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“L’ossigeno nelle fermentazioni in rosso”


INDICE

 Capitolo 1: Introduzione


 Capitolo 2: Importanza dei processi ossidoriduttivi e utilizzazione di 
diverse tecniche di vinificazione:

2-1 Effetti dell’ossigeno sul mosto

2-2 Potenziale ossidoriduttivo

2-3 Vinificazioni tradizionali

2-4 Delastage 2-5 Iperossigenazione Capitolo 3: Caratterizzazione varietale di uve da vino a bacca rossa dell’etneo

       3-1  Nero D’Avola
       3-2  Nerello Mascalese
Capitolo 4: Materiali e metodi
     4-1   Determinazioni:


            4-1-1 Uve durante la maturazione;

4-1-2 Mosto; 4-1-3 Vino;

  4-2   Composti fenolici totali estraibili dalle bucce e dai semi:
       	4-2-1 Modo di operare per le bucce;
    	4-2-2 Determinazione antociani totali bucce;
       	4-2-3 Determinazione flavonoidi totali delle bucce;

4-2-4 Modo di operare per i semi;

        4-2-5 Determinazione flavonoidi totali dei semi;
  4-3 Polifenoli potenzialmente estraibili dalle bucce in una vinificazione:

4-3-1 Modo di operare sulle bucce;

  4-4 Polifenoli potenzialmente estraibili dai semi in una   vinificazione:

4-4-1 Modo di operare sui semi;

Capitolo 5: Vinificazioni di uve Nero D’Avola e Nerello Mascalese, con metodo   tradizionale (test), delastage e iperossidazione:  
  5-1     Nero D’Avola
  5-2     Nerello Mascalese

 Capitolo 6: Conclusion


 Bibliografia

1) INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni, l'evoluzione delle abitudini e dei gusti dei consumatori ha indotto sensibili mutazioni nella struttura del mercato del vino. Il vino, da bevanda popolare, integrazione di una dieta povera, è passato a prodotto edonistico, non necessario all'alimentazione umana, ma espressione culturale legata al vitigno e alle tradizioni tecnologiche e storiche della zona d'origine. Tali nuove esigenze hanno richiesto approfondimenti sulla composizione delle diverse parti dell'uva, sulla loro evoluzione, durante il processo di maturazione, sull’ammostamento, sulla fermentazione, sull’affinamento, sull’imbottigliamento e infine sull’evoluzione in bottiglia. Si è gradualmente compreso che non si può prescindere dall’offerta di qualità per rispondere alle esigenze crescenti di un mercato avviato ad una maturità culturale, ove la quantità non è più il punto di riferimento. D'altronde i dati riassunti da MedioBanca in uno studio dettagliato per “Il Sole 24 Ore”, sono incontestabili e descrivono una crescita, del comparto, del 36% nell'ultimo quinquennio, ciò è dovuto anche al fatto che la viticoltura moderna, basata sul vigneto specializzato che qualifica il paesaggio, l'ambiente e viepiù la qualità, riscopre le proprie potenzialità, divenendo strumento fondamentale per la valorizzazione del territorio e delle risorse umane. Alla luce di queste premesse, il presente lavoro si inserisce nel quadro della continua ricerca di un miglioramento qualitativo dei vini prodotti con cultivars di vite autoctone, più direttamente legate al territorio, frutto di innumerevoli esperienze di selezione attuate dai viticoltori del passato (Guida A.I.S. 2002). Le cultivars prese in esame in questo lavoro (Nero d’Avola e Nerello Mascalese) sono state vinificate in purezza, ma i risultati ottenuti possono essere utilizzati anche quando si vogliano vinificare insieme a cultivars cosiddette internazionali la cui adattabilità all'ambiente della Sicilia risulta ormai accertata. Per attuare il suddetto miglioramento qualitativo, sono state sperimentate anche nuove tecniche di vinificazione che hanno come obiettivo di rendere più evidente il legame dell'uva con i fattori umani e ambientali. Si viene così incontro alle moderne esigenze del consumatore a cui sopra si è accennato: disporre di vini a spiccata caratterizzazione territoriale e culturale, in cui sia riconoscibile oltre alla competenza del produttore, quale interprete degli innumerevoli fattori che concorrono alla formazione dei caratteri ambientali, anche la varietà d'origine con i suoi aromi e i suoi caratteri tipici e unici. Un risultato elevato in termini qualitativi è il frutto di tanti fattori che, a partire da quello climatico, si articolano nella progettazione e gestione degli impianti, nella conoscenza dei più sottili fattori ambientali, nel lavoro in vigna, nelle operazioni di cantina e, in ultimo, nell’affinamento, per giungere al consumatore, nella sua originalità ed espressione di tipicità. È di tali fattori che l'enologo deve tener conto nella progettazione di un processo di vinificazione e per esaltare peculiarità varietali e territoriali (Lavoro già citato, guida A.I.S. 2002). Tutto questo si è tradotto recentemente (nell’ultimo decennio) nello sviluppo di un numero considerevole di tecniche, soprattutto nella preparazione dei vini rossi. Un ulteriore obiettivo di questo lavoro riguarda lo studio del ruolo svolto dall’ossigeno nelle fermentazioni in rosso. Le ricerche degli ultimi decenni hanno confermato che non vi è trasformazione, evoluzione e anche degradazione, prima del mosto e in seguito del vino, che non sia imputabile, in varia misura, alla presenza dell’ossigeno. Dalla rottura dell’acino fin dopo l’imbottigliamento, l’ossigeno è responsabile di reazioni che condizionano il risultato delle vinificazioni: dalle attività enzimatiche ossidasiche nei mosti, allo sviluppo dei lieviti in fase fermentativa. In concentrazione opportune, inoltre, l’ossigeno si rivela indispensabile ai fini dell’evoluzione corretta dei vini rossi; viceversa, un eccesso può essere causa della loro degradazione qualitativa (Ferrarini, Zironi et al. 2001). Per concludere questa nota introduttiva, possiamo indubbiamente affermare che la ricerca enologica, le tecnologie di cantina e l’approfondita conoscenza delle modificazioni chimico-fisiche che avvengono nelle varie fasi produttive, anche ed in particolar modo grazie all’ossigeno, sono determinanti ai fini del raggiungimento di un risultato di grande livello qualitativo.

2) IMPORTANZA DEI PROCESSI OSSIDORIDUTTIVI E UTILIZZAZIONE DI DIVERSE TECNICHE DI VINIFICAZIONE

Il problema della stabilizzazione dei vini nei riguardi delle ossidazioni, è quello che maggiormente preoccupa l’enologo e i tecnici di cantina. Si tratta di un problema complesso, di difficile soluzione, nonostante i notevoli progressi fatti dalla moderna tecnologia enologica. L’ossidazione avviene a seguito dell’intimo contatto tra il mosto o il vino e l’aria e/o l’ossigeno, ma anche della presenza nel mezzo, di composti capaci di trasportare cariche elettriche e di catalizzare i processi ossido-riduttivi. L’ossigenazione dei mosti per la produzione di vini rossi, se da un lato può portare a degradazioni del substrato dal quale verrà prodotto il vino, dall’altro, se ben gestita, può servire, all’inizio della fermentazione, alla moltiplicazione esponenziale dei lieviti ed inoltre a indurre reazioni di polimerizzazioni tra molecole polifenoliche, quali antociani e tannini (Dal Cin 1991). È per tali motivi che andremo ad analizzare alcune tecniche di produzione utilizzate per la vinificazione, e l’influenza che queste possono avere nella valorizzazione dei vitigni autoctoni quali il Nero d’Avola e il Nerello Mascalese, oggetto di questa tesi.

2– 1 Effetti dell’ossigeno sul mosto. L’ossigeno, a secondo del momento in cui viene a contatto col mosto, può dar luogo a due diversi tipi di reazione: quelle che avvengono al momento dell’ammostamento, essenzialmente di tipo enzimatico, (ossidazione dei polifenoli indotta dalle PPO, produzione degli acidi grassi insaturi indispensabili per la costruzione delle membrane dei lieviti) e quelle che avvengono nei vini, essenzialmente di natura chimica (Ferrarini, Zironi et al. 2001). Queste ultime si identificano nelle reazioni di ossidazione che portano allo "svanito" nei vini bianchi e alla polimerizzazione dei polifenoli nei vini rossi. È stato provato che l’ossigeno attiva i lieviti e contribuisce all'incremento della velocità di fermentazione. Un fatto di particolare interesse tecnologico è la sua azione come fattore di sopravvivenza del lievito durante l’ultima fase della fermentazione, portando ad una minore quantità di zuccheri residui. Questi fenomeni si spiegano considerando che, in presenza di ossigeno vengono prodotte piccole quantità di acidi grassi tossici a media catena (C8-C12), mentre la sintesi di acidi grassi a lunga catena (C16-C18) e di steroli risulta attivata; entrambi questi fattori contribuiscono ad un più efficiente trasporto degli zuccheri da parte delle membrane cellulari. Inoltre la prolina, che non è assimilabile dai lieviti sotto condizioni anaerobiche, in presenza d’ossigeno può essere utilizzata come fonte d’azoto (Guillot I., Bertrand A. 1990-92, Ingledew W. M., Kunkee R. E. 1985). Ormai si accetta come vero che l’apporto di ossigeno al mosto ha la maggior influenza sulla cinetica di fermentazione quando questo elemento viene fornito durante la fase di crescita o durante la fase stazionaria dei lieviti. Sotto condizioni anaerobiche, l’attività dei lieviti si arresta subito dopo l’inizio, e spiega perché la fermentazione alcolica necessita di una certa quantità d’ossigeno. Il consumo di ossigeno da parte dei lieviti si stima in 10-15 mg/L in condizioni ottimali (Sablairolles J. M. 1990). L’ossigeno apportato con l’iperossigenazione viene consumato enzimaticamente in un breve periodo di tempo e prima dell’inizio della moltiplicazione dei lieviti. L’iperossigenazione non influenza dunque la cinetica di fermentazione. La formazione di acetaldeide, prodotto secondario del metabolismo dei lieviti e responsabile della combinazione della SO2, non è soggetta a nessuna alterazione quando si usa l’iperossigenazione rispetto alla vinificazione tradizionale con aggiunta di SO2 al mosto. Perché l’apporto di ossigeno sia vantaggioso, esso deve essere ripetuto dopo l’inizio dell’attività dei lieviti (Bagnoud X. 1993). La formazione di acidità volatile e di acetato di etile prima della fermentazione sembra essere controllata dal tempo che intercorre tra pigiatura e inizio della produzione di CO2, indifferentemente dalla cattura di ossigeno aggiuntivo. Così, quando si usa l’iperossigenazione in una vinificazione, l’attività dei batteri è normalmente repressa dall’inizio veloce della fermentazione alcolica, o dall'anidride solforosa aggiunta dopo la rimozione per chiarifica dei fenoli precipitati. Tab. 1 – Velocità di consumo dell’ossigeno. Ossigeno consumato o fornito (ppm/h) Mosto da uve sane 10-30 Mosto da uve botritizzate 30 e più Vino rosso giovane (18°C) 0,001-0,0094 Vino rosso di 2 anni (18°C) 0,001-0,042 Lieviti (106 UFC/ml) 1-1,5

I dati della tabella 1 se pur non esaustivi, ci fanno capire approssimativamente, quanto ossigeno viene utilizzato nei diversi processi e quale importanza esso ha durante la fermentazione e anche dopo (durante l’affinamento e l’invecchiamento)(Ferrarini, Zironi et al. 2001). La notevole velocità di fissazione dell’ossigeno da parte dei mosti, dall’inizio dell’ammostamento in poi, dimostra che il meccanismo di ossidazione si origina con la decompartimentazione degli enzimi e dei substrati contenuti nelle cellule degli acini. Nei mosti, l’ossidazione è causata dalla presenza delle diverse polifenolossidasi (PFO), le tirosinasi naturali delle uve e le laccasi, nei casi di uva infetta da muffe. Queste in presenza di ossigeno trasformano gli acidi fenolici del tipo cinnamico, legati all'acido tartarico, nei rispettivi chinoni. Il fattore che determina la velocità di queste reazioni risulta il consumo dell’ossigeno (Dubernet M. 1974, Dubernet, Ribèreau-Gayon P. 1974). Dalle ricerche, effettuate negli ultimi decenni, sappiamo che dall'attacco delle PPO all'acido caffeil tartarico (acido caftarico), si forma il relativo chinone che è fortemente reattivo e può dar luogo a tre diverse reazioni: può combinarsi al glutatione per dare un prodotto di addizione, il GRP (Grape Reaction Product) e cioè l’acido 2-S-glutationil-caffeil tartarico. Si ha così il ripristino della doppia funzione fenolica in posizione orto. Sul GRP non è attiva la PFO mentre lo è la laccasi. Il chinone, grazie al suo potere ossidante può seguire una seconda via, reagendo rapidamente con composti riducenti, ad esempio l’acido ascorbico, l'anidride solforosa o anche con altri composti a potenziale redox minore. Infine il chinone può condensarsi con gli o-difenoli, flavani o antociani o con lo stesso GRP (Cheynier, Rigaud, et al. 1990, Cheynier, Souquet, et al. 1991, Cheynier, Flucrand, et al. 1995, Lee, Jaworski 1988, Rigaud, Cheynier, Moutounet, et al. 1990, Rigaud, Cheynier, Souquet, Moutounet 1991). Da questa reazione si ha la riduzione del chinone dell'acido caftarico ad acido caftarico e il riavvio delle reazioni di ossidazione enzimatiche. I fenoli del mosto vengono così ossidati con un meccanismo accoppiato di ossidazione e di riduzione. I loro prodotti di ossidazione (i chinoni), condensano velocemente con formazione di pigmenti bruni. La capacità dei mosti di consumare ossigeno varia notevolmente e dipende dal contenuto iniziale in acidi idrossicinnamici, in quanto la cinetica delle reazioni dipende dal rapporto molare tra acidi idrossicinnamici e glutatione. Questo rapporto è tipico di ogni varietà. In base a questa tipicità sono stati caratterizzati tre gruppi di varietà, ognuna delle quali si distingue per il rapporto acidi idrossicinnamici/glutatione, capacità di consumo di ossigeno e capacità di formazione dei polimeri bruni (Rigaud, Cheinier, Souquet et al. 1990). Si è trovato che la quantità media di ossigeno assorbito, in condizioni identiche per cultivars diverse, è pari a 50 mg/L e il 95% dei valori ottenuti sono compresi nell’intervallo tra 30 e 65 mg/L d’ossigeno. Per tentare di minimizzare le reazioni di ossidazione enzimatica che portano alla distruzione di una parte dei polifenoli estratti dall'uva durante le prime fasi della vinificazione, è stata proposta una tecnica di vinificazione in rosso con ossidazione del mosto. Tale inconveniente si può presentare quando si lavora con varietà particolari che presentano una facile ossidabilità del mosto. Questa ossidabilità può essere dovuta ad una forte attività PPO unita ad un forte contenuto di acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico presenti nelle cellule della polpa e di conseguenza nel mosto, come si è visto poc’anzi (Di Stefano 1993). Viene legittimo pensare che l’inibizione dell’attività delle PPO e/o l’allontanamento dell’acido caffeiltartarico, il substrato di questi enzimi, possa contribuire a risolvere il problema dell’ossidabilità dei polifenoli flavanici ed antocianici che vengono estratti nella prima fase della fermentazione. La tecnica in questione verrà illustrata più avanti.


2 – 2 Potenziale ossido-riduttivo (rH). Tradizionalmente lo stato di ossidoriduzione di un vino viene espresso dal valore dll’rH. Tale parametro, può essere uno valido strumento diagnostico sull’attitudine ossidoriduttiva di un mosto. Noi sappiamo che il potenziale redox esprime le condizioni di equilibrio esistenti nella soluzione in esame, nel momento in cui noi la controlliamo, fra sostanze ad attitudine ossidante e sostanze ad attitudine riducente. Ora, se si deve rappresentare schematicamente un sistema redox nei suoi costituenti ionizzati, avremo la seguente schematizzazione:

                         Red   Ox + (n)e

dove Red è la forma ridotta mentre Ox è la forma ossidata ed (n)e è il numero di elettroni scambiati. Se la concentrazione della forma ridotta è maggiore di quella della forma ossidata, il potenziale di ossidoriduzione sarà basso, ovvero avremo uno stato ridotto e viceversa, se sarà alto si avrà uno stato ossidato. Va osservato in oltre che si può parlare correttamente di potenziale di ossidoriduzione di un sistema reversibile, in condizioni di equilibrio, in una soluzione (nel nostro caso il vino) in assenza completa di ossigeno atmosferico. Caso diverso, cioè in condizioni di arieggiamento (ossigenazione), i sistemi redox che operano nella soluzione si trovano in continua evoluzione, e pertanto la misura del potenziale redox è del tutto precaria (potenziale apparente). L’rH si esprime come segue: rH = -log 10 (PH2) dove (P) è la pressione di idrogeno gassoso (H2) (Usseglio-Tomasset 1986). I valori di rH variano nei mosti e nei vini da un minimo di 6-10 (stato di fortissima anaerobicità) ad un massimo di 24-25 (stato di fortissima aerobicità). I valori testè menzionati, possono essere espressi anche come mV; tali valori vanno da 100-150 mV a 500-550 mV. Un vino che normalmente viene trattato e conservato in maniera ottimale, presenta valori di rH tra 18 e 20, pari a 300-400 mV. L’rH assume, nella moderna enologia, un'importanza notevole come fattore di previsione dello stato di ossidabilità di un vino si da poter, con oculatezza e cognizione, operare evitando eccessi di ossidazione ed assicurando al prodotto finale una migliore stabilità generale (Dal Cin 1991).

   2 – 3 Vinificazione tradizionale (teste).

In questo lavoro, al fine di mettere in evidenza le caratteristiche delle vinificazioni con delastage e per iperossigenazione del mosto, si è provveduto a confrontarle con una vinificazione di tipo tradizionale. A tale scopo è stata utilizzata una tecnica messa a punto nell'Istituto sperimentale per l'Enologia denominata: vinificazione con estrazione differita degli antociani PROTOCOLLO DI LAVORAZIONE PER LA VINIFICAZIONE DI TIPO TRADIZIONALE

1. Pigiatura con 3 g SO2 per q; 2. man mano che il pigiato viene trasferito nel tino di fermentazione, è aggiunto un pied de cuve di lieviti in attiva fermentazione (fino al 5% del totale); 3. fermentazione a 28÷30 °C; 4. dall’inizio della fermentazione, fino al raggiungimento di 5% di alcol si effettua una follatura o una bagnatura del cappello al giorno. 5. si continua con un contatto frequente mosto - parti solide dell'uva e con ossigenazione del mosto; 6. svinatura 7. travaso a fine fermentazione.

Con la vinificazione con estrazione differita degli antociani si realizzano i seguenti obiettivi: - gli antociani insieme agli acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico sono i composti che diffondono più rapidamente dalle bucce dell’uva nel mosto dopo la pigiatura. La velocità di diffusione dipende: a) dalla varietà; b) dal grado di maturazione dell'uva; c) dalla temperatura; d) dal tempo di contatto mosto-bucce; e) dal tenore di SO2 e dunque dall’effetto lisciviante che questa esercita. Gli antociani che per primi passano nel mosto, possono essere ossidati, se è presente ossigeno e se sono attive le reazioni di ossido-riduzione accoppiate iniziate dalle PPO; inoltre se non sono presenti tannini in quantità sufficiente per poter competere con gli antociani nei riguardi delle reazioni con l’acetaldeide, questo composto, che viene prodotto in tenori elevati durante le fasi di avvio della fermentazione, può reagire con gli antociani senza coinvolgimento dei tannini. Da questa reazione si originano molecole che tendono a precipitare, inglobando anche antociani monomeri. Da osservazioni si è visto che l'idrolisi delle pectine è inibita dalla presenza degli zuccheri (glucosio e fruttosio) nel mosto (Borsa, Di Stefano 1997). Inoltre il glucosio inibisce principalmente l’azione delle β-glucosidasi impedendo l’idrolisi di alcuni precursori d’aroma che si trovano sotto forma glicosilata. Per attivare queste reazioni enzimatiche è necessario che il glucosio sia presente in quantità molto limitata. Un contatto spinto del mosto con le bucce, durante le fasi iniziali della fermentazione, porta, secondo quanto sopra enunciato, alla inibizione delle suddette attività enzimatiche che, a parte le pectinasi, che conservano la loro affinità fino alla fine della fermentazione, privano i lieviti di substrati aromatici che da essi potenzialmente possono essere trasformati. Oltre che dal glucosio le attività β-glucosidasiche sono parzialmente inibite dall’etanolo e sono condizionate dal pH del mezzo in quanto il loro massimo di attività è intorno al valore 5,0 di pH. Tutto questo significa che, se i glucosidi non sono stati idrolizzati durante la fermentazione, difficilmente lo saranno alla fine, anche ammettendo che i lieviti possano indurre in modo indiretto la loro idrolisi. Risulta chiaro da quanto esposto che con un contatto frequente del mosto con le parti solide dell’uva e in particolare con le bucce, non si realizzano le condizioni migliori per l’attivazione degli enzimi suddetti. In particolare, dato che la permanenza del bitartrato di potassio in soluzione dipende dalla stabilizzazione del suo stato di sovrasaturazione e che i residui delle pectine in particolare di quelli contenenti acidi uronici sembrano maggiormente coinvolti in tale processo, in queste condizioni tecnologiche si priverebbe il vino di molecole importanti per la permanenza degli antociani in soluzione. Tenendo conto di quanto sopra è stato esposto, si è elaborata la tecnica in questione che sembra in grado di indurre una buona stabilità degli antociani. In pratica si opera riproducendo quanto veniva attuato un tempo nelle piccole cantine, così come riportato nella metodica precedentemente illustrata. Le suddette operazioni, che comportano un contatto limitato del mosto con le bucce nella fase iniziale della fermentazione, vengono continuate fino a che il mosto abbia raggiunto un tenore in etanolo compreso fra 5 e 6%, poi si continua con i metodi normali, secondo lo stile della cantina, con rimontaggi o follature frequenti fino alla fine della fermentazione. Con questa tecnica, ipoteticamente, si dovrebbe ottenere quanto segue: o estrazione della maggior parte degli antociani quando l’ossigeno del mosto è stato consumato dai lieviti e quando è diminuito il rischio delle reazioni di ossidazione-riduzione accoppiate che portano all’ossidazione dei polifenoli antocianici e flavanici estratti dalle bucce e dai semi; o estrazione della maggior parte degli antociani quando sono estraibili i flavani dalle bucce e dai semi, in modo che siano possibili le reazioni antociani – acetaldeide – flavani; o estrazione del potassio dalle bucce, quando sono presenti nel mosto polifenoli e polimeri derivati dalle pectine che stabilizzano lo stato di sovrasaturazione del bitartrato di potassio; o attivazione, nel cappello, degli enzimi che vengono inibiti dalla presenza del glucosio grazie alle temperature più alte, ai pH più alti e alla minor concentrazione di glucosio che si realizza nei liquidi che bagnano il cappello stesso a causa della fermentazione più veloce; o agevole eliminazione dei semi quando si rende necessaria; o produzione di aromi varietali liberi dall’idrolisi delle forme glicosilate, rendendoli disponibili al metabolismo dei lieviti; o ottenimento di vini in cui lo stato di sovrasaturazione del bitartrato di potassio risulta stabilizzato. Per evitare innalzamenti eccessivi di temperatura, con conseguente perdita di aromi e un eccessiva estrazione di tannini in particolare dai semi, si ritiene opportuno iniziare le operazioni di rimontaggio e di follatura prima che venga superato il limite del 6% di alcol. La tecnica che tratteremo di seguito è conosciuta e ampiamente sperimentata, si tratta della vinificazione tipo delastage.

2 – 4 Vinificazioni tipo delestage. Il delestage , che tanta fortuna ha avuto in tutta la penisola, può essere assimilato, in dipendenza della sua interpretazione, ad una vinificazione con macerazione lunga o breve. Gli effetti che si dovrebbero realizzare con tale tipo di vinificazione sono i seguenti: Þ ossigenazione del mosto, con miglioramento dell'andamento fermentativo e con attivazione delle reazioni di polimerizzazione degli antociani e dei flavani; Þ estrazione più veloce degli antociani e dei tannini non amari dalle bucce; Þ possibilità di eliminazione di una parte dei vinaccioli.

PROTOCOLLO PER LA VINIFICAZIONE DI TIPO DELESTAGE

1. pigiatura con 3 g SO2 per q; 2. aggiunta di lieviti selezionati in attiva fermentazione, fino al 5% del totale; 3. eventuale aggiunta di MCR; 4. fermentazione a 28÷30 °C; 5. appena si alza il cappello (bucce) per 3 giorni, due volte al giorno fare il delestage nel seguente modo: togliere la fase liquida che si trova sotto il cappello e metterla in un serbatoio dove resterà per circa un'ora. Quindi riportare la fase liquida sopra le vinacce avendo cura di rompere il cappello e rimescolare bene il tutto; 6. effttuare due rimontaggi o follature al giorno con rottura del cappello; 7. protrarre la macerazione, i rimontaggi o le follature fino alla fine della fermentazione; 9. svinatura; 10. travaso a fine fermentazione. Esposto il protocollo che si è seguito, illustreremo le azioni di cantina. Per effettuare il delastage, si esegue una metodica ampiamente illustrata nella bibliografia enologica, ma che si ritiene opportuno chiarire. Le numerazioni presenti nelle figure, delimitano determinate zone con caratteristiche diverse. 1) Parte inferiore della vasca di uscita del mosto e di raccolta vinaccioli. 2) Mosto non saturo di molecole coloranti. 3) Limite di contatto tra cappello e mosto, zona satura di molecole coloranti. 4) Zona del cappello a contatto con il mosto. 5) Parte del cappello emersa. Le fasi del delastage sono diverse e sono quelle che, schematicamente, si riportano nelle figure seguenti.

[1]


L’estrazione rapida degli antociani, a volte, è da evitare, in quanto, se questi non sono opportunamente stabilizzati, vengono persi durante la fermentazione.

2 – 4 Vinificazione con iperossigenazione del mosto.

La fortuna delle tecniche di iperossigenazione del mosto è legata alla tendenza, comune a molti paesi europei, a ridurre o addirittura a eliminare l’uso della SO2 durante le operazioni prefermentative e nei vini (Guerzoni, Zironi, Intrieri, et al. 1981). L’ossidazione dei mosti è diversa dall’ossidazione dei vini. Nei vini rossi, come sopra è stato evidenziato, è necessaria la presenza di una quantità sufficientemente elevata di antociani perché possano avvenire le reazioni di polimerizzazione antociani - flavani e la stabilizzazione del colore. Nelle condizioni normali di vinificazione, con un intenso contatto mosto bucce e con ossigenazioni iniziali, si realizza una rapida estrazione degli antociani, ma anche una attivazione delle PPO a causa dell'ossigeno che viene fornito. Il chinone dell'acido caffeil tartarico che si forma per effetto dell'attacco enzimatico all'acido caffeil tartarico, ossida così gli antociani e gli altri polifenoli, invece di combinarsi con il glutatione ridotto, a causa della concentrazione elevata dei polifenoli presenti. L'ossidazione di questi composti è funzione delle ossigenazioni del mosto e può portare a perdite rilevanti di antociani. Questo effetto, negativo nella fermentazione in rosso è, invece, ricercato nella fermentazione in bianco. In questo caso, i polifenoli, eliminati dal mosto attraverso l’ossidazione enzimatica, non modificano la qualità del vino ma lo rendono più stabile nei riguardi delle reazioni di ossidazione chimica. Il trattamento del mosto con ossigeno, in questo caso, accelera le trasformazioni dei polifenoli in polimeri bruni ed insolubili, che sono facilmente rimossi durante il normale processo di chiarifica o per assorbimento da parte dei lieviti nel corso della fermentazione (Guerzoni, Zironi, Intrieri, Magnanini 1981). In assenza di SO2, il consumo di ossigeno da parte delle PPO nei mosti è piuttosto veloce (da 30 a 200 mg/L/h) (Dubernet 1974, Koch, Baumgarten 1995, Neradt 1970, Perscheid, Zurn, Uber 1976, Perscheid, Zurn 1977). Esistono però lavori in cui è stato riportato un consumo di 4 mg/L/h a temperatura ambiente con apporto d’ossigeno non controllato (Getaz, Fabre 1990, Schneider 1991). Quantità variabili di acidi idrossicinnamici possono essere responsabili delle diverse cinetiche di reazione, così come il consumo parziale di substrati fenolici dovuto alla cattura d’ossigeno prima dell'inizio delle misure. Una parte importante dell’ossidazione avviene durante la pigiatura dei grappoli; l’entità dell'ossidazione dipende da come essa è stata condotta. Si stima che la cattura d’ossigeno durante questo processo sia da 10 a 15 mg/L (Cheynier, Masson et al. 1993). È difficile valutare la quantità d’ossigeno catturato se l’uva è stata pigiata precedentemente.

PROTOCOLLO DELLA VINIFICAZIONE CON IPEROSSIGENAZIONE DEL MOSTO

1. Pigiatura. 2. In scambiatore per raffreddamento a 8 °C; 3. In vinificatore con permanenza a 10 °C per 24 ore; 4. Trascorse le 24 ore togliere il 50% circa di mosto fiore (Fase liquida): · Mettere in un altro serbatoio sbattendolo dall’alto; · Mantenere a 10°C; · Ripetere l’operazione di sbattimento dall’alto per diverse volte in un ora (3-4) sino a che diventi marrone; · Aggiungere Enzimi 1 g/hL, per la chiarifica; · Decantare a freddo per 24 ore circa; · Travasare e aggingere 3 g/hL di SO2 ; · Riscaldare alla temperatura di 20 °C; 5. Ripetere l’operazione di sbattimento dall’alto per saturare il mosto di ossigeno, 6. Inoculo diretto con 30 g/hL di lieviti selezionati BRL 97. 7. FERMAID dose media 8. Fare fermentare a 20 °C. 9. Nelle parti solide (Fase Solida) rimaste in vinificatore mettere 4 g/hL di SO2; 10. Inoculo diretto con 30 g/hL di lieviti selezionati BRL 97., e aggiunta della dose media di FERMAID 11. Temperatura di fermentazione 28-30 °C; 12. fare una follatura al giorno 13. non appena la densità si abbassa di 9 unità Babo (= circa 6 gradi di alcol. Esempio: 20 di babo prima della fermentazione: 20-9= 11; appena il babo arriva ad 11 si aggiungerà la fase liquida) si aggiunge la fase liquida preparata come sopra descritto 14. Fare 2 follature al giorno e mantenere la temperatura a 28-30 °C 15. Protrarre la macerazione e le follature fino alla fine della fermentazione. 16. Svinatura 17. Travaso dopo a fine fermentazione. La tecnica in questione dovrebbe permettere: a – un ritardo nell'estrazione degli antociani, rendendola possibile quando possono essere estratti anche i flavani; b – una rapida fermentazione del mosto che bagna il cappello diminuendo la concentrazione del glucosio la cui presenza inibisce le attività enzimatiche pectinasiche e glucosidasiche; c – di raggiungere nelle bucce condizioni di pH, di temperatura e di tenori in glucosio, favorevoli all’azione degli enzimi pectinasici e glucosidasici; d – di diminuire il substrato delle PPO dai mosti o soltanto di chiarificarli, iniziando la fermentazione di questa parte del pigiato in condizioni di temperatura e di torbidità tali da rendere possibile la formazione di sensibili tenori di acetaldeide; e – di unire un mosto in fermentazione alla temperatura di 20°C, presumibilmente ricco di acetaldeide, alle bucce in fermentazione che hanno raggiunto una temperatura elevata, abbassando la temperatura dell’insieme; f – di rendere disponibile l’acetaldeide nel momento in cui sono presenti nel mosto antociani e flavani con la conseguente attivazione delle reazioni di polimerizzazione.



Analisi da fare per tutte le tre prove a giorni alterni: q Densità q Ac. Totale q PH q Ac. Volatile q Prendere 50 ml di mosto in fermentazione e congelare 3) Caratterizzazione varietale di uve da vino a bacca rossa dell’etneo. L’indagine sulle caratteristiche varietali di alcuni vitigni autoctoni della Sicilia si è resa necessaria per chiarire i risultati delle esperienze effettuate nel corso dell’attuazione del presente lavoro.

3 - 1 Nero D’Avola (Calabrese) ; Il Nero D’Avola, è un vitigno classico della zona che va dalle falde dell’etneo fino a Pachino, in provincia di Siracusa. In questa zona, tale varietà, viene coltivata quasi esclusivamente ad alberello, con un’età di 40 anni circa. Il Nero D’Avola, detto anche Calabrese, prende il nome dal paese di Avola, in provincia di Siracusa. Il sinonimo Calabrese, altro non è che un’italianizzazione dell’antico nome dialettale, della zona, “Callaurisi” che significa, appunto, “venuto da Avola”. La densità di impianto può superare le 6000 viti per ha, con una resa che si aggira intorno a 60 q per ha. Composizione dei mosti: Tab.2 - Composizione dei mosti ottenuti da uve delle varietà Nero d’Avola.

	 	pH	°Brix	ac. titol. g/L
Nero d'Avola	3,40	26,20	6,15


Dai dati riportati in tab. 2 appare chiaro che il Nero D’Avola è stato coltivato in modo da ottenere un’elevata sintesi degli zuccheri da parte della pianta; ciò è dimostrato dai valori di pH e delle acidità titolabili confrontati con i gradi Brix. Alti contenuti di zuccheri, congiuntamente a bassi pH e ad alte acidità titolabili, danno un chiaro riferimento che l’uva, nonostante tutto, continua a sintetizzare zuccheri e che la maturità non è stata ancora raggiunta; il contrario avviene quando a bassi tenori di zuccheri corrispondono alti valori di pH e basse acidità titolabili. Polifenoli delle bucce: In tab. 3 vediamo il profilo antocianico del Nero D’Avola. Tab.3 Profilo antocianico della varietà Nero d’Avola

	Delf.-3-G	Cian.-3-G	Petun.-3-G	Peon.-3-G	Malv.-3-G	Acetati	Cinnam.	 mg/100 acini	mg/Kg d'uva

Nero d'Avola I 6,5 1,5 10,1 7,1 50,5 9,0 15,3 106 645 Nero d'Avola II 7,0 1,2 10,2 5,2 50,6 10,8 15,0 106 676

Il Nero D’Avola si caratterizza, come varietà, per la prevalenza della Malvidina-3-glucoside sugli altri antociani. La forma non acilata di questo composto prevale sull'insieme degli altri composti e sulle forme acilate. Le percentuali degli antociani disostituiti nell’anello laterale (cianidina e peonidina) sono minori di quelle degli antociani trisostituiti (delfinidina e petunidina oltre che malvidina); in particolare risulta che il rapporto fra antociani acetati e cinnamati è minore di uno. Si tratta di un profilo frequente nelle varietà da vino a frutto colorato. Il contenuto antocianico totale delle bucce dell’uva analizzata in questo lavoro, espresso in mg/Kg di uva è medio basso. È evidente che il campione preso in esame, pur dotato di un contenuto in zuccheri abbastanza elevato, e di parametri legati all’acidità particolarmente favorevoli, non aveva ancora raggiunto la maturità fenolica o lo stato in cui termina la sintesi degli antociani e degli zuccheri, come precedentemente osservato. Il basso tenore antocianico, oltre che per i fattori sopra menzionati può essere dovuto a fattori ambientali. L’aspetto critico della sintesi antocianica in numerose varietà cosiddette autoctone del territorio nazionale, è stato da tempo evidenziato (Cravero, Di Stefano 1992). Considerati gli antociani, prenderemo in esame il profilo degli acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico delle bucce, ed evidenziati in tab. 4; Tab.4- Acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico e flavonoli della varietà Nero d’Avola.(CTA: acido caffeil tartarico; p-CuTA: acido p-cumaril tartarico). mg/Kg d'uva CTA p-CuTA Miricetina glucoside Quercetina glucuronide Quercetina glucoside Campferolo glucuronide Campferolo glucoside



Nero d'Avola I 32,0 9,1 20,6 25,3 19,5 2,7 10,1 Nero d'Avola II 25,9 6,2 18,6 19,3 15,5 1,4 7,8

L’acido caffeiltartarico (CTA) è il composto di questa classe presente in quantità più elevata nel Nero d’Avola, infatti il rapporto CTA/p-CuTA (acido p-cumaril tartarico) è sensibilmente maggiore di uno. Inoltre il contenuto di questi acidi nella buccia è piuttosto modesto. A causa della scarsa dotazione in acidi idrossicinnamici della buccia, questa varietà si rivela adatta alla vinificazione con la tecnica di iperossigenazione del mosto. Infatti, le reazioni di ossidazioni enzimatiche, una volta rimossa una parte sensibile del CTA del mosto, sono meno probabili. In tab. 4 sono riportati anche i valori dei flavonoli , e da questa si evince che nel Nero D’Avola il tenore di miricetina (composto triidrossilato nell’anello laterale) è simile a quello di ciascuno dei due isomeri della quercetina (flavonolo diidrossilato nell’anello laterale), ma minore della loro somma. Risulta anche interessante osservare che il Kampferolo è presente in quantità importanti. Vedremo di seguito l’indice di polifenoli delle bucce, riportato in tab. 5.


Tab.5 - Polifenoli delle bucce delle uve delle varietà Nero d’Avola.
	 	Polifenoli totali	Proantocianidine	Flavani reattivi alla vanillina 	 
	 				 

bucce mg/100 acini mg/Kg d'uva mg/100 acini mg/Kg d'uva mg/100 acini mg/Kg d'uva V/L

Nero d'Avola I 207 1259 226 1373 58 351 0,26 Nero d'Avola II 206 1320 243 1558 71 452 0,29

Le bucce delle uve Nero D’Avola, con le limitazioni imposte dal campione di uva analizzato, si rivelano piuttosto povere di polifenoli, infatti, il dato dei polifenoli totali supera appena il valore di 1000, espresso in mg/Kg di uva, e quello di proantocianidine non si discosta molto da questo valore, raggiungendo in un caso su due il valore di 1500 mg/Kg di acini. L’indice di vanillina, pari a circa un quarto di quello di proantociandine, indica che i polifenoli dell’uva possiedono un grado di polimerizzazione piuttosto elevato. Nella tab. 6 sono riportati i valori dei polifenoli monomeri e dimeri dei semi: Tab. 6 - Polifenoli dei semi delle uve delle varietà Nero d’Avola.

	proc B1	proc B3	CAT.	proc B4	proc B2	EPICAT.	proc B2 G	E G

Nero d'Avola [mg/Kg] 12,4 8,9 59,0 8,3 30,6 54,7 17,8 9,1 [mg/100 ac] 2,1 1,5 10,1 1,4 5,2 9,3 3,0 1,6


idrolisi enzimatica Nero d'Avola

Esanolo 273,1 Cis-3-esenolo 69,6 Trans-2-esenolo 107,1 Furan lin. ox. isom. 1 26,8 Furan lin. ox. isom. 2 26,8 Benzaldeide 10,7 Linalolo 8,0 1-ottanolo 8,0 Ho-trienolo n.d. Nerale n.d. a-terpineolo 5,4 Geraniale 2,7 Piran lin. ox. isom. 1 10,7 Salicilato di metile 21,4 Piran lin. ox. isom. 2 8,0 Citronellolo n.d. Nerolo n.d. Geraniolo 32,1 Alcool benzilico 632,0 2-feniletanolo 307,9 Diolo 1 10,7 Endiolo 10,0 Terpina 1 n.d. Diolo 2 n.d. Eugenolo 3,3 4-vinil guaiacolo 29,9 OH-citronellolo 13,3 8-OH-diidrolinalolo 23,3 OH-nerolo n.d. Trans-8-OH-linalolo 49,9 Cis-8-OH-linalolo 289,8 OH-geraniolo 43,2 Acido geranico 10,0 p-ment-1-ene-7,8-diolo 13,3 3-OH-b-damascone 59,8 Vanillato di metile 16,6 3-oxo-a-ionolo 222,7 Acetovanillone 29,9 3,9-diidrossimegastigma-5-ene 23,3 3-OH-b-ionone 36,6 Zingerone 33,2 Alcool omovanillico 43,2 Alcool diidroconiferillico 36,6 Vomifoliolo 349,0


Tab. 7 - Aromi varietali prodotti per idrolisi enzimatica da precursori glicosilati e aromi prodotti per idrolisi chimica degli agliconi di uve delle varietà Nero d’Avola, (mg/Kg d'uva).

Al livello di maturazione delle uve analizzate, i semi delle varietà in questione si rivelano piuttosto ricchi di polifenoli estraibili con soluzione tampone tartarico a pH = 3,2 contenente il 12% di etanolo 1g/L di SO2. Il Nero D’Avola presenta tenori più alti di procianidine dimere e di gallato della procianidina B2. La tab. 7 evidenzia gli aromi varietali presenti nell'uva Nero D’Avola liberati per idrolisi enzimatica dei precursori glicosilati e quello dei composti che si ottengono da tali agliconi dopo idrolisi chimica. Il profilo aromatico è quello tipico delle varietà neutre ovvero: scarso contenuto di composti terpenici (a parte l’8-idrossilinalolo isomero

Continua da tab. 7

idrolisi chimica Furan lin. ox. isom. 1 213,8 Furan lin. ox. isom. 2 124,9 vitispirani 98,5 linalolo 19,2 Riesling acetale 40,8 a-terpineolo 48,0 TDN n.d. damascenone 28,8 actinidolo 1 62,5 actinidolo 2 81,7 OH-TDN n.d.

   2) ma significativa presenza di                     norisoprenoidi e benzenoidi. Nel Nero D’Avola il rapporto tra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi furanici del linalolo è circa uguale a uno, i rapporti tra linalolo e α-terpineolo, fra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi piranici del linaiolo e fra gli alcoli omovanillico e diidroconiferilico sono maggiori di uno, mentre i rapporti fra linalolo e geraniolo, fra gli isomeri 1 e 2 dell’8-idrossilinalolo e fra 3-idrossi-β-damascone e 3-oxo-α-ionolo, sono minori di uno.

Come sopra accennato, il contenuto di 8-idrossilinalolo isomero 2 è particolarmente elevato, più simile a quello delle uve aromatiche che a quello delle uve non aromatiche. Per idrolisi chimica degli agliconi prodotti per idrolisi enzimatica delle forme glicosilate si ha un forte incremento degli ossidi furanici del linalolo e una importante produzione di vitispirani seguiti dagli actinidoli che, nella varietà Nero D’Avola sono maggiormente rappresentati, inoltre nella suddetta varietà è stato rivelato il Riesling acetale mentre il TDN, in quanto presente in tracce, non è stato quantizzato. Per ciò che riguarda il damascenone, le quantità riscontrate sono piuttosto elevate. Risulta importante sottolineare che la composizione del Nero D’Avola sopra descritta non spiega l’aroma di frutta conservata (marasca) dei vini che vengono prodotti dalle uve di questa varietà. Si deve ritenere, di conseguenza che esistono altri precursori, in particolare quelli della classe dei composti che possono essere metabolizzati dai lieviti e trasformati in sostanze dalla bassa soglia olfattiva, da cui potrebbero derivare gli aromi riscontrati nei vini. 3-2 Nerello Mascalese;

La varietà, che più del Nero D’Avola, ha importanza nella zona dell’Etna è il Nerello Mascalese. Il nome, probabilmente, deriva dal paese di Mascali che è ubicato alle pendici dell’Etna. Dalla cultivar suddetta, in questa zona si ottengono vini rossi sia giovani che da invecchiamento. Malgrado questi vini presentino caratteristiche organolettiche originali, riconducibili sicuramente al contesto varietà-ambiente, essi spesso vanno incontro a ossidazioni che ne compromettono il colore e l’aroma. Il sistema di allevamento del Nerello Mascalese è quello classico ad alberello e in parte, dove le condizioni di giacitura del terreno lo permettono, a controspalliera; la situazione generale, di allevamento e climatica, ha permesso di ottenere un elevata sintesi di zuccheri, nonostante il contenuto di questi ultimi era ancora in aumento a fine settembre (Di Stefano, Foti, Borsa 1993).

Tab. 8 – Solidi solubili, acidi fissi e acidi idrossicinnamiltartarici del succo (valori medi)

Solidi solubili g% Acido tartarico g/L Acido malico g/L Acido shikim. mg/L Ac.cis+ trans CTA mg/L Ac.cis p-CuTA mg/L Ac.trns CuTA mg/L Nerello MascaleseI 23,95 5,80 3,80 " 121,60 2,70 8,70 Nerello MascaleseII 21,50 7,75 3,43 6,15 116,78 2,03 6,33 Nerello MascaleseIII 24,85 7,30 3,30 11,55 134,33 2,40 9,00

          Dalla tab. 8 si evince che questa varietà è a maturazione piuttosto tardiva e che tra gli acidi idrossicinnamici del succo, il caffeil tartarico è il più rappresentato.

Gli acidi idrossicinnmil tartarici della buccia, mostrano una composizione che non può essere associata in modo univoco ad un gruppo a maggioranza o minoranza di acido caffeil tartarico. Infatti il rapporto ac. caffeil tartarico/ac. p-cumaril tartarico varia da 0,76 ad 1,31, anche all’interno dello stesso campione. Tab. 9 – Flavonoli della buccia (%), catechina ed epicatechina dei semi (mg/Kg di uva). Valori medi.

	Miric.-3-glu.	Querc-3-glucor.	Querc-3-glu.	Kamp-3-glu.	Isoram-3-glu.	Catech.	Epicat.

Nerello MascaleseI 10,3 31,3 51,3 1,4 5,9 210,3 74,4 Nerello MascaleseII 12,2 27,5 48,9 2,1 9,3 149,7 71,6 Nerello MascaleseIII 9,5 29,1 51,7 1,5 8,3 212,6 77

Dei 5 flavonoli considerati (tab. 9), la quercetina-3-glucoronide e la quercetina-3-glucoside, risultano i più abbondanti (superando l’80% del totale), seguono la miricetina-3-glucoside e l’isoramnetina-3-glucoside, mentre il kampferolo-3-glucoside è di scarsa importanza percentuale. Nel corso della maturazione si nota un incremento della percentuale della quercetina-3-glucoside e una diminuzione di quella della quercetina-3-glucuronide. Di seguito si riportano i valori percentuali di antocianine.

       Tab. 10 – Buccie – antociani (%)
	Delfinidina	Cianina	Petunid.	Peonid.	Malvid.

Nerello MascaleseI 15,7 25,1 11,9 21,9 25,5 Nerello MascaleseII 12,1 13,9 11,5 23,9 38,6 Nerello MascaleseIII 14,3 21,1 12,2 22,4 30




Tab.11 – Composti prodotti per idrolisi enzimatica dei precursori glicosilati.

	NERELLO MASCALESE
ESANOLO	192	330	237

CIS-3-ESENOLO 60 102 98 TRANS-2-ESENOLO 80 183 172 TRANS FURAN LINALOL OX ISOMERO1 18 29 22 CIS FURAN LINALOL OX ISOMERO 2 35 71 47 BENZALDEIDE 14 10 9 VITISPIRANI n.d. n.d. n.d. LINALOLO 2 4 2 1-OTTANOLO 4 6 3 a-TERPINEOLO 6 10 5 TRANS PIRAN LINALOL OX ISOMERO 1 17 32 22 METIL-SALICILATO 13 65 56 CIS PIRAN LINALOL OX ISOMERO 2 11 21 11 NEROLO 5 10 7 GERANIOLO 30 40 28 2-OH-1,8-CINEOLO 8 8 4 ALCOL BENZILICO 368 284 349 2-FENILETANOLO 158 231 224 2,6-DIMETIL-1,7-OCTADIEN-2,6-DIOLO n.d. n.d. 2,6-DIMETIL-7-OCTEN-2,6-DIOLO 6 8 6 EUGENOLO 20 28 40 4-VINIL-GUAIACOLO 14 19 35 3,7-DIMETIL-1,7-OCTANDIOLO 20 10 39 2,6-DIMETIL-7-OCTEN-1,6-DIOLO n.d. n.d. n.d. E-2,6-DIMETIL-2,7-OCTADIEN-1,6-DIOLO 257 325 311 Z-2,6-DIMETIL-2,7-OCTADIEN-1,6-DIOLO 81 126 120 AC. GERANICO 10 12 16 4-VINIL-FENOLO 26 14 25 p-MENT-1-ENE-7,8-DIOLO 39 43 58 3-OH-b-DAMASCONE 96 99 165 VANILLINA 17 40 51 METIL-VANILLATO 33 47 65 3-OXO-a-IONOLO 169 264 202 ACETOVANILLONE 80 106 74 3,9-DIIDROSSIMEG.-5-ENE 27 26 47 ZINGERONE n.d. n.d. n.d. ALCOL OMOVANILLICO 59 88 154 DIIDROCONIFERIL ALCOL 34 81 79 VOMIFOLIOLO 204 430 308

 La composizione antocianica di queste uve è caratterizzata dalla mancanza di antociani acilati, cosa questa che si riscontra anche nel Pinot Noir.

Il profilo degli aromi varietali del Nerello Mascalese, determinati attraverso gli agliconi liberati per idrolisi enzimatica dei precursori glicosilati, è quello tipico delle varietà neutre: limitato contenuto di composti terpenici e significativa presenza di norisoprenoidi e di benzenoidi.

NERELLO MASCALESE 2,6,6-TRIMETIL-2-VINIL THP 28 21 20 TRANS FURAN LINALOL OX ISOMERO1 141 159 113 CIS FURAN LINALOL OX ISOMERO 2 118 144 112 VITISPIRANI ISOMERI 1 e 2 141 154 152 RIESLING ACETALE 7 8 7 OCIMENOLO 1 25 18 14 p-MENT-1-ENE-9-ALE + OCIMENOL. 2 77 82 72 a-TERPINEOLO 21 28 17 TDN 27 31 27 DAMASCENONE 26 15 17 ACTINIDOLI ISOMERI 1 e 2 232 308 257 3-OH-b-DAMASCONE 318 350 272 3-OXO-a-IONOLO 263 189 265

Continua da Tab. 11

Come si evince dalla tab. 11 in questa varietà il rapporto tra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi furanici del linalolo è circa uguale a 0,5 e dunque minore di uno, il rapporto fra linalolo e α-terpineolo è paria a circa 0,4 (minore di uno), il rapporto fra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi piranici del linalolo e fra gli alcoli omovanillico e diidroconiferilico è maggiore di uno; continuando ad esaminare la tab. 11 si nota che i rapporti fra linalolo e geraniolo e fra 3-idrossi-β-damascone e 3-oxo-α-ionolo, sono minori di uno. Importante è notare che per idrolisi chimica degli agliconi prodotti per idrolisi enzimatica delle forme glicosilate si ha una notevole produzione di vitispirani e ancor di più di actinidoli, il TDN è stato rivelato, mentre il Riesling acetale lo è stato in minima quantità.

4) Materiali e metodi. 4 - 1 Determinazioni; Le determinazioni vengono fatte prima, durante e dopo i tre tipi di vinificazione sopra riportati, la cronologia è la seguente: 4– 1 – 1 Uve durante la maturazione:

Grado rifrattometrico, acidità titolabile e pH del mosto, curve di maturazione fenolica. 4– 1 – 2 Mosto:

Grado rifrattometrico (o densità o zuccheri), acidità titolabile, pH.

Durante la fermentazione si determinano: densità, acidità

titolabile, pH, acidità volatile, antociani e flavonoidi totali.

4– 1 – 3 Vino:

Densità, alcol, estratto, acidità titolabile, profilo degli acidi fissi,

acidità volatile, pH, ceneri, alcalinità delle ceneri, potassio, calcio,

magnesio, ferro, rame, SO2 totale e libera, profilo polifenolico secondo i metodi messi a punto dall’ISE.


4 – 2 Composti fenolici totali estraibili dalle bucce e dai semi. Il metodo che si riporta è quello semplificato (Di Stefano, Cravero, Gentilini 1989).

    4 – 2 – 1 Modo di operare per le bucce:

Le bucce di 100 acini (si tenga presente che la variabilità del campionamento diminuisce all’aumentare del numero di acini estratti per cui si ritiene opportuno non scendere sotto 50 acini) vengono separate dalla polpa e dai semi e poste in 250 mL di tampone tartarico a pH = 3,2 (ottenuto aggiungendo nell’ordine: 5 g di acido tartarico, 22 mL di NaOH 1N, 500 mL di acqua distillata, 2 g di metabisolfito di sodio, 120 mL di etanolo al 95%, acqua q.b. a 1 L). In pratica si taglia l’acino in due parti, si estraggono i semi, si rimuove la polpa, che si lascia cadere in un bicchiere in cui si trova una punta di spatola di sodio metabisolfito, mentre la buccia è posta in una beuta contenente 250 mL del tampone suddetto. Si lasciano le bucce, preferibilmente, in termostato a 30°C per 24 ore; al termine si decanta la fase liquida, si lavano ripetutamente con il tampone le bucce estratte, recuperando il liquido di lavaggio nello stesso matraccio da 500 mL e si porta a volume con il tampone. Con questo sistema si recuperano, quantitativamente, i composti monomeri (antociani, flavonoli, acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico) ma non i polimeri. Questo metodo semplificato può risultare comodo quando si vuole studiare la curva di maturazione degli antociani e dei flavani. Al posto del tampone tartarico può essere utilizzata per l’estrazione la seguente miscela: etanolo/acqua distillata/HCl concentrato nelle seguenti proporzioni, 70/30/1 (etanolo cloridrico). In questo caso i risultati relativi ai flavani (tannini) saranno più elevati, mentre saranno simili quelli relativi agli antociani. 4 – 2 – 2 Determinazione antociani totali delle bucce:

0,5-1 mL (o volumi minori o maggiori) di estratto acquoso o alcolico vengono portati a 25 mL, in matraccio tarato, con miscela etanolo/H2O/HCl concentrato 70/30/1 (Di Stefano, Cravero 1991). Si registra lo spettro da 230 a 700 nm su 1 cm di P.O. (percorso ottico), si considera l’assorbanza al massimo nel visibile (Emax, vis) e si calcola l’indice di antociani totali con le relazioni seguenti: At (mg/100 acini) = Emax, vis ∙ 16,17 ∙ d ∙ (V/1000) At (mg/Kg di acini) = Emax, vis ∙ 16,17 ∙ d ∙ (V/1000) ∙ (1000/P) = = Emax, vis ∙ 16,17 ∙ d ∙ V/P dove Emax, vis è l’assorbanza dell’estratto diluito in etanolo cloridrico, d è il fattore di diluizione dell’estratto (volume finale/volume di estratto prelevato), V è il volume di tampone in cui sono state poste le bucce di 100 acini e P è il peso di 100 acini. 4 – 2 – 3 Determinazione flavonoidi totali delle bucce:

Si calcola dallo spettro precedente l’assorbanza corretta a 280 nm (Emax, vis.) col metodo grafico, come riportato da Di Stefano et al. (1989) e si determina l’indice dei flavonoidi totali con la relazione: Ft (mg/100 acini) = Emax, uv ∙ 82,4 ∙ d ∙ (V/1000) Ft (mg/Kg di uva) = Emax, uv ∙ 82,4 ∙ d ∙ V/P dove Emax, uv è l’assorbanza corretta dell’estratto diluito in etanolo cloridrico, 82,4 è stato dedotto dal rapporto fra la concentrazione di una soluzione di catechina e la sua assorbanza a 280 nm corretta, d è il fattore di diluizione dell’estratto (volume finale/volume di estratto prelevato), V è il volume di tampone in cui sono state poste le bucce di 100 acini (500 mL nel nostro caso) e in fine P è il peso di 100 acini. 4 – 3 Polifenoli potenzialmente estraibili dalle bucce in una vinificazione: 4 – 3 – 1 Modo di operare sulle bucce: Si opera su un campione di 100 acini. Si taglia in due parti ogni acino, si asportano i semi, si raccoglie a parte la polpa, e la buccia viene posta in una beuta contenente un volume di tampone a pH 3,2 recentemente preparato (5 g di acido tartarico + 22 mL di NaOH 1N + 40 mg di sodio metabisolfito + 50 mg di NaN3 + 500 mL di acqua + 120 mL di etanolo al 95%, portare a 1 L con acqua distillata), paria a P ∙ 0,8 mL, dove P è il peso di 100 acini. Si tappa, si pone, preferibilmente, in termostato a 30°C e si lascia in queste condizioni per 48 ore. Al termine si centrifuga, si separa la fase liquida e si effettuano le determinazioni degli indici di antociani totali e dei flavonoidi totali come visto prima.

4 – 4 Polifenoli potenzialmente estraibili dai semi in una vinificazione:

4 – 4 – 1 Modo di operare sui semi: I semi prelevati dai 10 (meglio se 100) acini, utilizzati per la determinazione dei polifenoli delle bucce, sono posti in una beuta contenente un volume di tampone tartarico a pH 3,2 recentemente preparato (5 g di acido tartarico + 22 mL di NaOH 1N + 40 mg di sodio metabisolfito + 50 mg di NaN3 + 500 mL di acqua distillata + 120 mL di etanolo al 95% e portare a 1 L con acqua distillata), pari a P ∙ 0,8 mL, dove P è il peso di 100 acini. Si tappa, si pone, preferibilmente, in termostato a 30°C e si lascia in queste condizioni per 48 ore. Al termine si centrifuga, si prepara la fase liquida e si effettua la determinazione dell’indice di flavonoidi totali. Nel caso dei polifenoli totali estraibili dalle bucce e dai semi, i dati si esprimono in mg/Kg di acini o in mg/100 o 1000 acini. Per i semi è interessante disporre dei dati in mg/100 semi. Nel caso dei polifenoli estraibili in una vinificazione, i dati si esprimono in mg/L di estratto (il volume dell’estratto è circa pari al volume del mosto ottenibile dalla pressatura degli acini stessi) e in mg/Kg di acini.

5) Vinificazioni di uve Nero D’Avola e Nerello Mascalese con metodo tradizionale (test), delastage e iperossidazione. La vinificazione delle due varietà oggetto di questo lavoro, sono state eseguite presso l’Azienda Benanti sita a Viagrande (Ct), alle falde dell’Etna. La cantina Benanti è una piccola realtà produttiva che produce esclusivamente vini di fascia medio alta, ciò ha reso possibile applicare con cura quanto stabilito in fase di programmazione.


5-1 Nero D’avola: Tab. 12 - Composizione dei vini Nero d’Avola e Nerello mascalese prodotti nella cantina Benanti Nero d'Avola Nerello mascalese Teste Delestage Iperox. Teste Delestage Iperox. Alcool 14,96 15,92 14,30 14,23 14,15 14,60 PH 3,26 3,31 3,39 3,75 3,81 3,69 Densità vino 0,9948 0,9947 0,9944 0,9933 0,9932 0,9923 Acidità titolabile (g/L) 7,87 8,26 6,42 5,16 5,20 5,02 Acidità scambiabile (meq/L) 140 149 126 104 115 110 Acidità volatile (g/L) 0,83 1,03 0,69 0,76 0,84 0,64 SO2 libera (mg/L) n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. SO2 totale (mg/L) n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. Ceneri (g/L) 2,05 2,18 2,2 2,71 2,96 2,75 Alcalinità ceneri (meq/L) 19 20 24 27 30 29 Estratto secco (g/L) 36,5 39 33,4 30,2 29,8 28,7 Ca (mg/L) 80,3 71,9 84,9 86,9 79,7 70,5 Mg (mg/L) 161,4 160,6 145,2 94,7 99,3 104,3 K (mg/L) 943 823 974 1272 1334 1420 Ac. Tartarico (g/L) 3,86 3,19 3,02 1,68 1,52 1,83 Ac. Malico (g/L) 0,50 0,80 n.d. n.d. n.d. n.d. Ac. Shikimico (mg/L) 8,0 0,8 6,2 6,2 8,5 6,0 Ac. Lattico (g/L) 0,16 0,10 1,12 1,77 2,21 1,60 Acetato di etile (mg/L) 75,3 74,1 66,1 55,5 44,8 51,8 1-propanolo (mg/L) 47,5 50,5 54,0 44,4 37,9 36,7 Isobutanolo (mg/L) 36,0 33,2 43,2 51,5 47,3 69,7 Alcoli isoamilici (mg/L) 151,6 213,3 221,7 196,9 222,1 250,1 Lattato di etile (mg/L) 16,2 15,6 76,1 78,5 94,3 86,0

In tab. 12 sono riportate le composizioni dei tre vini prodotti con una tecnica riduttiva, con la tecnica del delestage ossidativa e con la iperossidazione del mosto. Si osserva, innanzi tutto che i tre vini presentano gradazioni alcoliche alte, ma diverse: di conseguenza le tre partite di uva da cui sono stati prodotti non erano uguali. Di questo bisognerà tener conto nella valutazione dei risultati. Malgrado gli alti tenori in alcol, i tre vini possiedono pH piuttosto bassi che indicano che non si era ancora raggiunta la maturità vera e propria e, di conseguenza nemmeno quella fenolica. Anche le acidità titolabili sono elevate confermando quanto sopra. Gli altri parametri legati all’acidità sono tipici di prodotti di buona qualità, ma, forse per la loro origine, i vini presentano un contenuto di magnesio molto alto. Il livello del potassio, invece, è più basso di quello riscontrato nei vini rossi di qualità di altre zone, forse a causa dell’elevato tenore alcolico o dell’origine delle uve. Solo nel caso della iperossigenazione la fermentazione malolattica si era svolta completamente al momento dell’analisi, negli altri vini era ancora presente acido malico, se pure a livelli inferiori a 1 g/L. Nei tre vini appare rispettato il profilo varietale antocianico del Nero d’Avola (tab. 13), però con percentuali più alte di malvidina-3-glucoside e con rapporto acetati/cinnamati maggiore di uno (quest’ultimo nell’uva è minore di uno), forse per fattori legati all’estrazione di questi composti durante la macerazione. Le differenze su tali profili, sono poco rilevanti nei tre vini. I contenuti di antociani più alti si trovano nei due campioni prodotti con le tecniche ossidative. Questi possiedono anche valori del massimo di assorbanza nel visibile più alti. Il vino prodotto con la tecnica del delestage presenta l’intensità colorante più alta, quello con la tecnica ossidativa la più bassa, malgrado il tenore in antociani di quest’ultimo sia maggiore del teste. Tale risultato può essere dovuto al fatto che il vino elaborato con la tecnica dell’iperossidazione possiede un pH più alto. I vini prodotti con le tecniche ossidative sono caratterizzati, inoltre, da contenuti di polifenoli particolarmente alti, con tannini ad elevato grado di polimerizzazione (rapporto V/L minore di 0,5). Questa composizione indica che, malgrado i pH bassi, le uve possedevano un buon grado di maturità, compresa quella fenolica. Appare importante osservare che il campione della prova iperossigenata, malgrado possieda un contenuto in alcol minore del teste, è dotato di un contenuto in tannini e in antociani più alto e, pertanto si presta meglio a un lungo invecchiamento. Un risultato inatteso e preoccupante dal punto di vista varietale è rappresentato dal basso contenuto antocianico che indica che questa varietà non è particolarmente ricca di tali composti, necessari all’ottenimento di vini di alta qualità e a condurre in modo corretto il processo di affinamento. Le tecniche del delestage e della iperossidazione del mosto hanno certamente contribuito all’estrazione di un maggior tenore di questi composti e di tannini. La scomposizione dell’assorbanza a 520 nm nel contributo degli antociani monomeri (dAl), dei pigmenti polimeri sensibili alla SO2 (dAT) e dei pigmenti polimeri non sensibili alla SO2 (dTAT), mostra che il colore del vino è dovuto in gran parte a pigmenti polimeri e che una frazione importante di questi (soprattutto nel teste) è rappresentata da TAT (polimeri tannini-antociani a più alto peso molecolare). Questa osservazione è supportata dal modesto incremento dell’assorbanza a 520 nm passando dal vino tal quale al vino a pH = 0. Si tratta di polimeri che hanno un massimo di assorbanza nel visibile spostato verso lunghezze d’onda maggiori di 520 nm. Che i polimeri bruni siano scarsamente presenti è, inoltre dimostrato dal basso valore del rapporto fra le assorbanze a 420 e a 520 nm (Di Stefano, Cravero 1991). Tab. 13 - Polifenoli dei vini Nero d’Avola e Nerello mascalese prodotti nella cantina Benanti Nero d'Avola Nerello mascalese Teste Delestage Iperox. Teste Delestage Iperox Antociani Totali mg/L 194,5 256,9 244,2 135,4 141,68 155,8 l max ant tot. 534 536 538 538 538 538 Antociani monomeri mg/L 49,35 71,41 103,81 56,57 68 76,71 l max ant. Monomeri 536 539 539 539 536 539 Ant mon/ant tot 0,25 0,28 0,43 0,42 0,48 0,49 l max tal quale 525 528 528 532 531 530 E 520,1mm t.q. 0,74 0,90 0,71 0,31 0,30 0,33 E 420,1mm t.q. 0,41 0,48 0,40 0,24 0,24 0,24 E 420/520 t.q. 0,55 0,54 0,57 0,78 0,81 0,75 (E420+E520) 1mm t.q. 1,16 1,38 1,12 0,55 0,54 0,57 E 520,1mm HCl 1,0136 1,3426 1,3229 0,8473 0,8159 0,8667 E 420,1mm HCl 0,4451 0,5535 0,5248 0,3567 0,356 0,3634 E 420/520 HCl 0,44 0,41 0,40 0,42 0,44 0,42 (E420+E520) HCl 1,46 1,90 1,85 1,20 1,17 1,23 pH vino:dAl // (valo assoluto) 0,05 0,06 0,081 0,03 0,03 0,04

           dAT // (valore  assoluto)	 	0,385	0,521	0,414	0,195	0,182	0,196
          dTAT // (valore assoluto)	 	0,312	0,314	0,217	0,085	0,085	0,089

pH 0: dAl // (valore assoluto) 0,186 0,269 0,39 0,213 0,256 0,288

           dAT // (valore assoluto)	 	0,45	0,66	0,636	0,498	0,43	0,445
           dTAT //(valore assoluto)	 	0,378	0,415	0,297	0,136	0,13	0,133

pH vino: dAl // (%) 6,19 6,91 11,38 9,39 10,70 12,58

             dAT // (%)	 	51,82	58,08	58,15	63,11	60,87	60,12
            dTAT // (%)	 	41,99	35,01	30,48	27,51	28,43	27,30

pH 0: dAl // (%) 18,34 20,01 29,48 25,15 31,37 33,26

             dAT // (%)	 	44,38	49,11	48,07	58,80	52,70	51,39
             dTAT // (%)	 	37,28	30,88	22,45	16,06	15,93	15,36

Flavonoidi totali mg/L 1890 2442 2290 2376 2650 2501 Proantocianidine mg/L 2555 3060 3470 3362 3668 3476 Polifenoli totali mg/L 2280 2649 2497 2816 2957 2821 Reaz. con Vanillina mg/L 1263 1658 1625 2609 2865 2793 V/L 0,49 0,54 0,47 0,78 0,78 0,80 Acidi idrossicinammici legati all’acido tartarico Ac. caffeil tartarico (mg/l) 94,2 117,6 43,3 87,0 79,4 65,3 Ac. p-cumaril trartarico (mg/l) 18,2 20,1 11,9 36,1 34,4 32,4 Ac. ferulil tartarico (mg/l) 11,2 12,3 8,2 3,8 1,5 1,7 Antociani monomeri Delfinidina-3-G (%) 7,5 9,2 7,5 14,1 15,0 14,8 Cianidina-3-G (%) 2,1 1,4 1,0 8,6 9,5 5,3 Petunidina-3-G (%) 9,4 9,4 8,9 14,0 14,1 14,5 Peonidina-3-G (%) 5,4 3,9 3,2 12,6 13,5 9,5 Malvidina-3-G (%) 59,7 61,8 63,4 50,7 47,9 55,9 Acetati (%) 8,9 8,5 10,3 0,0 0,0 0,0 Cinnamati (%) 7,0 5,7 5,7 0,0 0,0 0,0

Si tratta pertanto di tecniche che hanno esaltato e messo in luce le qualità di una materia prima di notevole livello e che sono pertanto raccomandabili soprattutto nella produzione di vini di fascia elevata. La particolare composizione di questa varietà si deduce dal contenuto in alcoli superiori (isoamilici, in particolare). Questo non raggiunge livelli elevati, anzi nel teste si trova in quantità simile a quelle che si riscontrano nei vini bianchi. Il contenuto elevato di 1-propanolo è dovuto probabilmente all’elevata quantità di sali ammoniacali aggiunta per ovviare alle carenze di azoto di questa varietà, deducibili Idrolisi enzimatica Nero d'Avola Nerello masc. Teste Teste Etanolo 165,4 125,4 Cis-3-esenolo 27,4 11,1 Trans-2-esenolo 27,4 25,9 Furan lin. ox. isom. 1 67,4 48,1 Furan lin. ox. isom. 2 89,9 79,1 Benzaldeide n.d. 11,8 Linaiolo n.d. 4,4 a-terpineolo 7,8 18,5 Piran lin. ox. isom. 1 80,1 30,3 Salicilato di metile 29,3 15,5 Piran lin. ox. isom. 2 17,6 14,8 Neroli 4,9 8,1 Geraniolo 17,6 37,0 Alcool benzilico 81,1 77,6 2-feniletanolo 206,8 136,3 2,6-dimetil-3,7-octadien-2,6-diolo 3,0 3,6 2,6-dimetil-7-octen-2,6-diolo 10,6 6,4 Eugenolo 12,1 22,8 4-vinil guaiacolo 15,1 n.d. OH-citronellolo 19,7 18,2 8-OH-diidrolinalolo 13,6 13,0 Trans-8-OH-linalolo 57,5 194,7 Cis-8-OH-linalolo 128,5 60,6 OH-geraniolo 25,7 45,4 Acido geranico 10,6 6,4 p-ment-1-ene-7,8-diolo 12,1 33,7 3-OH-b-damascone 83,2 82,9 3-oxo-a-ionone 276,6 233,6 3,9-dididrossimegastigma-5-ene 43,9 25,5 Blumenolo C 84,7 61,9 3-OH-b-ionone 51,4 58,3 2,3-deidro-4-oxo-b-ionolo 51,4 15,5 Zingerone 21,2 13,7 Alcool omovanillico n.d. 7,3 Alcool diidroconiferillico 173,2 11,8 Vomifoliolo 151,2 144,9 Furan lin. ox. isom. 1 103,7 109,4 Furan lin. ox. isom. 2 116,3 127,3 Vitispirani 61,6 84,9 Linalolo 6,8 11,2 Riesling acetale 16,0 34,6 -terpineolo 21,7 46,9 TDN 4,6 4,5 Damascenone 8,0 11,2 actinidolo 1 37,6 53,6 actinidolo 2 49,0 70,4 OH-TDN 1,1 1,3 dallo scarso tenore di alcoli superiori. Tab. 14 - Composti varietali dei vini da uve Nero d’Avola e Nerello mascalese prodotti nella cantina Benanti (mg/L) In questi vini sono stati determinati solo i composti varietali del teste, dopo aver constatato lo scarso significato dei composti volatili di fermentazione che, tuttavia saranno studiati con la tecnica della SPME. I risultati riportati in tab. 14 mostrano un contenuto elevato di composti ciclici o poliidrossilati con struttura simile al linalolo, un contenuto modesto in benzenoidi e in norisoprenoidi. Rimane ancora inspiegato l’aroma con nota di marasca dei vini in questione. Dal punto di vista varietale si osserva che i rapporti fra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi furanici del linalolo, fra linalolo e a-terpineolo, fra linalolo e geraniolo, fra gli isomeri 1 e 2 dell’8-idrossilinalolo, fra 3-idrossi-b-damascone e 3-oxo-a-ionolo e fra alcol omovanillico e alcol diidroconiferilico sono minori di uno, mentre il rapporto fra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi piranici del linalolo è maggiore di uno. Viene confermato che il contenuto elevato di 8-idrossilinalolo isomero 2 è una caratteristica di questa varietà. Inoltre per idrolisi chimica degli agliconi generati per idrolisi enzimatica delle forme glicosilate, vengono prodotti tenori importanti di ossidi furanici del linalolo, actinidoli, vitispirani, Riesling acetale, damascenone e TDN.



5-2 Nerello Mascalese: Le gradazioni alcoliche dei tre vini, sufficientemente simili (tab. 12), dimostrano che le uve erano state scelte e assemblate in modo corretto; i valori elevati dei contenuti in alcol etilico possono indicare, inoltre, che le uve avevano raggiunto un buon grado di maturazione, come è confermato, d’altra parte, dagli elevati pH dei vini. La prova iperossigenata presenta il pH più basso. I restanti parametri legati all’acidità dei tre vini sono simili. L’acidità volatile, tuttavia, raggiunge il valore più basso nella prova iperossigenata e il più alto nel teste. La prova iperossigenata presenta anche i più alti valori di potassio e di magnesio. Inoltre la fermentazione malolattica si era svolta correttamente nei tre campioni. I profili antocianici del teste e della prova “delestage” (tab. 13) sono molto simili; quello della prova iperossigenata si discosta per le minori percentuali di cianidina-3-glucoside e di peonidina-3-glucoside che sono state ossidate, probabilmente, durante il processo di iperossigenazione del mosto, in quanto sono antociani che diffondono molto velocemente dalle bucce e sono ossidabili. L’effetto della iperossidazione si è fatto sentire, come era prevedibile sul tenore in acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico: infatti, la prova iperossigenata presenta il valore più basso, il teste il più alto. La prova iperossigenata possiede anche il più elevato contenuto antocianico che, tuttavia, si mantiene su valori molto bassi. Il teste mostra il più basso contenuto in antociani, la prova “delestage” il più alto in polifenoli e tannini. Questi, tuttavia, hanno un basso peso molecolare medio, come dimostra il rapporto elevato V/L. Per questo motivo e per il basso contenuto antocianico potrebbero sorgere problemi di colore durante l’affinamento. I vini presentano un massimo nel visibile spostato verso le più alte lunghezze d’onda, infatti raggiungono il valore di 530 nm nell’iperossigenato e di 532 nm nel teste. Dall’incremento dell’assorbanza a 520 nm per effetto dell’acidificazione a pH = 0 si deduce che una parte importante dei pigmenti si trova sotto forma sensibile alle variazioni di pH. Infatti gli antociani monomeri rappresentano circa 50% dei totali. Le differenze nei valori della scomposizione dell’assorbanza a 520 nelle componenti dAl, dAT e dTAT non sono rilevanti fra i tre vini. Anche nella vinificazione delle uve di questa varietà si riscontra una buona estrazione di polifenoli durante la fermentazione. Riguardo ai composti volatili di fermentazione (tab. 12), si osserva che i tenori di alcoli superiori più elevati si trovano nelle prove ossigenate, ma tali valori sono più contenuti rispetto ai vini rossi da uve ricche di azoto amminico. La prova iperossigenata presenta il valore più alto. A livello di composti varietali si rileva (tab. 14) una discreta presenza di terpenoli, di norisoprenoidi e di benzenoidi. Inoltre i rapporti fra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi furanici del linalolo, fra linalolo e a-terpineolo, fra linalolo e geraniolo, fra 3-idrossi-b-damascone e 3-oxo-a-ionolo e fra alcol omovanillico e alcol diidroconiferilico sono minori di uno, mentre i rapporti fra gli isomeri 1 e 2 degli ossidi piranici del linalolo e fra gli isomeri 1 e 2 dell’8-idrossilinalolo sono maggiori di uno. Per idrolisi chimica degli agliconi prodotti dall'idrolisi enzimatica delle forme eterosidiche si produce una quantità piuttosto elevata di actinidoli, di vitispirani, di Riesling acetale insieme a tenori più bassi di damascenone, di TDN e di OH-TDN. Sensibile è anche la produzione di ossidi furanici del linaiolo (Di Stefano, Foti et al. 1993).

6) Conclusioni. L’ossigenazione è una tecnica fra le più innovative messe a punto nei processi di prefermentazione dei mosti di uve bianche. Nella discussione dei suoi vantaggi o svantaggi sono stati considerati molti fattori psicologici, dal momento che tradizionalmente si è sempre raccomandata la protezione del mosto contro l’ossidazione. Infatti, è difficile credere che vini prodotti con mosti imbruniti abbiano la stessa o maggiore stabilità di colore degli stessi vini prodotti con mosti trattati con SO2, prima della fermentazione. Inoltre, l’ossidazione del mosto, riduce la capacità ossidativa del vino. I fenoli rappresentano il substrato che consuma la maggior quantità d’ossigeno; quando essi si ossidano nel mosto, precipitano, quando si ossidano nel vino possono indurre una forte alterazione del sapore durante la conservazione o l’invecchiamento. Con l’allontanamento in larga misura dei precursori monomerici dei tannini, si ottiene senza dubbio l’eliminazione del gusto amaro e della sensazione di astringenza. Questo traguardo si raggiunge con l’iperossigenazione. L’ossidazione del mosto coinvolge altri costituenti oltre ai fenoli. Possono essere indotte, infatti, delle variazioni olfattive. L’aumento o la diminuzione dell’intensità e della qualità dell’aroma che sono stati osservati, dipendono dalla varietà dell’uva. Di fatto sono in corso numerose ricerche che consentiranno di ottenere maggiori informazioni circa la risposta olfattiva specifica delle singole cultivars. Esistono ancora ampi spazi per ulteriori ricerche per la preparazione e sulle tecniche di vinificazione dei vini rossi. Malgrado alcune acquisizioni siano supportate da dati sperimentali, altre solo da ipotesi e da deduzioni, appare sufficientemente chiaro che una gestione delle vinificazioni che comporti l’attivazione degli enzimi dell’uva e che tenga conto delle reazioni che avvengono o che possono avvenire a carico dei polifenoli consente di ottenere sensibili miglioramenti in termini di stabilità del colore, di resistenza alla conservazione, di attitudine all’invecchiamento e di caratteristiche sensoriali. Il risultato di una vinificazione è tuttavia legato alla qualità dell’uva e, in particolare, al suo grado di maturazione. È in questo contesto, di sperimentazione e valorizzazione, che si è mosso questo lavoro, proponendosi come obbiettivo l’analisi delle componenti delle due varietà a bacca rossa (Nero D’Avola e Nerello Mascalese), per acquisire maggiori conoscenze in merito alla intima composizione di queste, e per trarre da ciò gli spunti necessari per ottenere vini che siano, per quanto possibile, la massima espressione organolettica delle varietà dalle quali provengono, idonei ad eventuale invecchiamento, quando la materia prima lo consente.





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