Utente:Luca Mazzali/Sandbox

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Clelia Manelli[modifica]

Clelia Manelli è stata una partigiana italiana.

Biografia[modifica]

Nasce il primo gennaio 1917 a Collecchio (PR) da una famiglia di piccola borghesia con ideali anarchici e antifascisti. Suo zio, Giacomo Manzini di Parma, era un politico perseguitato dai fascisti e veniva arrestato ogni 1 maggio e durante ogni manifestazione fascista. Vedere la guerra in Etiopia (in cui vi furono aggressioni disumane e l'uso di veleni e gas tossici contro la popolazione) e i soldati che conosceva partire per combattere in Africa sensibilizza Clelia Manelli sin da giovane. Si accorge della sua prima avversione contro il fascismo quando in treno le mostrano raccapriccianti fotografie dei crimini di guerra commessi dai fascisti.

Studia, nel 1937 diventa maestra e nel 1942 si sposa con un militare di Modena, Oscar Righi, il quale durante le lotte partigiane è il capo del Comitato militare provinciale modenese. Fino al 1943 lavora in municipio, impiegata nell’ufficio sperimentale anagrafico comunale, e nel 1944 ottiene una cattedra nella zona di Montefiorino, in cui inizia l'attività partigiana. Nell’aprile del '44 nasce il suo primo figlio, quindi si trasferisce a Modena, dove dona ai partigiani la sua casa come base.

Nel 1945, dopo la fine della guerra, entra a fare parte della Giunta Popolare organizzata dal Cnl locale. E’ una delle fondatrici dell’UDI di Modena, viene eletta nel consiglio comunale di Modena e poi diventa assessore ordinario. Durante il mandato di assessore viene anche nominata presidente dell’Omni (Opera Nazionale Maternità ed Infanzia). Dal 1947 diviene componente del comitato federale e della commissione femminile del Pci di Modena.

Nel 1956 conclude il suo periodo nell’amministrazione tornando a insegnare e ad occuparsi dei tre figli.

Muore a Modena il 10 luglio 1997.

Resistenza[modifica]

Clelia Manelli prende parte alla resistenza antifascista contro Mussolini, ma mai con le armi; inoltre si occupa della raccolta dei medicinali per il sostentamento dei partigiani.

Il 25 luglio 1943, durante la caduta di Mussolini, Clelia Manelli si trova a Carpi, città in cui si svolgono una serie di manifestazioni antifasciste, principalmente nella piazza in cui si trova la sua abitazione. Nel settembre 1943, arrivato l'annuncio dell'armistizio, Clelia aiuta e supporta i soldati mandando vestiti e cibo.

Dopo la nascita di suo figlio, nell'aprile del 1944, Clelia Manelli da Montefiorino torna a Modena, lasciando la sua casa a disposizione dei partigiani, che diventa la sede di incontro del comando SAP, in cui vengono svolte riunioni ad alto livello sia politico che militare. Per questioni di sicurezza lei non partecipa mai direttamente a queste riunioni, ma, nonostante ciò, ogni volta che qualche partigiano viene catturato lei e la sua famiglia sono costretti a spostare altrove i loro pochi averi per evitare di essere arrestati ugualmente.

Diventa, inoltre, una staffetta partigiana ed entra lei stessa nelle Squadre d’Azione Patriottica col nome di battaglia ‘Clara’. Si occupa di opere di collegamento, di diffondere volantini e stampa clandestina e di trascrivere verbali di processi che arrivano dai vari reparti.

Il pensiero di Clelia Manelli viene riassunto con la frase: "Chi è che l'ha fatta la resistenza? I giovani, proprio i giovani a cui si sono poi aggregate le forze politiche, ma proprio il primo impulso è stato dato dai giovani, dai giovani che scappavano via dall'esercito...".[1]

Bibliografia[modifica]

  • Caterina Liotti (curatrice) Angela Remaggi (curatrice), A guardare le nuvole. Partigiane modenesi tra memoria e narrazione, Carocci (2004), ISBN 9788843029617
  • Clelia Manelli, su Rivoluzioni crisi trasformazioni. URL consultato il 20/02/2024.

Note[modifica]

[1] citazione tratta dall'intervista a Clelia Manelli del 23/06/1994

  1. 1,0 1,1 citazione tratta dall'intervista a Clelia Manelli del 23/06/1994