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Il significato della vita/Nuovo approccio

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Allegoria dell'Amore: l'Unione Felice, di Paolo Veronese (1575)
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Un nuovo approccio alla questione del significato

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Alcune idee errate sul significato della vita

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Tutti sanno cosa non è il senso della vita

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Penso che questo sia uno dei malintesi più strani che ho incontrato mentre esaminavo la questione del significato della vita. Anche le opere di religiosi di tutto rispetto o di filosofi atei, persino i libri sacri o i saggi filosofici molto noti, tutti possono avere un senso per noi solo in una certa misura, ma fino ad ora nessuno di essi ha soddisfatto del tutto l'ardua ricerca del significato esistenziale. Il problema è come possiamo sapere quale non è la risposta completa e più adatta alla domanda sul significato della vita? Sappiamo certamente che il senso della vita non consiste solo nel prendersi cura dei nostri figli o nell'essere un cittadino devoto o nell'adorare Dio. Come possiamo sapere che adorare Dio non può essere il significato completo della vita, sebbene sia chiaramente espresso dalle autorità religiose? O anche se investiamo la maggior parte del tempo della nostra vita lavorando intensamente e amando i nostri figli, come possiamo essere sicuri che crescere i bambini non possa produrre il significato completo della vita?[1]

Vorrei sottolineare l'intuizione generale che la risposta alla domanda sul senso della vita deve avere una qualità di completezza. Deve rispondere alla maggior parte delle nostre domande del tipo: qual è la mia ragione per essere qui, qual è il mio obiettivo da soddisfare nella vita o qual è la mia unicità di essere me stesso? La risposta alla domanda sul senso della vita deve essere tale che, quando la incontriamo, saremmo illuminati dalla sua completezza. Ci direbbe tutto quello che dobbiamo sapere sul nostro essere. Deve essere una risposta alle nostre preoccupanti domande su una vita che abbia significato.

Canfield nel suo libro Philosophy of Meaning, Knowledge and Value in the Twentieth Century,[2] afferma quanto segue:

« It is a curious feature of the human intellect that explaining something mysterious by appealing to something even more mysterious has the attraction that it does. Still, the deeper mystery can remain intellectually satisfying only as long as there are no other explanations on the field which possess what it does not, some real explanatory power. »
(John Canfield, op. cit., p. 143)

Questo è esattamente ciò che la maggior parte di noi fa inconsapevolmente quando ricerca il significato della vita. Pensiamo intuitivamente che il significato della vita sia un mistero con qualità trascendentali e cerchiamo di spiegarlo attribuendogli ancor più mistero.

Per me, la domanda cruciale è come sia possibile per noi sapere cosa non è il significato della vita. La ragione di questo problema risiede nelle nostre aspettative. È l'aspettativa che la vita debba avere un significato che sia più di quello che normalmente siamo impegnati nella vita; deve essere qualcosa di più alto e più prezioso di quello che già abbiamo. È qualcosa che viene sottolineato molto frequentemente nelle opere sul significato della vita, che la vita debba avere un significato più prezioso della vita stessa. Penso che questo sia un mito e, secondo me, è una sciocchezza incomprensibile attribuire al significato della vita una sorta di valore che si pensa sia più di ciò che è la vita stessa. Gli esistenzialisti hanno svelato questa amara verità: la nostra rigorosa richiesta di qualcosa che sia perfetto, completo e infinito, deriva dalla nostra comprensione di noi stessi come imperfetti, incompleti e finiti. Troviamo insopportabile l'idea di essere come siamo e la vita così com'è; di conseguenza, abbiamo creato il mito del significato della vita che è più della vita. Dichiarazioni come "la vita è un viaggio", "la vita è un meraviglioso segreto" o "la vita è un regalo che hai una volta sola" sono tentativi di dare alla vita qualcosa di più di quello che ha. Pertanto, qualunque cosa ci venga raccontata come senso della vita, se è qualcosa proveniente dalla vita, lo rifiutiamo; se non è qualcosa della vita, allora la maggior parte di noi lo accetterà... solo pochi di noi continuerebbero a essere sospettosi.

Nozick racconta un'interessante storia che esprime il problema di cui sto parlando. Questa storia venne raccontata a Gershom Scholem, noto filosofo e storico ebreo. Da giovane voleva studiare la Cabala con i maestri. Gli raccontarono questa storia per fargli capire che non avrebbe dovuto fare domande per due anni durante la sua educazione. Scholem, che in seguito divenne filosofo, si era inizialmente rifiutato di non fare domande.

In questa storia c'era un uomo comune, che cercava il senso della vita. Gli fu detto che in Himalaya c'era un vecchio saggio che poteva rispondere a questa perenne domanda. Il viaggio fu molto lungo e faticoso, ma era così ansioso per la risposta che cercava che non badò alle fatiche. Molto probabilmente mi sentirei come lui perché se in pochi minuti dovessi imparare la risposta a una domanda perenne, sarei terrorizzato da cio che ne conseguirebbe. Sarebbe una specie di grandiosa illuminazione che mi farebbe capire in cosa consiste la vita. L'uomo entrò in una grotta dove il saggio stava meditando, e fece la sua domanda con una certa sicurezza, perché non pensava neanche lontanamente che il vecchio saggio potesse non conoscere la risposta. Chiese quindi: "Qual è il senso della vita?" Dopo un lungo silenzio, il saggio terminò la sua meditazione e disse: "La vita è una fontana".[3] Quando il nostro eroe udì la risposta, gridò furiosamente al saggio: "Ma che diamine vuoi dire, la vita è una fontana? Ho appena viaggiato per migliaia di chilometri per ascoltare le tue parole e tutto ciò che puoi dirmi è solo questo? È ridicolo!" Dopo questo furioso sfogo, il saggio disse: "Vuoi dire che non è una fontana?" in una versione della storia, e "Quindi, non è una fontana?" nell'altra versione.[4]

Vorrei sottolineare il mio punto ancora una volta. Come faceva a sapere che la risposta non è "La vita è una fontana"? Poiché questa risposta non dava all'uomo la sensazione di essere illuminato, non soddisfaceva le sue aspettative. Ma il più delle volte il tipo di risposte come quelle menzionate sull'intuizione (proponendo un mistero superiore come risposta a un altro mistero) sono accettate come soddisfacenti e vere. Ci sentiamo sicuri verso l'ignoto quando ignoriamo la questione se la risposta sia una risposta appropriata. Nell'educazione religiosa, quando inizi a fare domande su Dio, le autorità non sembrano mai non avere la risposta, ma fanno sembrare che tu non sia in grado di capire la risposta. L'affermazione "La vita è una fontana" come risposta è simile all'affermazione "La vita non è una fontana", perché nessuna delle due è aperta alla comprensione; sono misteriosamente vaghe. La vera sfida è distinguere tra ciò che è senza senso e ciò che è difficile da capire. Ma se continuiamo ad aspettarci una risposta alla domanda sul significato della vita che sia più della vita stessa, dobbiamo abituarci ad accettare affermazioni tipo "La vita è una fontana" come una risposta che non siamo abbastanza capaci di comprendere.

Se ci venisse detto il vero significato della vita, sapremmo immediatamente che è giusto

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Anche le aspettative che ho menzionato sopra sono responsabili di questo malinteso. Sappiamo tutti cosa non è il senso della vita e, in base a questo, sapremo sicuramente qual è. Trovo tale punto di vista troppo ottimista: sebbene solo pochi di noi possano comprendere il significato dell'evoluzione o della fisica quantistica, siamo così sicuri di noi stessi che riconosceremmo il significato della vita appena ci venisse detto. Poiché tendiamo ad attribuire al senso della vita alcune qualità straordinarie, pensiamo che abbia la qualità della chiarezza affinché tutti possano capirla. Inoltre, a chiunque venga detto il senso della vita sa certamente che esso è il senso assolutamente corretto della vita.

In sintesi, l'affermazione che stiamo considerando è che sappiamo cosa non è il senso della vita e siamo certi che quando ci venisse svelato lo riconosceremmo. Sebbene non abbiamo ragioni affidabili per crederlo, è accettato come verità quando il problema riguarda il significato della vita.

Ci deve essere un solo significato della vita che significhi lo stesso per tutti

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Questo equivoco è plausibile perché risponderebbe a domande come le ragioni della nostra esistenza, lo scopo della nostra vita e il valore dell'essere come siamo, e la risposta a queste domande sembra essere di natura obiettiva. Ma come è possibile che tutti abbiano lo stesso senso della vita? Il mondo è pieno di una vasta quantità di differenze tra gli esseri umani. È possibile che Salman Rushdie – autore de I versi satanici contro il quale nel 1989 fu emessa una fatwā, condanna a morte in contumacia da parte dei devoti musulmani a causa del suo libro – e l’Ayatollah Khomeynī – che aveva emesso tale fatwā contro Rushdie – condividano lo stesso significato della vita? Il significato della vita può essere lo stesso per tutti solo se è assoluto, e allora sarebbe lo stesso per qualsiasi vita. Ovviamente è molto difficile liberarsi dal credere all'esistenza di qualcosa che è perfetto, infinito e completo, in altre parole assoluto.

Inoltre, quando alle persone viene chiesto qual è il significato della loro vita, tendono a separare la loro vita in parti come sviluppo di sé, carriera, famiglia e/o amici. Di conseguenza, le persone definiscono significati diversi per ciascuna parte, perché i ruoli nella vita differiscono a seconda di quelle parti.[5] In conclusione, i tentativi per un solo e assoluto significato della vita non sembrano essere possibili nella pratica.

Il significato della vita è permanente

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Poiché tendiamo a credere in un significato assoluto della vita, esso deve essere permanente nella sua natura. Ma il significato della vita può cambiare nel corso di tutta la vita, da giovani a vecchi. Pertanto, se non esiste un senso assoluto della vita, che sia dato da Dio, dovremmo accettarne la qualità finita e non la permanenza.

Confrontare le vite in base al loro significato

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Confrontiamo le vite e giudichiamo in base alla loro significatività. Ad esempio, non è così discutibile che la vita di Pasteur sia più significativa del contadino Bertoldo Cacasenno. Dal mio punto di vista, giudicare una vita più significativa di un'altra è un inganno. Possiamo discutere se le vite di Pasteur e Cacasenno abbiano o meno un significato in base alle loro convinzioni, risultati e viceversa, ma quando discutiamo della loro esperienza di una vita significativa, non possiamo confrontarli sulla base della loro esperienza. Penso che il significato della vita, come stato mentale, dipenda dalla capacità cognitiva della persona. Louis Pasteur potrebbe trovarsi in uno stato mentale di vita significativo grazie ai suoi successi nella scienza, e Bertoldo Cacasenno potrebbe provare lo stesso stato mentale dopo un abbondante raccolto nei suoi campi. Come ho spiegato nel Capitolo 3, quando l'argomento è il contenuto di una vita, chiunque può giudicare secondo un sistema di valori, ma quando studiamo l'esperienza di quella vita, la vita di Madre Teresa sarebbe significativa quanto quella di Hitler.

In breve, queste idee sbagliate provocano una sorta di sciovinismo, che possiamo chiamare sciovinismo degli assoluti. Vogliamo che il significato della vita sia eticamente prezioso, buono, bello, completo, perfetto, infinito, al di là di tutte le influenze culturali ed economiche, inconfutabilmente favorevole, saggio e più di ciò che è la vita. Sebbene pensiamo che il significato della vita si trovi negli assoluti, possiamo cambiare il nostro punto di vista e cercare un significato della vita che si trovi nelle nostre vite.

Penso che la vita abbia un significato, ma non penso che la vita abbia un significato nel senso che il significato della vita contiene caratteristiche assolute. Queste idee sbagliate sono causate dalle convinzioni che noi come esseri umani esistiamo per una ragione e l'intero universo è creato per noi a stabilire il nostro scopo soprannaturalistico o dato da Dio. Sebbene crediamo nel nostro ruolo in uno scopo divino, le nostre vite sono piene di lotte senza fine o perlomeno monotone: ripetiamo le cose anno dopo anno per la maggior parte della nostra vita. Per porre fine a questo conflitto di avere scopi divini e vivere una vita che non dà il senso di nessuna divinità, ci vengono lasciate tre scelte:

  1. Potremmo finire con l'idea che la vita non ha senso.
  2. Il significato della vita è più di quello che dàa la vita, quindi deve contenere caratteristiche assolute.
  3. Il significato della vita non è altro che la vita e non ha bisogno di avere caratteristiche assolute.

Preferisco la terza scelta e affermo che ciò porrà fine a molti conflitti causati dalle assunzioni infondate degli assoluti. Nella prima parte del Capitolo 2 ho introdotto le condizioni di vita necessarie come valore e significato, e nella seconda parte, ho introdotto due nozioni di significato della vita e ho proposto che la ricerca del significato della vita non deve riguardare il contenuto della vita ma la relativa sua esperienza. Dopo aver presentato alcune idee errate sul significato della vita, vorrei ora introdurre la natura del significato della vita come esperienza e la sua relazione con le condizioni di valore e significato.

Significato della vita come stato mentale

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Penso che ci sia un significato nella vita ed è totalmente composto da ciò che esiste nella vita, niente di più. Secondo il mio punto di vista, ciò che rende una vita significativa è un certo stato mentale composito e quando ti trovi in quel determinato stato mentale sperimenterai una vita significativa.

Affermo che i filosofi che si occupano della questione del significato della vita e gli psicologi che studiano l'argomento di una vita ben vissuta spiegano le componenti di una vita significativa: Aristotele aveva scritto di eudaimonia enfatizzando la felicità,[6] Nietzsche evidenziava la creatività artistica[7] e Csíkszentmihályi aggiunse a questo approccio nietzscheano il concetto di creatività scientifica;[8] inoltre Csíkszentmihályi,[9] Frankl,[10] Wolf,[11] Thagard[12] e Grünberg[13] menzionavano l'esperienza dell'impegno effettivo e creativo in un'attività mirata. Penso che tali componenti di una vita significativa siano stati mentali singoli come la felicità, o processi che formano stati mentali che conseguentemente produrranno lo stato mentale di vita significativa.

Stato mentale composito di una vita con significato

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La scuola filosofica soggettivista definiva il significato della vita come completamente soggettivo e secondo questa visione "che una vita sia significativa dipende essenzialmente dal fatto che essa sia (o le sue parti siano) l'oggetto di un qualche tipo di propensione".[14] Si possono osservare tracce delle qualità mentali del significato della vita in questa definizione. Metz ci ha detto, nel suo lavoro Recent Work on the Meaning of Life: "Un oggettivista può garantire che un certo orientamento mentale positivo aiuti a costituire il significato della vita; il punto che definisce il soggettivista è che una tale disposizione è sufficiente per dare significato alla vita".[15] I soggettivisti non hanno definito il significato della vita come uno stato mentale, ma penso che il loro punto di vista contenga indirettamente la qualità mentale del significato della vita. Metz fornisce idee soggettiviste di base che definiscono gli stati mentali sufficienti per il significato della vita, ma afferma anche che non si discute molto su quale di questi stati mentali sia primario o fondamentale per il significato della vita.[16] Penso che la famosissima storia nota come The Blind Men and the Elephant[17] in cui dei ciechi cercavano di identificare un elefante toccando solo una parte dell'animale, sia molto adatta a questo punto. I soggettivisti e alcuni altri pensatori hanno cercato di identificare un singolo stato mentale o un processo per una vita significativa, ma secondo me, sebbene avessero ragione nelle loro affermazioni, stavano raccontando parti del tutto, e non riuscivano a vedere l'elefante completamente. In seguito, cercherò di proporre un quadro più completo del significato della vita. Affermo che una vita con un significato ha quattro componenti: questi sono stati mentali che svolgono un ruolo nello "stato mentale composito" di una vita significativa o nei processi che producono quegli stati.

Uno o più scopi nella vita sono considerati uno degli aspetti più importanti di una vita con significato. I pensatori hanno scritto sulle proprietà degli scopi più accettabili. Ad esempio, i pensatori religiosi coltivano la convinzione che quando gli scopi della tua vita sono coerenti con il piano di Dio, possono essere accettati come scopi assolutamente validi e preziosi. I filosofi volevano inoltre mantenere le qualità oggettive al significato della vita — vedi Aristotele[18] che, nei suoi scritti sull'eudaimonia, diceva che la felicità non è una qualità soggettiva ma oggettiva. Wolf cerca uno scopo che sia superiore ai nostri interessi personali.[19]

Uno scopo come "Voglio essere un pilota automobilistico" o "Sarò un dottore in Medici Senza Frontiere" implica un'intenzione e ha un contenuto; quindi può essere valutato nella categoria delle attitudini proposizionali. Di conseguenza, penso che avere uno scopo nella vita sia necessario per una vita significativa e uso "avere uno scopo" come stato mentale con contenuto. Ma non mi concentro sul contenuto di una vita significativa; mi sono concentrato sull'esperienza di avere uno scopo.

Coinvolgimento in un'attività

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Csíkszentmihályi,[20] Grünberg[21] e Thagard[22] hanno analizzato l'essere effettivamente impegnati in un'attività che ha una qualità simile al gioco. Csíkszentmihályi e Grünberg hanno scelto il lavoro come attività, che copre uno spazio enorme nella nostra vita. D'altra parte, Thagard ha diviso le attività in lavoro e gioco. Le loro idee condividono l'aspetto dell'essere impegnati in un'attività tale che tutta la capacità mentale possibile sia all'opera. Csíkszentmihályi pensa che quando la persona è totalmente coinvolta in un'attività, si troverebbe in uno stato mentale simile a quello dei bambini che giocano. Essere completamente assorbiti dall'attività è un indicatore di essere attivamente impegnati in quell'attività. Il coinvolgimento in un'attività non è di per sé uno stato mentale, ma è un processo cognitivo, composto da molti stati mentali come amore, passione, fiducia, sensazioni e/o ansia e molti altri.

Il concetto di creatività può essere inteso come una relazione tra la persona e l'attività in cui è impegnata. La creatività è un processo cognitivo che ti permette di produrre qualcosa di nuovo per te stesso. Come afferma Thagard:

« ...creativity can be understood as a process of novel conceptual combination, in which existing concepts are joined for the first time to produce something new. »
(Thagard, op. cit., p. 236)

E la creatività è un'attività tale che si compie di per se stessa. Grünberg afferma quanto segue:

« All creative activities are self-gratifying. Indeed a person cannot create a product without engaging enthusiastically in his/her own creative activities so that he/she would be ready to undertake the activity independently of the benefits he/she might expect from the product. »
(Grünberg, cit., p. 25)

I motivi del significato della vita possono essere felicità, amore, soddisfazione, orgoglio, lealtà o altri stati mentali. Le motivazioni di una persona possono cambiare, possono essere molteplici o avere livelli di influenza, ma è certo che si tratta di una forza necessaria per perseguire uno scopo o per essere impegnati in un'attività.

Thagard ha sottolineato l'amore come una delle componenti di una vita significativa.[23] L'amore sembra essere un motivo molto potente per noi. Può essere l'amore per la tua famiglia, i tuoi figli, il tuo coniuge, gli amici o il tuo amore per il lavoro. Il suo punto è valido: non sta cercando di definire l'amore nel senso che l'"amore" contiene intrinsecamente la bontà, ma l'amore come esperienza indipendente dal suo contenuto.

Ci sono molti stati mentali diversi che possono motivare una persona. Inoltre, un motivo può essere una combinazione di molti stati mentali emotivi insieme, come felicità, amore e soddisfazione. Pertanto, sarebbe un errore se accettassimo solo la felicità o il piacere come componente principale di una vita significativa. Penso che il modo migliore per comprendere i diversi stati mentali, che sono responsabili di una vita significativa, sia metterli sotto la categoria delle motivazioni.

Senso e valori

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Penso che queste quattro componenti siano sufficienti per una vita con un significato; tuttavia è ovvio che qualsiasi vita possa essere significativa se soddisfa quelle condizioni: questo è un problema per la visione soggettivista. Ma, nel Capitolo 3 abbiamo osservato vite che non hanno significato, per esempio la vita del Sig. A: sembra avere uno scopo – stringere dadi e bulloni– e può essere pienamente impegnato in questa attività, inoltre potrebbe essere creativo, e trovare diversi modi per serrare. E ha motivazione, ama il suo lavoro ed è soddisfatto. Ma secondo le nostre necessarie condizioni di valore e di significato, sebbene egli sembri soddisfare le componenti di una vita significativa, la sua vita non può soddisfare la condizione di significato discussa nel terzo Capitolo. Ma c'è qualche possibilità che egli possa sperimentare quel certo stato mentale composito di una vita significativa? La vita del Sig. A – senza famiglia e senza bisogno di un coniuge, figli e amici ma lavorando solo in un lavoro in cui è un dipendente inerte – ricorda la vita di Sisifo dove, come suggerito da Taylor, gli dei gli fanno venire voglia di rotolare la roccia e andare avanti in questa attività per sempre.[24] La prima obiezione viene da Taylor, quando Metz riporta:

« Taylor argues that such a life would not be meaningful because the way that the aim (purpose) originated... Since Sisyphus’s goal (purpose) is the product of manipulation, it is not truly his, and hence its satisfaction confers no meaning on his life.[25] »

Sono d'accordo con Taylor: non è importante se Sisifo sia motivato e attivamente impegnato in un'attività, ma il fatto che lo scopo non sia il suo è importante. E ovviamente questo scopo non è coerente con nessun sistema di valori, "serrare dadi e bulloni" o "aprire e chiudere porte" non sono esempi di finalità, ma attività noiose.

Metz continua:

« Critics point out that, so long as the relevant mental states obtained, subjectivism oddly entails that a person’s existence could become significant by merely staying alive... collecting bottle tops, or eating ice cream. »
(Ibid.)

Per eliminare tali ridicole implicazioni del soggettivismo, ho proposto il valore e il significato come condizioni necessarie del senso della vita e ho discusso nel Capitolo 3 le ragioni della loro necessità. In conclusione, le quattro componenti del senso della vita devono soddisfare le condizioni necessarie di valore e di significato.

Per approfondire, vedi Serie delle interpretazioni e Serie dei sentimenti.
  1. Cfr., int. al., Stefan Klein, La formula della felicità, Longanesi, 2003; Frank Ra, A course in happiness, meaning, motivation, and well-being: how to be happier, Canada, 2010; Terry Eagleton, The Meaning of Life, Oxford University Press, 2007.
  2. John V. Canfield, Philosophy of Meaning, Knowledge and Value in the Twentieth Century, Routledge, 1997.
  3. Robert Nozick, Philosophical Explanations, Clarendon Press, 1981, p. 571.
  4. Ibid.
  5. Roy F. Baumeister, Meanings of Life, Guilford Press, 1991.
  6. Richard Kraut, (2001), "Aristotle’s Ethics", Stanford Encyclopedia of Philosophy.
  7. Julian Young, The Death of God and the Meaning of Life, Routledge, 2003.
  8. Mihaly Csíkszentmihályi, Flow: The Psychology of Optimal Experience, Harper Perennial, 1991.
  9. Ibid.
  10. V. Frankl, op. cit.
  11. Suzan Wolf, Meaning of Life and Why it Matters, Princeton University Press, 2010.
  12. P. Thagard,The Brain and The Meaning of Life, cit.
  13. David Grünberg, "The Meaning of Life Vis-A-Vis the Challanges of the Present Day World", in Phenomenology of Life: Meating the Challanges of the Present Day World, 2005.
  14. Metz, op. cit., pp. 292-293.
  15. Metz, p. 293.
  16. Ibid.
  17. Jill McDougall, e Laura Peterson, The Blind Men and the Elephant, Wings, 2009.
  18. Kraut, loc. cit.
  19. Suzan Wolf, Meaning of Life, cit.
  20. Csíkszentmihályi, op. cit.
  21. D. Grünberg, op. cit.
  22. Thagard, op. cit.
  23. Thaggard, ibid.
  24. Metz, op. cit., p. 795.
  25. Ibid., mio corsivo