Ecologia/Flusso di energia

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Flusso nel sistema terrestre[modifica]

Lo spettro elettromagnetico solare ci consente di identificare la quantità e la qualità dell'energia, dove per qualità si intende la capacità di compiere lavoro rappresentata dalla lunghezza d'onda. Più corta è, maggiore è la capacità di compiere lavoro. Come detto precedentemente, in ecologia si prendono in considerazione tre diverse lunghezze d'onda: una bassa (ultravioletto), intermedia (luce visibile) e alta (infrarosso). All'esterno dell'atmosfera lo spettro solare è differente da quello ottenuto con la radiazione che colpisce la superficie terrestre. In particolare per quanto riguarda l'infrarosso, quando attraversa l'atmosfera abbassa di molto il suo valore, mentre le altre hanno meno variazioni.

L'ultravioletto è la radiazione a lunghezza d'onda più bassa, quindi la più abile a compiere lavoro. Esso compie un lavoro soprattutto sulla matrice biologica: ad esempio, riesce a far cambiare di stato le macromolecole come il DNA, quindi è potenzialmente pericoloso per la vita. L'ossigeno ha un ruolo fondamentale nel bloccare il flusso di energia proveniente dal Sole sotto forma di UV, infatti, una volta che la radiazione arriva nell'atmosfera viene assorbita dall'O2, che si rompe a livello dei propri legami permettendo agli atomi di ossigeno di aggregarsi e formare O3 (ozono); a sua volta, questo rompe i suoi legami e ricrea ossigeno. Questo passaggio si ripete in modo ciclico e così il sistema rimane inalterato. Tuttavia usa come energia l'ultravioletto, che compiendo del lavoro si degrada rilasciando nell'atmosfera dell'infrarosso (calore). Questo fenomeno forma l'ozonosfera. Negli ultimi anni lo spessore di quest'ultima è diminuito per l'utilizzo di prodotti, come i clorofluorocarburi (CFC), in grado di rilasciare atomi di cloro nella stratosfera, che potevano distruggere l'ozono e così facendo creare buchi da cui l'UV poteva passare. Fortunatamente si è intervenuto in tempo tamponando il problema.

Flusso di energia e clima[modifica]

La Terra ruota sul proprio asse, che però è inclinato rispetto alla perpendicolare al piano dell'eclittica. Se non fosse così, la Terra si rivolgerebbe al Sole sempre nella stessa direzione e quindi avremmo un equatore troppo caldo e dei poli troppo freddi. L'inclinazione dell'asse fa in modo che ogni tanto l'equatore sia altamente esposto alla radiazione solare aumentandone la temperatura. Quando cambia la stagione, cambia anche la direzione con cui la Terra si rivolge al Sole, di conseguenza l'equatore è meno illuminato.

Il flusso di energia che entra ed esce gestisce la temperatura terrestre: sostanzialmente definisce quello che viene chiamato clima. In teoria il cambiamento nell'inclinazione non dovrebbe interessare molto l'equatore, infatti lì non ci sono stagioni e il clima è sempre lo stesso. Le variazioni delle ore diurne e notturne sono pressoché inesistenti, le variazioni termiche sono basse, ma aumentano più ci spostiamo dall'equatore.

Se l'equatore è interessato dall'ingresso di tanta energia elettromagnetica, questa energia verrà trasformata in infrarosso e andrà a scaldare quella zona. Così facendo anche l'aria presente verrà scaldata e tenderà a salire; quando sale porta con sé una quota di umidità, poiché è presente una minima quantità di vapore acqueo. Quando l'aria è calda può contenere più acqua rispetto a quando è fredda. Salendo, la temperatura diminuisce e quindi l'aria riuscirà a contenere meno acqua di quando era vicina alla superficie; quest'acqua quindi condensa e cade formando il fenomeno della pioggia. Per portare in alto l'acqua e farla scendere serve energia, che proviene dalla radiazione solare: l'aria assorbe l'energia la quale tende a salire, e arrivata a una certa altitudine forma la nuvola, formata da acqua condensata che poi, raggiunto un certo limite, cade e dà origine alle precipitazioni. L'aria calda dopo che diventa secca e fredda si sposta di latitudine (esattamente ai trentesimi di latitudine); lì si scalda e riassorbe acqua, formando ai lati di questa zona delle condizioni climatiche secche. In questo caso si parla di cella di Hadley.

Questo flusso di energia incomincia così a caratterizzare la distribuzione di energia ma soprattutto anche quella di acqua. La variazione di incidenza a livello dell'equatore non va ad influenzare la temperature, ma va a spostare questa zona di convergenza tropicale (ITCZ) provocando quella che è la stagione delle piogge. Le sue oscillazioni latitudinali sono maggiori sulla terra rispetto alle regioni dove vi è il mare, a causa delle differenze di capacità termica. La terra e l'acqua hanno comportamenti diversi quando si tratta di trattenere o rilasciare energia termica acquisita con l'incidenza del visibile. Per fare un esempio, se prendiamo a confronto un mattone e una pentola d'acqua, il mattone ci impiegherà meno tempo a scaldarsi ma poco tempo a raffreddarsi; un comportamento completamente opposto avrà invece la pentola d'acqua.

Il risultato finale di questo meccanismo è la suddivisione in fasce climatiche dove il clima viene definito da variabili quali energia e materia, quindi temperatura e acqua. Dal momento che la Terra è tonda e presenta un'inclinazione dell'asse, uno si aspetta che le fasce climatiche siano molto regolari, visto che le condizioni climatiche variano solo se ci spostiamo da nord a sud e non da est a ovest. Il clima tuttavia viene influenzato anche dalla omogeneità delle terre.

Riflessione e rifrazione della luce[modifica]

Circa il 71% della superficie terrestre è costituito da acqua, che forma una superficie trasparente. Quando il fotone di luce entra a contatto con questo strato d'acqua continua a muoversi al suo interno. La radiazione si dice rifratta, se il corpo con cui entra in contatto il fotone non è trasparente, esso ci batte contro e l'energia viene assorbita/riflessa dal corpo stesso. L'energia che viene riflessa ci consente di vedere gli oggetti e soprattutto i colori di questi oggetti: il colore infatti è determinato dalla lunghezza d'onda nel visibile che viene riemessa. L'erba, ad esempio, riflette una lunghezza d'onda che nello spettro del visibile corrisponde al verde. L'energia elettromagnetica in uscita è spostata sulla banda del verde ed è per questo che noi la vediamo di quel colore. Se togliamo la luce togliamo anche i colori.

Quindi un corpo assorbe l'energia della luce che colpisce la superficie terrestre e viene rimessa con una lunghezza d'onda che viene interpretata dai nostri occhi con un colore in base al suo valore.

I colori chiari tendono a riflettere di più la luce, mentre quelli scuri tendono ad assorbire, riflettendo meno e scaldando di più. Questo fenomeno è analogo in acqua. Quando un fotone colpisce l'acqua continua il suo moto e va avanti fino a quando non batte contro qualcosa. Innanzitutto batte continuamente contro le molecole d'acqua e le mette in agitazione aumentandone la temperatura. Disciolti in acqua però ci sono altri componenti come i sali: battendo contro queste sostanze, il fotone perde energia. Se l'acqua è limpida il fotone riesce ad andare più in profondità rispetto a quando è torbida; a una certa profondità comunque i fotoni non arrivano, perché esauriscono la loro energia prima ancora di raggiungere il fondo.

L'energia irraggiata dal Sole, di cui una frazione sarà quella del visibile viene in parte rifratta da nuvole e vapore acqueo, invece parte di questa radiazione viene rimbalzata indietro mantenendo comunque la stessa lunghezza d'onda, questo fenomeno viene definito albedo.

La luce riflessa dipende dal grado di incidenza e dal colore dell'oggetto riflettente. La terra è tonda, quindi i raggi solari avranno raggi di incidenza diversi così come degli effetti diversi. Abbiamo così zone che riflettono più di altre. Se guardiamo il nostro sistema terrestre, notiamo una fascia verde all'equatore, che indica presenza di tanta vegetazione e tanta materia vivente, poiché è tanta l'energia non riflessa che arriva. La Terra infatti riceve il flusso di fotoni attraverso raggi paralleli, dato che il Sole è molto lontano. In certe zone l'angolo di incidenza è pressoché nullo, in altre aumenta. Se all'equatore i raggi arrivano perpendicolarmente, un quantitativo elevato di energia colpirà una zona tutto sommato limitata; ma se lo stesso livello di energia va a incidere in modo non perpendicolare su un territorio più ampio, verrà diffuso in un'area più grande: ci si allontanerà dall'equatore e ci saranno anche temperature più basse.

Flusso di energia nel comparto biologico[modifica]

Il flusso di energia ha implicazioni anche sulla materia vivente, e in particolare per le strutture di questa materia in organismi e comunità. Un organismo è soggetto a un ingresso e perciò anche a un'uscita di energia. La biomassa dell'organismo, per mantenersi in uno stato lontano dall'equilibrio termodinamico, deve continuamente mettere in atto lavoro che è permesso grazie all'energia chimica derivante dal materiale organico. Quando l'organismo viene mangiato, una quota di energia dell'alimento viene assimilata, l'altra viene eliminata. Quanto viene assimilato o eliminato dipende dal tipo di alimento. L'energia assimilata posso utilizzarla in qualsiasi momento ed essa viene trasformata in energia termica e quindi deve essere portata verso l'esterno; quella non utilizzata costituirà la biomassa.

Quindi si ha una certa quantità di energia ingerita: quella assimilata, viene trasformata e costituisce quella che viene definita produzione lorda; una quota viene utilizzata e lascia il sistema mentre l'altra che costituisce la biomassa è la produzione netta.

PN (produzione netta) = PL (produzione lorda) - R (energia eliminata con respirazione)

La prima fonte di energia è in assoluto la luce solare, che viene assimilata da organismi particolari: gli organismi fotosintetici (primo livello trofico), che mettono in atto meccanismi che permettono di convertire l'energia elettromagnetica in energia di legame chimico. L'organismo fotosintetico ha un'uscita di energia che altri organismi non hanno. Per attuare la fotosintesi l'organismo deve esporsi alla luce del visibile; i fotoni cadono sui siti fotosinteticamente attivi, ma la maggior parte cade su tessuti senza questa capacità, quindi l'organismo si scalda e l'energia lascia questo organismo sotto forma di calore. La biomassa che si verrà a formare sarà assimilabile da altri individui come gli erbivori (secondo livello trofico): una quota verrà utilizzata mentre l'altra verrà persa e una parte messa a disposizione per l'organismo carnivoro (terzo livello trofico). Anche in quest'ultimo caso si ripete lo stesso andamento. Si crea quindi un flusso di energia che passa per diversi organismi. La maggior parte di questi individui muore di morte naturale, così da essere disponibile per la decomposizione, processo attuato da alcuni microrganismi.

Gli organismi non riescono ad assimilare il 100% di ciò che ingeriscono, come abbiamo visto, di conseguenza essi si organizzano secondo quella che prende il nome di catena alimentare. In questa organizzazione circa il 90% dell'energia viene perso passando da un livello trofico a quello successivo. Questo tipo di catena non sarebbe però sostenibile se venisse a mancare anche un solo anello.

A ogni livello trofico ci sono diverse unità tassonomiche che utilizzano la stessa risorsa, ossia esistono degli equivalenti biologici, come piante di diverso tipo o predatori di diverso tipo; la catena in questo caso assume una forma di rete alimentare, nella quale a ogni livello vengono a posizionarsi forme tassonomiche diverse ma funzionalmente simili. Si parla quindi di ridondanza, che dà luogo al concetto di biodiversità. Gli organismi iniziano così a essere organizzati in una rete alimentare che ha la finalità di mantenere stabile il sistema.

Efficienza biologica[modifica]

L'uomo è anch'esso presente nella rete biologica ma ha un vantaggio non indifferente: è onnivoro, ossia può spostarsi lungo i diversi livelli trofici; qualora il flusso di energia fosse bloccato in qualche direzione, l'uomo si può spostare.

Dal punto di vista ecologico, l'organizzazione di una rete alimentare è interessante per studiare la ripartizione energetica nei diversi livelli trofici. Per ogni livello abbiamo un diverso quantitativo di energia e una diversa tipologia di individui. Nell'oceano troviamo una situazione paradossale perché se misuriamo l'energia troviamo un sistema che rispetta la suddivisione in livelli trofici, ma se invece misuriamo la biomassa, quella dei produttori primari è inferiore a quella degli individui erbivori. La presenza di una biomassa minore si spiega col fatto che questa può essere facilmente riprodotta poiché ha vita breve.

In un sistema biologico la vita può mantenersi inalterata nel tempo. Si tratta di un sistema complesso, costituito da diversi elementi la cui funzione è in qualche modo controllata. Se infatti il trasferimento di energia viene fatto male o in scarca misura, la struttura cambia. Le variazioni della produttività primaria spostano l'equilibrio tra controllo top-down (dove abbiamo variazioni di densità nei predatori che causano variazioni di densità nei livelli inferiori) e controllo bottom-up (dove sono i produttori primari che controllano il funzionamento dell'ecosistema).

  • In ecosistemi estremamente improduttivi come il deserto, sia erbivori che piante sono regolate da processi bottom-up.
  • In ecosistemi estremamente produttivi la regolazione avviene da processi top-down.
  • In ecosistemi tra questi due estremi, le piante sono controllate da sistemi top-down in quanto limitate dagli erbivori; questi infatti sono in numero insufficiente per sostenere una significativa popolazione di predatori. Questo tipo di organizzazione ha una stabilità tale che consente di mantenere più specie.

L'efficienza è il rapporto tra ciò che viene prodotto e ciò che riguarda l'ingresso energetico. A livello ecologico si è interessati a misurare l'efficienza dei produttori primari, quindi misurare la loro produzione netta rispetto all'energia che hanno in entrata, ossia la luce elettromagnetica. Più efficiente è la trasformazione più è possibile contare su materiale organico. Viene misurata quindi l'attività fotosintetica, il cui valore medio nella biosfera è molto basso (0,2-0,3%). Bisogna però considerare solo i fotoni che cadono su siti fotosinteticamente attivi: prendendo in considerazione solo quella frazione, ossia quella che può essere trasformata, il valore diventa 35%, che è estremamente alto. Quello che viene considerato è quindi l'efficienza biochimica del processo.

Alla fine la maggior parte degli organismi primari muore e va a costituire la rete del detrito: questo perché la biomassa è poco assimilabile dagli erbivori. In ecosistemi marini i produttori primari marini sono più assimilabili, poiché mancano di strutture di sostegno. Infatti, nell'acqua la densità è più bassa che nell'aria, dove un organismo richiede invece strutture di sostentamento che implicano biomasse molto grandi e consumi energetici alti: in acqua, mancando queste strutture, abbiamo delle biomasse più piccole con una riproduzione più veloce.

È da tenere in considerazione che non tutte le forme di energia sono uguali in termini di quantità energetica. Più l'energia si trasforma più diminuisce di quantità ma aumenta la qualità, intesa come capacità di compiere un lavoro.

Come detto in precedenza, la maggior parte dell'energia viene persa e una parte viene utilizzata dagli organismi. Si definisce efficienza trofica la percentuale della produzione trasferita da un livello trofico a quello successivo: 10% (l'80-90% dell'energia in questi passaggi viene persa).