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Utente:AGeremia/Le grandezze fisiche derivate

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Le cifre significative e i relativi calcoli

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Un altro aspetto importante di una misura sono le cifre significative: le cifre significative sono le cifre fornite dallo strumento in sede di misurazione. L'ultima cifra significativa è relativa alla sensibilità dello strumento ed è una cifra incerta.

Ad esempio ipotizziamo di misurare con il righello la lunghezza di una gomma e di ottenere il valore di 4,3 cm. In questo caso le cifre significative sono 2: il 4 e il 3. Se esprimo la misura con altre unità di misura le cifre significative non cambiano. Ad es. 4,3 cm = 43 mm = 43000 μm = 0,043 m: tutte queste misure hanno sempre due cifre significative. Gli zeri sono significativi se sono forniti dallo strumento e sono posti alla fine. Gli zeri che compaiono in seguito ad una equivalenza non sono mai significativi e neanche gli zeri che sono frutto di arrotondamento.

Quando si fanno dei calcoli con le misure bisogna tenere conto delle cifre significative, in questo modo:

  • Moltiplicazioni e divisioni: bisogna lavorare con un numero di cifre significative pari al valore che ne ha di meno. È come dire che il valore che ne ha di meno va a "rovinare" la misura. Ad esempio se calcolo l'area di un rettangolo con a= 7,1 cm e b= 3,589 cm, si farà A=a•b = 7,1 • 3,589 = 25,4819 cm² = 25 cm²: ho quindi ridotto il risultato a due cifre significative, poiché 7.1 ne aveva due.
  • Addizioni e sottrazioni: il risultato avrà un numero di cifre decimali pari a quello che ne ha di meno. Ad esempio: 4,62 cm + 6 cm = 10.62 cm = 10 cm (il secondo valore non aveva cifre decimali e così deve essere anche il risultato finale)

La precisione e l’accuratezza di una misura, gli errori

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La qualità di una misurazione dipende da vari fattori, tra cui il tipo di strumento utilizzato e l'abilità dell'operatore. Si tenga presente che spesso per avere una misurazione migliore si fanno più misurazioni e poi si considera la media.

Accuratezza e precisione

Per determinare la qualità di una misurazione si possono considerare due parametri: la precisione e l'accuratezza (che possono sembrare concetti simili), cerchiamo di capire la differenza con un esempio. Immaginiamo una serie di tiri al bersaglio (ciascun tiro rappresenta una misura). Il centro del bersaglio rappresenta la misura vera.

  • La precisione indica quanto si avvicinano tra loro misure indipendenti: sia in A che in B c'è una buona precisione. (Ma A è più accurata)
  • L'accuratezza indica quanto si è vicini al valore reale della misura: sia in A che in C c'è una buona precisione (se si fa una media delle posizioni si finisce all'incirca al centro).

Quindi A rappresenterebbe la misura migliore, è accurata e precisa, D quella peggiore poiché poco accurata e poco precisa.

Per capire quanto la misura sia precisa e accurata si va a calcolare l'errore della misura.

L’errore è lo scarto che esiste tra la misura effettuata e la misura reale di un certa grandezza.

Nonostante incorrere negli errori di misura sia davvero molto comune è possibile ridurli prestando molta attenzione all’uso degli strumenti di misura. Infatti per ciascun strumento di misura possiamo tener della portata e sensibilità (vedi sopra) . In genere minore è la portata, ovvero più piccolo è il valore massimo che si può misurare, maggiore è la sensibilità dello strumento nel senso che più piccola è l’unità minima in grado di misurare.

Oltre alla portata e alla sensibilità bisogna tenere conto degli errori sistematici e degli errori accidentali.

  • Errori accidentali. Come dice la parola stessa, non si possono prevedere e neanche evitare perché sono dovuti a fattori ambientali di cui non si è tenuto conto ma possono essere ridotti ripetendo più volte la stessa misura e facendo poi una media aritmetica dei valori ottenuti. La bontà delle misure, comunque, dipenderà dalla sensibilità dello strumento utilizzato (se lo strumento è poco sensibile, probabilmente l’errore commesso sarà trascurabile) e dalla sua precisione (se lo strumento è molto preciso effettuando più misure queste saranno diverse le une dalle altre). Questi errori influenzano soprattutto la precisione della misura.
  • Errori sistematici. Questi incidono sulle singole misurazioni, in genere sempre nello stesso modo e quindi influenzano soprattutto l'accuratezza della misura; si classificano in
    • Strumentali: qualora si utilizzano strumenti poco precisi o mal tarati
    • Ambientali: come per esempio la presenza di correnti d’aria o di campi magnetici
    • Soggettivi: cioè legati all’operatore che magari non è molto pratico o effettua la misura in modo superficiale

Errore assoluto

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Tutte le misure quindi, per i motivi suddetti, a seconda dello strumento che usiamo e da come misuriamo, contengono un errore che chiameremo errore assoluto o incertezza assoluta 𝛅x, ovvero di quanto la misura effettuata si discosta dalla misura reale.

X=Xm±𝛅x

L’errore assoluto ci permette di individuare un range all’interno del quale si colloca la misura reale. Se effettuando più volte la stessa misura si trova sempre lo stesso valore, l’errore assoluto coincide con la sensibilità, altrimenti si fa la media aritmetica dei valori trovati e si determina l’errore assoluto considerando il valore massimo e minimi trovati, sottraendoli e dividendo il risultato per 2, cioè si determina lo scarto medio.

--------- ESEMPIO del calcolo dello scarto medio --------------

Errore relativo

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Per capire se l’errore commesso è accettabile bisogna trovare l’errore relativo o incertezza relativa 𝛈:

𝛈=𝛅x/Xm

𝛅x=incertezza assoluta

Xm =valore medio

L’errore relativo non ha unità di misura, è quindi adimensionale ed è moltiplicato per 100 se lo si vuole rendere in forma percentuale.

Anche l’errore relativo è importante perché ci dà un’idea di quanto è buona la misura effettuata e la sua precisione.

in genere si considerano accettabili le misure che hanno una incertezza relativa che non superi il 5%.

---------- ESEMPIO del calcolo dell’errore relativo -------------------

Le equivalenze, anche con multipli “estremi” (mega, giga, tera - micro, nano, pico)

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La notazione scientifica e gli ordini di grandezza

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Studiando le scienze ci si troverà spesso ad avere a che fare con numeri molto piccoli ( con tanti zeri davanti al numero), ad esempio la dimensione degli atomi, o con numeri molto grandi ( con tanti zeri dopo il numero), come le distanze tra pianeti. Da qui nasce la necessità di utilizzare una scrittura che permetta di renderli più compatti: la notazione scientifica o notazione esponenziale.

Per scrivere un  numero in notazione scientifica dobbiamo utilizzare le potenze di dieci e convertirlo nella forma

Numero · 10 esponente

utilizzando alcune semplici regole come indicato di seguito.

Considera il numero 12300000000 m

  1. inserisci la virgola dopo la prima cifra significativa (es nel numero 1,2300000000)
  2. riscrivi il numero con la virgola riportando solo le cifre significative (es nel nostro caso 1,23)
  3. considera il numero iniziale e conta di quante cifre hai spostato la virgola, ovvero il numero di cifre dopo la virgola (es nel numero 12300000000 ci sono dieci cifre dopo la virgola), perché quello sarà l'esponente del 10
  4. scrivi il numero nella forma

n·10x

nel nostro caso il numero espresso in notazione scientifica sarà: 1,23·1010m.

Se il numero da trascrivere con le potenze di 10 è 0,00000578 m dovrai:

  1. spostare la virgola dopo la prima cifra significativa (es nel numero 0000005,78)
  2. riscrivi il numero con la virgola riportando solo le cifre significative (es nel nostro caso 5,78)
  3. considera il numero iniziale e conta di quante cifre hai spostato la virgola (es nel nostro caso 0000005,78 la virgola è stata spostata di 6 posizioni), perché quello sarà l'esponente del 10 con segno negativo
  4. scrivi il numero nella forma

n·10-x

nel nostro caso il numero espresso in notazione scientifica sarà: 5,78·10-6m.

Se guardi attentamente entrambi i numeri noterai che l’unità di misura e le cifre diverse da zero sono rimaste uguali e solo cambiato il modo di scriverlo.

La lettura di grafici

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Spesso nei libri di scienze vengono utilizzati grafici per integrare o completare le informazioni riportate nei vari paragrafi. I diagrammi, infatti, sono molto utili perché permettono di rappresentare informazioni mediante immagini che rendono più immediata la comprensione di alcuni aspetti di quanto si sta studiando.

Le rappresentazioni grafiche possono essere di diverso tipo e vanno scelte attentamente a seconda dei dati che si possiedono e di quello che si vuole comunicare con essi.

In questo paragrafo ti presenteremo le principali tipologie di grafici mettendo in evidenza le peculiarità e le criticità di ciascuno e come vanno letti e interpretati.

A seconda delle diverse discipline che studierai potrai incontrare: cartogrammi, ideogrammi, istogrammi, areogrammi, diagrammi cartesiani.

Solubilità di una sostanza al variare della temperatura
  • Diagramma cartesiano. Sicuramente lo conoscerai già, poiché viene utilizzato per mostrare come cambia una grandezza al variare di un'altra grandezza come per esempio il variare della solubilità di una sostanza al variare della temperatura (vedi il grafico accanto). In questa tipologia di rappresentazione grafica si utilizzano i due assi cartesiani, ovvero due semirette perpendicolari tra loro e che si incontrano in un punto,  su ciascuno dei quali si riporta una variabile. Nel grafico sotto riportato sull’asse delle y, anche detto delle ordinate, sono riportati i valori di solubilità da 0 g a 100g di sale in 100g di acqua e sull’asse delle ascisse o delle x i valori di temperatura espressi in °C. Diremo che abbiamo rappresentato la solubilità in funzione della temperatura. In questa tipologia di grafico è importante definire bene le scale che si utilizzano su i due assi ed essere precisi nel riportare i diversi valori.  E’ importante ricordare che non è necessario che i due assi abbiano la stessa scala. Guardando il diagramma cartesiano riportato si nota subito come il  solfato di cesio Ce2(SO4)3 diminuisca la propria solubilità all’aumentare della temperatura per poi diventare costante, mentre il cloruro di calcio CaCl2 aumenta rapidamente la propria solubilità anche a basse temperature.
Istogramma generico
  • Anche gli istogrammi ( chiamati ortogrammi o diagrammi a barre)  dovrebbero esserti abbastanza noti. Questi grafici possono presentare le barre verticali o orizzontali, ovvero dei rettangoli la cui base è uguale per tutti (o l’altezza nel caso di istogramma a barre orizzontali), mentre l’altezza cambia. Questa tipologia di rappresentazione viene utilizzata per rappresentare la frequenza di un determinato fenomeno, per cui maggiore sarà la frequenza tanto più alti (o lunghi nel caso si utilizzino le barre orizzontali) saranno i rettangoli. Per costruire un istogramma bisogna disegnare i due assi e a seconda che sia verticale o orizzontale su un asse si riporta il nome del dato e sull’altro la sua frequenza  [grafico 1.6.2 - istogramma a barre verticali della frequenza delle temperature  ]. Sull’asse orizzontale vengono riportati dei range (intervalli) di temperatura (base del rettangolo) e sulle ordinate la frequenza, ovvero il numero di volte che nell’intervallo di tempo prescelto sono stati registrati valori ricadenti nei diversi intervalli. Anche in questo caso si dice che il grafico riporta la frequenza delle temperature in funzione dei range di temperatura individuati. Un particolare tipo di istogramma è l'ideogramma. È un grafico nel quale i dati vengono rappresentati sotto forma di icone che danno l'idea del fenomeno da studiare. Questo tipo di grafico è molto approssimativo, ma permette una lettura immediata dei dati facilitando l'interpretazione ai non esperti. Meno comune nelle discipline scientifiche, questa tipologia di grafico ha il vantaggio di essere di immediata e di facile lettura, ma è un tipo di rappresentazione poco precisa.
  • Diagramma a torta. Quando studierai la composizione chimica dell’atmosfera terrestre di sicuro ti imbatterai in un aerogramma o diagramma a torta in cui un cerchio rappresenta l’intero e gli spicchi avranno un’ampiezza diversa proporzionale alla percentuale che si vuole rappresentare. [grafico 1.6.4 -aerogramma della composizione dell’atmosfera terrestre ]. Guardando il diagramma noterai che la “fetta” più grande rappresenta l’azoto, che costituisce il 78% dell’atmosfera, seguito dall’ossigeno, circa il 21%, mentre gli altri componenti sono rappresentati tutti insieme perché la loro presenza è minima rispetto ad ossigeno e azoto. Questa tipologia di rappresentazione è utilissima quando si vuole evidenziare il peso dei singoli componenti rispetto al totale, ma non è facile leggerlo né costruirlo. A differenza del grafico qui riportato, dove vengono indicate le percentuali rappresentate dai diversi spicchi, spesso questo valore manca pertanto bisognerà utilizzare un goniometro per definire il valore rappresentato, In questo caso per prima cosa bisogna definire la quantità rappresentata da 1°  dividendo il totale per 360 (ampiezza dell’angolo giro) e poi moltiplicarla per la quantità che si vuole rappresentare.
  • Cartogramma. È una carta geografica sulla quale vengono rappresentati dei dati statistici, con colori e simboli diversi. Sono molto utilizzati in scienze della Terra  per esempio per rappresentare la sismicità delle varie zone del territorio nazionale [grafico 1.6.5-cartogramma della sismicità italiana ]. Questo tipo di rappresentazione consente una facile e immediata lettura di quanto si rappresenta ma purtroppo non è molto preciso. In questo caso è particolarmente importante la legenda in cui vengono riportati i valori rappresentati dai differenti colori che in genere aumentano di intensità all’aumentare dell’importanza o frequenza del fenomeno.

Le formule inverse

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Sapendo che e conoscendo v e S, si è in grado di calcolare t? Bisogna ricavare la formula inversa!! che in questo caso è

Come tutte le discipline scientifiche anche la chimica, la biologia e le scienze della Terra utilizzano formule per descrivere i vari fenomeni. Sebbene l’insegnante durante la lezione ti fornirà le formule dirette e quelle inverse è importante che ciascuno studente impari a ricavarsi le formule inverse in modo da non sovraffollare la testa di formule inutili.

Ci sono vari modi per ricavarle, vediamole:

Il metodo matematico

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I due modi per fare le formule inverse: 1 - quello matematico, 2 - quello di spostare dall'altra parte

Questo è il metodo più rigoroso.

Il principio è moltiplicando o dividendo da entrambi i lati per lo stesso valore (e semplificando), l'equazione non cambia. Chiaramente bisogna moltiplicare o dividere in modo che le variabili compaiano nel posto giusto. Nell'esempio citato prima, per trovare t basta moltiplicare entrambi i lati per t (così t compare a sinistra e in alto) e dividere entrambi i lati per v (così sparisce da sinistra e compare a destra).

Il metodo "sposta dall'altra parte"

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Meno rigoroso ma molto intuitivo, funziona con formule semplici.

Il principio è: posso spostare una variabile dall'altra parte ma se era al numeratore va al denominatore e viceversa. In pratica posso spostare le variabili in diagonale. È molto veloce da utilizzare.

  • La densità è data dal rapporto tra massa e volume: . se si vuole trovare la massa m posso farlo col metodo matematico, dividendo entrambi i lati per V, oppure col metodo "sposta" e sposto il volume dall'altra parte e da sotto va sopra (moltiplicando la densità) e si ottiene: (che ovviamente è uguale a ).
  • La forza è data dalla massa per la sua accelerazione: . Se devo trovare l'accelerazione posso usare il metodo matematico, dividendo entrambi i lati per m, oppure il metodo "sposta", spostando la massa sotto la forza (era sopra e quindi va sotto). La formula diventa che vista al contrario diventa .

Le proporzioni

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In un certo fenomeno osservato due grandezze che lo descrivono sono direttamente proporzionali se all'aumentare dell'una anche l'altra aumenta in proporzione, sono invece inversamente proporzionali se all'aumentare dell'una l'altra diminuisce in proporzione.

  • Esempio di proporzionalità diretta: una persona che cammina a velocità costante percorre lunghezze che sono direttamente proporzionali al tempo impiegato. Ad esempio se in 1h percorre 5 km, in tre ore verranno percorsi 15 km, in 6h farà 30 km.
  • Esempio di proporzionalità inversa: abbiamo un rettangolo che ha la caratteristica di avere l'area costante di 12cm2 ma le lunghezze dei lati (a e b) variabili. Questo significa che a è inversamente proporzionale a b, poiché se uno raddoppia, l'altro dimezza per mantenere l'area uguale, ad es. 3 x 4 cm = 1,5 x 8.

La proporzione

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Questo metodo si applica solo alle grandezze direttamente proporzionali. Se abbiamo a che fare con grandezze direttamente proporzionali, possiamo usare la proporzione come metodo per calcolare una grandezza conoscendo altri tre dati. Una proporzione è quindi una espressione/procedura matematica che ci permette di calcolare la variabile incognita. Viene scritta in questo modo: . Vediamo come si risolve

  • se l'incognita è interna (es. C) la formula sarà che viene anche verbalizzata come "l'incognita interna è uguale al prodotto degli esterni fratto l'altro interno".
  • se l'incognita è esterna (es. D) la formula sarà che viene anche verbalizzata come "l'incognita esterna è uguale al prodotto degli interni fratto l'altro esterno".

Un'automobile viaggia in autostrada a velocità costante. Dopo 45' ha percorso 97 km, quanto tempo impiegherà a percorrere i 258 km previsti per arrivare a destinazione?

Il ragionamento logico: se percorro 97 km in 45' allora percorrerò 258 km in x'. (Si noti che viene mantenuto l'ordine logico delle grandezze lunghezza : tempo = lunghezza : tempo) Scriviamo l'espressione matematica. 97 km : 45' = 258 km : x'.

Risolviamo (l'incognita è esterna quindi la formula sarà del tipo ) quindi x= (258 km * 45') / 97 km = 120 minuti