Storia della definizione geografica del Friuli
Descrizioni dei confini del Friuli
[modifica | modifica sorgente]Nel '200
[modifica | modifica sorgente]Una delle prime delimitazioni geografiche del Friuli si ritrova in una sentenza, citatissima, del legato pontificio Ugo da Ostia, il quale nel 1221 fu chiamato a dirimere una controversia tra il Patriarca ed i Trevisani. Il legato stabilì che al Patriarca appartenevano
Nel '500
[modifica | modifica sorgente]Con il secolo XVI i documenti contenenti notizie di tale natura si moltiplicano. Ad esempio tra il 1502 ed il 1503 Marco Antonio Sabellico e Marino Sanudo fissavano i limiti del Friuli al Livenza ed al Timavo[2]. Nello stesso secolo i Luogotenenti della Patria del Friuli, nelle loro relazioni inviate a Venezia, citavano occasionalmente i confini del Friuli. Ad esempio, nel 1529 Giovanni Basadona scriveva che:
A margine di una carta del Friuli stampata a Venezia nel 1553 compariva un testo esplicativo intitolato La vera descritione del Friuli, nel quale si leggeva che:
La stessa Descritione continua poi citando le città e le fortezze del Friuli, tra cui Udine, Gruaro, Pordenone, Concordia, Monfalcone, Gorizia e Gradisca. Nel 1544 a Venezia venivano pubblicati i Commentarii dei Fatti d’Aquileia di Giovanni Candido. L’autore non fornisce un’esplicita e dettagliata delimitazione geografica del Friuli, ma ne individua, nel primo capitolo, alcuni limiti approssimativi. Egli colloca il confine orientale del Friuli al fiume Timavo. A settentrione il limite sarebbe stato rappresentato dalle Alpi, ma la Val Canale era probabilmente considerata esclusa dal Friuli. Ad occidente Candido comprende nel territorio friulano anche alcune località ad Ovest del Livenza. A Sud il Friuli sarebbe arrivato fino al mare[4]. Sempre cinquecenteschi sono i versi di Erasmo di Valvasone, che così tracciava i limiti geografici del Friuli:
Nel 1585 il Luogotenente Pietro Gritti nella sua relazione inviata a Venezia scriveva che il Friuli si estendeva:
Il suo successore Stefano Viaro nel 1599 era più preciso nella sua descrizione, in quanto sosteneva che il Friuli:
Nel '600
[modifica | modifica sorgente]Pochi anni più tardi l’umanista Partenopeo individua i confini del Friuli rifacendosi ad alcuni limiti amministrativi di età romana:
Nel 1615-17 Faustino Moisesso così scriveva ne Historia della ultima guerra nel Friuli riguardo alla Rocca di Monfalcone:
Nel '700
[modifica | modifica sorgente]Alla Fine del Settecento Pietro Maniago, in un suo poemetto, descriveva in modo allusivo i confini del Friuli:
Nel 1798 fu edita la Carta topografica di tutto il territorio del Friuli Goriziano ed Udinese opera del goriziano Giovanni Antonio Capellaris, una delle mappe esistenti più accurate per l'epoca (notare come il territorio di Monfalcone fosse considerato al tempo Friuli Udinese, in quanto sempre Dominio di Terraferma Patria del Friuli veneziano e legato ad Udine).[10]
Considerazioni
[modifica | modifica sorgente]Dalle descrizioni appena citate emergono una serie di considerazioni interessanti. In primo luogo è bene osservare che i confini non seguono mai criteri linguistici, etnici o definiti in base a qualunque altra caratteristica culturale. Essi, tuttavia, non sono neppure di carattere strettamente amministrativo, in quanto queste descrizioni dei confini del Friuli sembrano non prendere in considerazione le divisioni politico-amministrative posteriori al 1420[11]. Infine, se è vero che vi è una certa costanza nel prendere come punti di riferimento il Livenza, il Timavo, le Alpi ed il mare, si registrano alcune oscillazioni del confine orientale e di quello occidentale. Alcune volte il Friuli viene esteso oltre questi confini. Ad esempio Flavio Biondo e Leandro Alberti estendono il Friuli ad occidente fino al Lemene, mentre il Biondo ne sospinge il limite orientale fino al fiume Risano in Istria[12]. Entrambi gli autori, tuttavia, scrivevano senza conoscenza diretta del territorio e trattavano del Friuli in opere non ad esso specificamente dedicate. Le loro delimitazioni del Friuli, pertanto, non sembrano meritare ulteriore attenzione.
L’interpretazione di un goriziano della fine del Seicento era tutto sommato coerente con le precedenti. Infatti, secondo Gaspare Brumatti de Jacomino e Sigisberg la Contea di Gorizia comprendeva territori che facevano parte del Friuli (la parte occidentale della Contea, Gorizia inclusa) e terre del Cragno:
Anch'egli cita l'opera seicentesca del Moimesso, di cui un passaggio al relativo capitolo, dove il limite sud-occidentale del Friuli veniva identificato dal Carso, con il quale cominciava l'Istria.
Sempre in relazione ai confini, va, infine, segnalata l’opera di Girolamo da Porcia, il quale nel Cinquecento aveva redatto una Descrizione della Patria del Friuli. A proposito di Gorizia il da Porcia scrive che essa:
Nell'800 e primi del '900
[modifica | modifica sorgente]L’opera del periodo prerisorgimentale in cui è più ampiamente affrontata la questione dei confini è il Notizie delle cose del Friuli di Gian Giuseppe Liruti. L’autore approfondisce l’argomento in modo a tratti moderno, nel senso che egli fornisce una descrizione diacronica dei confini del Friuli, evidenziandone gli spostamenti nel corso dei secoli. Ma l’aspetto potenzialmente più moderno dell’analisi di Liruti risiede nel fatto che egli opera una distinzione tra confini geografici e politici del Friuli, dedicando a ciascuno di essi un capitolo separato. Per quanto riguarda i confini politici del Friuli, Liruti osserva che essi «si andarono cangiando, secondo che si andava cangiando la maniera del governo»[15]. Tuttavia, la modernità dell’approccio di Liruti rimane solo potenziale, in quanto ciò che differenzia i due capitoli non è il criterio differente cui fanno riferimento per definire i confini. Infatti il capitolo dedicato ai confini geografici in realtà tratta dei confini amministrativi in epoca preromana e romana, mentre quello riguardante i confini politici è dedicato ai confini ed agli organi amministrativi della tarda antichità e del Medioevo. Secondo Liruti in epoca preromana, quando il Friuli era dominato dai Veneti:
Se al tempo dei Romani i confini del Friuli rimasero immutati, con i Longobardi furono:
Con la conquista del Friuli da parte dei Franchi il Ducato del Friuli, trasformato in Marca, avrebbe finito con l’includere anche parte della Carinzia e dell’Istria[18].
Non deve sorprendere che il periodo in cui i confini del Friuli sono stati definiti in modo più chiaro e senza che sorgessero dubbi sul loro tracciato sia proprio quello precedente al 1866. La ragione di ciò è del tutto estranea alle Guerre di Indipendenza italiane, ma va ricercata nel fatto che, prima della coniazione del termine Venezia Giulia da parte del linguista Graziadio Isaia Ascoli, esistevano nell’area nord-orientale d’Italia una serie di regioni storico-amministrative ben individuabili. Una di queste era il Friuli, i cui confini venivano individuati in modo del tutto simile da una pluralità di autori. Il primo di essi, Giuseppe Girardi, che scriveva animato da evidentissimo patriottismo, lamenta il fatto che dopo la conclusione dell’epopea napoleonica il Friuli amministrativo fosse limitato ad Est dal Judrio:
A Pacifico Valussi, invece, va senz’altro attribuita la responsabilità dell’applicazione al Friuli del concetto di "regione naturale" o "provincia naturale". Egli, segnalando l'importanza degli studi statistici, annota:
Egli riprese il concetto di "provincia naturale" in più occasioni, ad esempio nel redigere le considerazioni relative ai confini ed alla popolazione del Friuli contenute nel rapporto della Camera di Commercio del Friuli[21] stampato per il governo austriaco. In relazione alla delimitazione geografica del Friuli Valussi scrisse che:
Nel 1883 Valussi mise per iscritto una delle prime citazioni della definizione del Goriziano come Friuli «al di là dal clap» [23]. È interessante notare come tale espressione, utilizzata nell’Ottocento con finalità di rivendicazione irredentista, avrebbe perso completamente tale accezione nel secolo successivo. Giulio Andrea Pirona, nel 1855, riprendeva la definizione classica del Friuli in un passo che è probabilmente l’ultimo scritto in latino a questo proposito:
Ippolito Nievo, quando nel 1857 a Milano pubblicava Il Conte Pecoraio, scriveva che il Friuli:
In breve, Nievo intendeva per Friuli la terra tra la Livenza ed il Carso, tra le Alpi Carniche ed il Mare. È interessante notare come Nievo, per definire il confine orientale, adotti criteri diversi tra loro e contraddittori: egli include esplicitamente i comuni sloveni dell’attuale Udinese, ma esclude quelli slavi della Contea di Gorizia, della quale considera friulana solo la parte neolatina. Il goriziano Comelli, scrivendo dei confini del Friuli Orientale, li individuava tra nel Timavo e nell’Aussa, includendo però le valli dell’Isonzo e del Vipacco. In tal modo il Friuli Orientale veniva fatto quasi coincidere con la Contea di Gorizia[25]. Un’opinione del tutto analoga è rintracciabile nelle opere di Prospero Antonini, storico friulano di sentimenti patriottici italiani[26]. Nella seconda metà dell’Ottocento egli aveva pubblicato due opere nelle quali forniva una delimitazione geografica piuttosto precisa del Friuli:
Pochi anni più tardi lo stesso autore ribadiva che:
Per quanto riguarda il confine settentrionale del Friuli, va ricordato che esso si configurava come uno dei più stabili d’Europa, essendo rimasto immutato già dall’epoca dello stato patriarcale friulano. Inoltre al di là del confine settentrionale del Friuli non erano insediati gruppi che, per le loro caratteristiche linguistiche, potessero far sorgere delle rivendicazioni irredentiste. Per questi motivi ad esso non si dedica particolare attenzione. Ci è stato possibile ritrovare solo un passo significativo dedicato a tale confine. Valussi scrisse, infatti, che:
È interessante notare che, come Valussi riteneva evidente che la Val Canale non facesse parte del Friuli, vi sono indizi che cent’anni più tardi si sarebbe ritenuto evidente l’opposto.
Nel corso del tardo Ottocento le descrizioni dei confini del Friuli avevano abitualmente un valore politico ben preciso: l’affermare l’unità del Friuli Occidentale ed Orientale era un argomento portato per rafforzare le rivendicazioni irredentiste. All’epoca parlare dei confini del Friuli significava parlare dei confini d’Italia e la ricerca di una legittimazione storica dei primi era funzionale alla rivendicazione politica dei secondi:
Proprio perché funzionale alle rivendicazioni irredentiste, la definizione dei confini del Friuli si concentra più su quello conteso –cioè quello orientale- che sugli altri. Un tempestivo esempio di ciò venne dato dalla Congregazione Provinciale di Udine che, nel 1866, chiese che tutto il Friuli, compreso quello Orientale, venisse incluso nel Regno d’Italia. A sostegno della sua richiesta espose quali fossero i confini del Friuli:
Una delle definizioni più puntuali dei confini del Friuli è contenuta nelle prime pagine del Compendio di Storia Friulana pubblicato da Francesco di Manzano nel 1876. Egli sostiene che:
La definizione del di Manzano è, quindi, squisitamente storico-amministrativa, nel senso che il Friuli sarebbe la somma della Contea del Friuli e della Contea di Gorizia. Il criterio linguistico che pochi anni prima aveva spinto Ippolito Nievo ad escludere dal Friuli le aree slovenofone della Contea di Gorizia sembra non essere presente in di Manzano. In relazione al criterio linguistico nella definizione del Friuli, Micelli ha segnalato che dopo il 1873 –anno di pubblicazione dei Saggi Ladini dell’Ascoli, si sarebbe registrata in Giulio Andrea Pirona una tendenza a prenderlo in considerazione per definire i confini della Provincia di Udine[33]. In effetti dopo tale data si annoverano alcune citazioni dei confini del Friuli dal Livenza all’Isonzo. Per citare solo due esempi provenienti proprio dalla zona più direttamente interessata, il goriziano, troviamo che nei versi di Giuseppe Ferdinando Del Torre si legge:
Ancora, nel 1903, nell’introdurre il proprio volumetto intitolato Idrografia del Friuli Orientale il goriziano Paolo de Bizzaro, riteneva che sarebbe stato più proprio limitare il nome di Friuli Orientale alla sola parte pianeggiante del Goriziano:
Il di Manzano dedicò uno specifico scritto alla questione de «i confini del Friuli e la sua nazionalità». In tale articolo egli cercava di dimostrare come, dal punto di vista storico, i confini orientali del Friuli (cioè d’Italia) fossero sempre stati ben definiti ed avessero incluso il Goriziano. Secondo l’autore i limiti territoriali del Friuli sarebbero rimasti praticamente invariati già dal primo millennio a.C.:}}
Un chiaro intento irredentista è reperibile anche in una delle prime guide turistiche del Friuli mai pubblicate. In essa spazio è dedicato, oltre alle località della Provincia di Udine, anche a Concordia, a Portogruaro ed al Goriziano. Di esso Valentinis scrive:
Accanto alle definizioni di carattere storico, che assegnavano al Friuli i territori compresi in unità amministrative più o meno antiche, esisteva anche una tendenza ad individuare dei confini orografici del Friuli. L’accento era posto in particolar modo sulle Alpi, che si voleva costituissero il confine naturale d’Italia. Così ad esempio Antonini, attualizzando un passo dell’opera di Tito Livio, considerava:
e l’irredentista triestino Giuseppe Caprin disse che esse:
mentre il goriziano Seppenhofer condivideva l’idea di Antonini nel considerare le Alpi una:
Una delle definizioni geografiche più dettagliate del confine orientale del Friuli viene da un opuscolo goriziano del 1901, nel quale si sosteneva che:
Nel 1916 Attilio Brunialti nell'opera Trento e Trieste. Dal Brennero alle rive dell'Adriatico tratta compiutamente del Friuli Orientale nel capitolo omonimo, anche qui viene fatto coincidere con l'austriaca Contea di Gorizia e Gradisca eccettuati i distretti carsolini di Comeno e Sesana; e ne allega interessante carta geografica.
Dalla I guerra mondiale
[modifica | modifica sorgente]Nella fase che inizia con la Prima guerra mondiale la definizione geografica del Friuli inizia a prospettarsi come gravida di possibili conseguenze pratiche, e non più solo come una forma di rivendicazione territoriale. Infatti, poiché l’annessione della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca al Regno d’Italia diveniva possibile, la delimitazione dei confini del Friuli poteva avere delle conseguenze amministrative. Dei confini del Friuli era ovviamente possibile dare delle definizioni in base a criteri diversi. Possiamo individuare tre criteri principali: geografico-naturale, linguistico, storico. Il primo criterio, che pareva essere invocato nelle fasi precedenti, era formulato in base a criteri fondati sulle scienze naturali, soprattutto la geografia. Il secondo criterio, che non fu mai invocato con particolare convinzione per delineare i confini del Friuli, era basato su un tratto culturale importante quale la lingua. Il terzo, che era ed è quello maggiormente utilizzato, tendeva a presentare come confini del Friuli quelli delle unità amministrative del passato. Il ricorso ad uno dei tre criteri appena citati non escludeva il contemporaneo utilizzo anche degli altri in funzione di supporto. In generale, anzi, si può facilmente comprendere come il confine risulti tanto più legittimato e chiaro quanto più l’applicazione dei tre criteri da risultati uguali. Pier Silverio Leicht fornì una definizione esclusivamente storica dei confini del Friuli. Egli, innanzi tutto, distingue tra lo stato patriarcale (che comprendeva, oltre alla Contea del Friuli, per alcuni periodi anche Trieste, Carniola ed Istria) e la Contea del Friuli. Di quest’ultima egli scrisse che:
Pochi anni più tardi Leicht, al fine di sostenere la tesi della necessaria unità del Friuli Orientale ed Occidentale, faceva coincidere confini storici e glottologici. Sostenendo tale coincidenza Leicht voleva evidentemente rafforzare l’idea della chiarezza e della legittimità di tali confini:
Anche Giradini, sebbene il suo pensiero avesse conosciuto una svolta conservatrice e nazionalista, concorda con la definizione storica di un Friuli dal Livenza al Timavo. Nel 1923 egli, infatti, dalle pagine de Il Giornale di Udine dichiarava che:
In un certo senso ‘storica’ è anche la definizione che l’irredentista Carlo Battisti dà della Venezia Giulia. Tuttavia il punto cronologico che egli assume quale riferimento per individuare i confini di tale area è diverso da quelli invocati dagli autori appena citati. Infatti Battisti nel 1920 sostiene che la Venezia Giulia includeva tutti i territori appena conquistati dall’Italia (Val Canale, Contea di Gorizia, Marca dell’Istria, Trieste), nonché Fiume (Battisti 1920: 1). La Venezia Giulia definita in questo modo aveva delle ampie aree di sovrapposizione con il Friuli così come concepito da molti autori contemporanei a Battisti.
Altre definizioni del Friuli tendono a propendere per una descrizione dei confini del Friuli in termini più orografici, come ad esempio quella di Chiurlo, secondo cui:
Anche lo scarno riferimento di Tellini ai confini era di carattere geografico, nel senso che non ricorreva a motivazioni storiche ma solo idrografiche. Egli, infatti, nel 1924 pubblicava, per i tipi di Trevisini di Milano, una serie di tre eserciziari friulani per le scuole elementari, intitolati:
Se il cenno di Tellini ai confini ci può sembrare di tono neutro e quello di Girardini incentrato su un tema –quello della distinzione tra Friuli e Veneto- che all’epoca non aveva la rilevanza che avrebbe assunto in futuro, altri testi dell’epoca testimoniano, invece, quanta e di che natura fosse l’importanza della questione dei confini del Friuli in quei decenni. Infatti essa era rilevante in quanto era in stretta connessione con il problema dei confini esterni d’Italia. Ciò significa che la maggior parte delle volte l’attenzione era concentrata, come si vedrà tra poco, sul confine orientale del Friuli, percepito come una barriera politica, culturale, linguistica, folkloristica e quant’altro. Sul confine occidentale si trovano invece solo alcuni cenni nei documenti che riguardano le richieste di costituzione del Friuli in Regione. Ad esempio nel 1915 Girardini, per presentare il Friuli agli italiani, ne tracciava i confini nel modo seguente, operando una commistione di criteri geografici e storici:
Nel 1919 il Commissario governativo per la Provincia di Udine aveva scritto a Girardini una memoria in cui gli esponeva le proprie opinioni sul futuro assetto amministrativo del ‘Friuli redento’. In tale memoria, inedita a parte brevi stralci, sono contenute alcune considerazioni iniziali sul
che doveva essere riunito in una sola Provincia.
Dopo la II guerra mondiale
[modifica | modifica sorgente]Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la definizione del territorio della regione di cui si chiedeva la costituzione era ovviamente un argomento inevitabile all’interno dell’Associazione per l’Autonomia Regionale Friulana. Prima ancora di definire che cosa fosse il Friuli, l’Associazione per l’Autonomia Regionale Friulana nel suo statuto specifica da che cosa esso si distingue:
Tessitori e l’Associazione per l’Autonomia Regionale Friulana chiedevano la creazione di una regione che comprendesse i territori delle Province di Udine e Gorizia, nonché del cosiddetto Mandamento di Portogruaro (Comelli 1983: 141). Più nel dettaglio, già nel 1945 si dice che:
Il Comitato di Studio sulla Regione del Friuli, nella sua monografia pubblicata nel 1946, auspicava che la regione fosse costituita entro i confini:
Nello statuto del Movimento Popolare Friulano, redatto nel 1947, emerge, come si è accennato in precedenza, il richiamo ai {{quote|confini naturali del Friuli. Essi vengono identificati con i confini
e scegli e i consueti quattro elementi del paesaggio come confini del Friuli:
Va ricordato che la possibilità di includere il Portogruarese nella Regione Friulana era stata discussa anche dall’Assemblea Costituente, per essere ben presto esclusa (D’Aronco 1983: 72). Anche la Società Filologica Friulana condivideva la delimitazione territoriale del Friuli proposta dagli altri movimenti regionalisti. Ciò è reso esplicito, tra l’altro, nell’ordine del giorno del congresso del 29 settembre del 1946, in cui i soci:
Se questo è il brano più significativo –in quanto collega la delimitazione geografica del Friuli alla questione della costituzione della Regione- esistono numerosi altri passi che esplicitano la posizione della Società Filologica Friulana a proposito dei confini del Friuli. Ad esempio nel 1947 in un suo documento del 1947 si parla del
e, in un ordine del giorno del 1949 ci si riferisce ai friulani
D’altro canto anche un antiautonomista radicale come Linussa, in un suo articolo comparso sul Messaggero Veneto del 23 gennaio 1947, individua nel Livenza e nel Timavo i confini del Friuli (Luzzi Conti 1987: 276).
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Pier Silverio Leicht, I diplomi imperiali concessi ai patriarchi d’Aquileja, pag. 157, Pagine Friulane, a. VII (1894), n. 10, Udine 1888-1894
- ↑ Rienzo Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, pag.101, Casamassima, Udine 1987
- ↑ Rienzo Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, pag.101, Casamassima, Udine 1987
- ↑ Commentarii di Giovan Candido giureconsulto dei Fatti d’Aquileia, Pradamano, 1926, pagg. 1-2
- ↑ Girardi G. (1841), Storia fisica del Friuli, San Vito, Pascali, pagg. 52-53
- ↑ Rienzo Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, pag.101, Casamassima, Udine 1987
- ↑ Rienzo Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, pag.101-102, Casamassima, Udine 1987
- ↑ Partenopeo H. (1604), Descrittione della nobilissima Patria del Friuli, Con l’origine de i popoli, delle Città, delle Castella, et di molti altri luoghi, che in essa si ritrovano, Udine, Gio. Battista Natolini, pag. 1.
- ↑ Maniago P. (1797), Il Friuli. Poemetto del Conte Pietro Maniago pubblicato compiendo la reggenza di Udine l’Eccellentissimo Signore Angelo I.° Giustinian, Venezia, Tipografia Curti Q. Giacomo, pag. 2
- ↑ Giovanni Antonio Capellaris, Carta topografica di tutto il territorio del Friuli goriziano ed udinese fra i confini della Carintia, del Cragno, del Triestino, del Trevisano, del Bellunese, colle strade e poste (Venezia, 1798)
- ↑ Rienzo Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, pag.101, Casamassima, Udine 1987
- ↑ Rienzo Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, pag.101-103, Casamassima, Udine 1987
- ↑ Brumatti de Jacomino e Sigisberg G. (1682), L’aquila leone di Gorizia ossia il Contado Principato goriziano uno degli incliti immediati stati del S. R. I., ms
- ↑ Rienzo Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, pag.105, Casamassima, Udine 1987
- ↑ Liruti G. G. (1776-1777), Notizie delle cose del Friuli, Udine, Fratelli Gallici, vol. I, pag. 46.
- ↑ Liruti G. G. (1776-1777), Notizie delle cose del Friuli, Udine, Fratelli Gallici, vol. I, pagg. 35-36
- ↑ Liruti G. G. (1776-1777), Notizie delle cose del Friuli, Udine, Fratelli Gallici, vol. I, pagg. 37-38
- ↑ Liruti G. G. (1776-1777), Notizie delle cose del Friuli, Udine, Fratelli Gallici, vol. I, pagg. 63-64
- ↑ Girardi G. (1841), Storia fisica del Friuli, San Vito, Pascali, pagg. 51-52
- ↑ Valussi citato in: Micelli F. (1997), Della storia naturale alla geografia del Risorgimento. Riflessionisull’attività scientifica di Giulia Andrea Pirona, in: Vecchiet R. (cur.), Giulio Andrea Pirona 1822-1895. Atti del Convegno di studi nel centenario della morte, s.l., Comitato per le celebrazioni di Giulio Andrea Pirona, pp. 11-23, pag. 15
- ↑ Carli P., P. Valussi (1853), Rapporto della Camera di Commercio e d’Industria della Provincia del Friuli all’Eccelso I. R. Ministero del commercio, dell’industria e delle pubbliche costruzioni sullo stato dell’industria e del commercio della propria provincia negli anni 851 e 1852, Udine, Tipografia Trombetti-Murero
- ↑ Carli P., P. Valussi (1853), Rapporto della Camera di Commercio e d’Industria della Provincia del Friuli all’Eccelso I. R. Ministero del commercio, dell’industria e delle pubbliche costruzioni sullo stato dell’industria e del commercio della propria provincia negli anni 851 e 1852, Udine, Tipografia Trombetti-Murero, pag. 24
- ↑ Valussi P. (1967), Dalla memoria d’un vecchio giornalista dell’epoca del Risorgimento italiano, Udine, Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine, pag. 194
- ↑ Pirona citato in: Micelli F. (1997), Della storia naturale alla geografia del Risorgimento. Riflessionisull’attività scientifica di Giulia Andrea Pirona, in: Vecchiet R. (cur.), Giulio Andrea Pirona 1822-1895. Atti del Convegno di studi nel centenario della morte, s.l., Comitato per le celebrazioni di Giulio Andrea Pirona, pp. 11-23, pag. 16
- ↑ Comelli F. (1989), Il Friûl Orientâl, in: Friûl di Soreli Jevât, Udine, Società Filologica Friulana, s.p.n.
- ↑ Marchetti G. (1974), Friuli. Uomini e tempi, Udine, Società Filologica Friulana, pag. 575
- ↑ Antonini P. (1865), Il Friuli Orientale, Milano, Vallardi, pagg. 533-534
- ↑ Antonini P. (1873), Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualità politica di questa regione, Venezia, Naratovich, pag. 2
- ↑ Carli P., P. Valussi (1853), Rapporto della Camera di Commercio e d’Industria della Provincia del Friuli all’Eccelso I. R. Ministero del commercio, dell’industria e delle pubbliche costruzioni sullo stato dell’industria e del commercio della propria provincia negli anni 851 e 1852, Udine, Tipografia Trombetti-Murero, pag. 31.
- ↑ di Manzano F. (1894), Cenni storici sui confini del Friuli e la sua nazionalità, Pagine Friulane, a. VII, n. 3, pp. 42-43, pag. 42.
- ↑ Antonini P. (1873), Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualità politica di questa regione, Venezia, Naratovich, pag. 489
- ↑ di Manzano F. (1876), Compendio di storia friulana, Udine, Tipografia di Gio. Batt. Doretti e Soci, pag. 5
- ↑ Micelli F. (1997), Della storia naturale alla geografia del Risorgimento. Riflessionisull’attività scientifica di Giulia Andrea Pirona, in: Vecchiet R. (cur.), Giulio Andrea Pirona 1822-1895. Atti del Convegno di studi nel centenario della morte, s.l., Comitato per le celebrazioni di Giulio Andrea Pirona, pp. 11-23, pag. 19
- ↑ del Torre G. F. (1892), Il Contadinel. Lunari par l’an bisest 1892, Gorizia, Seitz, pag. 52
- ↑ di Manzano F. (1894), Cenni storici sui confini del Friuli e la sua nazionalità, Pagine Friulane, a. VII, n. 3, pagg. 42-43
- ↑ Valentinis G. (1903), In Friuli, Udine, Fratelli Tosolini Editori, pag. 6
Libri correlati
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