Genova vista da illustri viaggiatori
La città di Genova, come molte altre località italiane ricche di fascino e di storia, è stata visitata, raccontata, amata e talvolta anche criticata da numerosi viaggiatori illustri. Le sue strade, le sue fontane, i suoi palazzi, le sue gallerie d'arte hanno destato lo stupore di molti di essi. Talvolta ne hanno registrato anche il disappunto ma, più spesso, anche una celebrazione la più sfacciatamente iconografica se non improbabile.
Caratterizzata da un'orografia irregolare ed ampia e priva, perciò, di uno scenario che la faccia somigliare ad una cartolina illustrata – e con un territorio solo parzialmente modificato dalla mano dell'uomo in maniera tale da farla divenire un'inaccessibile città-fortezza - la città sembra avere fatto leva, per suggestionare i suoi ospiti, più sulle proprie contraddizioni che non sulle proprie peculiarità.
Quello che segue[1] è, dunque, uno spaccato di storia della città - e dei suoi abitanti - vista ai raggi X attraverso il racconto vivo, la poesia, talvolta la cronaca, dei viaggiatori illustri che l'hanno visitata respirando l'aria dei caruggi del suo centro storico fra Sottoripa ed il Molo, frequentando o abitando le lussuose ville della collina di Albaro, passeggiando per il Parco dell'Acquasola o ammirando i sontuosi palazzi di Strada Nuova.
Turisti di buona memoria
[modifica | modifica sorgente]All'ombra del pronao del Teatro Carlo Felice
"Ho ricordato, lo confesso, i versi di Montesquieu sul piacere di lasciare Genova e il famoso proverbio italiano: "Mare senza pesci, donne senza bellezza, ecc. ecc.", scriveva Stendhal in Memorie di un turista (1837).
Una storia, quella del capoluogo ligure, scritta sui luoghi comuni che da sempre la accompagnano, ma - soprattutto - scolpita nei palazzi, nelle strade e nelle peculiarità degli abitanti che questi palazzi e strade hanno reso vivi con le febbrili attività delle rispettive sfere sociali.
Negli scritti consegnati al tempo, si può osservare come molti autori abbiano preferito riferire o, meglio, riferirsi alle persone piuttosto che ai luoghi che hanno fatto e fanno tuttora di Genova una città per certi versi unica, quasi per permettere di catturare una chiave di lettura originale che meglio aiuti a comprendere il perché - ma anche il come - di tante e tali bellezze frutto dell'ingegno e dell'arte dell'uomo, tutte assieme radunate.
Se per Cechov Genova è - lapidariamente - la città più bella del mondo (nelle parole di un personaggio del suo lavoro teatrale Il gabbiano), più sofferto deve essere stato l'approccio con la città per Nietzsche, secondo il quale Genova poteva essere paragonata a un sud che ha perso i colori e che nell'aprile del 1888 raccontava, scrivendo all'amico Peter Gast, di essersi aggirato [in città] come un'ombra fra i ricordi.
Rendo grazie alla sorte - aggiungeva poi - che mi ha fatto capitare in quella dura, austera città durante gli anni della "décadence". Per concludere subito dopo: Quando uno va a Genova è ogni volta come se fosse riuscito ad evadere da sé: la volontà si dilata, non si ha più coraggio di essere vili. Mai ho sentito l'animo traboccante di gratitudine, come durante questo mio pellegrinaggio attraverso Genova.
Dalle pagine di La mort hereuse (opera minore di Albert Camus) ai lavori dei letterati e dei viaggiatori alle prese con il Grand Tour, la città ligure (scarsa lingua di terra che orla il mare, per Camillo Sbarbaro) emerge comunque mai banale, priva di fascino, forse in virtù di quel senso di altezzosa alterigia mista a trasandatezza che ancor oggi la caratterizza.
Donne genovesi e marinai di tutti i mari
[modifica | modifica sorgente]Mark Twain, in Innocenti all'estero, 1867:
E ancora:
Nello scorrere del breve brano di prosa è racchiuso probabilmente il senso della bellezza mediterranea delle donne genovesi di metà Ottocento, coi loro vestiti ampi, il capo coperto da veli o talvolta, nelle fasce più popolari, mezeri multicolori di foggia mediorientale.
Ma Twain aiuta ancora a meglio conoscere e capire Genova, attraverso lo studio dei suoi abitanti, ampliando il suo punto di osservazione:
Nel medesimo anno, e più genericamente, Aleksandr Herzen poteva così stupirsi:
Marmo e ardesia: i palazzi di una città "solida"
[modifica | modifica sorgente]Nella Genova dei secoli scorsi - che doveva apparire, ai visitatori che la approcciavano tanto dal mare quanto da terra, come una austera nobildonna e una inespugnabile fortezza moresca al tempo stesso - i colori dominanti erano tre: il bianco, il grigio e il nero. Il bianco dei marmi splendenti delle sue chiese e dei suoi palazzi, ma anche delle statue che adornavano cortili e scalinate delle dimore destinate a diventare storiche e che ancor oggi punteggiano il percorso che si snoda dalla piazza delle Fontane Marose fino alla via Balbi, passando per l'attuale via Garibaldi, già Via Aurea. Il grigio delle costruzioni di solida pietra nelle quali i membri dell'oligarchia cittadina decidevano di volta in volta le forme di governo da adottare nella Repubblica di Genova. E, infine, il nero dell'ardesia, la pietra della vicina Val Fontanabuona che serviva per realizzare impenetrabili coperture e levigate scalinate. Solo qua e là facevano capolino le macchie rosse di case destinate al popolino ed edificate su semplici mattoni a vista, una forma di edilizia peraltro scarsamente usata anche nella Genova medievale.
Genova è la città dei contrasti, dei grandi palazzi e dei miseri "carruggi", scriveva nel 1896 lo scrittore spagnolo Vicente Blasco Ibanez. Per aggiungere poi:
E più avanti:
Ancora Twain [cit.]:
L'autore de Le avventure di Tom Sawyer, a questo punto, non risparmia una tirata ai padroni di casa, che naturalmente - scrive - sono tutti in campagna per l'estate (aggiungendo poi, modesto: e se fossero stati qui, probabilmente non ci avrebbero conosciuti abbastanza per invitarci a pranzo).
Sigmund Freud, che abitò a Rapallo, sulla riviera ligure di levante nel 1905, scriveva, in una lettera datata 17 settembre:
Da notare che due anni dopo, nel 1907, in Psicopatologia della vita quotidiana lo stesso Freud darà conto di una conversazione su Genova e i suoi dintorni avuta con un giovanotto che vuole nominare anche la località di Pegli ma riesce a ricordare questo nome soltanto dopo lunghi sforzi e solo grazie a fortuite assonanze fonetiche con un nome similare letto su un libro.
-
Statua di Ercole al Palazzo del Melograno
-
La statua è ospitata oggi in un grande magazzino
Genova vista dai poeti (con consigli da Flaubert)
[modifica | modifica sorgente]Cantata da poeti d'ogni nazionalità, fu definita da Francesco Petrarca regale, addossata a una collina alpestre, superba per uomini e per mura. Il suo solo aspetto era in grado di indicarla Signora del mare.
Oscar Wilde (la cui moglie, Constance Lloyd è sepolta a Staglieno) gli dedicò la sua Settimana Santa a Genova (1878), mentre Dino Campana le intitolerà un pezzo dei suoi Canti Orfici (Sotto la torre orientale, / ne le terrazze verdi ne la lavagna cinerea / Dilaga la piazza al mare che addensa le navi inesausto / Ride l'arcato palazzo rosso dal portico grande: / Come le cateratte del Niagara / Canta, ride, svaria ferrea la sinfonia feconda urgente al mare: / Genova canta il tuo canto!) - la città ligure affascinò in modo particolare uno scrittore raffinato e acuto come Gustave Flaubert.
Nel 1845 l'autore di Madame Bovary condensò la sua esperienza genovese in una raccolta di lettere che bene rende conto del suo sentimento verso la città ligure:
Probabilmente, una bellezza che strazia l'anima, come avrà modo di scrivere successivamente da Milano ad Ernest Chevalier (lettera del 15 giugno).
E scrive ancora:
Nel resoconto fedele e visibilmente emozionato dello scrittore, vi è posto anche per una curiosa osservazione a proposito di un personaggio che alla fantasia nulla deve: Don Giovanni:
Flaubert tornerà a parlare di Genova in una lettera di pochi giorni successiva, data ancora da Milano, dove si era nel frattempo trasferito:
Anche George Byron apprezzò il suo passaggio per Genova. In via Albaro, una lapide ricorda ancora il suo soggiorno nella villa in cui abitò.
Staglieno
[modifica | modifica sorgente]Al cimitero di Staglieno - uno dei vanti cittadini e vero e proprio museo a cielo aperto - non potevano rimanere indifferenti neppure i grandi viaggiatori del passato. Della meraviglia che destò in molti di loro la necropoli che si staglia alta sulla collina omonima viene dato conto nella voce ad essa dedicata.
Qui si riprende un passaggio - controcorrente e di epoca più recente - di Pio Baroja (letterato spagnolo definito dai biografi inquieto e contraddittorio, 1872 - 1956) che nel 1949 in Il volto degli italiani scriveva, a proposito del cimitero monumentale:
Va detto che il giudizio di Baroja non fu - almeno in quella occasione (e non si sa se ce ne sia stata un'altra) - benevolo nei confronti di Genova (che fin dall'antichità ha cercato di trarre vantaggio dal mare e dal commercio), tanto da definire piuttosto mediocri le statue moderne qui presenti, al pari di quelle delle città italiane, e un patriota italiano violento e focoso Giuseppe Mazzini che, a Staglieno, appunto, riposa.
Infine, ma con una qualche verità in questo caso: E se a Napoli la gente che discute sembra che canti, a Genova pare sempre che bisticci .... E le grida delle popolane al mercato del pesce o attorno agli orti della Valbisagno ne dovevano essere una neppure troppo indiretta testimonianza.
L'Hotel sulla collina del Principe
[modifica | modifica sorgente]Se fino a tutto l'Ottocento lo spostamento da una città all'altra o, ancor più, da una nazione all'altra era privilegio di pochi, ugualmente nelle prime decadi del XX secolo la parola turismo non avevo assunto ancora quel significato di fenomeno di massa cui convenzionalmente gli si attribuisce oggi. Ma se fino ai primi anni dell'era moderna ad essere gettonata da parte della nobiltà anglosassone o mitteleuropea era soprattutto la riviera di ponente, fino all'estrema periferia di Pegli, con i suoi palmizi e le passeggiate lungo il mare, dal 1920 lo spostamento del flusso di illustri visitatori verso il centro di Genova si fece più massiccio. La città scopriva all'improvviso una vocazione turistica che non l'avrebbe più lasciata.
In questo contesto poteva nascere un piccolo fenomeno di costume come quello dell'Hotel Miramare, meta di attori, teste coronate, statisti, un albergo - si direbbe oggi - da quattro stelle, destinato ad una clientela non comune, e del quale uno scrittore del calibro di Francis Scott Fitzgerald, che nell'Hotel trascorse assieme alla moglie Zelda, una notte del 1924, darà in L'età del jazz (1934) una descrizione illuminante:
Altri tempi e, evidentemente, altri alberghi verrebbe da pensare. E dalle alture sopra il porto, fra i palmizi del giardino del Miramare, il remare per ritrovarsi proiettati verso il passato - alla maniera del Grande Gatsby - doveva sembrare un esercizio dolce anche per lo scrittore che stava segnando un'epoca letteraria.
Appena pochi anni prima, non molto distante da lì, era possibile incontrare, passeggiando per l'elegante Galleria Mazzini - proprio nel cuore del centro cittadino, a pochi passi dal Teatro Carlo Felice e dal fontanone di piazza De Ferrari - due compositori fra i più apprezzati dell'epoca della scapigliatura: Giacomo Puccini (che forse si soffermava a pensare al suo Pinkerton e alla Nagasaki di Madama Butterfly), e Pietro Mascagni, entrambi ghiottissimi delle gustose zuppe di frutti di mare che i ristorante della galleria erano usi servire.
Genova "non" vista
[modifica | modifica sorgente]Fra le molte celebrità che hanno visto, raccontato e cantato Genova, ve ne sono evidentemente molte che con la Superba hanno avuto un incontro mancato ma che su Genova e i genovesi (genti diverse, a parere di Dante) hanno scritto.
Si dà conto qui - uno per tutti - di un testo di Montaigne risalente al 1581 (Giornale di viaggio in Italia) che bene restituisce l'idea di qualcosa che poteva essere e non è stato:
Ma Genova è stata per taluni un'occasione mancata, in tempi più recenti, pure in ambito cinematografico. Come naturale location non è stata vista, o vista in maniera errata, anche da due famosi registi come Alessandro Blasetti e Folco Quilici: il primo, nel 1934, scelse di girare per il film 1860 la partenza della spedizione dei Mille in una spiaggia fra Roma e Civitavecchia anziché dallo scoglio di Quarto dei Mille (da dove realmente Giuseppe Garibaldi salpò con le sue camicie rosse); il secondo ambientò la partenza di Marco, il piccolo protagonista nel suo film del 1960 Dagli Appennini alle Ande tratto da un racconto del libro Cuore di Edmondo De Amicis, anziché dal porto di Genova dal più piccolo borgo marinaro di Boccadasse (peraltro ricostruito in studio).
In compenso, Genova è stata - sia pure all'epoca del muto - una finta Napoli in due film dell'epoca del muto - A Marechiaro e Addio felicità (entrambi del 1914) - e una finta Trieste in Trieste o l'impero della forca, di due anni più recente. In tutte queste occasioni la città ligure si sostituì perfettamente agli scenari originali, mutuando dal capoluogo campano la sua struttura obliqua e dalla città giuliana l'austero aspetto mitteleuropeo.
Quando nel giugno 1965 i Beatles tennero uno dei loro tre concerti in Italia al Palazzo dello sport di Genova, da poco inaugurato, il loro arrivo e la loro partenza avvennero in grande segreto per evitare le scene di follìa collettiva che abitualmente suscitavano i loro tour. Non si seppe mai se videro - e come - qualcosa della città: qualcuno disse o scrisse che, garantendosi in qualche modo l'incognito, riuscirono a trascorrere la sera antecedente il concerto bevendo in un locale della passeggiata a mare di corso Italia. Ma la notizia non venne mai realmente confermata e, presumibilmente, la si può annoverare fra le numerose leggende metropolitane che sempre hanno accompagnato il quartetto di Liverpool. Di sicuro, dal superblindato Hotel Colombia di piazza Acquaverde nel quale erano asserragliati, a poca distanza dalla stazione ferroviaria di Piazza Principe, riuscirono a vedere ben poco.
Florilegio
[modifica | modifica sorgente]Nell'immagine: il Palazzo Ducale e la fontana di piazza De Ferrari
- Superba ardeva di lumi e cantici / nel mar morenti lontano Genova / al vespro lunare dal suo / arco marmoreo di palagi (Giosuè Carducci, "Odi barbare")
- Genova, nido di predoni, mercanti-guerrieri ... (da Il comandante del porto, Osip Ėmil'evič Mandel'štam, letterato russo)
- Genova giace presso il mare come lo scheletro di un gigantesco animale buttato lì dalla risacca. (Heinrich Heine)
- ...in una Genova assordante che scoppiava di salute davanti al suo golfo e al cielo in cui fino a sera lottavano il desiderio e la pigrizia. (Albert Camus)
- Genova viene, per così dire, incontro al viaggiatore ... Una città che s'è data da sola il soprannome di "Superba" e che da sei o sette leghe già si scorge all'orizzonte, distesa in fondo al suo golfo con la noncurante maestà d'una regina ... Quale fu la causa del lusso quasi incomprensibile di palazzi che il viaggiatore trova sparsi sulla sua strada con la stessa profusione delle villette nei dintorni di Marsiglia? Furono le leggi sumptuarie della Repubblica [di Genova] che proibivano di dar feste, di abbigliarsi di velluti e di broccati e di portar diamanti; tali leggi non si estendevano oltre le mura della Capitale e perciò il lusso di quei turbolenti ed orgogliosi repubblicani si era rifugiato in campagna. (da Genova la Superba, 1841, Alexandre Dumas)
- Ah Mimuccia! Mimuccia! Non ho mai visto nulla come questa Genova! È qualcosa d'indiscutibilmente bello, grandioso, caratteristico: Parigi e Londra al confronto con questa divina città scompaiono come semplice agglomeramento di case e di strade senza alcuna forma. Davvero non saprei dove cominciare per darti l'impressione che mi ha fatto e continua a farmi: ho riso come un fanciullo e non potevo nascondere la mia gioia! Tutti debbono vedere Genova! (da una lettera, 1º settembre 1853, Richard Wagner)
- I Genovesi non sono affatto socievoli; e questo carattere deriva piuttosto dalla loro estrema avarizia che non da un'indole forastica: perché non potete credere fino a che punto arriva la parsimonia di quei principi. Non c'è niente di più bugiardo dei loro palazzi. Di fuori, una casa superba, e dentro una vecchia serva che fila ... I Genovesi di oggi sono tardi quanto gli antichi Liguri. Non voglio dire con questo che non intendano i loro affari: l'interesse apre gli occhi a tutti ... C'è una cosa ancora: che i Genovesi non si raffinano in nessun modo: sono pietre massicce che non si lasciano tagliare. Quelli che sono stati inviati nelle corti straniere, ne son tornati Genovesi come prima. (da Viaggio in Italia, 1728, Charles de Montesquieu)
- Case alte fino a tredici piani, vie strettissime nella città vecchia, fresche e maleodoranti, di sera una fitta folla, durante il giorno quasi solo bambini. (da Diario italiano, 1901, Paul Klee)
- Genova austera, vibrante, ampia! Luogo unico dai trecento ripiani a terrazza sul mare, ornata di parchi stupendi! Genova, dove i tramways sono gli ascensori! Le strade ed i quartieri, sovrapposti, si aggrovigliano, si superano, si ricongiungono, si dividono ancora ... Città a sorpresa!, il cui uso insinua un'astuta saggezza: una scalinata, un àndito, un archivolto, una passerella, una galleria conducono in pochi minuti ad un palazzo, ad una piazza alla quale non si sarebbe giunti che in un'ora, seguendo le strade. (da Ex voto: San Zorzo, Valery Larbaud)
- Il posto è bello [ Napoli ], ma molto meno di quanto la gente non dica. Il famoso golfo, secondo me, come veduta, è incomparabilmente inferiore a quello di Genova, che è quanto di più bello abbia mai visto. Nemmeno la città, dal canto suo, è paragonabile a Genova, con cui in Italia nessuna regge il confronto, salvo Venezia. Quanto ai palazzi, nessuno uguaglia le Peschiere per architetture, collocazione, giardini o stanze. È un gran trionfo per me, tra l'altro, scoprire quanto l'affitto ne sia conveniente. (da Lettere dall'Italia, Charles Dickens)
- ... l'abilità nautica di Genova è tenuta in tale reputazione e stima in tutto il mondo che i genovesi sono detti signori del mare. (Descrizione di Genova, Cronache del Regno di Luigi XII di Francia, 1502, Jean d'Auton)
- Genova, una delle città più belle che abbia mai veduto. Alcuni suoi edifici erano in marmo bellissimo e avevano un che di assai nobile, molti poi avevano davanti delle fontane di foggia oltremodo bizzarra. Le chiese erano ricche e sontuose, con stravaganti decori sia all'interno che all'esterno. Ma ai miei occhi tutta quell'imponenza era rovinata dagli schiavi ai remi delle galee, le cui condizioni lì e in altre parti dell'Italia sono davvero pietose e miserabili. (da L'incredibile storia di Olaudah Equiano, o Gustavus Vassa, detto l'Africano, 1789, Gustavus Vassa)
- ...Splendida città che ti specchi nelle acque azzurre del Mediterraneo. Le rocce e i promontori, il cielo luminoso e gli allegri tuoi vigneti erano il mio mondo... (Mary Shelley)[2]
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Fonte: w:Giuseppe Marcenaro, Viaggio in Liguria, Genova, La Stampa SpA/Consiglio Regionale della Liguria, 1979
- ↑ Alberto Maria Vedova, Mary Shelley, una targa per la casa che la ospitò ad Albaro, su Ilsecoloxix.it. URL consultato l'11 giugno 2014.
Libri correlati
[modifica | modifica sorgente]Altri progetti
[modifica | modifica sorgente]- Wikiquote contiene citazioni di o su Genova vista da illustri viaggiatori
Collegamenti esterni
[modifica | modifica sorgente]