(IT) « In questo secolo in cui l’uomo si accanisce nel distruggere innumerevoli forme di vita, dopo aver distrutto molte società la cui ricchezza e diversità costituiscono da tempo immemorabile il suo più splendido patrimonio, è più che mai necessario dire, come fanno i miti, che un umanesimo ben orientato non comincia da se stessi, ma pone il mondo prima della vita, la vita prima dell’uomo e il rispetto degli altri esseri prima dell’amor proprio. Né va dimenticato che, essendo comunque destinato a terminare, nemmeno un soggiorno di uno o due milioni di anni su questa terra può servire per appropriarsi del nostro pianeta come se fosse una cosa e per comportarsi senza pudore e senza discrezione. »
(FR) « En ce siècle où l’homme s’acharne à détruire d’innombrables formes vivantes, après tant de siècles dont la richesse et la diversité constituaient de temps immémorial, le plus clair de son patrimoine, jamais sans doute, il n’a été plus nécessaire de dire, comme le font les mythes, qu’un humanisme bien ordonné, ne commence pas par soi-même, mais place le monde avant la vie, la vie avant l’homme, le respect des autres avant l’amour-propre : et que même un séjour d’un ou deux millions d’années sur cette terre, puisque de toute façon il connaîtra un terme, ne saurait servir d’excuse à une espèce quelconque, fût-ce la nôtre, pour se l’approprier comme une chose et s’y conduire sans pudeur ni discrétion » (Claude Lévi-Strauss, Mythologiques 3. L’Origine des manières de table (1968), éd. Plon, 1968, p. 422; Claude Lévi-Strauss, L’origine delle buone maniere a tavola, trad. it. di M. Di Meglio, Il Saggiatore, Milano 2010, p. 457.)
(IT) « Non è stato infatti il mito della dignità esclusiva della natura umana a far subire alla natura medesima una prima mutilazione, da cui dovevano inevitabilmente conseguire altre mutilazioni? Si è cominciato con il recidere l’uomo dalla natura, e con il costituirlo a regno sovrano; si è così creduto di cancellare il suo carattere più irrecusabile, ovverosia che egli è in primo luogo un essere vivente. E, non vedendo questa proprietà comune, si è dato campo libero a tutti gli abusi. Mai meglio che al termine degli ultimi quattro secoli della sua storia, l’uomo occidentale è in grado di capire che, arrogandosi il diritto di separare radicalmente l’umanità dall’animalità, accordando all’una tutto ciò che toglieva all’altra, apriva un circolo vizioso, e che la stessa frontiera, costantemente spostata indietro, sarebbe servita a escludere dagli uomini altri uomini, e a rivendicare, a beneficio di minoranze sempre più ristrette, il privilegio di un umanismo nato corrotto per aver desunto dall’amor proprio il suo principio e la sua nozione. [….] L’unica speranza, per ognuno di noi, di non essere trattato da bestia dai suoi simili, sta nel fatto che tutti i suoi simili, e lui per primo, si colgano immediatamente come esseri sofferenti, e coltivino nell’intimo quella attitudine alla pietà che, nello stato di natura, fa “da legge, costumi e virtù” e senza il cui esercizio cominciamo a capire che, nello stato di società, non possono esserci né legge né costumi né virtù..." »
(FR) « Car n’est-ce pas le mythe de la dignité exclusive de la nature humaine qui a fait essuyer à la nature elle-même une première mutilation dont -devaient inévitablement s’ensuivre d’autres mutilations? On a commencé par couper l’homme de la nature, et par le constituer en règne souverain ; on a cru ainsi effacer son caractère le plus irrécusable, à savoir qu’il est d’abord un être vivant. Et, en restant aveugle à cette propriété commune, on a donné champ libre à tous les abus. Jamais mieux qu’au terme des quatre derniers siècles de son histoire, l’homme occidental ne peut-il comprendre qu’en s’arrogeant le droit de séparer radicalement l’humanité de l’animalité, en accordant à l’une tout ce qu’il retirait à l’autre, il ouvrait un cycle maudit, et que la même frontière, constamment reculée, servirait à écarter des hommes d’autres hommes, et à revendiquer, au profit de minorités toujours plus restreintes, le privilège d’un humanisme, corrompu aussitôt né pour avoir emprunté à l’amour-propre son principe et sa notion. […] Car l’unique espoir, pour chacun de nous, de n’être pas traité en bête par ses semblables, est que tous ses semblables, lui le premier, s’éprouvent immédiatement comme êtres souffrants, et cultivent en leur for intérieur cette aptitude à la pitié qui, dans l’état de nature, tient lieu «de loix, de meurs, et de vertu», et sans l’exercice de laquelle nous commençons à comprendre que, dans l’état de société, il ne peut y avoir ni loi, ni mœurs, et ni vertu… » (Claude Lévi-Strauss, testo pubblicato nel Le courrier de l’Unesco, mars 1963, 16ème année, e ripreso in Anthropologie structurale deux, Paris, Plon, 1973; traduzione italiana di S. Moravia in Claude Lévi-Strauss, Antropologia strutturale due, Milano, Il Saggiatore, 1990, p. 77)
A sinistra il teschio di un toro utilizzato nelle cerimonie religiose rinvenuta a Çatalhöyük (Turchia) e risalente al Neolitico. A destra il teschio di un bisonte risalente al XIX secolo, utilizzato nelle cerimonie religiose delle tribù dei nativi americani Arapaho.
A sinistra l'immagine di un cacciatore greco dipinta su una kylix attica a figure rosse, attribuita al Pittore della Fonderia e risalente al 480 a.C. A destra un cacciatore apsaroke in un libro illustrato da Edward S. Curtis e risalente ai primi del XX secolo.
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