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Wikibooks:Deposito/Moduli/Nozioni generali di Astrofotografia

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Introduzione

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La fotografia astronomica è certamente più difficile e costosa di quella terrestre, ma può regalare emozioni e immagini straordinarie. Molto probabilmente tutti avranno avuto modo di vedere fotografie riguardanti qualche cometa o qualche nebulosa. Avranno notato colori spettacolari: quei colori si possono osservare solo sulle fotografie. Infatti i nostri occhi, a bassi livelli di luminosità, non sono in grado di percepire i colori, così quando osserviamo questi oggetti al telescopio li vediamo monocromatici, di una tinta grigio-verdastra. Ciò può essere motivo di delusione per chi avvicina per la prima volta gli occhi ad un telescopio. La fotografia rimedia a questo inconveniente: le pellicole, se esposte per diversi minuti possono raccogliere tutta la luce proveniente dai corpi celesti restituendoci di conseguenza immagini colorate e spettacolari. Prima o poi a tutti gli astrofili viene voglia di cimentarsi con l’astrofotografia, non solo per godere meglio il cielo, ma anche per fissare dei ricordi e per condividere con altri la propria passione. Partendo dall’oggetto più facile, la Luna, fino ad arrivare alle Galassie, però, la strada è lunga. Sono richiesti pazienza, dispendio di tempo, mille accorgimenti, come per esempio la compensazione della rotazione terrestre per ottenere stelle puntiformi e non strisce di luce. Ma alla fine la soddisfazione sarà enorme. Oggi prende sempre più piede la fotografia digitale e l’utilizzo di dispositivi chiamati CCD, solitamente collegati al computer, che tra l’altro accorciano di molto i tempi di esposizione, ma noi qui tratteremo il modo classico di fare fotografia astronomica, cioè quello che impiega la pellicola.

Tecniche fotografiche

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Ci sono sostanzialmente tre metodi per effettuare foto astronomiche:

  • La fotografia in parallelo
  • La fotografia per proiezione dell’oculare
  • La fotografia al fuoco diretto

Vediamo brevemente in cosa consistono:

Fotografia in parallelo

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Con questo tipo di tecnica la protagonista è la macchina fotografica, dotata del suo obiettivo normale o di un teleobiettivo. Con obiettivi normali ( 50 mm, 35 mm.) si ottengono foto panoramiche, quindi campi stellari nei quali si può inserire anche parte del paesaggio terrestre, oppure si può cogliere la Luna, soprattutto quando prospetticamente venga a trovarsi vicino a pianeti o stelle luminose. Anche gli stessi pianeti, perlomeno quelli luminosi come Venere e Giove possono essere immortalati. Naturalmente le loro dimensioni sono talmente piccole da non permettere di scorgere alcun particolare, che d’altra parte non è lo scopo della fotografia panoramica. Con l’uso di un teleobiettivo gli oggetti saranno un po’ più vicini, ma sempre comunque piccoli. La macchina fotografica non và usata a mano libera ma va fissata al tubo del telescopio tramite apposite staffe, regolandola poi in maniera che ciò che inquadra il telescopio sia inquadrato anche dalla fotocamera ( per questo si chiama foto in parallelo ). Il telescopio serve quindi solo da guida, in quanto inquadrare gli oggetti servendosi del semplice mirino della macchina fotografica sarebbe impresa ardua, a così bassi livelli di luminosità. Gli oggetti vanno invece puntati col telescopio come si farebbe normalmente quando li si vuole semplicemente osservare e siamo così sicuri che anche la fotocamera sta inquadrando la stessa cosa. Il telescopio offre anche un appoggio stabile all’apparecchio, aspetto molto importante perché il minimo mosso porterebbe a foto confuse e quindi da buttare. A questo proposito conviene scattare servendosi di un cavetto flessibile da collegare al pulsante di scatto, perché agendo direttamente sul pulsante stesso aumentano le probabilità di introdurre vibrazioni al tubo del telescopio.

Fotografia per proiezione dell’oculare

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Con questa tecnica, la macchina fotografica va privata del suo obiettivo e collegata al portaoculare del telescopio tramite appositi anelli. Nel portaoculari sarà preventivamente inserito un oculare in grado di sviluppare un certo numero di ingrandimenti, tanti quanti ne bastano per l’oggetto che si intende fotografare. In questo caso la fotocamera funge da semplice supporto della pellicola, mentre l’ottica è rappresentata dall’oculare del telescopio. Visto che l’oculare dove si appoggia normalmente l’occhio è occupato dalla macchina fotografica e vista l’impossibilità di servirsi del mirino di quest’ultima per i motivi detti prima, per inquadrare gli oggetti si deve obbligatoriamente ricorrere al cercatore del telescopio, o meglio, come fanno la maggior parte degli astrofili, montare in parallelo al telescopio un telescopio più piccolo con il quale si possano agevolmente trovare gli oggetti. Questo tipo di fotografia si presta alla ripresa di pianeti, Luna e stelle doppie. Grazie agli alti ingrandimenti sviluppati dagli oculari è possibile cogliere molti particolari della superficie dei pianeti, cogliere spettacolari visioni dei crateri lunari e riuscire a separare le stelle doppie. Come si vede, a parte la Luna, si tratta di oggetti molto piccoli: da qui la necessità di usare un secondo telescopio piuttosto che il cercatore.

Fotografia al fuoco diretto

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Anche per questa tecnica si priva la fotocamera del suo obiettivo e la si collega al portaoculari del telescopio in questo caso senza oculari inseriti. In questo modo l’ottica sarà rappresentata da quella principale del telescopio: uno specchio nel caso di un telescopio riflettore, una lente nel caso di un telescopio rifrattore. Anche per questa tecnica si rende necessaria l’installazione sullo strumento principale di un secondo telescopio per rendere più agevole la ricerca degli oggetti, a maggior ragione dato che questo tipo di fotografia si presta alla ripresa di oggetti di debole luminosità come nebulose e galassie, di cui la ricerca è molto ardua. Per questi corpi celesti si rendono necessari, inoltre, tempi di posa molto lunghi, oltre la mezz’ora. Condizioni indispensabili diventano dunque: la presenza sulla macchina fotografica di un dispositivo che lasci aperto l’otturatore per tutto il tempo necessario ( la posa B ), e l’installazione sul telescopio di un motorino che muova lo strumento per compensare la rotazione terrestre ( quello che viene chiamato inseguimento ). Con tempi di posa così lunghi, sulla pellicola, oltre alle nebulose o alle galassie, rimarranno impressionate anche centinaia di stelle. Se non compensassimo la rotazione terrestre, le stelle invece di risultare puntiformi, sarebbero delle strisce luminose che ci impedirebbero di vedere le nebulose o galassie sottostanti. Più sotto vediamo come si effettua la messa in stazione del telescopio, per fare in modo che l’inseguimento sia preciso.