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Biografia del Melekh Mashiach/Capitolo 5

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CAPITOLO 5
CAPITOLO 5

I Vangeli Apocrifi

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Per approfondire su Wikipedia, vedi la voce Vangeli apocrifi.

Una seconda fonte della vita di Cristo, cristiana ed extra-biblica, sono i Vangeli apocrifi o spuri. Il termine "apocrifo" ("da nascondere", "riservato a pochi") è stato coniato dalle prime comunità cristiane. Questi testi, come le immagini delle catacombe, emanano dalla gente comune e rappresentano le idee che circolano tra le masse. Erano Vangeli nascosti nel senso che la loro origine e paternità erano sconosciute. Ma "apocrifo" arrivò a significare "falso", espressione del rifiuto da parte della chiesa di tali "Vangeli", che sono così pieni di materiale leggendario. Molti studiosi tentano di dividere questi Vangeli in "Vangeli non canonici o scartati" e "Vangeli rifiutati o apocrifi". Concordano sul fatto che questi ultimi non hanno praticamente alcun valore e differiscono quindi sul valore attribuito ai primi.

Dopo la fine della prima generazione cristiana, le successive sentirono il bisogno di assumere ulteriori informazioni sulle vicende di Gesù, e questo fu uno dei motivi che diede impulso alla nuova forma letteraria sviluppatasi intorno ai testi biblici che oggi costituiscono il Nuovo Testamento. Tra le finalità di questa produzione si possono individuare un obiettivo storico, uno apologetico-dottrinale, uno devozionale-liturgico, ma anche l'obiettivo di "diffondere dottrine nuove, spesso in contrasto con quelle ufficiali della Chiesa, impugnando gli scritti dell'antica letteratura cristiana".

Vangelo secondo gli Ebrei

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Per approfondire su Wikipedia, vedi la voce Vangelo degli Ebrei.

Vangelo degli Ebrei o Vangelo secondo gli Ebrei è il nome utilizzato in citazioni patristiche dal II al V secolo per designare un testo evangelico esistente in quel periodo, ma che i cristiani di lingua greca conoscevano poco; di esso si sono conservati solo frammenti, proprio attraverso le citazioni patristiche.

I principali testimoni sono Papia di Ierapoli, Egesippo, Ireneo di Lione, Clemente di Alessandria, Origene, Eusebio di Cesarea, Epifanio di Salamina e Sofronio Eusebio Girolamo. In base alle contrastanti caratteristiche delle citazioni patristiche, è possibile distinguere tre vangeli indicati dai Padri della Chiesa col nome di "Vangelo degli Ebrei", anche se non tutti gli studiosi moderni concordano su questa distinzione: il Vangelo degli Ebioniti, il Vangelo dei Nazarei e il Vangelo secondo gli Ebrei vero e proprio.

Testimonianze patristiche e altre prove dell'esistenza del vangelo

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La fonte principale del Vangelo secondo gli Ebrei è costituita dalla testimonianza di Sofronio Eusebio Girolamo, il quale visse come eremita nella Siria settentrionale per cinque anni, prima di trasferirsi a Betlemme dove morì. Fu tra i siriani cristiani che Girolamo imparò l'ebraico, e nelle sue opere fornisce informazioni sul vangelo che essi utilizzavano, e che chiama una volta «Vangelo ebraico» e un'altra "Vangelo secondo gli Ebrei"; afferma anche che i Nazareni usano questo vangelo, o che comunque lo leggono, e in un caso afferma che lo usano anche gli Ebioniti. È però probabile che in questi casi si riferisca a Nazareni ed Ebioniti intendendo i cristiani palestinesi in generale, piuttosto che particolari sette per lui eretiche.

I Padri della Chiesa hanno lasciato testimonianza di un Vangelo di Matteo scritto in ebraico, e Papia lo attesta nel 130. È Eusebio a citare le parole di Papia: "Matteo raccolse quindi i detti di Gesù nella lingua degli Ebrei". All'inizio del III secolo Origene, parlando dei Vangeli, fa riferimento a quello di Matteo, e riportando le sue parole Eusebio dice che "per primo fu scritto quello Secondo Matteo, il quale era stato un tempo pubblicano, poi apostolo di Gesù Cristo, nella lingua degli Ebrei".

Nel suo De viris illustribus, Girolamo narra che all'epoca del suo racconto (392) nella biblioteca di Cesarea marittima esisteva un libro raccolto da Panfilo martire e che i Nazareni di Berea (Aleppo) gli permisero di copiare e tradurre in greco e latino; Girolamo si riferisce a questo libro come all'"originale ebraico" e afferma che il vangelo usato da Nazareni ed Ebioniti era considerato da molti l'"originale di Matteo". Dice Girolamo: "Matteo scrisse il Vangelo di Cristo nella lingua degli Ebrei, per quelli che s'erano convertiti dal giudaismo". Nella sua opera Adversus Pelagianos, Girolamo afferma anche che il "Vangelo secondo gli Ebrei" era scritto in aramaico con caratteri ebraici "secondo gli apostoli" o, secondo l'opinione di molti, "secondo Matteo", e che una copia era presente nella biblioteca di Cesarea e lui l'aveva potuta tradurre in greco e latino.

In base alla testimonianza di Girolamo è possibile stabilire alcuni punti:

  1. nel IV secolo i cristiani siriani utilizzavano un vangelo in lingua aramaica scritto con l'alfabeto ebraico, vangelo differente dagli altri canonici;
  2. la maggioranza identificava l'autore con Matteo, altri i dodici apostoli (ma frammenti del Vangelo dei Dodici permettono di rigettare questa identificazione). Alcuni sostenevano che fosse utilizzato anche dagli Ebioniti;
  3. era utilizzato da cristiani di lingua ebraica, ma ignoto in Occidente (da cui veniva Girolamo), tanto che Girolamo lo tradusse in greco e latino;
  4. se la sua identificazione col Vangelo secondo Matteo è un indizio della sua somiglianza con questo vangelo canonico, la scelta di Girolamo di tradurlo indica che era sufficientemente diverso.

Rispetto al Vangelo degli Ebioniti e al Vangelo dei Nazarei, del Vangelo degli Ebrei possediamo più numerose e ampie testimonianze patristiche, in particolare grazie al Panarion di Epifanio di Salamina scritto tra il 374-377 circa, dove ne dedica una relativamente estesa trattazione al c. 30:

« Già taluni hanno incluso tra questi [libri eretici] anche il Vangelo degli Ebrei, di cui soprattutto si compiacciono quelli tra gli Ebrei che hanno accettato Cristo »
(Eusebio, Storia Ecclesiastica 3,25)
« Nel vangelo che essi [gli Ebioniti] usano, detto "secondo Matteo", che è però non interamente completo, bensì alterato e mutilato - essi lo chiamano "Vangelo Ebraico" - [...] hanno tolto la genealogia di Matteo »
(Epifanio, Panarion 30,13,2 e 30,14,3)
« L'inizio del loro Vangelo dice: Accadde nei giorni di Erode, re della Giudea, che venne Giovanni a battezzare...(Mt 3,1) »
(Epifanio, Panarion 30,13,6)
« E se qualcuno consulterà il Vangelo secondo gli Ebrei, nel quale il Salvatore in persona dice: "Poco fa mia madre, lo Spirito Santo, mi prese per uno dei miei capelli e mi trasportò sul grande monte Tabor", si domanderà perplesso come possa essere madre di Cristo lo Spirito Santo generato dal Verbo. Ma anche così, queste cose non sono difficili da spiegare »
(Origene, In Jo. 2,6)

Non essendoci pervenuto alcun manoscritto completo del Vangelo degli Ebrei è impossibile risalire con certezza al reale contenuto del testo e al suo legame col Vangelo di Matteo. Probabilmente si trattava di una forma variata di questo vangelo canonico, o addirittura era la primordiale stesura in aramaico operata dall'apostolo di cui fa memoria Papia, citato da Eusebio di Cesarea in Storia Ecclesiastica 3,39,16.

Il passo citato da Origene secondo il quale lo Spirito Santo è madre di Gesù, unitamente ad altre testimonianze patristiche circa varianti di lettura col Vangelo di Matteo, impediscono una diretta identificazione del vangelo canonico con quello degli Ebrei.

I giudeo-cristiani non credevano nella nascita verginale di Gesù, per tale motivo dal Vangelo è espunta la parte iniziale di Matteo che ne descrive appunto la nascita miracolosa. Il patriarca di Costantinopoli Niceforo I (758-828), nella sua Sticometria (o Cronografia), riporta la lunghezza del Vangelo degli Ebrei, 2200 linee, 300 in meno di quelle del Vangelo di Matteo. Tale dato lascia supporre che, oltre alla parte iniziale, non fossero presenti altri ampi tagli.

Nei Padri della Chiesa sono presenti distinti accenni circa il Vangelo degli Ebioniti, il Vangelo dei Nazarei e il Vangelo degli Ebrei. Tuttavia in alcuni loci si parla di Vangelo degli Ebrei ma il richiamo è chiaramente a uno degli altri due (p.es. Eusebio di Cesarea in Storia Ecclesiastica 3,27,4 parla degli Ebioniti e dice che "usavano solo il cosiddetto Vangelo secondo gli Ebrei"; similmente Teodoreto in Haereticarum Fabularum Compendium 2,1 parla dei Nazareni e dice che "accettano unicamente il Vangelo secondo gli Ebrei"). Inoltre certi passi che un padre attribuisce a qualcuno dei 3 vangeli, un altro padre li attribuisce a un vangelo differente. Non è difficile pertanto ipotizzare, sebbene non sia dimostrabile con assolutezza, che i 3 vangeli rappresentino diciture diverse di un unico testo.

Tuttavia, se esiste una certa tendenza nella comunità scientifica a ricondurli verso un unico vangelo (anche sulla scia delle citazioni patristiche), detto appunto vangelo degli Ebrei (ritenuto verosimilmente dai Padri della Chiesa come il vangelo originario di Matteo), oggi esistono anche due teorie differenti. La prima identifica nel vangelo degli Ebrei anche il cosiddetto vangelo dei Nazarei, e nel vangelo degli Ebioniti il cosiddetto vangelo dei Dodici. A supporto di questa ipotesi la probabilità che, sulla base dei riferimenti pervenutici, il vangelo degli Ebioniti sia stato composto con il contributo fondamentale dei tre vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca), e pertanto appare difficile il riferimento ad un unico vangelo aramaico per questi tre testi citati dai ‘'Padri'’. Una seconda ipotesi parla di tre entità distinte: vangelo degli Ebrei, vangelo dei Nazarei e w:vangelo degli Ebioniti.

Di seguito viene fornita la descrizione dell'apparizione del Cristo risorto a Giacomo:

« Il Signore, dopo aver consegnato il lenzuolo al servo del sommo sacerdote, andò da Giacomo e gli apparve; perché Giacomo aveva giurato che non avrebbe mangiato pane dall'ora in cui il Signore aveva bevuto il calice fino a quando non lo avrebbe visto risorgere da coloro che dormivano. Portate, dice il Signore, una tavola e del pane... Prese il pane e, pronunciata la benedizione, lo spezzò e lo diede a Giacomo il Giusto, e gli disse: Fratello mio, mangia il tuo pane, perché il Figlio dell'uomo è risorto da coloro che dormono. »

Altri Vangeli apocrifi

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La letteratura apocrifa ha quindi esercitato un notevole influsso "nel campo letterario, artistico, devozionale e liturgico", ed è maturata in riferimento ad alcuni particolari nuclei: l'infanzia di Gesù, la figura di Maria, la passione di Gesù, il periodo successivo alla risurrezione di Gesù. Il termine “apocrifi” tende a riguardare un insieme eterogeneo di scritti, attribuendo spesso "una unità fittizia" a testi molto differenti "per età, provenienza, genere letterario e finalità". Si possono individuare una serie di categorie convenzionali nel vasto panorama apocrifo, che generalmente vengono ricondotte ai Racconti (o vangeli) dell'infanzia, ai vangeli apocrifi, e agli scritti sulla vita degli apostoli. Esistono tuttavia tre categorie precise utili per organizzare la variegata produzione apocrifa:

Gli apocrifi di origine giudeo-cristiana

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Gli apocrifi di origine giudeo-cristiana o del giudaismo cristiano sono testi prodotti tra le prime comunità cristiane che ponevano l'osservanza della legge mosaica come elemento discriminante, erano credenti in Gesù e appartenenti alla chiesa madre di Gerusalemme. Questi testi cristiani esprimono il loro pensiero servendosi delle categorie del tardo ebraismo. Tra essi si ricorda la Didaché, la Lettera di Clemente romano ai Corinzi, Il pastore di Erma. In genere in questa categoria alcuni autori comprendono anche alcuni testi indicati come vangeli, la cui conoscenza deriva dalle citazioni dei Padri della Chiesa: i succitati vangelo degli Ebrei, il vangelo dei Nazarei e il vangelo degli Ebioniti.

Gli apocrifi gnostici

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Lo gnosticismo si diffonde nel II e III secolo, e i testi di questo fenomeno di sincretismo religioso si presentano come “segreti”, in quanto provenienti da un insegnamento esoterico di Gesù o degli apostoli riservato ai soli iniziati. Tra questi scritti il Vangelo greco degli Egiziani, il Vangelo di Mattia, il vangelo di Maria Maddalena, l’Apocrifo di Giovanni, la Sophia di Gesù, il vangelo di Tommaso (copto), il vangelo di Pietro. In questi testi la dottrina gnostica "traspare da alcune accentuazioni estremizzanti". La maggior parte di tali vangeli nascono nel contesto di correnti teologiche giudicate successivamente eretiche dalla Chiesa cristiana, come quelle di stampo ermetico.

Gli apocrifi di origine ecclesiastica

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Già i Padri della Chiesa distinguevano tra apocrifi eretici e apocrifi di origine ecclesiastica, esclusi dal canone ma che potevano essere utilmente letti. Tra essi il Protovangelo di Giacomo e gli Atti di Paolo e Tecla.

Datazione e storicità

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I vangeli apocrifi sono quasi totalmente privi di autorità storica, e non servono quindi a farci conoscere meglio la figura di Gesù. Tutt'al più, data la composizione generalmente tarda (a partire dalla metà del II secolo) possono essere utili per ricostruire l'ambiente religioso dei secoli successivi a Gesù. Esiste una varietà di posizioni sulla datazione dei vangeli apocrifi.

Generalmente gli studiosi ne riconducono l'origine al II secolo, ma ci sono controversie interessanti circa la datazione del Protovangelo di Giacomo, del Vangelo di Tommaso, e del Vangelo greco degli Egiziani. In riferimento a questi ultimi due è utile ricordare che, per quanto siano datati comunemente nel II secolo, vari studiosi concordano sulla possibilità che parte dei logia in essi contenuti appartengano ad una tradizione indipendente cui hanno probabilmente attinto gli stessi vangeli canonici.

Il Protovangelo di Giacomo e i Racconti dell'infanzia del Signore Gesù risalgono alla seconda metà del II secolo, nonostante una obiettiva difficoltà nella loro datazione. In particolare il Protovangelo è stato datato da alcuni studiosi alla metà del II secolo, da altri alla fine del I secolo, da altri ancora al IV o V secolo, e qualche studioso ha anche ipotizzato fosse alla base dei vangeli canonici di Matteo e Luca. Entrambi hanno avuto una rapida diffusione e sono stati in parte adattati alle Scritture per renderli più attrattivi. Questo processo è particolarmente evidente nel Protovangelo, mentre nei Racconti i riferimenti biblici sono scarsi e occasionali.

In conclusione, tutti questi Vangeli apocrifi sono comunque di grande importanza per comprendere lo sviluppo dell'arte e teologia cristiane, nonché lo sviluppo dei culti e di vari altri insegnamenti nella Chiesa e nella figura del Mashiach.

Per approfondire, vedi Serie cristologica, Serie misticismo ebraico, Serie maimonidea e Serie delle interpretazioni.