Confessione di fede di Westminster/cfw06/cfw06-5
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6:5 Questa corruzione di natura permane in questa vita anche nei rigenerati (133). Benché sia perdonata e mortificata in Cristo, essa (questa natura corrotta), insieme a tutte le pulsioni (movimenti) che ne derivano, sono veramente e propriamente peccaminosi (peccato) (134).
Testo originale
[modifica | modifica sorgente]Inglese | Latino |
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V. This corruption of nature, during this life, doth remain in those that are regenerated; and although it be through Christ pardoned and mortified, yet both itself and all the motions thereof are truly and properly sin. | V. Hæc naturæ corruptio durante hac vita manet etiam in regenitis; et quamvis per Christum et condonata sit et mortificata; nihilo minus tam ipsa, quam ejus motus universi vere sunt ac proprie peccata. |
Riferimenti biblici
[modifica | modifica sorgente]- (133) "Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi ... Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi" (1 Giovanni 1:8,10); "Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato ... allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me ... Difatti, io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no ... ma vedo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra" (Romani 7:14,17,18,23); "...poiché manchiamo tutti in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo" (Giacomo 3:2); "Chi può dire: «Ho purificato il mio cuore, sono puro dal mio peccato?»" (Proverbi 20:9); "Certo, non c'è sulla terra nessun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai" (Ecclesiaste 7:20).
- (134) "Infatti, mentre eravamo nella carne, le passioni peccaminose, risvegliate dalla legge, agivano nelle nostre membra allo scopo di portare frutto per la morte ... Che cosa diremo dunque? La legge è peccato? No di certo! Anzi, io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire». ... Ma il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza; perché senza la legge il peccato è morto ... Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato" (Romani 7:5,7,8,25); "Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste" (Galati 5:17).
Commento
[modifica | modifica sorgente]Questa corruzione di natura permane in questa vita anche nei rigenerati (coloro che Dio ha spiritualmente rigenerato). Benché sia perdonata e mortificata in Cristo, essa (questa natura corrotta) insieme a tutte le pulsioni (movimenti) che ne derivano (ogni sua manifestazione, le sue dimostrazioni), sono (da considerarsi) veramente e propriamente peccaminosi (peccato).
L'affermazione di questo articolo si contrappone al perfezionismo, uno dei problemi ricorrenti della Chiesa. Pelagio credeva nella possibilità della perfezione morale nella condizione naturale dell'essere umano, mentre Wesley la credeva possibile nel credente rigenerato. Entrambe queste posizioni, però, sono impossibili ed errate. Il perfezionismo non si concilia con la dottrina della salvezza né con quella della Santificazione, ma solo con quella della Glorificazione. 1 Giovanni 1:8 afferma: "Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi". Nessuno può pensare ragioevolmente di essere privo di peccato, ma soltanto sulla via della santificazione. Sulla sua vita può solo mettere, per così dire, il cartello "lavori in corso", perché l'opera della santificazione verrà completata solo quando avremo lasciato il nostro corpo corrotto, "poiché manchiamo tutti in molte cose" (Giacomo 3:2). La bellezza, maestà e mistero della dottrina della Giustificazione per sola fede appartiene al peccatore salvato per grazia dalla giustizia e santità di Cristo. Lo stesso apostolo Paolo è consapevole delle contraddizioni della sua stessa vita: "Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio" (Romani 7:19). Il cristiano confessa di essere un peccatore salvato per grazia che continuerà ad avere in sé stesso molte imperfezioni fino al giorno, oltre questa vita, in cui in lui non vi sarà più peccato.