta. Non esige mai sacrifici e rinunce fine a se stessi...né sollecita particolari pratiche ascetiche...Gesù difende i discepoli che non digiunano....Dovette anzi subire il rimprovero(storicamente certo) di chi lo definì un mangione e un bevitore. ....A nessun impose una legge del celibato...Rispetto alla cupa dottrina di Qumran ...il messaggio di Gesù appariva sotto molteplici aspetti lieto e liberatorio. 6)Nessuna regola monastica. La giornata degli esseni era regolata con severità: preghiera lavoro nei campi, a mezzodì lavacri e pasto comune,poi ancora lavoro e pasto comune alla sera.Tra loro lasciavano regnare il silenzio.....Si conduceva un'intensa vita liturgica. In Gesù niente di tutto questo;nessun noviziato, nessun giuramento d'ammissione, nessun voto.Nessuna regolare pratica devozionale...pasto o bagno rituale,nessun abbigliamento discriminante.A paragone di Qumran una imperdonabile flessibilità...Gesù non redige né regole né statuti. »
(Ibid., 216-217)

Nella sua opera "Gesù visto dai contemporanei", Frederick Bruce descrive le caratteristiche ascetiche della comunità essena:

« La comunità era composta di "volontari per la santità" e alla santità si teneva molto rigorosamente. Nessuno era costretto ad aderire ma coloro che lo facevano ,dopo un severo periodo di prova dovevano sottomettersi a una disciplina duramente ascetica...Se i farisei (gente separata) erano chiamati così perché erano tanto attenti a evitare le persone e le cose che potevano portare inquinamento religioso, gli uomini di Qumran criticavano i farisei perché non attuavano abbastanza a fondo la loro separazione e li soprannominavano " quelli che cercano cose morbide"... Immaginiamo cosa avrebbero pensato di Gesù, criticato perfino dai farisei perché, ai loro occhi,egli frequentava una compagnia così equivoca e trattava la legge con tale sovrana libertà. Gli uomini di Qumran sopportavano volentieri le privazioni cui dovevano sottomettersi nel loro studio coscienzioso e nella pratica delle leggi di Dio. »
(Bruce, Gesù visto dai contemporanei, 56)

Per quanto riguarda la presenza di pratiche ascetiche nel cristianesimo primitivo, e l'influsso che l'essenismo avrebbe esercitato su tali pratiche, esistono tuttavia numerose opinioni contrarie a quelle sopra enunciate. In particolare:

  • Adalbert Hamman, docente all'Istituto Patristico di Roma, afferma:
« Il rigorismo degli asceti cristiani non era una novità: esso era esistito anche tra i filosofi pagani, come Apollonio di Tiana e nel giudaismo. Dopo l’età apostolica, la continenza totale apparve come una delle meraviglie dello spirito. Essa fiorì a Corinto incoraggiata dall’apostolo Paolo. Ma verso la fine del secolo gli asceti divennero contestatari e nel nome dei loro carismi si eressero a critici e a giudici della comunità fino a originare delle consorterie e delle divisioni. Se Paolo fosse tornato, avrebbe potuto constatare che i suoi parrocchiani non erano cambiati. »
(La vita quotidiana dei primi cristiani, 1993, 196)
  • Jorge Sangrador, dell'Università Pontificia di Salamanca, ha condotto uno studio sul cristianesimo del I secolo in Egitto. Come è noto, la comunità di Alessandria in Egitto, rappresenta una delle più antiche istituzioni cristiane, costituita già nel I secolo, probabilmente a opera dell'evangelista Marco. Ebbene, sulla base di alcune testimonianze storiche, Sangrador afferma che, alle origini del cristianesimo alessandrino, ci sia stata la
« Comparsa immediata di un folto gruppo di credenti, formato da uomini e donne. Il primo frutto della predicazione di Marco? Fa pensare di sì il fatto che Eusebio ne parli subito dopo aver detto che Marco sarebbe stato inviato in Egitto con l'incarico di fondarvi una o più chiese [...]. I tratti distintivi, secondo Eusebio, di questi primi credenti sarebbero stati, in primo luogo, il loro numero elevato; la loro singolare forma di ascetismo, “ardente e conforme alla filosofia”, nella quale essi si esercitavano; e, infine, il tipo di esercizi che praticavano, le riunioni e i pasti che avevano in comune. »
(Il Vangelo in Egitto, 2000, 27)
  • Secondo Dietrich Bonhoeffer, teologo, l'ascetismo era parte integrante delle modalità di vita dei primi cristiani e derivava direttamente dagli insegnamenti del Cristo:
« Il regno dei cieli viene per quelli che, per amore di Gesù, vivono semplicemente “in privazioni e rinunce” »
(Sequela, 1971, 88)

e aggiunge:

« Gesù premette come cosa ovvia che i suoi seguaci mantengano la pia pratica del digiuno. Una severa pratica della continenza fa parte della vita di chi segue Gesù. Tali pratiche hanno l'unico scopo di rendere il seguace più pronto a intraprendere con gioia la via e l'opera che gli è stata comandata. La volontà pigra ed egoista, che non si vuol lasciar spingere al servizio, viene disciplinata, la carne viene umiliata e punita. Nella pratica della continenza si avverte chiaramente l'estraniazione della vita del discepolo dal mondo. Una vita in cui non viene mai praticato l’ascetismo, in cui fossero esauditi tutti i desideri della carne fin dove sono permessi dalla iustitia civilis, difficilmente si potrà preparare a servire Cristo. »
(op. cit., 148)

Questi autori dunque, affermano e documentano la presenza e l'ampia diffusione di pratiche ascetiche nel cristianesimo del I secolo, a partire sin dalle origini delle prime comunità cristiane: l'ascetismo era praticato da numerosi cristiani, ed era parte integrante dell'insegnamento che ricevevano all'interno della comunità di appartenenza. Esistono, inoltre, ulteriori testimonianze di numerosi autori che affermano la diretta derivazione dell'ascetismo cristiano dalle pratiche ascetiche degli esseni. In particolare:

« Quando oggi, tuttavia, si legge il Manuale di disciplina e il Documento di Damasco e si comprende che questi documenti provengono da ebrei di epoca pre-cristiana, si nota come ci fosse già nel giudaismo palestinese pre-cristiano un comune, ascetico tipo di vita religiosa che era precedentemente sconosciuto, almeno così in dettaglio. Poiché non si tratta semplicemente di una modalità di vita comunitaria, [...] ma di innumerevoli dettagli minori che sono straordinariamente simili a quelli delle più recenti comunità monastiche e religiose nella chiesa cristiana. [...] C'erano, tuttavia, i giuramenti obbligatori che i membri che entravano nell'alleanza [essena, ndr] facevano; erano ovviamente gli antecedenti dei voti cristiani. Quindi si vedono nella comunità di Qumran molti precedenti di cose che si svilupparono nella forma cristiana della vita monastica. Anche lo stesso ritirarsi nel deserto di Qumran e il tentativo di vivere lì una vita comunitaria in obbedienza alla legge di Mosè forniscono analogie per il più recente movimento cristiano. Per non menzionare le procedure che la comunità di Qumran elaborò per l'ammissione, la verifica e l'educazione dei candidati che si offrivano volontariamente a un tale stile di vita. »
(Qumran, 1994, 209)
« Un influsso essenico su più tarde correnti ascetiche nel cristianesimo primitivo è stato già ipotizzato da molti studiosi [1], ma, secondo la vicinanza qui sostenuta tra il quartiere essenico di Gerusalemme e la comunità primitiva [cristiana, ndr], tali tendenze potrebbero farsi risalire già ai primi giorni del cristianesimo primitivo. »
(Esseni e prima comunità cristiana a Gerusalemme. Nuove scoperte e fonti, 2001, 148)

In conclusione, la maggior parte degli esperti citati, non solo concorda nel collocare gli inizi dell'ascetismo cristiano in un'epoca corrispondente alla formazione delle prime comunità cristiane, nel I secolo, ma afferma anche che queste pratiche ascetiche furono importate dall'essenismo.

Gesù è uno che viola il sabato e le prescrizioni rituali: è spesso accusato di essere uno che mangia e beve con i peccatori e le prostitute, cosa inconcepibile per un esseno il quale, prima di mettersi a tavola, doveva purificarsi con delle abluzioni rituali e vestirsi di bianco. Riferiscono i vangeli:

« ..in un giorno di sabato egli passava per i campi di grano. I suoi discepoli strappavano delle spighe e, sfregandole con le mani, mangiavano il grano. E alcuni farisei dissero: «Perché fate ciò che non è lecito di sabato?»
Gesù rispose loro: «Non avete mai letto ciò che fece Davide, quand'ebbe fame, egli e coloro che erano con lui? Come entrò nella casa di Dio, e prese i pani di presentazione, ne mangiò e ne diede anche a quelli che erano con lui, benché non sia lecito mangiarne se non ai soli sacerdoti?» E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato». Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C'era lì un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se avrebbe fatto una guarigione di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma egli conosceva i loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Alzati, e mettiti in mezzo!» Ed egli, alzatosi, stette in piedi.
Poi Gesù disse loro: «Io domando a voi: è lecito, di sabato, far del bene o far del male? Salvare una persona o ucciderla?» E, girato lo sguardo intorno su tutti loro, disse a quell'uomo: «Stendi la mano!» Egli lo fece, e la sua mano fu guarita. Ed essi furono pieni di furore e discutevano tra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù. »
(Luca 6:1-11)

Non era questa la veduta essena; gli Esseni non avrebbero mai profanato il sabato né per procurarsi del cibo né tantomeno per operare una guarigione:

« Se un uomo vivo cade in una buca d'acqua o in un qualunque altro posto, nessuno lo deve trarre fuori con una scala, una corda o qualche altro oggetto. »
(Regola di Damasco, 11.16-17)

La prescrizione così drastica in seguito venne attenuata; Il frammento 4Q251 dice:

« Un uomo non deve tirare fuori una bestia caduta nell'acqua. Se si tratta di un uomo caduto in acqua di Sabato, gli si getterà un capo di vestiario suo per tirarlo fuori. »
(Qumran 4Q251)

Ma era ancora quanto condannava Gesù il quale riteneva errato lasciar morire la povera bestia per osservare il rito prescritto nella legge.

« Gesù prese a dire ai dottori della legge e ai farisei: «È lecito o no far guarigioni in giorno di sabato?» Ma essi tacquero.Allora egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se gli cade nel pozzo un figlio o un bue, non lo tira subito fuori in giorno di sabato?» »
(Luca 14:4-6)
Esclusivismo
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Mai un esseno avrebbe avuto contatti con donne straniere, Gesù si incontra e parla con la donna samaritana, che se ne meraviglia (Giov. 4.5), accetta di essere unto d'olio profumato dalla peccatrice scandalizzando il Fariseo (Matteo 15.22) che lo ha invitato alla sua tavola.

Il testo del rotolo 1Qsa 2.3-8 vieta l'ammissione alla tavola della mensa di storpi e zoppi; Gesù afferma di esser venuto per loro e addirittura racconta la nota parabola del gran convito (Luca 14.15)

Nel testo del rotolo 4Q266 è raccomandato: ..stupidi, folli, matti, ciechi, storpi e zoppi non siano accettati nella comunità. Gesù invece va in cerca di loro (Luca 5:27-37), ed entra in casa di Simone il Lebbroso (Marco 14:3) cosa imperdonabile se fosse stato un esseno.

Qumran raduna eletti e giusti, Gesù cerca peccatori.
Il gruppo di Gesù è una comunità aperta e vi fanno parte tutti quelli che lo vogliono, il gruppo esseno è una comunità chiusa e segreta; degli apostoli conosciamo i nomi, degli esseni era vietato il divulgarli.

Gli esseni stabilivano gerarchie, (Rotolo 1Qs 6),; Gesù insegna... chi vuol esser grande fra voi sia il servitore.
La Regola Comunitaria di Qumran insegna ad amare i figli della luce e a odiare i figli delle tenebre, addirittura a maledirli, Gesù si contrappone a questo comando che, si noti, non si trova nell'Antico Testamento (ma era insegnato proprio dagli esseni) il suo monito: "Voi avete udito ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico ma io vi dico amate quelli che vi odiano".

Uso della lotta armata
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Infine il movimento esseno era un movimento politico-religioso che non respingeva la possibilità della lotta armata contro l'oppressore e contro i traditori. Secondo David Flusser:

« Gesù non era un rivoluzionario nel significato abituale di questa parola. A questo riguardo gli Esseni erano di un'altra tempra. Essi costituivano un movimento apocalittico e rivoluzionario. La loro ideologia della povertà era strettamente legata al loro insegnamento di una doppia predestinazione: essi erano i figli della luce, i poveri, eletti di dio che presto nella prossima fine dei giorni avrebbero preso possesso della terra grazie alle loro armi e aiutati dalle armate celesti. Allora sarebbero stati annientati i figli delle tenebre, il resto d'Israele e le nazioni...»
(Flusser, Jesus)

Una conferma della tesi secondo cui gli esseni non fossero alieni dalla lotta armata viene dal lavoro di Gerd Thiessen che afferma:

« Gli Esseni erano considerati dei pacifici (Flavio:De Bello Judaico 2,8,6 par135), anzi dei pacifisti (Filone, Quod omnis probus:12 par76): Venivano a patti con le autorità. Erode...poté utilizzare uno dei loro profeti come propagandista del proprio governo(Flavio:Antiquitates Judaicae:15,10,5, par 373 ss). Tuttavia il loro carattere apparentemente pacifico non deve trarre in inganno. Questi singolari "pacifisti" sognavano una strage imminente, nella quale essi, insieme con gli angeli di Dio avrebbero massacrato i figli delle tenebre, tra i quali erano compresi tutti gli stranieri e tutti gli infedeli del loro paese (cfr. Rotolo della Guerra 1QM). A differenza del movimento di resistenza essi rinunciavano certo a realizzare con metodi terroristici la volontà di Dio nel presente ma proprio per questo gioivano del grande terrore che si sarebbe instaurato negli ultimi giorni. Probabilmente gli Esseni videro nella rivolta giudaica del 69-70 la grande guerra della fine dei tempi: uno di loro di nome Giovanni, vi fu coinvolto in qualità di comandante di alcuni settori della Giudea (G.Flavio: De Bello Judaico 2,20,4 par 567); altri esseni vennero barbaramente torturati durante la guerra ( Bell.Jud: 2,8,10 par 152) e il loro centro di Qumran fu distrutto. »
(Gerd Thiessen, Gesù e il suo movimento, Analisi sociologica della comunità cristiana primitiva a pagg. 85-86 - op. cit. in bibliografia)

Anche Giuseppe Flavio d'altronde riferiva che gli Esseni si difendevano con le armi dagli assalti dei briganti (De Bello Judaico: 2,8,4 par 125- da citaz. nell'opera di Thiessen a p. 53).

L'analisi dello studioso David Flusser, (in "Jesus" op. cit.) è ancora più decisa nel considerare che proprio l'aspettativa messianica degli esseni, che escludeva chiunque non fosse dei loro, aveva convinto Giovanni Battista (che sembrerebbe aver avuto contatti con loro) ad allontanarsene; afferma infatti:

"Giovanni è così vicino agli Esseni da non potersi escludere che abbia fatto parte della loro comunità, ma dovette lasciarla perché contrario alla loro tendenza settaria e perché voleva rendere possibile la conversione in vista del perdono dei peccati a tutti gli Israeliti." (p.47)

« ..Malgrado l'influenza indiretta che sembra aver subito da parte degli Esseni, Gesù affondava le sue radici nel giudaismo universale e non settario, quindi in un'ideologia e in una pratica che erano quelle dei farisei. Gesù non era un rivoluzionario nel significato abituale di questa parola. A questo riguardo gli Esseni erano di un'altra tempra. Essi costituivano un movimento apocalittico e rivoluzionario. La loro ideologia della povertà era strettamente legata al loro insegnamento di una doppia predestinazione: essi erano i figli della luce, i poveri, eletti di dio che presto nella prossima fine dei giorni avrebbero preso possesso della terra grazie alle loro armi e aiutati dalle armate celesti. Allora sarebbero stati annientati i figli delle tenebre, il resto d'Israele e le nazioni.. »
(op. cit., 81 e 10)

La Regola della Setta infatti affermava così:

« "Odio eterno nei confronti degli uomini malvagi, lasciare loro i propri beni e nelle loro mani i loro salari essere come uno schiavo nei confronti del padrone che comanda e avere pazienza verso colui che domina. Però ognuno deve pensare con fervore al tempo della predestinazione che si avvicina e al giorno della vendetta". Da questa concezione gli Esseni hanno sviluppato una specie di umanismo disumano....."Non farò guerra agli uomini malvagi prima del giorno della vendetta ma non svierò la mia collera dagli uomini malvagi..." »
(Ibid., 113))

Flusser conclude: solo "Gli ambienti che vivevano ai margini dell'essenismo sono arrivati a superare la Teologia dell'odio."

Ma il movimento di Gesù, attuando gli insegnamenti del Maestro, almeno per i primi secoli, fu pacifista e disposto a sopportare la persecuzione. Era memore delle parole del Maestro ripetute di bocca in bocca e, in seguito, messe per iscritto:

« Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano; benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano. A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l'altra; e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare. E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro. Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. »
(Vangelo di S.Luca 6:27-36)

Si narra che molti soldati romani convertitisi al cristianesimo si rifiutassero di combattere e venissero messi a morte per questo.

Gesù e gli esseni

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Per approfondire, vedi Interpretare Gesù in contesto e Missione a Israele.

Per poter evidenziare l'importanza che l'essenismo ha rappresentato nei confronti della formazione del cristianesimo primigenio, Florentino Garcia Martinez e Julio Trebolle Barrera, utilizzando un linguaggio metaforico, affermano:

« Non è esagerato dire che prima delle scoperte di Qumran la figura di Gesù Cristo equivaleva a un frutto meraviglioso ed esotico, mentre adesso possiamo contemplarlo ancora sul suo albero, assieme a frutti sicuramente diversi ma pure dotati di una linfa comune che ciascun ramo trasforma a suo modo. Proprio i testi di Qumran consentono, come nessun altro testo, di comprendere le radici di questo albero e delle sue diverse ramificazioni, nonché di vedere come questa linfa comune venga trasformata in frutti molto diversi: »
(Martinez-Barrera, Gli uomini di Qumran, 1996, 318-319)

Stephen Hodge afferma che:

« Tutti gli studiosi concordano nell'affermare che l'importanza dei manoscritti del Mar Morto risiede nella luce che essi gettano sulla matrice di fondo del giudaismo da cui emersero Yeshua [Gesù, ndr] e i suoi insegnamenti, dal momento che prima delle scoperte di Qumran non si era a conoscenza di alcuna altra letteratura religiosa ebraica contemporanea. »
(Stephen Hodge, I Manoscritti del Mar Morto, 2002, 202)

J. H. Charlesworth aggiunge:

« Dovrebbe essere stato ormai abbondantemente chiarito che Gesù e gli esseni erano contemporanei, e che vi sono molte probabilità che Gesù abbia avuto una sommaria conoscenza delle loro dottrine e pratiche religiose, della loro interpretazione della Bibbia e dei loro costumi sociali. È possibile che egli sia stato influenzato da loro anche senza aver dovuto visitare il monastero di Qumran; e non si può escludere che abbia osservato alcune pratiche religiose degli esseni non-qumranici »
(J. H. Charlesworth, Gesù nel giudaismo del suo tempo, 1998, 90)

L'esperto Jean Danielou, descrive numerosissimi punti di contatto tra esseni e cristiani, tra i quali:

« Abbiamo visto che nell'ambiente in cui ci troviamo, la parola Deserto, senza altra indicazione, sembra designare la solitudine degli Esseni. Infatti il luogo tradizionale della Tentazione è sulla scogliera ove sono stati trovati i manoscritti, un po' a nord di Qumran. Il soggiorno del Cristo nel Deserto appare dunque come un ritiro in un centro di preghiera. Il tema della Tentazione fa pensare ai monaci di Qumran: per costoro l'uomo è diviso fra l'influenza dei demoni e quella degli angeli, e questa è la base della loro dottrina; ed è detto che il Cristo fu tentato dal demonio e che poi gli angeli lo servirono. »
(21)
« Il più antico catechismo cristiano ci è stato trasmesso in due opere del II secolo, la Didaché e l’Epistola dello pseudo barnaba, testi che utilizzano un materiale più arcaico. Questo catechismo è costruito sul tema delle due vie, quella della luce e quella delle tenebre; alla prima è preposto l'angelo di giustizia, alla seconda l'angelo di iniquità. È impossibile non riconoscere qui la struttura del catechismo di Qumran, tale e quale lo si trova all'inizio della Regola della comunità (III, 13 – IV, 26). Leggiamo in essa che esistono due spiriti, il principe della luce e l'angelo delle tenebre, e che le vie di questi due spiriti sono opposte. Questa dottrina delle due vie e dei due spiriti appare come uno dei punti in cui è più chiara la dipendenza del cristianesimo nei confronti di Qumran. »
(33)
« Sotto un altro punto sembra stabilita la dipendenza della prima comunità [cristiana, ndr] nei confronti delle usanze di Qumran. Il Nuovo Testamento e i primi autori cristiani citano sempre le stesse profezie dell'Antico Testamento in relazione al Cristo. A giusto titolo, si è concluso che dovevano esistere delle raccolte di queste profezie, a uso dei predicatori e dei catechisti, come, del resto, ce ne sono per date posteriori. E queste raccolte dovevano essere molto primitive, anteriori alla redazione degli scritti del Nuovo Testamento, che le utilizzano. Ora, una delle scoperte sensazionali di Qumran, sulla quale Allegro ha particolarmente attirato l'attenzione, è quella che concerne una raccolta di Testimonia messianiche [4QTest/4Q175, ndr]. È dunque verosimile che i cristiani abbiano improntato questo uso agli esseni. (pagina 37) »
(Jean Danielou, I Manoscritti del Mar Morto e le origini del cristianesimo, 1993)

L'importanza del manoscritto 4QTest/4Q175, è stata evidenziata, oltre che da Allegro e Danielou, anche da Florentino Garcia Martinez e Julio Trebolle Barrera: "...Questa attesa è esplicitata anche in un testo importante come 4QTest, che combina insieme quattro citazioni bibliche...". (Gli uomini di Qumran, 1996)

Lo studioso francese André Dupont-Sommer nei suoi studi sui testi qumranici pubblicati per primi è portato a tracciare una notevole serie di paralleli tra il maestro di giustizia (una figura carismatica presente nei manoscritti) e Gesù, come risulta da queste sue affermazioni:

« Il maestro di Galilea, come ci viene presentato negli scritti del Nuovo Testamento, sembra essere per molti aspetti una sorprendente reincarnazione del maestro di giustizia. Come quest'ultimo egli ha predicato la penitenza, la povertà, l'umiltà, l'amore del prossimo e la castità. Come lui egli ha esortato a osservare la legge di Mosè, tutta la legge, ma quella è divenuta completa e perfetta grazie alle sue rivelazioni. Come lui egli era l'eletto e il messia di Dio, il messia redentore del mondo. Come lui egli è divenuto oggetto di ostilità da parte dei sacerdoti, il partito dei Sadducei. Come lui egli è stato condannato e messo a morte. Come lui egli ha pronunciato il suo giudizio su Gerusalemme, che fu presa e distrutta dai romani per averlo messo a morte. Come lui, alla fine dei tempi egli sarà il giudice supremo. Come lui egli ha fondato una Chiesa i cui membri attendevano con trepidazione il suo ritorno glorioso. »
(The dead Sea Scrolls: A Preliminary Survey, 1952, 99)

Gesù era un esseno?

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Per approfondire, vedi Gesù e il problema di una vita e Immagini interpretative del Gesù storico .

La tesi dell'essenicità di Gesù nacque nel periodo dell'Illuminismo con Voltaire. Venne poi ripresa e sostenuta anche da altri. Ernest Renan autore di una Vita di Gesù nel 1893 asseriva che il cristianesimo è una sorta di essenismo vincente. Essi basavano le loro tesi essenzialmente sulle scarne informazioni disponibili fino allora. Successivamente alla scoperta dei rotoli di Qumran, la tesi è stata ripresa da molti storici; al riguardo le conclusioni restano divergenti.

Di fronte a un settore della storiografia che valuta le analogie e il comune utilizzo di testi sacri dell'Antico Testamento per asserire una derivazione cristiana dall'essenismo, vi sono altri studiosi (prevalentemente di area cristiana, ma anche ebraica) che sottolineano le profonde differenze teologiche e comportamentali emerse, nonché la predominanza di tematiche teologiche gnostico-filosofiche considerate poi eretiche dai vari concili ecumenici dei primi secoli. A questo proposito Joseph Ratzinger in merito ai rapporti tra Gesù, Giovanni Battista e gli Esseni nel primo capitolo del libro Gesù di Nazaret, scrive quanto segue:

« Ci colpisce la devota serietà di questi scritti: sembra che Giovanni Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità.
In ogni caso i manoscritti di Qumran presentano molteplici punti di contatto con l'annuncio cristiano. Non è da escludere che Giovanni Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa. »

Come anche resta curioso che nei Vangeli sinottici vengano citati tutti i gruppi religiosi presenti all'epoca di Tiberio in Palestina come i Sadducei, i Farisei, gli Zeloti e altri minori, tranne gli Esseni. Flusser sostiene che:

« ... Malgrado l'influenza indiretta che sembra aver subito da parte degli Esseni, Gesù affondava le sue radici nel giudaismo universale e non settario, quindi in un'ideologia e in una pratica che erano quelle dei Farisei. »
(David Flusser, Jesus, 81)

Analogamente afferma Schick:

« Somiglianze a parte a uno studio più approfondito dei testi risulta chiaro che Gesù non poteva essere stato un Esseno, né un "discepolo", né il"Maestro di Giustizia". Anche l'ipotesi che Gesù abbia vissuto a Qumran è completamente erronea. Il Messaggio di Gesù è in forte contraddizione con gli insegnamenti degli Esseni, che potrebbero essere riassunti con i concetti di ascetismo, legalismo, ritualismo ed esclusivismo. »
(Schick, Il fascino di Qumran, 102)

Hans Küng è ancora più radicale nella sua conclusione:

« La conclusione sembra inevitabile. La successiva tradizione anacoretico-monastica potrebbe richiamarsi, nel suo straniamento dal mondo e nella sua forma e organizzazione di vita, alla comunità di Qumran. Ben difficilmente a Gesù. Egli non incoraggiò nessuna emigrazione interna o esterna. I cosiddetti "consigli evangelici" come modello di vita — cessione dei propri beni alla comunità (povertà), celibato (castità), assoluta sottomissione alla volontà di un superiore (obbedienza), il tutto garantito da voti (giuramenti) — erano sicuramente una realtà a Qumran, non tra i discepoli di Gesù. »
(op. cit, 218)
Per approfondire, vedi Herodiani (Ἡρώδειοι).

Gli Erodiani (gr. Ἡρώδειοι, la. Herodiani) erano una setta di ebrei ellenistici citati nel Nuovo Testamento in due occasioni: prima in Galilea, e poi a Gerusalemme – essendo ostili a Gesù (Marco 3:6, Marco 12:13; Matteo 22:16; cfr. anche Marco 8:15, Luca 13:31-32, Atti 4:27). In ognuno di questi casi il loro nome è associato a quello dei Farisei.

Secondo molti interpreti, si intendevano cortigiani o soldati di Erode Antipa ("Milites Herodis", Girolamo); altri sostengono che gli Erodiani fossero probabilmente un partito politico pubblico, che si distingueva dai due grandi partiti storici dell'ebraismo post-esilico (i farisei e i sadducei) per il fatto che erano ed erano stati sinceramente amichevoli con Erode il Grande, il re dei Giudei, e con la sua dinastia. Gli Erodiani sono spesso menzionati nei vangeli nello stesso periodo dei farisei. Come i farisei, gli Erodiani volevano l'indipendenza politica per il popolo ebraico. A differenza dei farisei, che cercavano di restaurare il regno di Davide, gli Erodiani desideravano restaurare un membro della dinastia erodiana al trono in Giudea.

Il vescovo anglicano Charles Ellicott nota una coerenza nel formato con altre designazioni tipo "Mariani (sostenitori di Gaio Mario), Pompeiani (relativo a Pompeo il Grande), e, potremmo aggiungere, Christiani" (cfr. Ellicott's Commentary for English Readers). È possibile che, per guadagnare seguaci, il partito erodiano avesse l'abitudine di asserire che l'istituzione di una dinastia erodiana sarebbe stata favorevole alla realizzazione della teocrazia; e questo a sua volta potrebbe spiegare l'affermazione di Pseudo-Tertulliano (Adversis Omnes Haereses [1,1]) secondo cui gli erodiani consideravano Erode stesso come il Messia. La setta era chiamata dai rabbini Boetusiani come amica della famiglia di Boeto, la cui figlia Mariamne era una delle mogli di Erode il Grande.

Robert Eisenman della California State University, Long Beach sostiene che Paolo Apostolo fosse un membro della famiglia di Erode il Grande. Eisenman fa una connessione tra Paolo e un individuo identificato da Flavio Giuseppe come "Saulus," un parente di Agrippa." Un altro elemento spesso citato a sostegno della tesi secondo cui Paolo sarebbe un membro della famiglia di Erode si trova in Romani 16:11, dove Paolo scrive: "Salutate Erodione, mio ​​parente". Alcuni (cfr. Yigael Yadin, The Temple Scroll, 1985) pensano che gli Erodiani fossero un altro nome per gli Esseni che probabilmente scrissero i Rotoli del Mar Morto: "Non si sa nulla di loro oltre a quanto affermano i Vangeli... their precise relation to the other sects or schools among the Jews are consequently matters of conjecture." Flavio Giuseppe (Ant. 15) disse che Erode "continuò a onorare tutti gli Esseni". La gente avrebbe quindi potuto pensare che gli Esseni fossero i beniamini di Erode e chiamarli Erodiani.

Per approfondire su Wikipedia, vedi la voce Zelota.

Gli zeloti (in ebr. קנאים, Ḳanna'im) erano un gruppo politico-religioso giudaico apparso all'inizio del I secolo, partigiani accaniti dell'indipendenza politica del Regno di Giudea, nonché difensori dell'ortodossia e dell'integralismo ebraico dell'epoca. Considerati dai romani alla stregua di terroristi e criminali comuni, si ribellavano con le armi alla presenza romana nel Regno di Giudea. Svolsero un ruolo importante nella grande rivolta del 66-70, la maggior parte di essi perirono durante la presa di Gerusalemme da parte di Tito Flavio Vespasiano (70).

Il termine zelota, in ebraico kanai (קנאי), indica una persona dotata di uno zelo comportamentale nei confronti di YHWH. Il termine latino deriva dalla traduzione di kanai con il greco ζηλωτής (zelotes), che significa "emulatore", "ammiratore" o anche "seguace". La parola greca ζηλωτής è attestata come aggettivo e non come nome proprio di persona o di comunità, al più riferito a non precisate orde di Ebrei faziosi e patrioti, senza però fornire estremi né di testi né di autori greci. In tutta la Bibbia, la parola Zelota compare soltanto due volte, in riferimento all'apostolo Simone il Cananeo (in greco Σίμων ὁ Καναναῖος, Matteo 10:4, e Marco 3:18), "detto lo Zelota" (καὶ Σίμωνα τὸν καλούμενον Ζηλωτὴν, Luca 6:15, e Atti 1:13). Nella onomastica greca, l'articolo indica la parte del nome proprio di persona che segue il nome vero e proprio dato alla nascita dai genitori, come il nome proprio del padre o del luogo di dimora; invece il verbo καλεῖv ha il significato principale di chiamare, e i due secondari di invitare o denominare, nominare, soprannominare, dare un nome a qualcuno.

Storia e stile

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Nel I secolo lo zelotismo va impadronendosi gradualmente delle masse, urbane e ancor più di campagna, le porta al fanatismo e le conduce alla violenza dei predoni e dei sicarii, che porteranno alla catastrofe finale della prima guerra giudaica. La caduta di Gerusalemme tuttavia non segnò la sconfitta dello zelotismo; gli ultimi zeloti infatti, a capo dei quali c'era Eleazar Ben Yair, si rifugiarono, in un estremo tentativo di resistenza, nella fortezza di Masada, a sud del deserto di Giuda, vicino al Mar Morto. Quando si videro perduti, tutti i 960 zeloti si diedero la morte, con l'eccezione di due donne e di cinque bambini, che si erano rifugiati nei sotterranei.

Gli Zeloti difendevano ferocemente i precetti della legge mosaica, così come anche lo stile di vita ebraico e il nazionalismo israelita. In particolare gli Zeloti erano molto interessati nel difendere la Giudea dal dominio dei Romani, che venivano considerati idolatri e quindi nemici dell'ebraismo. Spesso venivano chiamati anche Sicarii, dal momento che andavano in giro con i pugnali (sicæ) nascosti sotto la cappa e che venivano utilizzati dagli Zeloti per ferire o persino uccidere chiunque fosse colto a compiere sacrilegi, atti offensivi o anche omissioni nei confronti della fede giudaica.

Fonti sull'origine del movimento zelota sono le testimonianze convergenti di Flavio Giuseppe Flavio e dell'evangelista Luca.

« In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei così detti sicari (Ekariots), che commettevano assassini in pieno giorno nel mezzo della città. Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondevano sotto le vesti dei piccoli pugnali e con questo colpivano i loro avversari. Poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e recitavano così bene da essere creduti e quindi non riconoscibili »
(Flavio Giuseppe ,Guerra Giudaica Libro II:254-13,3)

Robert Eisenman ha posto l'attenzione sulla presenza in alcuni riferimenti contemporanei del Talmud della parola zeloti, usata come sinonimo di kanna'im, ma non esattamente come un gruppo, piuttosto come preti vendicativi del Tempio (cfr. Eisenman, James the Brother of Jesus: The Key to Unlocking the Secrets of Early Christianity and the Dead Sea Scrolls, 1997). Sempre nel Talmud gli zeloti vengono criticati, accusati di non seguire i capi religiosi e sono anche chiamati Biryonim (בריונים), che significa "maleducati", "selvaggi" o "ruffiani" e sono condannati per la loro aggressività, per la loro riluttanza ai compromessi per salvare i superstiti della Gerusalemme assediata e per il loro militarismo cieco contro il parere dei rabbini in cerca di trattati di pace. Essi sono ulteriormente accusati di aver contribuito alla distruzione di Gerusalemme e del secondo Tempio e di aver garantito per la Giudea le punizioni e i tributi imposti da Roma. Secondo il Talmud babilonese (Gittin: 56b) i Biryonim hanno distrutto il valore decennale di cibo e legna da ardere nella Gerusalemme assediata al fine di costringere gli ebrei a combattere i Romani per disperazione. Questo evento ha portato direttamente alla fuga di Jochanan Ben Zakkai fuori da Gerusalemme, dove ha incontrato Vespasiano, un incontro a cui risale la fondazione dell'accademia di Yavneh, la quale ha prodotto la Mishnah, garantendo la sopravvivenza dell'ebraismo rabbinico. Gli Zeloti hanno sostenuto la violenza contro i Romani, i loro collaboratori ebrei e i Sadducei per aver razziato i loro approvvigionamenti e le altre attività della causa zelota. La testimonianza dello storico ebreo sulla dottrina degli zeloti è interessante:

« Giuda il Galileo introdusse una quarta setta i cui membri sono in tutto d'accordo con i Farisei, eccetto un invincibile amore per la libertà che fa loro accettare solo Dio come signore e padrone. Essi disprezzano i diversi tipi di morte e i supplizi dei loro parenti e non chiamano nessun uomo signore. »
(Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche, XVIII, 23)

È facile desumere da qui che lo zelotismo non è che un fariseismo estremo, che coinvolge il piano politico assieme a quello religioso per il fatto di non obbedire ad altri che a Dio. I termini che indicano i combattenti messianisti (chrestianoi in greco) sono:

  • in ebraico: Qanana (Cananei) e Bariona,
  • in greco: Zelotes e Lestes,
  • in latino: Sicarii, Latrones e Galilaei (Sicari, Ladroni e Galilei).

Zeloti tra gli apostoli di Gesù

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I passi biblici di Luca 6:15; Atti 1:13 potrebbero far intendere un coinvolgimento politico. In realtà la parola zelota può essere tradotto anche "zelante". Più articolata la questione circa il possibile coinvolgimento di alcuni apostoli:

  • Simone il Cananeo chiamato sempre Simone lo Zelota nel Vangelo di Luca, per distinguerlo da Simone Pietro (vedi la voce Simone il Cananeo). Secondo il Flos sanctorum lo storico gesuita Pedro de Ribadeneyra (1527-1611), biografo di sant'Ignazio, "Simone fu chiamato Cananeo, per la qual cagione San Luca lo chiamò in lingua greca Zelote; perché Cana in ebraico, è lo stesso che zelo in Greco";
  • Interpretando un passo del vangelo di Luca nel quale Giacomo di Zebedeo e suo fratello Giovanni chiedono a Gesù il permesso di incendiare un villaggio di samaritani dal quale il Cristo e i suoi seguaci erano stati respinti, lasciando intendere fosse quella la norma di comportamento. Ma il testo (Luca 9:51-56) riporta invece una minaccia di maledizione da parte dei due apostoli "Vuoi che diciamo che scenda fuoco dal cielo?", il che è una punizione divina e non un "incendio" doloso;
  • Negli Atti degli Apostoli, il fariseo Gamaliele, accomuna la situazione degli apostoli appena arrestati alla storia di due capi zeloti, Giuda il Galileo e Teuda:
« Ma essi, udendo queste cose fremevano d'ira, e si proponevano di ucciderli. Ma un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, onorato da tutto il popolo, alzatosi in piedi nel sinedrio, comandò che gli apostoli venissero un momento allontanati. Poi disse loro: «Uomini d'Israele, badate bene a quello che state per fare circa questi uomini. Poiché, prima d'ora, sorse Teuda, dicendo di essere qualcuno; presso di lui si raccolsero circa quattrocento uomini; egli fu ucciso, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi e ridotti a nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, ai giorni del censimento, e si trascinò dietro della gente; anch'egli perì, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi. E ora vi dico: tenetevi lontani da loro, e ritiratevi da questi uomini; perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma se è da Dio, voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio». »
(Atti 5:33-39)

Secondo le teorie di Eisemann, rigettate da alcuni studiosi tra cui il biblista Bart Ehrman (Gesù è davvero esistito?, 2013), l'elemento zelota nell'originale gruppo di apostoli sarebbe stato mascherato per dar modo alla Chiesa cristiana di Paolo di Tarso di assimilarsi all'elemento romano e di far proseliti tra i gentili. Universalmente riconosciuto come zelota da ambienti ecclesiastici e accademici è Simone il Cananeo. Barabba era probabilmente uno zelota che fu liberato da Pilato che, a sua volta, condannò Gesù alla crocifissione.

Per approfondire, vedi Serie cristologica, Serie misticismo ebraico, Serie maimonidea e Serie delle interpretazioni.