Elettronica fisica/Transistor bjt

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La sigla bjt è un acronimo per bipolar junction transistor (transistor bipolare a giunzione). L’aggettivo bipolare è dovuto al fatto che nel funzionamento di questo dispositivo sono coinvolti entrambi i tipi di portatori di carica, lacune ed elettroni. Per contro, in altri dispositivi, come i mosfet ed i jfet (cap. 5 e 6) solo uno dei due tipi di portatori contribuisce al funzionamento, o le lacune o gli elettroni.

La struttura di un transistor bjt è riportata schematicamente in fig. 4.1. Un transistor bjt è composto da tre regioni, alternativamente NPN oppure Figura 4.1: Transistor bjt di tipo npn (a sinistra) e di tipo pnp (a destra). Il transistor bjt è formato da due giunzioni PN affacciate, con una regione in comune. In basso: i simboli utilizzati per indicare il transistor nei circuiti. PNP, dette emettitore (E), base (B) e collettore (C), a formare due giunzioni PN, con la regione centrale, la base, a comune.

Costruttivamente in un transistor bjt emettitore e collettore non sono simmetrici: il collettore è di dimensioni maggiori e circonda ed avvolge l’emettitore (fig. 4.2). La regione di base, che separa emettitore e collettore, è molto sottile. Il suo spessore è compreso tra 0.1 e 100 µm.


Equazioni di Ebers-Moll[modifica]

In figura 4.3 è descritto il funzionamento di un transistor NPN. Si considera la frazione F degli elettroni iniettati dall’emettitore nella base (che costituiscono la quasi totalità della corrente della giunzione base-emettitore) attraversa, per diffusione, il sottile spessore della base e raggiunge la regione di collettore. Solo la frazione (1 - F ) costituisce la corrente di base IB. La giunzione collettore-base è contropolarizzata. per convenzione positivo il verso di una corrente entrante nel dispositivo. I due generatori VEB e VCB forniscono le tensioni di polarizzazione applicate rispettivamente al diodo base-emettitore ed al diodo base-collettore. Le correnti IE ed IC sono descritte dalle due equazioni:

(4.1)

(4.2)


note come equazioni di Ebers-Moll.

I primi due termini (in nero) nelle eq. di Ebers-Moll derivano dalla applicazione della equazione della giunzione 2.11: IES è la corrente di saturazione inversa della giunzione base-emettitore, ICS l’analogo per la giunzione base-collettore. I segni meno sono dovuti alla convenzione adottata per il verso delle correnti. I due termini di destra (in rosso) non comparirebbero nelle equazioni se il sistema fosse realmente costituito solo da due diodi indipendenti; compaiono invece a causa dell’effetto transistor.

La giunzione base-emettitore viene realizzata con un drogaggio asimmetrico, cioè con una concentrazione di donatori nell’emettitore molto maggiore di quella degli accettori nella base. A causa di questo, quando la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente, la corrente è costituita per la quasi totalità da elettroni che vengono iniettati dalla regione di emettitore in quella di base, mentre il contributo dovuto alle lacune dalla regione di base all’emettitore risulta trascurabile. A causa della sottigliezza della regione di base e della sua geometria, una frazione F dei portatori (elettroni) iniettati nella base raggiunge per diffusione la regione del collettore e va a contribuire alla corrente di collettore IC, dando origine al secondo termine della eq. 4.2. Il valore di F è tipicamente molto vicino all’unità, tra 0.95 e 0.999.

Analogamente, quando viene polarizzata direttamente la giunzione collettore-base, una frazione R dei portatori iniettati dal collettore nella base raggiunge l’emettitore e va a contribuire alla corrente IE con il secondo temine della eq. 4.1; il valore di R in genere è abbastanza piccolo, tipicamente dell’ordine di 0.5. Questa asimmetria tra F ed R è dovuta alle caratteristiche costruttive delle due giunzioni.

Regioni operative del bjt[modifica]

Regione di interdizione

Il transistor bjt si dice in interdizione o spento (cutoff) quando entrambe le giunzioni sono contropolarizzate e quindi le uniche correnti circolanti sono le due deboli correnti di saturazione inversa IES e ICS delle due giunzioni.

Regione attiva Un transistor bjt si dice che lavora nella regione attiva quando la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente e quella base-collettore è contropolarizzata. In queste condizioni il primo termine della eq. 4.1 ed il secondo della 4.2 risultano preponderanti e le due equazioni, trascurando anche i due termini -1 rispetto agli esponenziali, si semplificano in:

IE = -IES eVBE/ VT (4.3)

IC = F IES eVBE/ VT = - F IE (4.4)

Utilizzando la legge dei nodi (I legge di Kirchhoff) si ricava la corrente di base: IB = -IE - IC = IC F - IC = IC 1 - F F (4.5)

da cui

IC = F IB (4.6) IE = -( F + 1) IB (4.7) con F = F 1 - F (4.8)

Poiché F ha valori molto vicini ad uno, il valore di F risulta molto maggiore di uno, tipicamente tra 20 e 1000.


Regione di saturazione

Portando a zero la tensione di polarizzazione VCB e successivamente invertendone la polarità la giunzione collettore-base passerà dalla interdizione alla conduzione, per cui il primo termine della eq. 4.2 non sarà più trascurabile, ma darà un contributo via via più significativo, di segno opposto a quello del secondo termine. A causa della dipendenza esponenziale delle correnti dalle tensioni di polarizzazione, per un valore di VCB molto vicino a quello di VEB, cioè per VCE ' 0 i due termini avranno lo stesso valore e si elideranno dando in totale IC = 0.

Un transistor bjt utilizzato come amplificatore normalmente è polarizzato per lavorare nella regione attiva.

Le due regioni di interdizione e saturazione sono le regioni tipiche di lavoro del bjt utilizzato come interruttore nei circuiti digitali.

Configurazioni circuitali[modifica]

Il transistor è un dispositivo a tre terminali, come il dispositivo modello di figura 3.2. Di conseguenza nell’impiego come amplificatore uno dei tre terminali dovrà essere in comune ad entrambe le porte, di ingresso e di uscita, cioè collegato a massa. Sono possibili tre diverse configurazioni circuitali: common base (base comune o a massa), common emitter (emettitore comune) e common collector (collettore comune) (fig. 4.4). A seconda della configurazione adottata si ottengono circuiti amplificatori con caratteristiche sensibilmente diverse.

Base comune (common base)

Il terminale di ingresso è l’emettitore, quello di uscita il collettore (fig. 4.4a). La corrente di ingresso IE, inviata dal generatore VG, viene trasferita dal transistor (trans[res]istor ) nel circuito di uscita come corrente IC, con una amplificazione di corrente - F leggermente minore di uno in modulo.

La tensione che si genera ai capi della resistenza di carico RL, se il valore di RL è scelto correttamente, è molto maggiore della tensione di ingresso all’emettitore. Un transistor con base a massa è quindi un amplificatore di tensione. Questa è stata storicamente la prima configurazione di utilizzo del bjt.

Emettitore comune (common emitter)

Il terminale di ingresso è la base, quello di uscita il collettore (fig. 4.4b). Il generatore VG polarizza la giunzione base-emettitore esattamente come nel caso della configurazione con base a massa, ma questa volta è chiamato a erogare solo la debole corrente di base IB, che è F volte più piccola della corrente IC (eq. 4.6). Un transistor bjt con emettitore a massa è quindi un amplificatore di corrente con fattore di amplificazione F, oltre ad essere un amplificatore di tensione analogamente al circuito con base a massa. Per queste ragioni la configurazione con emettitore comune è quella di utilizzo più frequente.

Collettore comune (common collector)

Il terminale di ingresso è la base, quello di uscita l’emettitore (fig. 4.4c). La corrente che circola nella resistenza di carico RL è F + 1 volte quella della base (eq. 4.7): il transistor bjt con collettore a massa è un amplificatore di corrente. L’amplificazione di tensione invece risulta leggermente minore di uno, in quanto la tensione che si trova all’uscita sul carico RL è quella del generatore di ingresso VG diminuita della frazione necessaria per polarizzare la giunzione base-emettitore. Il circuito con collettore comune è detto anche inseguitore di tensione (voltage follower o emitter follower).

Curve caratteristiche[modifica]

Nella fig. 4.5 sono riportate in forma grafica le relazioni tra correnti e tensioni di ingresso e di uscita per un bjt NPN ad emettitore comune, secondo quanto previsto dalle equazioni di Ebers-Moll.

Le curve in fig. 4.5a descrivono la corrente di collettore IC in funzione della tensione collettore-emettitore VCE e della corrente di base IB. La relazione IC(IB) con VCE costante è la caratteristica di trasferimento diretto, la relazione IC(VCE) con IB costante è la caratteristica di uscita. In fig. 4.5b è riportata la relazione tra corrente di base IB e tensione base-emettitore VBE. Anche questo grafico esprime due relazioni: la caratteristica di ingresso IB(VBE) e la caratteristica di trasferimento inverso IB(VCE), rispettivamente a VCE e VBE costanti. Il grafico contiene una sola curva perché, secondo le equazioni di Ebers-Moll, la relazione IB(VBE) è praticamente indipendente da VCE in tutta la regione attiva. Si osserva la curva tipica di un diodo direttamente polarizzato, a parte il fatto che la corrente IB è solo la frazione 1/( F + 1) della corrente totale attraverso la giunzione emettitore-base (eq. 4.7).

La curva blu nella figura 4.5a separa la regione operativa attiva, a destra, dalla regione di saturazione, a sinistra: i punti di intersezione con le curve corrispondenti ai diversi valori di IB sono quelli per cui VBE = VCE e quindi VCB = 0.

La curva più bassa, con IB = 0, corrisponde al transistor spento, o in interdizione. Dalla curva di fig. 4.5b si vede che questa condizione si verifica praticamente per VBE < 0.5 ÷ 0.6V, cioè quando il diodo base-emettitore non è sufficientemente polarizzato.


Effetto Early[modifica]

Le equazioni di Ebers-Moll prevedono che nella regione attiva la corrente IC dipenda solo dalla tensione VBE (eq. 4.4) o dalla corrente IB (eq. 4.6) e questo è evidente nel grafico in fig. 4.5a, dove le curve a destra della linea blu sono rette parallele all’asse orizzontale. Una descrizione più accurata del comportamento di un transistor bjt è riportata in fig. 4.6: nella regione attiva la corrente IC ha una dipendenza lineare da VCE, descritta dalla equazione

IC = F IB 1 + VCE VA(4.9)

Questa dipendenza è dovuta all’effetto Early: lo spessore della regione di transizione della giunzione base-collettore varia al variare della polarizzazione e questo fa variare il parametro F (e quindi F ).

La tensione -VA corrisponde al punto dove si incontrano le rette ottenute dal prolungamento a sinistra delle curve caratteristiche nella regione attiva ed è detta tensione di Early.

Amplificatore ad emettitore comune[modifica]

La configurazione ad emettitore comune, riportata nello schema di principio di figura 4.7a, è la più utilizzata in quanto offre contemporaneamente amplificazione di tensione e di corrente. I due generatori di corrente collegati alla base rappresentano i circuiti che forniscono la corrente di polarizzazione IB che determina il punto di lavoro e la corrente di segnale ib IB, che corrisponde alle variazioni intorno al punto di lavoro. Il funzionamento è illustrato in forma grafica nella figura 4.7b, dove sono riportate le curve caratteristiche IC(IB, VCE) e la retta di carico di equazione ICRL+VCE = VS.

L’intersezione tra la retta di carico e la curva corrispondente al valore di IB prescelto (nell’esempio IB = 60 µA) individua il punto di lavoro Q del circuito, e quindi i valori di IC e VCE di riposo.

Il segnale di corrente ib sovrapposto alla corrente di polarizzazione IB nel circuito di ingresso genera nel circuito di uscita le variazioni ic e vce indicate nel grafico. La tensione di ingresso vbe, corrispondente alla corrente ib, può essere determinata tramite la curva di fig. 4.5b. L’utilizzo diretto mediante calcolo numerico (o in forma grafica) delle equazioni di Ebers-Moll 4.1 e 4.2 e della 4.9 è conveniente solo quando si è in presenza di escursioni di segnale sufficientemente grandi da portare il circuito in condizioni di non linearità significative, ad esempio nello studio dei circuiti di potenza. Negli altri casi, avendo a che fare con piccoli segnali, risulta particolarmente conveniente utilizzare i modelli lineari per i dispositivi a due porte descritti nel capitolo precedente.


Modello lineare a emettitore comune

Una volta stabilito il punto di lavoro e determinati i valori delle correnti e tensioni continue di polarizzazione, il circuito di fig. 4.7 può essere linearizzato e quindi ridisegnato in modo da contenere solo gli elementi relativi ai segnali, secondo uno dei modelli lineari visti al paragrafo 3.4. Le equazioni di Ebers-Moll suggeriscono di scegliere la corrente di collettore IC come variabile dipendente di uscita e di conseguenza la tensione VCE come variabile indipendente. Per quanto riguarda l’ingresso risulta altrettanto conveniente scegliere come variabile indipendente sia la tensione (e utilizzare quindi i parametri g), sia la corrente, come nell’esempio di fig. 4.7 (e utilizzare i parametri h). I circuiti relativi sono riportati in fig. 4.8. Ad ogni parametro dei modelli è stato aggiunto l’indice e per specificare che ci si riferisce ad un transistor utilizzato con emettitore comune. A seconda del modello Figura 4.8: Modello lineare a parametri g (in alto) e a parametri h (in basso) per un amplificatore con transistor bjt ad emettitore comune. prescelto la sorgente del segnale è rappresentata da un generatore equivalente di tensione di Thèvenin, con una resistenza interna in serie (vg, Rg), o da un generatore equivalente di corrente di Norton, con una conduttanza interna in parallelo (ig, Gg). La resistenza RL è l’equivalente del carico, cioè del circuito utilizzatore collegato all’uscita (L da Load); si suppone che nel circuito di carico non siano presenti sorgenti di segnale. 52 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT I due elementi più importanti del modello lineare sono il parametro di ingresso (gie, hie) ed il parametro di trasferimento diretto (gfe, hfe); gli altri due elementi, raffigurati in colore chiaro nello schema, possono essere considerati nulli in prima approssimazione. Il fatto che la conduttanza di uscita (goe, hoe) sia nulla in prima approssimazione chiarisce il motivo per cui i parametri g ed h siano i più convenienti nella descrizione del bjt: i modelli relativi ai parametri m ed r prevedono nel circuito di uscita un generatore di tensione. Quindi, in prima approssimazione, avremmo dovuto inserire un generatore di tensione infinita in serie ad una resistenza infinita, in modo da simulare il comportamento del circuito di collettore, che è quello di un generatore di corrente. Saremmo finiti in una situazione decisamente scomoda da trattare matematicamente. 4.6.2 Valori dei parametri g ed h I valori dei parametri dei modelli di fig. 4.8 si ricavano dalle equazioni che descrivono il funzionamento fisico del dispositivo, viste nei paragrafi precedenti. Dalla eq. 4.4 si ottiene il valore di gfe, che coincide con la conduttanza dinamica del diodo base-emettitore direttamente polarizzato: gfe = @IC @VBE VCE = F IES

VT

eVBE/ VT = f |IE|

VT

' |IE|

VT

(4.10) Come è stato già osservato relativamente alla eq. 2.28 per il diodo direttamente polarizzato, questo valore prescinde da ogni ipotesi sul modello di diodo e dipende solo dalla temperatura e dalla corrente del punto di lavoro. Questo è un risultato notevole, perché cos`i uno dei parametri fondamentali nella descrizione del bjt come amplificatore risulta già noto a priori, indipendentemente dalla scelta del transistor. L’analogo del parametro gfe tra i parametri h è il guadagno diretto di corrente hfe = ic/ib. Questo parametro è in stretta connessione con il parametro F definito dalle equazioni 4.6 e 4.8; anzi, coinciderebbe con questo se il valore di F fosse veramente una costante. In realtà F dipende in parte dalla corrente di emettitore IE, per cui la relazione corretta è hfe = @IC @IB VCE (4.11) In accordo con la notazione adottata per indicare i segnali ed i valori in corrente continua relativi alla polarizzazione, si usano anche i simboli hFE e f con i significati: hFE = F f = hfe (4.12) Il valore di hfe, cioè di f, è una caratteristica costruttiva del singolo transistor e può spaziare in un intervallo di valori tra 20 e 1000. 4.6. AMPLIFICATORE AD EMETTITORE COMUNE 53 I due parametri gfe ed hfe caratterizzano completamente i due modelli semplificati di fig. 4.8. Infatti, dal confronto tra i due circuiti e dalle eq. 4.4 e 4.6 si può scrivere hie = 1 gie (4.13) gie = @IB @VBE VCE

= @IC @VBE VCE · @IB @IC VCE

=

gfe hfe = gfe

f

(4.14) Le equazioni di Ebers-Moll non prevedono alcuna dipendenza di IC da VCE (a parte la minuscola corrente di saturazione inversa del diodo basecollettore) n´e di IB da VCE. In questa approssimazione sono eguali a zero gre, goe, hre e hoe e si ottiene il modello semplificato a due soli parametri già anticipato al paragrafo precedente. Tenendo conto anche dell’effetto Early hoe e goe risultano diversi da zero. La tabella 4.1 riporta i valori tipici per i parametri g ed h in diverse condizioni di polarizzazione. IE 0.05 1 20 mA hfe - 100 -! gfe 1.8 35 700 mA/V gie 0.018 0.35 7 mA/V hie 57 2.9 0.14 k

VA - 100 -! V goe, hoe 0.5 10 200 µA/V Tabella 4.1: Valori tipici dei principali parametri del modello lineare del bjt per diversi valori della corrente di emettitore IE. Gli effetti del trasferimento inverso descritto dai parametri hre e gre invece diventano realmente importanti solo nel funzionamento del transistor in alta frequenza (par. 4.14). 4.6.3 Amplificazione di tensione e di corrente Le equazioni 3.7 applicate al circuito in figura 4.8a diventano ib = gie vbe (4.15) ic = gfe vbe (4.16) Da queste è possibile calcolare il coefficiente di amplificazione (o guadagno) di corrente e di tensione Ai = ic ib = gfe gie (4.17) Av = vce vbe = -icRL vbe = -gfeRL (4.18) 54 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT Ripetendo il calcolo per il circuito di fig. 4.8b (o semplicemente sostituendo a gfe e gie i valori ottenuto dalle eq. 4.13 e 4.14) si ottiene Ai = hfe (4.19) Av = - hfe hie RL (4.20) Moltiplicando i due coefficienti di amplificazione si ottiene l’amplificazione di potenza Ap: Ap = |Ai · Av| = g2 fe gie · RL = h2 fe hie · RL (4.21) 4.6.4 Parametri di uscita e trasferimento inverso L’eq. 4.9 introduce una correzione al modello di Ebers-Moll, tenendo conto dell’effetto Early, cioè della dipendenza di IC da VCE. Da questa equazione possiamo calcolare goe = hoe = @IC @VCE VBE =

F IB

VA ' IC VA (4.22) La presenza della conduttanza goe in parallelo alla resistenza RL modifica i due coefficienti di amplificazione Ai e Av: Ai = ic ib = gfe gie · 1 1 + goeRL (4.23) Av = vce vbe = -gfeRL · 1 1 + goeRL (4.24) come può essere facilmente verificato calcolando l’effetto di partizione della corrente gfevbe tra la conduttanza goe e la resistenza RL. Per quanto riguarda gre, nei circuiti in corrente continua o in bassissima frequenza il suo effetto non giustifica le complicazioni che la sua presenza porta nei calcoli. Nei circuiti in alta frequenza invece gre (o equivalentemente hre) è uno degli effetti più importanti, come si vedrà al par. 4.14. In appendice A sono riportati i calcoli per i modelli lineari completi con tutti i parametri. 4.6.5 Resistenze di ingresso e di uscita Nei circuiti di figura 4.8 i generatori di segnale all’ingresso e la resistenza di carico RL all’uscita non fanno propriamente parte dell’amplificatore, ma rappresentano i circuiti esterni a cui l’amplificatore viene collegato durante l’utilizzo. Il generatore vg rappresenta quindi l’ampiezza del segnale di ingresso a vuoto, cioè quando l’amplificatore non è ancora collegato alla sorgente. Poiché l’amplificatore presenta una conduttanza di ingresso gie si ha 4.6. AMPLIFICATORE AD EMETTITORE COMUNE 55 un effetto di partizione con una riduzione della tensione del segnale di un fattore 1/(1+gieRg). Analogamente, per il generatore di corrente ig si ha un effetto di partizione tra Gg e hie con una riduzione della corrente di ingresso di un fattore 1/(1 + hieGg). Tenendo conto di questi effetti, il guadagno di tensione per il circuito 4.8a diventa A0 v = -gfeRL · 1 1 + goeRL · 1 1 + gieRg (4.25) mentre il guadagno di corrente rimane invariato (eq. 4.23). Il guadagno di corrente per il circuito 4.8b diventa A0 i = hfe · 1 1 + hoeRL · 1 1 + hieGg (4.26) mentre il guadagno di tensione rimane invariato (eq. 4.24 o sua equivalente in termini dei parametri h). Si noti però che le due quantità A0 v e A0 i non sono proprietà intrinseche dell’amplificatore, ma ne descrivono il comportamento nella sua interazione con i circuiti esterni. Il modo corretto di specificare le caratteristiche dell’amplificatore è di dare i valori di Ai e Av ottenuti con le eq. 4.23 e 4.24 insieme con la resistenza di ingresso. Questi dati contengono tutta l’informazione necessaria per conoscere il comportamento del circuito nella sua interazione con qualsiasi sorgente di segnale (di cui siano note le caratteristiche, cioè il generatore equivalente secondo Thèvenin o secondo Norton). Un problema simile si presenta nel circuito di uscita. Sino ad ora la resistenza RL, che rappresenta il circuito utilizzatore del segnale in uscita dall’amplificatore, è stata considerata parte integrante del circuito amplificatore stesso. In effetti, esaminando i circuiti di polarizzazione si vedrà che sul collettore può essere presente una resistenza RC, che non è l’utilizzatore effettivo del segnale, ma è necessaria per la polarizzazione. La resistenza di carico vera e propria è invece una ulteriore resistenza RL collegata all’uscita (fig. 4.9). Anche in questo caso si avrà un effetto di partizione della corrente Figura 4.9: Circuito di uscita di un amplificatore in presenza di una resistenza di collettore RC (di polarizzazione) e di una resistenza di carico RL. tra la resistenza di uscita ro dell’amplificatore vero e proprio, che è data dal 56 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT parallelo di RC con la conduttanza di uscita goe e la vera resistenza di carico RL: A00 v = Av · RL RL + ro (4.27) ro = RC 1 + goeRC (4.28) 4.7 Amplificatore a collettore comune 4.7.1 Emitter follower Nel circuito in figura 4.10 la resistenza di carico RL è stata inserita sul terminale di emettitore anzich´e sul collettore, che risulta cos`i collegato a massa per quanto riguarda i segnali. Infatti, nel modello linearizzato per piccoli segnali (fig. 4.10b) il generatore di alimentazione VS viene sostituito dalla sua resistenza interna, cioè da un corto circuito verso massa. Figura 4.10: Emitter follower. Il circuito linearizzato di fig. 4.10b contiene solo i due termini principali hie ed hfe. Nella resistenza RL si trova a scorrere la corrente ie = -(1 + hfe)ib (4.29) per cui il potenziale dell’emettitore è ve = (1 + hfe) RL ib (4.30) e quello della base vb = hie ib + (1 + hfe) RL ib (4.31) Rispetto al generatore vg è come se in serie alla resistenza di ingresso hie si trovasse una resistenza di valore (1 + hfe) RL. Allora la tensione sull’emettitore è ve = vb · (1 + hfe) RL hie + (1 + hfe) RL (4.32) 4.7. AMPLIFICATORE A COLLETTORE COMUNE 57 Considerando che di solito RL ed hie sono dello stesso ordine di grandezza mentre hfe è dell’ordine di 100, si ha ve ' vb con una differenza dell’ordine del percento (o di pochi percento) e ve leggermente minore di vb. Questa è la ragione del nome dato a questo circuito: emitter follower, inseguitore di emettitore. La tensione di uscita (sull’emettitore) segue strettamente la tensione all’ingresso, rimanendone sempre appena sotto. Supponendo di porre vg = 0 e di applicare dall’esterno la tensione ve all’emettitore, si avrà una corrente ie = -ib · (hfe + 1) = ve hie + RG · (hfe + 1) (4.33) da cui si ottiene la resistenza di uscita ro all’emettitore del transistor: ro = ve ie = hie + RG hfe + 1 (4.34) La resistenza RL, esterna al dispositivo, si viene a trovare in parallelo ad ro. In definitiva, il comportamento dell’emitter follower è descritto dalle equazioni: Av = vec vbc = (1 + hfe) RL hie + (1 + hfe) RL ' 1 (4.35) Ai = ie ib = hfe + 1 (4.36) ri = vbc ib = hie + (1 + hfe)RL (4.37) ro = vec ie = hie + RG hfe + 1 (4.38) Per queste sue caratteristiche, l’emitter follower è largamente utilizzato come amplificatore di corrente ed adattatore di impedenza. 4.7.2 Reazione di emettitore Osservando il circuito di fig. 4.10b si può osservare che l’inserzione di una ulteriore resistenza tra il collettore e massa non ne modifica il comportamento, almeno fino a che si assume il modello semplificato con i due soli parametri hie ed hfe, cioè fino a che il generatore di corrente hfeib viene considerato ideale e quindi con resistenza interna infinita. Questa configurazione è riportata nel circuito in fig. 4.11a con il suo circuito linearizzato equivalente in fig. 4.11b. Dall’equazione 4.37 si può ricavare ib = vb ri = vb hie + (1 + hfe)RE (4.39) vc = -ic RC = - vb hfe RC hie + (1 + hfe)RE ' - RC RE vb (4.40) 58 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT Figura 4.11: Circuito con resistenza di reazione negativa in serie all’emettitore e resistenza di carico sul collettore. L’ultimo passaggio della eq. 4.40 è valido quando, hie è trascurabile rispetto a (1 + hfe)RE e hfe è molto maggiore di uno. Mentre la seconda ipotesi è praticamente sempre vera, la prima è valida solo per valori di RE non troppo piccoli. `E chiaro che nel caso limite di RE = 0 l’eq. 4.40 si riduce alla 4.20 e l’ultimo passaggio smette di avere senso. Inserire una resistenza RE in serie all’emettitore di un transistor ha quindi l’effetto di ridurre l’amplificazione del circuito ad emettitore comune fino al valore limite RC/RE. Questo può apparire un controsenso: si costruisce un circuito per amplificare un segnale, poi si introduce nel circuito un elemento in più per deteriorare questa prestazione. In realtà, una analisi attenta del comportamento del circuito fa vedere che a fronte di questa perdita nell’amplificazione, si ottengono miglioramenti in altre prestazioni. Ad esempio, la resistenza di ingresso vista dal generatore vg passa da hie in assenza della resistenza RE al valore hie+(1+hfe)RE, e in molte situazioni una resistenza di ingresso elevata è una caratteristica preziosa. Un altro vantaggio portato dalla resistenza RE lo si vedrà nello studio dei circuiti di polarizzazione. Ma la caratteristica certamente più importante è data dal fatto che introducendo RE nel circuito, via via che se ne aumenta il valore, il coefficiente di amplificazione viene a dipendere sempre meno dalle caratteristiche del transistor, come risulta dalla 4.20, e tende invece al valore stabile RC/RE. 4.8 Amplificatore a base comune 4.9 La polarizzazione del bjt Nei paragrafi precedenti è stato analizzato il funzionamento di alcuni circuiti amplificatori supponendo che il punto di lavoro fosse già stato opportunamente stabilito ed impostato. Ad esempio, in fig. 4.7, compare il generatore 4.9. LA POLARIZZAZIONE DEL BJT 59 IB, che schematizza i circuiti di polarizzazione necessari. Nella figura 4.12 sono riportati due esempi di amplificatore ad emettitore comune completi di tutti i circuiti di polarizzazione. Il primo circuito è molto semplice, ma si vedrà che ha problemi tali da essere in pratica inutilizzabile; il secondo circuito invece descrive un sistema di polarizzazione molto diffuso nella realizzazione di amplificatori di segnale in corrente alternata. Figura 4.12: Due esempi di amplificatori ad emettitore comune completi dei circuiti di polarizzazione. Nel calcolo dei valori dei componenti che costituiscono un circuito è necessario tener presente che alcuni di questi non possono essere determinati che da condizioni esterne al circuito stesso. Ad esempio la resistenza di carico RC è determinata principalmente dalla resistenza di uscita che si vuole il circuito presenti verso lo stadio successivo cui il segnale di uscita è destinato; la tensione di alimentazione VS deve essere scelta tra le tensioni disponibili, compatibilmente con l’ampiezza dei segnali che devono essere trattati; il transistor, in genere, è scelto cercando un compromesso tra costi e prestazioni, ecc. Può verificarsi anche che più esigenze risultino in conflitto tra di loro ed in questo caso sarà necessario individuare una soluzione di compromesso, se possibile, oppure ricorrere ad altre soluzioni circuitali. Supponiamo quindi di avere individuato i valori VS = 12 V ed RC = 10 k

come idonei alle ipotetiche condizioni di utilizzo. Supponiamo anche

di avere scelto un transistor con F = 120 e VA = 100 V . Anche la posizione del punto di lavoro deve essere stabilita in base alle applicazioni del circuito. Frequentemente si sceglie un punto che sia grosso modo al centro della regione attiva, in modo da poter trattare in maniera simmetrica segnali di entrambe le polarità. A volte invece altre soluzioni sono preferibili: se un circuito è destinato ad amplificare segnali essenzialmente unipolari, ad esempio impulsi positivi, risulterà più conveniente posizionare il punto di lavoro in prossimità della regione di interdizione, per poter disporre della più ampia dinamica di uscita possibile. Come si vede dalle curve caratteristiche di fig. 4.5 e 4.7 la regione attiva si estende fino a valori di VCE di pochi decimi di volt (formalmente il confine con la regione di saturazione si trova a 60 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT VCE = VBE, quindi a circa 0.65 V, ma fino a che la giunzione base-collettore non raggiunge una polarizzazione sufficiente, 0.4 . . . 0.5 V, corrispondenti a 0.2 . . . 0.1 V per VCE, non si ha praticamente alcun effetto). Poniamo, nel nostro caso, VQ = 6 V (e di conseguenza IQ = 0.6 mA). 4.9.1 Polarizzazione con singola resistenza di base Per completare la polarizzazione, nel circuito in fig. 4.12a rimane solo da determinare il valore di RB che dia la giusta corrente di base: RB = VS - VBE IB = VS - VBE IC · F · 1 + VCE VA (4.41) ' 12 V - 0.65 V 0.6 mA · 120 · 1.06 = 2.41 M

' 2.2 M
(4.42)

Nel calcolo sono state introdotte due approssimazioni: il valore di VBE è stato posto a 0.65 V, con una approssimazione di circa ±0.1 V nel numeratore della frazione e quindi un errore dell’1%; il valore ottenuto per la resistenza (2.41 M ) è stato arrotondato al valore disponibile più vicino (2.2 M ), introducendo un ulteriore errore di circa il 10% (per una discussione sui valori disponibili dei componenti, si veda l’appendice B). In definitiva, ci si potrebbe aspettare una corrente di base (e quindi di collettore) superiore di circa il 10% rispetto al valore preventivato, e quindi una tensione di lavoro VQ di 5.4 V invece dei 6 V desiderati, e questo sarebbe nella maggior parte dei casi un risultato accettabile. La fonte di errore veramente grossa, che non è stata sino ad ora considerata e che rende invece il circuito in pratica inutilizzabile, è costituita dall’indeterminazione sul valore di F . In figura 4.13 è riportata la distribuzione dei valori di F per un campione di 50 transistor dello stesso modello (2N2222A) provenienti da uno stesso acquisto. `E evidente come i valori siano raggruppati intorno a 210 e 300: il campione era chiaramente cosituito da esemplari provenienti da due cicli di lavorazione diversi. Mentre semiconduttori ottenuti in uno stesso ciclo di lavorazione su un unico wafer di silicio tendono ad avere valori dei parametri molto simili (e questa caratteristica viene sfruttata con enorme vantaggio in circuiti come l’amplificatore differenziale o il current mirror descritti nei prossimi paragrafi), si ha invece una grande dispersione di valori quando si confrontano componenti che provengono da lavorazioni diverse. Tanto è che parametri come F spesso sono specificati dai produttori come valore nominale con una possibilità di variazione di un fattore 2 in più o in meno. In queste condizioni, il punto di lavoro del nostro ipotetico circuito si potrebbe venire a trovare in tutto l’intervallo tra IC = 0.3 mA, VCE = 9 V e IC = 1.2 mA, VCE ' 0 V . In figura 4.14, dove sono riportate curve caratteristiche e retta di carico relative ai due circuiti di fig. 4.12, questo intervallo è indicato in color magenta sovrapposto alla retta di carico (in blu); ad un estremo si ha una notevole riduzione della escursione di potenziale possibile, all’altro 4.9. LA POLARIZZAZIONE DEL BJT 61 Figura 4.13: Distribuzione dei valori di F in un campione scelto casualmente di 50 transistor modello 2N2222A provenienti da uno stesso acquisto. Figura 4.14: Variabilità della posizione del punto di lavoro per i due circuiti di polarizzazione di fig. 4.12 per valori di F tra 60 e 240. Il segmento in magenta, sovrapposto alla retta di carico in blu, si riferisce al circuito 4.12a, il segmento in verde al circuito 4.12b. estremo si ha addirittura il transistor in saturazione. Per poter utilizzare veramente il circuito di fig. 4.12a sarebbe necessario aggiustare il valore di RB singolarmente su ciascun esemplare di circuito ed eventualmente riaggiustarlo in caso di sostituzione del transistor. Si tratta evidentemente di una 62 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT soluzione poco pratica (ed anche costosa nel caso di una produzione su larga scala), per cui il circuito di fig. 4.12a ha valore poco più che illustrativo. 4.9.2 Polarizzazione a quattro resistenze Il circuito di fig. 4.12b, noto come polarizzazione a quattro resistenze, presenta due sostanziali differenze rispetto a quello di fig. 4.12a: la base viene polarizzata tramite il partitore RB1,RB2 e viene inserita una resistenza RE in serie all’emettitore. La prima modifica cambia il tipo di pilotaggio della base. In fig. 4.12a si ha un pilotaggio della base in corrente: un generatore di tensione di valore elevato (12 V ) ed una resistenza in serie di valore elevato (2.2 M ) stabiliscono il valore della corrente di base IB, e lo mantengono costante. La corrente di collettore IC = F IB è influenzata da tutte le possibili variazioni di F . In fig. 4.12b invece, se le resistenze RB1 ed RB2 sono di valore sufficientemente basso, si ha un pilotaggio della base in tensione, come si vede dalla fig. 4.15 dove è riportato il circuito equivalente di Thèvenin della rete di alimentazione della base. La seconda modifica, l’inserimento Figura 4.15: Circuito di polarizzazione a quattro resistenze con il partitore di base sostituito con il suo circuito equivalente di Thèvenin. della resistenza RE, introduce nel circuito una reazione di emettitore in serie alla tensione di polarizzazione (come visto al paragrafo 4.7.2) e questo lega il punto di lavoro principalmente al valore delle resistenze, rendendolo meno dipendente dal F del transistor. Infatti, applicando la legge della maglia al circuito di base, si ha VB = IB RB + VBE + IB ( F + 1) RE (4.43) da cui IC = IB F = (VB - VBE) F RB + ( F + 1) RE (4.44) Nella misura in cui F 1, ( F +1) RE RB e VBE ' 0.65 V, la corrente IC è IC = VB - 0.65 V RE (4.45) 4.9. LA POLARIZZAZIONE DEL BJT 63 Nella figura 4.14 è riportato in verde, sovrapposto alla retta di carico, l’intervallo di valori in cui si viene a trovare il punto di lavoro con RB1 = 100 k , RB2 = 18 k

ed RE = 1.8 k

. Per lo stesso intervallo di variabilità di F considerato per l’altro circuito (60 . . . 240), la posizione del punto di lavoro rimane confinata tra 5.9 e 6.8 V . Naturalmente, questo miglioramento nella stabilità del circuito ha un prezzo: oltre alla maggiore complessità ed al maggior numero di componenti necessario, si ha una riduzione della escursione della tensione di uscita, che passa da quasi 12 V a circa 10.5 V a causa della caduta di potenziale sulla resistenza RE; inoltre le due resistenze del partitore di base RB1 ed RB2 si vengono a trovare, per quanto riguarda i segnali, tra base e massa, e quindi in parallelo alla resistenza di ingresso. 4.9.3 Condensatori di accoppiamento e disaccoppiamento In entrambi i circuiti di fig. 4.12 la base del transistor non si trova al potenziale di massa: nel circuito 4.12a si trova a circa 0.6 V, mentre in 4.12b si trova a circa 1.6 V . In entrambi i casi è necessario introdurre il condensatore C1 per isolare i circuiti di polarizzazione della base dal generatore del segnale (o dagli stadi precedenti). In mancanza di tale condensatore la base si troverebbe collegata a massa tramite la resistenza interna del generatore; se questa fosse sufficientemente piccola il transistor potrebbe anche finire per trovarsi in interdizione. Se invece la resistenza del generatore fosse molto grande, il condensatore C1 sarebbe ancora necessario, perché il generatore potrebbe non gradire di ricevere la tensione continua presente sulla base. Il condensatore C1 insieme con la resistenza interna del generatore e la resistenza di ingresso dell’amplificatore costituisce un filtro passa alto e introduce quindi un taglio delle frequenze al di sotto della sua frequenza di taglio (fig. 4.16). Indicando con ri la resistenza di ingresso dell’amplificaFigura 4.16: Circuiti passa alto formati dai condensatori di accoppiamento di ingresso e di uscita C1 e C2. tore, formata da gie in parallelo alla resistenze di polarizzazione RB (o RB1 ed RB2), il rapporto tra la tensione vbe effettivamente presente all’ingresso e quella della sorgente vg è vb vg = ri ri + Rg + 1/j!C1

=

ri Rg + ri · j!C1(Rg + ri) 1 + j!C1(Rg + ri) (4.46) 64 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT Il risultato dell’equazione 4.46 si compone di due parti: ri/(Rg + ri) è l’attenuazione del segnale per frequenze molto alte (! ! 1); l’altro termine è la risposta di un filtro passa alto con costante di tempo = C1(Rg + ri) e frequenza di taglio f0 = 1/2 . Un problema analogo si presenta all’uscita: il collettore si trova alla tensione continua del punto di lavoro ( 6 V ) ed è necessario isolarlo dal circuito dello stadio successivo. Il condensatore C2, introdotto a questo scopo, forma a sua volta un circuito passa alto con una sua propria frequenza di taglio. Indicando con ro la resistenza di uscita dell’amplificatore, formata da goe e da RC in parallelo, e con vo la tensione di uscita a vuoto, cioè quando non vi è alcun carico collegato, la tensione vl che si ottiene quando è presente il carico RL, è: vl = vo RL RL + ro + 1/j!C2 = RL RL + ro · j!C2(RL + ro) 1 + j!C2(RL + ro) (4.47) La presenza dei due condensatori C1 e C2, detti di accoppiamento perché hanno lo scopo di accoppiare per quanto riguarda il segnale ingresso ed uscita del circuito agli altri stadi, impedisce definitivamente l’utilizzo dei circuiti di fig. 4.12 per l’amplificazione di segnali in corrente continua. Il condensatore CE in fig. 4.12b ha lo scopo di cortocircuitare la resistenza RE e collegare a massa l’emettitore nel campo di frequenza dei segnali utili in modo da riportare il circuito alla configurazione originaria di emettitore a massa; altrimenti l’effetto di riduzione del guadagno, utile in corrente continua per stabilizzare il punto di lavoro, si estenderebbe inevitabilmente anche alle frequenze di lavoro del circuito. Un terzo condensatore (C3) compare nei circuiti in parallelo ai terminali di alimentazione. Il suo scopo è di cortocircuitare i terminali di alimentazione, per quanto riguarda le frequenze dei segnali in gioco, in modo da far apparire il generatore VS il più possibile un generatore di tensione ideale, cioè con resistenza interna nulla. In caso contrario, oltre ad avere una ulteriore resistenza su un ramo in comune tra resistenza di carico e resistenza di polarizzazione della base, con complicazioni di calcolo e di funzionamento del circuito, si avrebbe un trasferimento di segnale tra due stadi facenti capo ad uno stesso generatore di alimentazione, con effetti potenzialmente disastrosi sul funzionamento dei circuiti. Per questa sua funzione, questo condensatore è detto di disaccoppiamento 4.10 Amplificatore differenziale Non è possibile produrre transistor di precisione: si è visto al paragrafo precedente che parametri come F sono soggetti ad una grande dispersione tra un esemplare e l’altro di uno stesso modello. Anche selezionando accuratamente i transistor in base ai valori dei parametri, rimarrebbe comunque il problema delle inevitabili dipendenze dalla temperatura. Ad esempio, la 4.10. AMPLIFICATORE DIFFERENZIALE 65 tensione VBE di una giunzione base-emettitore a corrente di base costante presenta una deriva con la temperatura @VBE/@T ' -2.3 mV/ K, tipica di tutte le giunzioni PN (par. 2.8). Questo rende vano ogni tentativo di costruire con un singolo transistor bjt un amplificatore di precisione per segnali in corrente continua che non siano già di ampiezza superiore a parecchi mV . `E però possibile produrre transistor con caratteristiche con ottima precisione identiche, sia per quanto riguarda i valori dei parametri che per le loro derive. Questo risultato lo si raggiunge con dispositivi realizzati contemporaneamente, sullo stesso wafer di silicio, a distanza di pochi µm l’uno dall’altro, con uno stesso ciclo di lavorazione. L’amplificatore differenziale, il cui schema di principio è riportato in fig. 4.17, è un circuito che impiegando due transistor dalle caratteristiche il più possibile identiche riesce ad ottenere, per quanto riguarda la stabilità, prestazioni fino a tre o quattro ordini di grandezza migliori di quelle ottenibili con il singolo transistor. Il principio che sta alla base del disegno Figura 4.17: Circuito elettrico di principio di un amplificatore differenziale con due transistor bjt. è di duplicare nel circuito ogni fonte di errore con un’altra il più possibile identica, e combinarle in modo che i due effetti si elidano. Come si vede nella fig. 4.17, il circuito è dotato di due ingressi, corrispondenti alle basi b1 e b2 dei due transistor, a cui sono collegati i due segnali v1 e v2. I due transistor, che come si è detto hanno caratteristiche il più possibile eguali, hanno sul collettore due resistenze RC, anche queste il più possibile eguali; gli emettitori sono collegati insieme ad un’unica resistenza RE. L’alimentazione al circuito è fornita da due generatori: una tensione +VS alimenta le due resistenze di collettore RC, una tensione -VS alimenta la resistenza di emettitore RE. I due generatori hanno un terminale in comune, che costituisce il circuito di massa a cui sono riferite tutte le tensioni. Per analizzare il funzionamento del circuito, conviene scomporre idealmente i due segnali indipendenti v1 e v2 in un segnale di modo comune 66 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT Figura 4.18: Scomposizione di due segnali indipendenti v1 e v2 (a sinistra) in un segnale di modo comune vc = (v1 + v2)/2 ed in un segnale di modo differenziale vd = (v1 - v2)/2 (a destra). vc = (v1 + v2)/2 ed un segnale di modo differenziale vd = (v1 - v2)/2, come indicato in fig. 4.18. In questo modo, qualsiasi coppia di valori v1,v2 applicata agli ingressi può essere ottenuta come somma e differenza dei due segnali vc e vd: v1 = vc + vd, v2 = vc - vd. In condizioni di comportamento lineare da parte del circuito (e vedremo che questo è vero, con le dovute approssimazioni) i segnali di uscita saranno la somma delle risposte ai due segnali, di modo comune e di modo differenziale, applicati indipendentemente. 4.10.1 Amplificazione di modo comune Nella figura 4.19a viene esaminato il funzionamento del circuito in presenza del solo segnale di modo comune vc, che viene applicato contemporaneamente ad entrambe le basi b1 e b2. La resistenza di emettitore RE è stata Figura 4.19: Analisi del funzionamento dell’amplificatore differenziale in presenza del solo segnale di modo comune (a) e del solo segnale di modo differenziale (b). 4.10. AMPLIFICATORE DIFFERENZIALE 67 considerata idealmente composta da due resistenze identiche, di valore 2RE, in parallelo, associate ciascuna ad uno dei due transistor. In queste condizioni il circuito è composto da una parte destra ed una parte sinistra completamente simmetriche rispetto alla linea blu verticale; di conseguenza nel collegamento indicato in grigio tra i due emettitori e1,e2 la corrente è necessariamente nulla per ogni valore di vc ed il circuito si comporta come se fosse composto da due circuiti identici ed indipendenti, ciascuno dei quali è un amplificatore con reazione di emettitore, già studiato al par. 4.7.2. Utilizzando l’equazione 4.40 si può calcolare l’amplificazione di modo comune Ac di ciascuna delle due metà: Ac = vc1 vb1 = vc2 vb2 = - RC 2RE (4.48) Il segnale di uscita presente sui collettori c1,c2 è anch’esso un segnale di modo comune: vc1 = vc2 . 4.10.2 Amplificazione di modo differenziale Nel circuito in figura 4.19b alle due basi viene applicato il segnale di modo differenziale, cioè uno stesso segnale vd con polarità opposta su una base rispetto all’altra. In queste condizioni, nell’ipotesi che il circuito si comporti in modo lineare, la corrente di segnale nella resistenza RE risulta nulla, per cui gli emettitori possono essere considerati collegati a massa per quanto riguarda i segnali. Per verificare questa affermazione è necessario esaminare Figura 4.20: Modello lineare equivalente al circuito di fig. 4.17 in presenza del solo segnale di ingresso in modo differenziale vd. il modello lineare equivalente dell’amplificatore, riportato in fig. 4.20. Anche questo circuito è composto di una metà destra ed una sinistra eguali. Poiché il circuito è lineare (condizione che nello studio del funzionamento in modo comune non era necessaria) e le tensioni applicate alle due basi b1 e b2 sono eguali e di segno opposto, le correnti nei due terminali di emettitore 68 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT e1 ed e2 saranno anch’esse eguali ed opposte. Di conseguenza la corrente i nella resistenza RE sarà nulla ed i due emettitori si troveranno sempre a potenziale di massa (relativamente ai segnali). Anche in questo caso quindi il circuito si comporta come se fosse costituito da due mezzi circuiti completamente indipendenti, ciascuno dei quali equivale, come modello lineare, all’amplificatore con emettitore comune descritto nel par. 4.6. Il coefficiente di amplificazione di modo differenziale Ad può quindi essere ottenuto utilizzando l’equazione 4.24: Ad = vc1 vb1 = vc2 vb2 = -gfeRC · 1 1 + goeRC (4.49) Poiché i segnali di ingresso vd applicati alle basi sono di polarità opposta, anche i segnali di uscita sui collettori c1 e c2 saranno di polarità opposta: vc1 = - vc2 . Il segnale presente sulle uscite è anch’esso un segnale di modo differenziale. 4.10.3 Un esempio di amplificatore differenziale In figura 4.21 è riportato un esempio di amplificatore differenziale. La conFigura 4.21: Esempio di stadio amplificatore differenziale a due transistor bjt. dizione di assenza di segnale sugli ingressi corrisponde ad avere entrambe le basi a potenziale 0, cioè a massa. Gli emettitori si troveranno a circa -0.65 V e la corrente attraverso la resistenza RE sarà con ottima precisione (15 V -0.65 V )/10k

= 1.44 mA. Per quanto si è detto sulla simmetria del

circuito, la corrente si divide a metà tra i due transistor e quindi si hanno circa 0.72 mA in ciascuna delle due resistenze di carico ed una tensione di 7.8 V sui collettori. Questo è un punto di lavoro ragionevole, perché la tensione di collettore si viene a trovare circa a metà della tensione di alimentazione. I due condensatori C1 e C2 hanno la stessa funzione di disaccoppiamento rispetto alla alimentazione del condensatore C3 visto nei circuiti di fig. 4.12. 4.10. AMPLIFICATORE DIFFERENZIALE 69 Con i dati sopra indicati è possibile calcolare i coefficienti di amplificazione del circuito: Ac = - RC 2RE = -0.5 (4.50) Ad ' -gfeRC = - IE VT RC ' -250 (4.51) `E interessante notare come tutti i calcoli svolti sin qui non abbiano fatto uso di alcuna conoscenza delle caratteristiche del transistor; si è soltanto implicitamente supposto che hFE sia sufficientemente grande (almeno 100) nel trascurare la differenza tra corrente di emettitore e di collettore. Nonostante questo, la tensione sui collettori sarà quella calcolata, entro uno o due decimi di Volt, se non si hanno contributi di errore più grossi a causa delle tolleranze sui valori delle resistenze. Questo è dovuto al fatto che il punto di lavoro è fissato dal comportamento del circuito in modo comune e quindi determinato sostanzialmente solo dalle resistenze RE ed RC. Il guadagno Ad calcolato risulterà leggermente sovrastimato (dell’ordine del 5 . . . 10%), avendo ignorato la presenza di goe. 4.10.4 Reiezione di modo comune Confrontando le due espressioni 4.48 e 4.49 relative alla amplificazione dei segnali di modo comune Ac e di modo differenziale Ad ed i risultati ottenuti nel calcolo relativo all’esempio del paragrafo precedente si può vedere che Ad Ac. In un circuito come quello di fig. 4.21 il rapporto Ad/Ac, detto reiezione di modo comune (Common Mode Rejection Ratio, CMRR), è solitamente dell’ordine di 102; nei paragrafi successivi verranno esaminate tecniche per aumentare ulteriormente di diversi ordini di grandezza questo rapporto. L’aspetto notevole del circuito dell’amplificatore differenziale è che le più importanti fonti di errore sono segnali di modo comune mentre i segnali utili possono essere applicati agli ingressi come segnali di modo differenziale. Rendendo molto elevata la reiezione di modo comune è possibile amplificare i soli segnali utili e non amplificare o anche ridurre i segnali di errore. I due problemi più grossi incontrati con l’amplificatore ad emettitore comune del par. 4.6 erano la presenza del gradino di tensione di 0.65 V tra base ed emettitore, che rende impossibile l’accoppiamento in corrente continua alla sorgente del segnale, e la deriva di -2.3 mV/ K di questa stessa tensione, che ne rende impossibile l’eliminazione mediante reti di polarizzazione per quanto elaborate. Nel circuito in fig. 4.17 e 4.21 il gradino di 0.65 V è comune ad entrambi i transistor ed eguale con notevole precisione: coppie di transistor monolitiche, cioè realizzate sullo stesso substrato di silicio, arrivano a presentare facilmente tra le due VBE differenze inferiori al mV, riducibili con opportune tecniche di taratura fino al livello del µV . 70 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT La tensione di ingresso di 0 V su entrambe le basi diventa quindi quella del punto di lavoro, ed è eliminato il problema dell’accoppiamento in corrente continua con la sorgente del segnale. La deriva delle due VBE con la temperatura è un segnale di modo comune che viene quindi soppresso se si ha una sufficiente reiezione di modo comune. Poiché anche nelle migliori coppie monolitiche i transistor non saranno mai esattamente identici, rimarrà come fonte di errore di modo differenziale la differenza tra i coefficienti di deriva delle VBE dei due transistor, compresa tra 10µV/ K per i dispositivi più economici fino a 0.1µV/ K per i migliori dispositivi di precisione. Si noti che il problema dell’accoppiamento in corrente continua è stato risolto per quanto riguarda il circuito di ingresso; rimane, per ora, nel circuito di uscita, come si vede nell’esempio del paragrafo precedente, dove la tensione nominale dei collettori al punto di lavoro è di 7.8 V . 4.11 Circuito current mirror Aumentando la resistenza di emettitore RE nell’amplificatore differenziale di fig. 4.17 o 4.21 l’amplificazione di modo comune Ac diminuisce, secondo l’equazione 4.48, mentre l’amplificazione di modo differenziale Ad rimane invariata, secondo l’equazione 4.49. Il risultato è un aumento della reiezione di modo comune. Un modo efficiente per aumentare RE e mantenere costanti le correnti, senza dover aumentare la tensione di alimentazione negativa, è di utilizzare la resistenza di uscita dinamica 1/goe di un transistor. In figura 4.22 sono Figura 4.22: Due circuiti generatori di corrente che fanno uso della bassa conduttanza di uscita goe di un transistor. riportati due schemi. Nel circuito in a) il transistor è polarizzato da una corrente di base costante e stabile, se VS è una tensione stabile e sufficientemente grande da poter trascurare le derive su VBE. La corrente di collettore è F IB e soffre di tutte le instabilità legate a F . Nel circuito in b) il collettore e la base del transistor di sinistra di una coppia monolitica di transistor 4.12. AMPLIFICATORE DARLINGTON 71 identici sono collegati insieme. La tensione tra base e massa sarà ancora VBE ' 0.65 V, ma la corrente nella resistenza RM, se il transistor ha un F sufficientemente elevato, coincide praticamente con la corrente di collettore. Il secondo transistor si trova ad avere la stessa VBE del primo e, formando una coppia di transistor identici, anche la stessa IB e lo stesso F . Quindi la corrente nel secondo collettore sarà eguale a quella del primo e pari alla corrente nella resistenza RM, a meno delle due piccole correnti di base IB e delle variazioni dovute all’effetto Early (tutto questo, naturalmente, sino a che il secondo transistor si trova nella regione attiva e non nella regione di saturazione). Il nome del circuito, current mirror, deriva da questo modo di funzionare: la corrente nel secondo collettore ripete, rispecchia, la corrente nel primo. 4.12 Amplificatore Darlington 4.13 Un modestissimo amplificatore operazionale In fig. 4.23 è riportato lo schema dell’amplificatore di fig. 4.21, con un generatore di corrente current mirror al posto della resistenza di emettitore RE ed un emitter follower come stadio di uscita. Con una conduttanza di uscita goe = 10 µA/V per la coppia di transistor T3-T4 che costituiscono il current mirror, il guadagno di modo comune della coppia differenziale T1T2 si riduce ad Ac = goeRC/2 = 0.05. Il guadagno di modo differenziale Figura 4.23: Semplice amplificatore operazionale formato da un amplificatore differenziale con current mirror come generatore di corrente di emettitore e stadio di uscita emitter follower. rimane invariato e la reiezione di modo comune sale a CMRR = Ad/Ac = 5000. In queste condizioni, l’effetto della deriva con la temperatura della tensione VBE della coppia T1-T2 (-2.3 mV/ K) scende a -0.46 µV/ K riferiti all’ingresso. La dizione riferiti all’ingresso indica quale è l’ampiezza 72 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT di un segnale utile all’ingreso per produrre all’uscita lo stesso effetto della fonte di errore considerata, cioè per avere un errore del 100%. La seconda modifica apportata al circuito consiste nell’aggiunta di uno stadio di uscita di tipo emitter follower, formato dal transistor T5, dalla resistenza RE e dal diodo zener DZ. Questo stadio ha molteplici funzioni: • Aumentare la disponibilità di corrente all’uscita, grazie all’amplificazione di corrente fornita dal transistor T5. • Ridurre la resistenza di uscita del circuito. La coppia differenziale di fig. 4.21 presenta una resistenza di uscita sul collettore dei transistor pari a RC1 o RC2 in parallelo a goe, cioè circa 10 k . Questa resistenza costituisce la resistenza interna del generatore di segnale all’ingresso del circuito emitter follower e quindi, secondo l’equazione 4.34, viene vista dal carico all’uscita out divisa per hfe + 1 del transistor T5, cioè circa 100

per hfe = 100. L’altro termine dell’eq. 4.34, cioè

hie/(hfe + 1), è dell’ordine di pochi ohm. • Eliminare il livello di tensione continua di polarizzazione sul collettore della coppia differenziale ( 7.8 V ). Il diodo zener DZ mantiene una differenza di potenziale costante tra il collettore di T2 e la base di T5, nominalmente di 7.2 V . Quindi la base di T5 si viene a trovare a circa 0.6 V e l’emettitore a 0 V . A causa delle tolleranze di tutti i componenti considerati, ci si deve aspettare che la tensione di uscita reale sia di qualche centinaio di mV intorno allo zero. Questo, tenendo conto del guadagno dell’amplificatore (Ad = 250), equivale ad una tensione di sbilanciamento (offset ) riferita all’ingresso dell’ordine di qualche mV . 4.14 Il transistor bjt in alta frequenza I modelli lineari per i dispositivi a due porte descritti al par. 3.4 sono delle astrazioni matematiche analoghe ai teoremi di Thevenin e Norton (ogni rete lineare comunque complessa è equivalente ad un generatore di tensione/corrente con una resistenza/conduttanze in serie/parallelo ....). Questi modelli sono stati utilizzati al par. 4.6.1 per descrivere il comportamento del transistor bjt nel regime dei piccoli segnali, scegliendo tra tutti quelli teoricamente possibili i due più aderenti ai meccanismi fisici di funzionamento del dispositivo (fig. 4.8). In questi modelli non è contenuta nessuna dipendenza esplicita del comportamento del transistor dalla frequenza dei segnali. D’altra parte, come visto al paragrafo 2.17, ad una giunzione PN direttamente polarizzata è associata una capacità di diffusione CD e ad una giunzione inversamente polarizzata una capacità di transizione CT . Nel bjt funzionante nella regione attiva queste due capacità sono entrambe presenti, la prima tra base ed 4.14. IL TRANSISTOR BJT IN ALTA FREQUENZA 73 emettitore in parallelo alla conduttanza di ingresso gie, essendo la giunzione base-emettitore direttamente polarizzata, la seconda in parallelo alla giunzione (inversamente polarizzata) tra base e collettore. A causa di queste due capacità il comportamento del transistor viene a dipendere dalla frequenza. Volendo rimanere aderenti allo schema dei modelli lineari di fig. 4.8, la dipendenza dalla frequenza può essere introdotta considerando i quattro parametri gie, gre, gfe, goe (e analogamente hie, hre, hfe, hoe) non più costanti reali, ma funzioni complesse della frequenza: ˆgie(!), ˆgre(!) ecc. In genere all’aumentare della frequenza risulterà anche che non saranno più trascurabili i parametri che potevano essere ignorati in prima approssimazione in corrente continua. In alternativa, si può lasciare inalterato il modello per piccoli segnali valido per la corrente continua ed aggiungere esplicitamente al circuito altri due elementi, CD e CT, che introducono la dipendenza dalla frequenza (fig. 4.24). Il circuito diventa più complesso, ma ha il vantaggio di continuare ad essere Figura 4.24: Modello lineare del bjt nella regione attiva completo della capacità di diffusione CD della giunzione base-emettitore e della capacità di transizione CT della giunzione base-collettore. composto solo da elementi il cui valore è indipendente dalla frequenza e che hanno una relazione diretta con gli aspetti fisici del dispositivo. 4.14.1 Frequenza di transizione Nel circuito di fig. 4.24, cortocircuitando collettore con emettitore (RL = 0), si ha guadagno di tensione Av = 0. La capacità CT si viene a trovare in parallelo a CD e, per quanto detto al par. 2.17.3, in genere sarà trascurabile. In queste condizioni il guadagno di corrente è Ai = ic ib = vbegfe vbe(gie + j!CD)

=

gfe gie + j!CD (4.52) Poiché gfe/gie = hfe e gie = 1/hie (eq. 4.13 e 4.14), Ai = hfe 1 + j!hieCD (4.53) 74 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT In corrente continua e bassissima frequenza il guadagno in corrente è costante e pari ad hfe; al crescere della frequenza si ha un andamento di tipo passa basso, con frequenza di taglio f = 1 2 hieCD (4.54) Per frequenze molto maggiori di f il termine 1 a denominatore della 4.53 diventa trascurabile e si può scrivere |Ai| = hfe !hieCD = gfe !CD (4.55) La frequenza a cui |Ai| diventa 1 prende il nome di frequenza di transizione (fT ): fT = gfe 2 CD (4.56) Il rapporto fra fT e f è: fT f = gfe/2 CD gie/2 CD

=

gfe gie = hfe (4.57) La frequenza fT ed hfe sono i due parametri fondamentali che caratterizzano un transistor e sono normalmente specificati dal costruttore. 4.14.2 Effetto Miller Un calcolo completo del comportamento del circuito di fig. 4.24 può essere fatto scrivendo e risolvendo il sistema lineare di equazioni (complesse) che descrivono le maglie del circuito. Un calcolo approssimato, ma sufficiente per identificare il ruolo dei vari elementi e valutare costanti di tempo e frequenze di taglio, può essere fatto modificando il circuito come in fig. 4.25. La capacità CT si trova tra l’uscita e l’ingresso dell’amplificatore con Figura 4.25: Effetto Miller. guadagno di tensione -AV . Nell’ipotesi che l’impedenza presente all’ uscita dell’amplificatore, costituita da goe ed RL in parallelo, sia bassa rispetto alla 4.14. IL TRANSISTOR BJT IN ALTA FREQUENZA 75 reattanza del condensatore CT, il circuito si comporta come se fosse presente una capacità Ci = CT · (1 + AV ) tra l’ingresso dell’amplificatore e massa ed una capacità Co = CT · AV /(1 + AV ) tra l’uscita e massa (effetto Miller fig. 4.26). La capacità Ci all’ingresso si viene a trovare in parallelo a CD e Figura 4.26: Effetto Miller. contribuisce a ridurre la frequenza di taglio superiore della banda passante dell’amplificatore o, anche più spesso, ne è l’elemento determinante. 76 CAPITOLO 4. IL TRANSISTOR BJT