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Rivelazione e Cabala/Moses Cordovero

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Ritratto di ebreo sefardita di Isidor Kaufmann (c.1900)

Uno Zohar per la Shekhinah secondo Moses Cordovero

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Una delle figure più importanti dell'intera storia della Cabala fu Rabbi Moses ben Jacob Cordovero (1522-1570), un cabalista di origini spagnole attivo a Safed a metà del XVI secolo. Profondamente erudito sull'intera gamma dei primi libri cabalistici, Cordovero ci offre una sintesi della lunga serie di argomenti che si trovano nella letteratura cabalistica, un approccio relativamente coerente che è pieno di teorie originali che furono seminali per lo sviluppo della Cabala stessa. Un'analisi del suo vasto lascito letterario dimostra il fascino che aveva per le immagini erotiche e il ruolo speciale che la Shekhinah giocava nel suo pensiero. Sebbene sia un commentatore del libro dello Zohar, si preoccupa meno della rivelazione dei segreti da parte della bella fanciulla di cui sopra, e più del cabalista che aiuta la fanciulla nella sua situazione di esilio. In larga misura, la Cabala si trasforma in un progetto per assistere la presenza femminile di Dio.[1]

La composizione del libro dello Zohar è immaginata come il risultato dell'iniziativa degli antichi cabalisti per aiutare la Shekhinah. Questo approccio è rappresentato al meglio dal seguente brano originariamente trovato in ‘Or Yaqar di Cordovero, il suo voluminoso commento allo Zohar, ma copiato dal seguace di Cordovero, R. Abraham Azulai, e quindi diffuso in un trattato ampiamente letto:

« Whoever performs a commandment nowadays, he prepares something that sustains the Shekhinah [semekh la-Shekhinah], and draws to her a little bit of influx... and he has notwithstanding a retribution for his toil... and the proof for it is the daughter of the king when she sits in the palace of her father and one of her servants performs for her an act of worship, she will certainly pay attention to him, but not so much would she be outside the palace, in trouble in exile. And if the servant would give her even a small thing, like a piece of moist grass to help her, recovering it will be more important in her eyes then whatever she had when she was governing. Know that the main intention of Rashby,[2] blessed be his memory, when he composed the book of the Zohar was for this reason, since the Shekhinah was in exile without any influx, without anyone to sustain and help her [‘ozer lah].[3] And he wanted to do something to sustain her [semekh], and to unite her with her husband, [creating] a little union by the composition of the book of the Zohar, by what he and his companions are dealing with the secrets of the Torah, which is causing the union of the Holy One, blessed be He, and His Shekhinah by means of [the sefirah of] Yesod, which is Raz [secret] and it [amounts] in gematria ‘Or [Light].[4][5] »

Cordovero e Azulai condividono l'opinione che la composizione del più importante libro cabalistico, in effetti equivalente alla stessa Cabala, fosse destinata ad aiutare la Shekhinah. In questa discussione l'assistenza assume due forme: una è direttamente ed esclusivamente collegata alla Shehkinah, e ha a che fare con la sua situazione in se stessa, cioè sostenerla nella difficile condizione dell'esilio. L'altra affronta il compito, ormai già classico, del comandamento di indurre l'unione sessuale della Shekhinah con Dio. La prima opera attirando l'afflusso superno sulla potenza divina femminile, la seconda provocando l'ascesa della potenza femminile per congiungersi con la controparte maschile.

La composizione dello Zohar è presentata in una cornice più generale che si occupa del significato dell'adempimento dei comandamenti. L'atto di composizione fa parte dello sforzo teurgico globale diretto ad aiutare il benessere della Shekhinah esiliata, secondo questo stralcio e alcuni altri. Possiamo discernere qui la triade di padre/Re, figlia/madre e figli/servi e le varie affinità tra loro, ma qui l'attenzione sull'elemento femminile è alquanto evidente. Secondo questo passo la logica per l'esecuzione dei comandamenti è il sostentamento della Shekhinah, mentre, d'altra parte, la situazione del maschio divino non è nemmeno menzionata in questo contesto.

La discrepanza tra i modi in cui il fattore femminile è descritto nelle varie parti del brano è evidente: lei è nello stesso contesto la Shekhinah, la figlia del Re, e anche la Sua consorte. Parte di questa incoerenza ha a che fare con la differenza tra la parabola e il suo significato. Tuttavia, questa incoerenza fa parte di una tradizione derivante da fonti midrashiche in cui la stessa entità femminile è ritratta come adempiesse diverse funzioni in relazione al maschio.[6] La parabola assume la personalizzazione della Shekhinah come entità partecipante all'esilio. È la privazione da parte della divina Regina della Sua precedente condizione elevata nel palazzo di Suo padre che funge da nucleo di questo brano: la situazione armoniosa rende gli umani marginali. Presumo che i cabalisti siano concepiti come marginali quando la Regina è servita dai suoi servi mentre si trova nel palazzo, cioè la Shekhinah servita dal suo entourage, probabilmente angeli, mentre Ella è al suo posto. D'altra parte, la povertà della potenza femminile in esilio crea una nuova situazione in cui la più umile delle azioni umane è in grado di alleviare la difficile situazione della Shekhinah. La composizione del libro più importante della Cabala, lo Zohar, è quindi un atto condizionato e ispirato dalla situazione speciale della Shekhinah in esilio: è quindi determinato dalla situazione storica della potenza femminile, e quindi non è basato, almeno non essenzialmente, su una linea di trasmissione che si occupa di tradizioni esoteriche precedenti.

La composizione è legata alla dimensione teurgica dello studio dei segreti della Torah. Ancora una volta abbiamo qui un'entità chiaramente femminile: la Torah, i cui segreti possiedono un effetto teurgico. Secondo questo testo, gli antichi autori dello Zohar affrontarono il dilemma della Shekhinah errante, ma possiamo presumere che anche i cabalisti safediani attivi nel sedicesimo secolo si concepissero partecipi dello stesso compito. In effetti, nel Sefer ha-Gerushin di Cordovero, vale a dire Il libro delle proscrizioni, ci sono descrizioni di cabalisti che partecipano a un rituale di peregrinazione nei campi come forma di identificazione con la Shekhinah errante in esilio.[7] Questa ritualizzazione dei peregrinaggi che ruotano attorno a una potenza femminile è un parallelo piuttosto interessante della visione rappresentata nel nostro brano, dove la parabola parla esplicitamente dei vagabondaggi della Shekhinah e della risposta dei cabalisti al suo dramma. È interessante notare che le peregrinazioni dei cabalisti coincidono geograficamente con l'area in cui è stato scritto il libro dello Zohar, secondo questo libro stesso e i cabalisti, vale a dire la parte superiore della Galilea. Alcuni degli stessi cabalisti che avevano partecipato alle peregrinazioni di Cordovero visitarono anche la tomba dell'autore dello Zohar, R. Shime’on bar Yoh̠ai, per entrare in contatto con lo spirito dell'autore del libro. Questa convergenza tra il luogo in cui è stato scritto lo Zohar, la tomba del presunto autore, e il luogo del vagabondaggio dei cabalisti creò una nuova situazione nell'immaginario dei cabalisti stessi, senza precedenti prima della metà del XVI secolo, in cui le loro vite si fusero col contesto degli autori dello Zohar.

È interessante notare che questa comprensione più acuta dell'esilio della Shekhinah venne formulata da un cabalista che visse tutta o almeno la maggior parte della sua vita in terra di Israele, un fatto che non attenuò il suo senso di esilio. Nelle nuove situazioni disporiche il cabalista assumeva il ruolo del maschio divino, che non provvede da solo all'afflusso. Situata tra i due maschi, la potenza divina femminile viene potenziata e spinta dal basso dagli umani per ristabilire il suo rapporto intimo con il maschio superno; nel frattempo, tuttavia, viene aiutata a sopravvivere assorbendo l'afflusso di cui ha bisogno.

Tuttavia, qui non ci interessa solo il succitato brano di Cordovero/Azulai che descrive lo scopo della composizione dello Zohar come risposta alla difficile situazione della Shekhinah. In un passo molto più famoso che tratta del ruolo della rivelazione del libro dello Zohar alla vigilia della redenzione, Cordovero afferma che "[la rivelazione] sarà necessaria essenzialmente alla fine dell'esilio per la discesa della Shekhinah al massimo della caduta, in modo che sarà sostenitrice di lei [lah semekh] alla fine di questo nostro esilio".[8]

Nei suoi scritti, Cordovero descrive in modo coerente il modus operandi dei segreti divulgati da Rabbi Shime’on in relazione all'unione dei poteri superni. Mentre la rivelazione dei segreti dall'alto da parte di Elia è descritta come la trasmissione dei dibattiti intrapresi dai giusti nell'accademia celeste, che Elia semplicemente trasmette agli individui, R. Shime’on è concepito come innovatore dei suoi segreti per mezzo della sua stessa anima, e questi ascendono e si uniscono nell'alto.[9] Infatti Cordovero presume che ci siano due diversi approcci all'interpretazione della Bibbia, rappresentati dalle due figure: l'approccio ascendente di R. Shime’on e quello discendente di Elia.[10] Quest'ultimo personaggio fu concepito come strumentale nella composizione dello strato zoarico noto come Tiqqunei Zohar, che viene descritto come rivelato da lui a R. Shime’on e ai suoi compagni.[11] Così la stessa letteratura zoharica venne intesa come riflesso di due diversi approcci, e possiamo supporre che tale visione rappresenti anche l'interpretazione stessa da parte di Cordovero della Kabbalah in generale: interazione tra momenti di innovazione e rivelazione di segreti, non descritta come necessariamente parte di una linea fedele di trasmissione.

Vorrei ora passare a un altro brano eccezionale trovato in ‘Or Yaqar di Cordovero, che descrive il modo in cui R. Shime’on bar Yohai generò i segreti. In un modo che ricorda il passaggio citato sopra, Cordovero presume che il cabalista tragga la Raz segreta, identificata anche con la luce, ‘Or, dalla sefirah di Yesod, o da quella di Tiferet, a quella di Malkhut. Tuttavia, egli crede che la fonte ultima di questi segreti della Torah si trovi nella sefirah di Keter o configurazione suprema di ‘Arikh ‘anppin, e il cabalista è in grado di farle discendere.[12] Leggiamo quindi come segue:

« R. Shimeon and his friends did not say what was already received by them [mequbbal lahem mi-kevar], because what there would be their merit, but the study of the Torah alone? And what would be the difference between them and the other people of their generation? . . . And those innovations were needed in order to renew the Torah, since the Shekhinah is in exile and there is no union, since the feature of the innovation of secrets of the Torah [H̠iddushei Sodot ha-Torah] is that they generate union, and the drawing of the light always, and [then] there is no external [i.e. demonic] power that constitutes a hindrance. This is the reason why he [God] allowed them to deal with the secrets of the Torah in order to prepare a help for the Shekhinah [Sa’ad la-Shekhinah], as it is written in the Tiqqunim.[13][14] »

Qui vengono menzionati due diversi effetti delle innovazioni dei segreti della Torah, vale a dire dell'innovazione della Cabala: quello teurgico, l'incentivazione dell'unione tra la Shekhinah e il suo divino marito, e un altro distinto, il prelevamento di segreti e luce, che definirei magia talismanica.[15] La trasmissione fedele à la Nahmanide, è qui relegata a uno status inferiore rispetto a quello condiviso dai "cabalisti" presumibilmente meno illustri della generazione di R. Shime’on bar Yoh̠ai. L'innovazione dei segreti – che ha esplicitamente il sopravvento sullo studio di quelli già esistenti – è intesa come avessse un impatto più forte sul mondo superno. Tuttavia, sottolineo che per Cordovero l'innovazione dei segreti non è invenzione bensì un causare la discesa di argomenti nascosti già trovati nel reame superno delle sefirot superiori. Possiamo parlare di un'ontologia dei segreti che non consente, secondo la visione di questo cabalista, un ruolo troppo grande per quella che chiameremmo originalità.

Esamino qui l'affermazione di Cordovero secondo cui la fede nella necessità di aiutare la Shekhinah deriva dallo strato successivo della letteratura zoarica. Infatti, in una delle discussioni ivi trovate, leggiamo:

« ...The Torah de-Beriy’ah [the Torah of Creation, a lower form of the manifestation of the Torah] constitutes the garment of the Shekhinah. And if man were not created, the Shekhinah would remain without covering, like the poor. Consequently whoever sins strips, as it were, the Shekhinah of her garments. And this is man’s punishment. And whoever fulfils the commandments of the Torah clothes, as it were, the Shekhinah in her garments.[16] »

La Torah della Creazione non è solo un accomodamento ai bisogni degli uomini, ma costituisce anche una necessità della Shekhinah, e potrebbe essere apparsa solo quando l'uomo fu creato. Questa forma di legge costituisce l'interazione tra la necessità divina e gli obblighi religiosi umani. Pertanto, possiamo discernere in questo ultimo strato della letteratura zoharica un ulteriore esempio di spostamento dell'entità femminile verso il centro del culto cabalistico, che fu sfruttato dal cabalista safediano nei brani tradotti sopra.

Nella succitata traduzione del brano di Cordovero ho saltato una breve descrizione di come i compagni di R. Shime’on ricevettero i segreti dall'alto. Questa è una descrizione affascinante che merita una discussione a parte. Qui è sufficiente menzionare che inizia con la recitazione di un versetto biblico, che innesca un'esperienza dello Spirito Santo, e ricorda una pratica che conosciamo dal già citato Sefer ha-Gerushin da cui Cordovero e i suoi compagni ricevettero intuizioni e spunti. Quindi possiamo presumere che questo cabalista abbia descritto il modo in cui lo Zohar venne scritto ricorrendo a termini che riflettono la sua pratica di innovare la Cabala.[17]

Secondo alcuni testi cordoveriani, il corpo del giusto cabalista è considerato come il surrogato del Tempio o del tabernacolo, e la Shekhinah lo insegue per dimorarvi, dimora che si esprime nella terminologia erotica.[18] Ciò che è anche interessante nei brani di Cordovero tradotti sopra, sono l'emergere di un culto della Shekhinah, la cui centralità si trova raramente in modo così intenso nelle precedenti fonti cabalistiche. In un modo simile alle trascorse discussioni, questo culto dovrebbe essere inteso come correlato all'enfasi posta sull'accoppiamento di potenze maschili e femminili, le cui origini sono molto precedenti nei testi ebraici.[19]

A mio parere è anche pertinente menzionare che sia Cordovero che, sotto la sua influenza, Abraham Azulai ricorrono di volta in volta alla frase "il seno della Madre", h̠eiq ha-’em, per trasmettere lo status privilegiato di alcuni cabalisti che vivono nella terra di Israele. La visione di quest'ultimo è legata alla sua ipotesi, che ancora una volta potrebbe derivare da Cordovero, che lo status speciale della terra non si è effettivamente deteriorato a causa dell'esilio, della distruzione del Tempio o della presenza di gentili nel paese. Questa sensazione di vivere nel seno della madre è esplicitamente correlata in questo contesto all'idea che la Shekhinah non sia stata rimossa dalla terra e le sue peregrinazioni siano legate alla necessità di partecipare al destino degli ebrei, senza che Ella lasci il Suo luogo speciale per dimorare nella terra.[20]

Ultimo ma non meno importante, in questo contesto va anche detto che è probabilmente dovuto a Cordovero che la recitazione della formula secondo cui i comandamenti devono essere eseguiti per "amore dell'unione del Santo, che Egli sia benedetto, e la Sua Shekhinah in seguito divenne piuttosto diffusa.[21] Di particolare importanza è il fatto che lo studente di Cordovero, R. Elijah da Vidas, vede in questa formula un'espressione dell'ideale di sollevare la Shekhinah dall'esilio.[22] In molti ambienti dell'ebraismo questa formula divenne la principale interpretazione di tutti i comandamenti.

Un'altra visione importante sul modo in cui Cordovero immaginò come fu composto lo Zohar è pertinente anche alle nostre discussioni qui. Nel suo commentario allo Zohar, egli presume che il libro sia un compendio dei segreti della Torah:

« ...the keys of wisdom and even more so when the secret wisdom is not given in the name of one single man, since each and every one has a share in the Torah and what this opens the other does not, since it is impossible to touch the share of the other, and this is the reason why someone who pursues the secrets of the Torah, in order to learn from everyone indeed the keys, so that they will be opened, and the light of the Torah is added... and this is the reason why he draws light from the [sefirah of] da’at the key of the wisdom so as to hire the opener of the keys, namely R. Shime’on bar Yohai and his companions, blessed be their memory, who were pursuing the keys of Torah until the wisdom was committed to writing in a book and they were writing the truth from the mouth of the people who said them[23] and they brought together the keys of the Torah that were dispersed in different places, some in the hands of wise persons, some in the hands of other persons, and the reason was that the aim was to know the creator and it is impossible that one person will attain the entire science... each and every person has some measure in the Torah as to how to know his Creator.[24] »

Cordovero presume che lo Zohar consista di tradizioni che si trovano in una varietà di fonti, poiché nessuna singola persona è in grado di contenere l'intera saggezza relativa alla conoscenza di Dio. Menzionando i saggi e altre persone, Cordovero si riferisce al fatto che lo Zohar contiene non solo le opinioni dei Rabbini ma anche quelle di altre figure, come bambini e uomini presumibilmente semplici che, in un modo che ricorda la principessa di cui abbiamo parlato sopra, si rivelarono ancor più saggi dei Rabbini stessi in materia di Cabala. Facendo ricorso al termine "chiavi" come metodo per comprendere i segreti della Torah, o interpretarla, Cordovero si avvicina alla versione abulafiana della Cabala più che a qualsiasi altra. L'assunto è che le chiavi possano essere trasmesse leggendo il libro dello Zohar, e quindi le tradizioni orali che erano divise prima della sua scrittura sono ora superflue, poiché ognuno può usare le chiavi da solo. Pertanto, abbiamo un'altra concettualizzazione della Cabala come indipendente da un'iniziazione orale come stipulata da Nahmanide.

Vorrei ora sottolineare la differenza tra l'idea di salvare la Shekhinah dalla sua situazione elevandola, e quella del Libro di Meshiv e Kaf ha-Qetoret, dove la redenzione è predicata sulla Sua discesa in questo mondo. Quest'ultime sono davvero differenti interpretazioni della redenzione e del ruolo svolto dal libro dello Zohar. Rappresentano diversi modelli che operano all'interno della letteratura cabalistica e consiglio di non tentare di ridurre il divario tra loro; al contrario, si dovrebbe essere consapevoli dei diversi modi di pensare allo stesso argomento che si trova nella Cabala. Una "tradizione" della Cabala al singolare o l'assunzione di una "filosofia" basilare sottostante al suo approccio è, a mio parere, un'interpretazione semplicistica di questa ricca letteratura dal punto di vista concettuale.

Per approfondire, vedi Serie misticismo ebraico e Serie maimonidea.
  1. Sulla Shekhinah negli scritti di Cordovero si veda anche Sack, Be-Sha’arei ha-Kabbalah shel Rabbi Moshe Cordovero, passim; Mopsik, Les grands textes, 404 e Wolfson, "Gender and Heresy", 249–251.
  2. La frase "intention of Rashby" è un'espressione caratteristica di Cordovero. È quindi meno interessato all'intenzione della Torah e più invece a ciò che è stato rivelato dalle innovazioni di bar Yoh̠ai. La rivelazione dell'intenzione nascosta di un libro cabalistico diventa la principale attività cabalistica in alcuni importanti circoli di Safed.
  3. Questa sembra essere un'inversione del ruolo svolto dalla donna nel racconto della Genesi, dove nacque come aiuto al marito. Cfr. nota precedente.
  4. ‘Or, "luce", che sta per Splendore, Zohar, e Raz fanno = 207. Questo nesso si trova anche in altra forma nello stesso libro che verrà discusso alla fine del Capitolo, e si riscontra altrove in Cordovero. Si veda Huss, "Sefer ha-Zohar", 289. Cfr. anche Cordovero, ‘Or Yaqar, (Gerusalemme, 1972), vol. 5, 32.
  5. Azulai, H̠esed le-Avraham (Lemberg, 1863), fol. 6c:

    וי״ל כי העושה מצוה בעת הזאת הוא עושה סמך אל השכינה ומושך לה שפע קצת כמו זיעה בעלמא, ועכ״ז יש לו שכר טוב בעמלו וע"ז נאמר שישו אתה משוש וגו‘ כי הוא עושה לה סמך, ואדרבה שכרו יותר גדול והעד ע״ז בת מלך בהיותה יושבת בהיכל אביה המלך, וא‘ מעבדיה יעשה לה איזה עבודה ודאי שים לו שכר אבל לא שכר כ״כ כמו שאם תהי‘ חוץ להיכל המלך בדוחק בגלות, ואם העבד יתן אז אפילו דבר קל כמו עשב לח להבריא נפשה הוא חשוב בעיניה מכל אילי נביות אשר היה בשעת הממשלה ודע כי עיקר כוונת הרשב״י ע״ה בחבור ספר הזוהר היה לזה, להיות השכינה בגלות באפס שפע באין תומך ובאין עוזר לה, ורצה לעשות לה סמך ליחדה בבעלה יחוד מועט ע״י החיבור הזוהר, במה שהיה הוא וחביריו עוסקים בסודות התורה, שזהו גורם לייחוד קב״ה ושכינתיה ע״י היסוד שהוא סוד ר״ז בגימטריא או"ר.‎

    Per la fonte si veda Cordovero, ‘Or Yaqar, (Gerusalemme, 1970), vol. 5, 219, Sack, Be-Sha’arei ha-Kabbalah shel Cordovero, 266 e Idel, Kabbalah & Eros, 335–336. Si vedano anche le fonti cordoveriane presenti in Huss, "Sefer ha-Zohar", 291–292. Quanto alla frase fondamentale Semekh la-Shekhinah: il termine semekh ricorre due volte prima di questo brano. Si confronti anche l'interpretazione di Cordovero che semekh è il termine che esprime l'aiuto maschile alla donna, mentre ‘ezer designa l'aiuto femminile all'uomo. Cfr. Cordovero, ’Or Yaqar, vol. 1 (Gerusalemme, 1963), 42, e ibidem, vol. 2 (Gerusalemme, 1963), 59. Da notare che Cordovero e seguendolo Azulai, amano molto le espressioni relative a semekh e sa’ad, e le usano insieme ogni tanto. Si veda comunque la nota successiva, e l'espressione semekh e sa’ad la-Shekhinah che ricorre nei passi tradotti di seguito in questa sezione.

  6. Si veda Green, "Bride, Spouse, Daughter".
  7. Si vedano Sack, Be-Sha’arei ha-Kabbalah shel Cordovero, 17–21, 219–220, 226–227, 264–266; Werblowsky, Joseph Karo, 51–54 e Fine, Physician of the Soul, 59–60, 272–273, 293.
  8. Cordovero,’Or Yaqar, vol. I, 24, Sack, Be-Sha’arei ha-Kabbalah shel Cordovero, 40, 277 e Huss, Like the Radiance of the Sky, 239. Si veda ikl brano in Sefer Kaf ha-Qetoret, riportato nella sezione precedente. È plausibile che Cordovero sia stato influenzato da tale passo.
  9. Cordovero ,’Or Yaqar, vol. 17, 49.
  10. Si veda Pardes Rimmonim, 8:6.
  11. Ibidem. Cfr. anche 8:20.
  12. Cordovero, ‘Or Yaqar, vol. 9 (Jerusalem 1976), 99.
  13. Non ho trovato questa frase precisa nel Tiqqunim. Si veda, tuttavia, il passo che appartiene a Tiqqunei Zohar tradotto qui appresso.
  14. Cordovero, ‘Or Yaqar, vol. 9, 99. Per una discussione del permesso di innovare in materie di interpretazione su questioni cabalistiche, si veda anche Cordovero, ‘Or Yaqar, vol. I, 26–27, dove si assume che l'ascesa verso l'Alto verso la sefirah di Binah faciliti l'attrazione verso il basso — qui il verbo è MShKh — della conoscenza segreta. Questo è un esempio interessante di ciò che ho chiamato il "modello mistico-magico" caratteristico di Cordovero, che ha avuto un enorme impatto sullo chassidismo del diciottesimo secolo. Va sottolineato che anche i discepoli safediani di Cordovero seguirono l'interesse speciale del loro maestro per la Shekhinah. Si vedano i due brani tratti da R. Elijah da Vidas e tradotti da Fine, Physician of the Soul, 62–64.
  15. Va ricordato che il nesso tra gli effetti teurgici e talismanici dell'attività umana compare in Cordovero insieme anche ad altri casi. Nel contesto del brano di cui sopra, Cordovero ricorre al verbo sho’avim, vale a dire attingere, come da un vaso, i segreti o l'influsso dall'alto. Si veda anche ‘Or Yaqar, vol. I, 9. Cfr. anche l'interessante descrizione trovata ibidem, 26–27, dove anche questo verbo è usato per descrivere l'anima come un vaso che trae segreti dall'alto. Vedi anche in ibidem, 24, dove i cabalisti sono descritti come attratti all'interno del libro dello Zohar. Si vedano anche i testi di Cordovero pubblicati da Sack, "More on the Metamorphosis", 184, ora in Be-Sha’arei ha-Kabbalah shel Cordovero, 108. Si veda anche il punto di vista del famoso cabalista del XVIII secolo R. Moshe Hayyim Luzzatto, che descrive la scrittura dello Zohar come una discesa dal reame superno. Cfr. Idel, Absorbing Perfections, 153–155.
  16. Tiqqunim, printed in Zohar, I, fol. 23ab, secondo la traduzione (EN) di Tishby, The Wisdom of the Zohar, vol. 3, 11.
  17. Si veda Werblowsky, Joseph Karo, 50–51.
  18. Si vedano Cordovero, ‘Or Yaqar, vol. 4, 1–2, 4–5, e vol. 12, 192–193 e Azulai, H̠esed le-Avraham, fol. 6c, e Sack, "The Tracing of Sources", 168; cfr. anche Sack, Be-Sha’arei Ha- Kabbalah shel Cordovero, 53, 218–219.
  19. Si veda Idel, Kabbalah & Eros, 25–32.
  20. 73 Cordovero, ‘Or Yaqar, vol. 7, 20, e Hesed le-’Avraham, I:25, fol. 7c. La fonte di questa discussione potrebbe ben trovarsi in de Leon, Sheqel ha-Qodesh, 73.
  21. Si veda Scholem, On the Mystical Shape of the Godhead, 192. Per questa formula cfr. Hallamish, Kabbalah in Liturgy, 45–70 e Idel, Kabbalah & Eros, 1–2, 233–237.
  22. Si veda Hallamish, ibidem, 50, dove indica il contesto zoarico di questa formula.
  23. Cioè, le citazioni sono precise. Per la fonte si veda TB, Shabbat, fol. 6b, nel contesto di trasmettere una tradizione – non la verità – nella maniera specifica della sua fonte.
  24. Cordovero, ‘Or Yaqar, (Gerusalemme, 1981), vol. 11, 259–260.