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Thomas Bernhard/Voci

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L’IMITATORE DI VOCI

104 racconti di Thomas Bernhard [1]

Thomas Bernhard


Incipit: [2]

Hamsun

Vicino a Oslo abbiamo conosciuto un uomo sulla sessantina che a proposito di un certo ospizio ci ha raccontato più di quanto già sapevamo dagli appunti di Hamsun sul suo ultimo anno di vita, perché in quell’ospizio lui ci aveva lavorato esattamente nel periodo in cui vi aveva trascorso la sua esistenza anche il più grande scrittore norvegese. Già da un po’ l’uomo ci aveva colpito perché se ne stava taciturno in quella locanda vicino a Oslo, logicamente piena di rumore il venerdì sera, dove pernottammo per diversi giorni. Dopo aver preso posto al suo tavolo ed esserci presentati, siamo venuti a sapere che in origine quest’uomo aveva studiato filosofia e per motivi di studio era stato tra l’altro quattro anni a Göttingen. Noi l’avevamo preso per un capitano della marina mercantile norvegese ed eravamo andati al suo tavolo per sapere qualcosa di più sulla vita di mare, non certo sulla filosofia, perché anzi proprio per starne lontani eravamo scappati dalla Mitteleuropa verso il Nord. Ma l’uomo ci aveva risparmiato la filosofia, dicendo che effettivamente la filosofia lui l’aveva abbandonata da un giorno all’altro e che a ventisette anni si era messo a disposizione dell’istituto per l’assistenza agli anziani. Non era pentito della sua decisione. Il suo primo incarico era stato quello di aiutare un vecchio a scendere dal letto, rifargli il letto e rimetterlo a letto. Quel vecchio era Hamsun. Per molti mesi, ogni giorno, aveva accompagnato Hamsun nel giardino situato dietro l’ospizio, e in paese gli aveva comprato quelle certe matite con le quali Hamsun aveva scritto il suo ultimo libro. Era stato lui il primo a vedere Hamsun da morto. A quel tempo, logicamente, non aveva ancora un’idea precisa di chi fosse Hamsun al quale aveva steso il lenzuolo sopra il volto morto.

L’imitatore di voci

L’imitatore di voci che ieri sera è stato ospite della Società di Chirurgia si era dichiarato disposto, dopo lo spettacolo a Palazzo Pallavicini al quale la Società di Chirurgia l’aveva invitato, a venire con noi sul Kahlenberg per dare anche lì, dove noi abbiamo sempre una casa aperta a tutti gli artisti, una dimostrazione della sua arte, logicamente non senza un compenso. L’imitatore di voci, che era originario di Oxford in Inghilterra ma aveva frequentato le scuole a Landshut e in origine aveva fatto l’armaiolo a Berchtesgaden, noi l’avevamo pregato di non ripetersi sul Kahlenberg, ma di presentarci invece qualcosa di completamente diverso da quello che aveva fatto per la Società di Chirurgia, ossia di imitare voci completamente diverse da quelle di Palazzo Pallavicini, e lui, che col programma presentato a Palazzo Pallavicini ci aveva entusiasmato, ce l’aveva promesso. Per noi, sul Kahlenberg, l’imitatore di voci ha effettivamente imitato altre voci, più o meno celebri, completamente diverse da quelle imitate per la Società di Chirurgia. Abbiamo anche potuto esprimere dei desideri, e l’imitatore di voci ci ha accontentati con la massima premura. Quando però gli abbiamo fatto la proposta di chiudere il programma imitando la propria voce, lui ha detto che non ne era capace.

Assassinio morale

Due filosofi, sui quali sono già stati pubblicati più scritti di quanti ne abbiano pubblicati loro stessi e che un giorno, dopo decenni che non si vedevano, si sono ritrovati proprio nella casa di Goethe a Weimar, dove si erano recati tutti e due, logicamente ciascuno per conto proprio e arrivando da direzioni opposte, al solo scopo di conoscere meglio vita e costumi di Goethe, cosa che, essendo inverno e facendo quindi piuttosto freddo, aveva creato a entrambi difficoltà di ogni genere, approfittarono di questo incontro, inaspettato ed effettivamente imbarazzante per entrambi, per scambiarsi attestazioni di stima e di ammirazione e per scambiarsi altresì la promessa che subito, appena ritornati a casa, si sarebbero sprofondati negli scritti del rispettivo collega con tutta la concentrazione che questi scritti richiedevano e meritavano. Quando però uno dei due disse che di questo incontro nella casa di Goethe avrebbe riferito, logicamente sotto forma di saggio filosofico, nella rivista che a suo giudizio era la migliore di tutte, l’altro si oppose istantaneamente e definì il progetto del suo collega una diffamazione, un assassinio morale.

Fourati

A Montreux sul lago di Ginevra avevamo notato una signora, seduta su una panchina lungo la riva, la quale di tanto in tanto, rimanendo appunto su questa panchina, riceveva e poi congedava, senza fare il benché minimo movimento, le più svariate persone che venivano a farle visita. Per due volte un’automobile è venuta a fermarsi di fronte a lei sulla riva e ne è sceso un giovane in livrea che le ha portato i giornali ed è ripartito, per cui noi avevamo pensato che doveva trattarsi del suo autista privato. La signora era avvolta in varie coperte di lana e doveva avere secondo noi molto più di settant’anni. A volte faceva un cenno di saluto a un passante. Probabilmente è una di quelle ricche e distinte signore svizzere che svernano sul lago di Ginevra mentre i loro affari continuano a prosperare in tutto il resto del mondo, avevamo pensato. La signora, come venimmo a sapere ben presto, era effettivamente una di quelle svizzere ricchissime e distintissime che passano l’inverno sul lago di Ginevra; da vent’anni era paralizzata dalla vita in giù e in questi vent’anni quasi ogni giorno si era fatta accompagnare dal suo autista sulla riva del lago di Ginevra, facendosi poi depositare sempre sulla stessa panchina e facendosi portare i giornali. Da decine d’anni Montreux deve a lei il cinquanta per cento delle proprie entrate fiscali. Il famoso ipnotizzatore Fourati l’aveva ipnotizzata vent’anni prima e non era più stato capace di liberarla dall’ipnosi. Così Fourati aveva distrutto per sempre non soltanto la vita di questa signora, ma anche la propria, come è noto.

Dépliant

Due coniugi di Salisburgo che avevano sempre lavorato ciascuno per conto suo e ora godono insieme di una doppia pensione, per la fine dell’inverno ebbero l’idea di fare un viaggio a Zell am See nel Pinzgau, per cui i due coniugi si procurarono un dépliant di questa località tanto decantata per consultarlo e trovare così una locanda che potesse prestarsi al caso loro per due o tre settimane. Effettivamente questi coniugi tanto entusiasti dei viaggi avevano scovato nel dépliant una locanda che sembrava soddisfare i loro gusti e le loro esigenze, e si erano messi in viaggio alla volta di Zell am See. Quando però, dopo essersi fatto il viaggio fino a Zell am See con tutti i relativi strapazzi, entrarono nella locanda prescelta, dovettero prendere atto che ciò che li aspettava nella locanda era esattamente l’opposto delle loro aspettative. Le camere, per fare un esempio, che il dépliant descriveva come molto accoglienti, erano invece tetre, e i coniugi inorriditi avevano avuto l’impressione che in ognuna di queste camere ci fosse sul pavimento una bara chiusa sulla quale era scritto sempre e soltanto il loro nome.

Pisa e Venezia

I sindaci di Pisa e di Venezia si erano accordati per fare una sorpresa che lasciasse a bocca aperta i turisti in visita alle loro città, i quali da secoli si lasciavano ugualmente incantare da Pisa come da Venezia, per cui avevano deciso di far trasportare e montare, in gran segreto e di notte, la torre di Pisa a Venezia e il campanile di Venezia a Pisa. Ma non erano riusciti a tener segreto il loro proposito, e proprio nella notte in cui volevano far trasportare la torre di Pisa a Venezia e il campanile di Venezia a Pisa erano stati internati in manicomio, logicamente il sindaco di Pisa nel manicomio di Pisa e il sindaco di Venezia nel manicomio di Venezia. Le autorità italiane erano riuscite a trattare la cosa con la più assoluta riservatezza.

Paura

Nel giugno dello scorso anno comparve davanti al tribunale un tirolese il quale era accusato di avere ucciso uno scolaro di Imst ed è stato condannato all’ergastolo. Il tirolese, che di professione faceva il tipografo e da una trentina d’anni lavorava in una stamperia di Innsbruck con piena soddisfazione dei proprietari, si era difeso protestando che lo scolaro di Imst gli incuteva paura, ma su questo punto non era stato creduto dai giurati, poiché il tipografo, che effettivamente era oriundo di Schwaz e il cui padre si era conquistato un grandissimo prestigio in Tirolo in quanto presidente della corporazione dei macellai tirolesi, era alto un metro e novanta ed era in grado, come i giurati avevano avuto modo di accertare in aula con i loro occhi, di sollevare a due metri di altezza, fin dal primo tentativo, una palla di ghisa del peso di centocinquanta chilogrammi. Il tipografo tirolese aveva ammazzato lo scolaro di Imst usando un cosiddetto maglio da muratore.

Corsa semplice

Nostro zio, che possedeva a Innsbruck una manifattura di tabacchi e a Stams un cosiddetto chalet e che per questo motivo noi chiamavamo lo zio di Innsbruck, il giorno di Capodanno del millenovecentosessantasette ha chiesto alla stazione centrale di Innsbruck un biglietto di andata e ritorno per Merano ed è salito effettivamente su un treno diretto a Merano, con un’enorme quantità di bagagli, come ci hanno riferito alcuni testimoni. Ma a Merano non è mai arrivato, e nessuno ha più sentito parlare di lui, benché le indagini siano state sospese solo dopo due anni di intense ricerche. Nel frattempo la manifattura di tabacchi è stata chiusa e lo chalet è stato venduto, perché le spese per queste indagini si sono mangiate tutto quanto il cosiddetto patrimonio in contanti lasciato dallo zio di Innsbruck. Per la manifattura di tabacchi, in cui lavoravano trecento operai che nel frattempo hanno dovuto essere licenziati, non si è trovato finora un acquirente, perché negli ultimi anni la richiesta di tabacchi è diminuita e quella di nostro zio è una fabbrica effettivamente antiquata. Ma dicono che bisognerà venderla non appena gli avvocati intervenuti nelle ricerche dello zio reclameranno le loro parcelle, logicamente molto elevate. Ogni primavera ci torna alla memoria che verso la metà di maggio partivamo per Innsbruck e pernottavamo a Innsbruck da nostro zio per partire con lui l’indomani di buon’ora alla volta di Stams, dove passavamo diversi giorni nel suo chalet, leggendo e andando a passeggiare nei boschi circostanti. Siamo convinti che la buona salute di cui godiamo da anni si debba ascrivere soprattutto al fatto che due volte l’anno, in primavera e in autunno, andavamo a Innsbruck e a Stams da nostro zio. Alla disgrazia di cui nostro zio indubbiamente è stato vittima nel viaggio a Merano si deve ascrivere il fatto che adesso, quando ci mettiamo in viaggio, non chiediamo più un biglietto di andata e ritorno, ma sempre e soltanto uno di corsa semplice...


  • Der Stimmenimitator - Traduzione dal tedesco di Eugenio Bernardi, Adelphi Edizioni, 1987.
  1. Rare cose fanno sognare come quelle notizie di cronaca che racchiudono un destino in poche righe dettate in tono di spassionata neutralità. In questo libro Thomas Bernhard ha scelto come forma letteraria appunto la notizia di cronaca. Così troveremo qui più di cento romanzi in altrettante pagine. Prendendo di sorpresa il lettore, e sostituendo una guizzante velocità al martellio ossessivo dei suoi libri più celebri, Bernhard inanella una serie di storie esilaranti e oltraggiose, tutte enunciate da un cronista che si pretende di impeccabile sobrietà e precisione. I fatti innanzitutto – sembra dirci, con celato sarcasmo. E i fatti, nella loro nudità, riescono pur sempre a sbalordirci. Sono multiformi e coatti come il protagonista della storia che dà il titolo al libro: un imitatore di voci che riusciva a imitare ogni voce possibile ma rimaneva interdetto e si dichiarava incapace quando gli chiedevano di imitare la propria. L’imitatore di voci è apparso per la prima volta nel 1978. (A cura di Eugenio Bernardi).
  2. La struttura originale del testo è stata rispettata.

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