Storia e applicazioni della chimica/Dagherrotipo

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Indice del libro

Il dagherrotipo è un' immagine fotografica ottenuta tramite il processo della dagherrotipia, realizzata su un supporto di rame argentato che veniva perfettamente lucidato per essere sensibilizzato alla luce. Nel 1829 il francese Louis Jacques Mandé Daguerre collaborò con Joseph-Nicephore Niepce per sviluppare un metodo per catturare le immagini visibili in una camera oscura in modo permanente, nel 1833 Niepce morì improvvisamente e Da Guerre continuò a sperimentare, portando a termine il procedimento che reca il suo nome: il dagherrotipo.

La camera oscura[modifica]

Esempio di un prototipo di "fotocamera"

La camera oscura, considerata l'antenata della fotocamera, era una piccola camera oscurata con un singolo, minuscolo buco su un lato che permetteva alla luce di entrare e proiettare un'immagine invertita di ciò che si trovava all'esterno. Fu utilizzata soprattutto per permettere l'osservazione indiretta delle eclissi solari per evitare danni causati da fissare il Sole senza protezione; intorno al XVI secolo venne utilizzata per la pittura di scene realistiche, che già Daguerre utilizzava per creare sfondi per palcoscenici che sembravano, anche tramite un gioco di luci, quasi reali. Fu poi Niepce a "inventare" la fotografia unendo l'utilizzo della camera oscura con la camera lucida, creando un'immagine molto nitida e quindi facile da ricalcare nei minimi dettagli.

Il dagherrotipo[modifica]

Primo dagherrotipo sviluppato

Come già spiegato nella premessa, il prototipo di Dagherrotipo era il semplice ricalco a mano dell'immagine ottenuta dall'unione della camera oscura con la camera lucida da parte di Niepce; fu poi Daguerre, circa tre anni dopo la morte del socio, che riuscì a creare e migliorare un metodo per imprimere l'immagine in modo veloce e pressoché automatico. La prima scoperta fu l'utilizzo di una lastra di ioduro d'argento, posta all'interno della camera, che sembrava "catturare" l'immagine riflessa, questa poteva essere resa visibile trattando la lastra con vapori di mercurio, riducendo il processo da 8 ore a solo 30 minuti. Tuttavia i risultati non erano permanenti, in quanto una volta esposta alla luce, lo ioduro andava oscurandosi fino a rendere l'intera immagina irriconoscibile. Il problema venne risolto con la scoperta del metodo del fissaggio, dove veniva aggiunto del semplice sale da cucina alla lastra in modo da fissare lo ioduro, rendendo le immagini effettivamente permanenti.

La lastra aveva diversi formati:

  • lastra intera (full plate) – 215×165 mm
  • mezza lastra intera (full/half plate) – 180×140 mm
  • mezza lastra (half plate) – 160×120 mm
  • quarto di mezza lastra (quarter/half plate) – 130×100 mm
  • quarto di lastra (quarter-plate) 105×80 mm
  • sesto di lastra (sixth-plate) – 80×70 mm e nono di lastra
  • (ninth-plate) – 70×55 mm

Il dagherrotipo era una copia unica e si presentava allo stesso tempo come immagine negativa e positiva a seconda dell’incidenza dei raggi luminosi sui sali d’argento che componevano l’immagine.

Bibliografia[modifica]