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Chimica forense/Campionamento

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Chimica forense

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La chimica forense, insieme ad altre materie facenti tutte più genericamente parte della categoria denominata “scienze forensi”, si occupa dell’applicazione di tecniche di chimica analitica al fine di aiutare le forze dell’ordine a risolvere questioni di carattere giudiziario. Sono quindi indispensabili nell’accertare o meno l’avvenimento di un reato e per aiutare nell’identificazione del colpevole. Infatti, il termine “forense” indica proprio un’attività che concerne il “fòro”, ovvero tutte le attività giudiziarie e le persone che le esplicano.

Nel caso specifico della chimica forense, il chimico aiuta nelle indagini svolte dalle forze dell’ordine analizzando il mezzo tramite il quale è avvenuto un reato (basti pensare ad esempio ai detriti che possono essere trovati a seguito di un incendio di natura dolosa, oppure ai residui di sparo provenienti da una pistola utilizzata per commettere un omicidio). I risultati di queste analisi, messi insieme ad altre considerazioni proveniente dalle altre scienze forensi, consentirà al giudice di esprimersi in merito alla colpevolezza o all’innocenza del sospettato.

La chimica forense si caratterizza in maniera peculiare rispetto alle altre branche della chimica analitica per diversi aspetti: primo tra tutti è sicuramente il modus operandi. Infatti, le analisi di tipo forense non vengono mai affidate ad un solo laboratorio ma a più laboratori, in modo tale da garantire l’attendibilità del risultato finale. Il campione da analizzare viene quindi prelevato in triplo: una per mano della “parte” che corrisponde al lato giudiziario nell’indagine, una seconda per mano della “controparte” che sarebbe la difesa dell’imputato ed infine il terzo campionamento, che prende il nome di “prova”, viene prelevato e affidato ad un laboratorio diverso dagli altri due e ha lo scopo di garantire con un terzo risultato che non siano state effettuate manomissioni al campione durante il processo di prelievo o di analisi. Ogni campione prelevato dev’essere sempre accompagnato durante tutto il suo percorso dalla “catena di custodia”, ovvero un documento con validità giuridica in cui vengono segnate tutte le azioni che coinvolgono il campione, così che un eventuale errore durante tutto il procedimento venga facilmente individuato permettendo quindi l’annullamento dell’esito finale.

Un altro aspetto distintivo della chimica forense è rappresentato dalla la quantità di campione da analizzare. Infatti, nelle analisi forensi si ha molto spesso a che fare con quantità di campione molto piccole. Per di più, gli analiti sono spesso contenuti all’interno di matrici molto complesse, come per esempio nel caso in cui si voglia determinare la presenza di un farmaco all’interno di fluidi biologici. Tutto ciò richiede quindi l’impiego di strumentazioni molto precise e sensibili, oltre che di opportuni sistemi di trattamento del campione o di rimozione delle interferenze. Esistono però delle tecniche qualitative applicabili in loco che possano dare già un’idea iniziale della presenza o meno della sostanza o del materiale di interesse. Ovviamente, nel caso di test positivo il campione andrà comunque analizzato in laboratorio tramite le strumentazioni idonee per aver la certezza dell’effettiva presenza dell’analita e per escludere il fatto che il test possa aver dato dei falsi positivi.

Campionamento

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La prima fase che accomuna qualsiasi tipo di analisi, che sia fatta per scopi forensi o meno, è il campionamento, essenziale quando si esegue una perizia. Si tratta di una fase molto delicata ed importante, in quanto la qualità dei risultati è strettamente correlata alla qualità del campione prelevato; eseguire un campionamento non corretto può portare quindi alla vanificazione dell'analisi e al conseguente invalidamento del risultato ottenuto. Tale procedura è affidata a tecnici qualificati. Per eseguire un corretto campionamento esistono tre obiettivi validi per qualsiasi tipo di sostanza che vanno tenuti ben presenti:[1]

  • la rappresentatività, ovvero il campione che viene prelevato deve rappresentare adeguatamente il materiale oggetto di indagine. Deve quindi contenere al suo interno tutte le caratteristiche della matrice di partenza e le relative proporzioni tra i componenti;
  • la casualità nel prelievo;
  • la corretta dimensione del campione prelevato, aspetto particolarmente influenzato dall'omogeneità del campione oggetto di analisi: tanto più il campione è omogeneo e tanto minore sarà la quantità necessaria da prelevare per garantire un'adeguata rappresentatività.

Per rendere una procedura di campionamento valida è importantissimo che il campione da analizzare sia scelto casualmente tra tutti i campioni dello stesso tipo. Si definisce infatti il campionamento casuale come la selezione di alcuni membri di una popolazione in modo tale che ogni membro appartenente ad essa possa essere scelto e che ognuno di questi abbiano la stessa identica probabilità di essere scelti (probabilità che in ogni caso dev'essere diversa da zero). Il campionamento casuale non è sinonimo di "a casaccio", ma prevede una certa pianificazione per garantire la casualità.[2] Il campionamento casuale può essere suddiviso in due categorie:[3]

  • Con sostituzione (SWR, dall'inglese "sampling with replacement"): il campione prelevato dalla popolazione viene sostituito una volta scelto.
  • Senza sostituzione (SWOR, dall'inglese "sampling without replacement"): il campione selezionato viene rimosso dalla popolazione e non viene più reinserito (potrà quindi essere scelto una sola volta).

Dal momento che è estremamente complicato selezionare un campione in modo totalmente casuale senza che vi sia un errore di pregiudizio, per garantire il principio di casualità nella selezione del campione si procede numerando ogni oggetto presente nella popolazione e, successivamente, si utilizza un generatore casuale di numeri per scegliere quale oggetto deve essere prelevato ed analizzato. Purtroppo, però, di fatto questo approccio è molto difficile da utilizzare, soprattutto per popolazioni contenenti migliaia di unità, quindi per garantire la casualità a livello pratico si procede suddividendo tutti i campioni della popolazione in base ad alcune caratteristiche che hanno in comune. Una volta creati questi sottogruppi si pongono all'interno di una "scatola nera" e si procede con l'estrazione del campione che verrà successivamente analizzato. Tale metodo di scelta del campione riduce al minimo ogni possibile errore di pregiudizio compiuto dall'operatore nello scegliere, garantendo la casualità nella scelta.[4]

Un altro aspetto da tenere sempre a mente durante il campionamento è che piccoli errori commessi in questa prima fase vengono difficilmente corretti nel corso delle analisi successive.[4] Anzi, tale errore tenderà a propagarsi, per cui un errore anche molto piccolo commesso durante la fase di campionamento può compromettere irrimediabilmente il risultato finale dell'analisi.

  1. Siegel, p. 5
  2. Siegel, p. 5
  3. Siegel, p. 6
  4. 4,0 4,1 Siegel, p. 7