Utente:Hellisp/Sandbox/Publio Cornelio Scipione

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.

Publio Cornelio Scipione Africano - (Roma 235 a.C. - Literno 183 a.C.). Generale e politico romano. Appartenente alla Gens Cornelia, una delle più antiche e potenti gentes patrizie di Roma, era figlio di Publio Cornelio Scipione, che fu console nel 218 a.C. e che morì in Spagna assieme al fratello Gneo durante la Seconda guerra punica. Sposò Emilia Terza, sorella di Paolo Emilio Macedonico, e fu il padre di Cornelia, la famosa "madre dei Gracchi".

Prime azioni[modifica]

Le prime notizie della vita pubblica di Publio datano al 218 a.C.. In quell'anno, a 17 anni, durante la battaglia del Ticino, primo vero scontro diretto di Roma contro Annibale, salvò la vita al padre, gravemente ferito.

Due anni dopo, nel 216 a.C. fu tra i superstiti della disastrosa battaglia di Canne. Avendo la carica di tribuno militare lo vediamo fra coloro che si adoperano per porre in salvo i pochi e sbandati superstiti delle legioni romane, guidandoli verso Canusium dove ci fu un inizio di riorganizzazione dell'esercito. In questo frangente frena il desiderio di fuga di numerosi patrizi che volevano fuggire in esilio minacciandoli di fermarli anche col gladio. Per contro si fa raccontare dai superstiti le fasi della battaglia, evidentemente studiando l'insolita tattica dell'avversario.

Nel 213 a.C. riveste la carica di Edile curule, in genere primo passo nel Cursus honorum, la scalata alle cariche civili che avevano come tetto il consolato. I tribuni della plebe si opponevano alla sua nomina accampando la non raggiunta età legale. Publio risponde che se i Quiriti lo volevano Edile per lui era sufficiente.

Spagna[modifica]

Nell'anno 211 a.C. il vero ingresso nella parte elevata della struttura sociale romana. A soli 24 anni, da semplice privato e - ancora una volta - al di sotto dell'età minima legale per poter entrare in carica, Publio Cornelio riesce infatti a farsi inviare in Spagna con Caio Claudio Nerone al comando della flotta e con 11.000 uomini resi disponibili dopo la riconquista di Capua. Viene nominato proconsole e sostituisce lo zio e il padre morti nelle battaglie contro Asdrubale e le forze cartaginesi che mantenevano il controllo della regione iniziato da Amilcare Barca, padre di Annibale. La situazione, per le forze romane, si stava rapidamente deteriorando.

Publio Cornelio inaugurò una nuovo modo di trattare le truppe, di trattare con le popolazioni iberiche, a volte potenziali alleate, di combattere. La strategia complessiva venne cambiata verso la ricerca di una situazione di attacco continuo, che si mostrava ben diversa dai metodi "combatti e attendi" precedentemente adottati. Anche il lato psicologico venne studiato da Scipione. Fino a far credere ai legionari di essere figlio di déi e da questi protetto.

Con questi accorgimenti e con una serie di brillanti operazioni belliche e diplomatiche, Scipione riuscì a rovesciare alcune alleanze fra iberici e cartaginesi rendendo difficile il reclutamento di forze contro Roma e contestualemente sferrò attacchi, in genere coronati da successo, contro colonie cartaginesi e città loro alleate; restrinse sempre più il controllo cartaginese nella penisola iberica, costrinse i cartaginesi su posizioni costantemente difensive impedendo loro di sfruttare le risorse economiche del territorio che avevano conquistato e di inviare aiuti di uomini e mezzi ad Annibale. Questi nel frattempo, doveva fronteggiare la strategia attendistica propugnata da Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, non riusciva più a colpire a fondo Roma e i suoi alleati e anzi, veniva costretto a piccole battaglie per cercare di controllare un territorio sempre più ostile.

Publio Cornelio concluse la sua campagna in Spagna con la riconquista di Sagunto, la conquista, nel 209 a.C. di Cartagena capoluogo di un territorio ispanico soggetto a Cartagine che man mano si riduce alla punta attorno a Gibilterra. L'anno successivo coronò la conquista della Spagna e l'espulsione dei cartaginesi dalla penisola iberica con la battaglia di Baecula nel 208 a.C. dove sconfisse Asdrubale che stava portando aiuti militari al fratello in Italia. Publio non riuscì a fermare Asdrubale ma il resto della Spagna fu in mano romana. Con la definitiva battaglia di Ilipa Scipione distrusse due armate cartaginesi e infine, conquistata l'ultima ridotta cartaginese di Cadice, ottenne l'alleanza della città (206 a.C.). Fu la definitiva eliminazione del pericolo cartaginese in Spagna. Roma poté chiudere il "fronte occidentale" mantenendo solo le necessarie forze di presidio.

Console[modifica]

Nel successivo 205 a.C. Roma sottoscrive la pace di Fenice con Filippo V di Macedonia e chiude il fronte orientale. Publio Cornelio viene eletto console. Subito propone di portare la guerra in Africa ma il Senato di Roma, sotto la pressione dei Fabii, vuole prima sconfiggere Annibale e rifiuta di supportare Scipione che in Sicilia ha a sua disposizione solo le legioni "cannensi" e poche navi. Le legioni "cannensi" sono i resti delle forze sbaragliate a Canne da Annibale. Però mentre Varrone, il maggiore responsabile della disfatta, tornato a Roma era stato perdonato, la bassa forza, come punizione era stata mandata in Sicilia col divieto di tornare a Roma fino a quando Annibale fosse rimasto in Italia. Nonostante delegazioni di supplici avessero fatto notare al Senato la differenza di trattamento, la punizione era rimasta applicata e circa 15.000 uomini sognavano Scipione, la vendetta ed il riscatto sociale. Questo desiderio, alla fine, fu uno dei fattori determinanti della vittoria.

Preso atto dell'atteggiamento del Senato, Scipione si rivolge agli alleati italici per avere uomini, armi, navi e vettovaglie. La risposta è entusiastica. Le città dell'Etruria e del Lazio forniscono ciurme per le navi, tela per le vele, grano e farro e vivande di tutti i tipi, punte di frecce, scudi, spade, lance, e uomini. In meno di due mesi Scipione aggiunge alle sue legioni "cannensi" cica 7.000 volontari italici e comincia a preparare seriamente lo sbarco in Africa, ma riuscirà a partire solo l'anno successivo a causa di malversazioni di un suo subalterno a Locri.

Campagna d'Africa[modifica]

Nel 204 a.C. Publio Cornelio decade da console però viene nominato proconsole e può portare avanti il suo progetto. Parte per l'Africa e a causa della nebbia sbarca nei pressi di Utica scompaginando i piani dei cartaginesi, superiori per forza (60.000 uomini contro i 35.000 di Publio), che lo aspettavano a Emporia. Dopo un vittorioso scontro contro un contingente di cavalleria, Scipione può dedicarsi al saccheggio del territorio e inviare a Roma ricchezze e schiavi rinforzando la sua posizione politica e operativa. Cerca di conquistare Utica ma non riesce nell'intento e decide di accamparsi per l'inverno facendo erigere i "Castra Cornelia" gli accampamenti fortificati dove passerà l'inverno con tutto il suo esercito. Riesce a ricevere l'aiuto del re della Numidia Massinissa passato all'alleanza con Roma per opera di Scipione e per lo speculare cambio di campo dell'altro re di Numidia, Siface.

Le ostilità riprendono e Scipione deve affrontare le forze cartaginesi e numidiche (pare circa 100.000 uomini). Dopo aver studiato le abitudini degli avversari, di notte manda Masinissa e Lelio in un attacco a sorpresa del disordinato accampamento cartaginese. É una strage. Si parla - ma il dato è ovviamente da "interpretare" - di soli 20.000 superstiti. Asdrubale, il comandante cartaginese si ritira nella sua città. Siface torna in Numidia dove ha la fortuna di vedere arrivare 4.000 mercenari iberici.

Galvanizzati dalla vittoria i romani, ai Campi Magni, distruggono i resti dell'esercito numidico-cartaginese. Le truppe cartaginesi e numidiche poste alle ali cedono completamente e solo l'eroica resistenza dei celtiberi, posti al centro permette ad Asdrubale e a Siface di salvarsi.

Cartagine è alle corde. Finge di intavolare trattative, ottiene un armistizio e approfitta per mandare messaggeri in Italia. Uno raggiunge il ferito Magone e gli ordina di tornare in patria. Un altro raggiunge Annibale con lo stesso ordine. Asdrubale era stato sconfitto e ucciso nella battaglia del Metauro, Magone muore nel viaggio e solo Annibale ritorna in patria. Scipione è riuscito a liberare l'Italia dai cartaginesi.

Annibale riorganizza le forze cartaginesi ma mentre marcia fra Cartagine e Numidia per riunire elefanti, fanterie e cavalleria, Scipione attacca Cartagine che chiede ad Annibale di ritornare. Scipione gli va incontro e i due eserciti entrano in contatto nei pressi del fiume Bagrada, vicino alla città di Naraggara.

A Zama.[modifica]

Secondo alcune ricostruzioni la battaglia di Zama ricalca, in risultato invertito, la battaglia di Canne, segno che lo studio della tattica di Annibale, fatto da Scipione dopo quella sconfitta, era stato sommamente utile al giovane condottiero romano. É il 202 a.C. Scipione pone termine alla Seconda guerra punica. Roma controlla tutto il Mediterraneo occidentale e compie il principale passo verso la costruzione del suo Impero. L'anno successivo, 201 a.C. Scipione rientra a Roma dove il Senato gli decreta uno splendido trionfo che gli vale l'appellativo di "Africano".

Dopo Zama[modifica]

Nel 200 a.C., liberatasi della minacccia cartaginese, Roma parte alla conquista dell'oriente ellenistico con una politica portata avanti da Gaio Quinzio Flaminino che sarà il protagonista della politica di questi anni. Ammiratore della cultura greca, Flaminio cercherà di tutelare l'indipendenza delle città-stato greche, sottoposte però ad un protettorato di Roma che ne doveva ricavare vantaggi economico-politici.

Scipione diventa censore nel 199 a.C., princeps senatus, e ancora console nel 194 a.C., propugnando l'espansionismo in Oriente contro l'opinione di Catone il Censore che, peraltro, era stato suo aiutante sotto le mura di Cartagine. Quando scoppiò la guerra con Antioco III di Siria, fece assegnare il comando al fratello Lucio che accompagnò con il titolo di legato. In effetti il comandante della spedizione era lui stesso e guidò la vittoria romana di Magnesia e la successiva pace di Apamea (188 a.C.). Da questa vittoria che portò a Roma un immenso bottino e il dominio dell'Egeo Publio Cornelio non trasse grandi vantaggi.

Declino politico[modifica]

Quando rientra a Roma, la famiglia degli Scipioni allarmava ormai gli avversari politici per la sua potenza, la sua ricchezza e la sua influenza sulla popolazione. Si scatenò una campagna denigratoria con accuse di corruzione soprattutto al fratello Lucio. I due Scipioni vennero accusati di aver ricevuto somme enormi da Antioco III senza rendiconti all'Erario della Repubblica.

Dopo aver platealmente stracciato i rendiconti asserendo che la sua parola aveva lo stesso valore, Publio Cornelio si ritirò nella sua villa a Literno, in Campania. In questi momenti gli viene attribuita la famosa frase:Ingrata patria non avrai le mie ossa!

Nel 183 a.C., di salute cagionevole, Publio Cornelio Scipione Africano muore, cinquantenne, a Literno.

La tradizione fa avvenire la sua morte nello stesso periodo in cui a Libyssa, sulle spiagge orientali del Mar di Marmara, moriva il suo grande nemico Annibale.