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Estetica contestuale

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Cos'è l'estetica contestuale?

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Se per estetica intendiamo quella parte della filosofia che si interessa della percezione, della considerazione dell'aspetto esteriore, per 'estetica contestuale' vorremo intendere quel tipo di estetica che considera la percezione, e lo studio di essa finalizzato all'arte, come qualcosa non di isolato, ma di profondamente connesso con l'ambiente, con il contesto.

Tutto inizia con una specie di lettera impossibile e improbabile che un insegnante di retorica, grammatica e linguistica scrive a Socrate, che pure non amava la scrittura.

Socrate è l'iniziatore del sentire e ragionare moderno, che pure dura tuttora da migliaia di anni e che del resto esisteva anche nella 'preistoria'.

Con Socrate e Platone ha inizio l'estetica storica, logica, socratica appunto.

Con Aristotele tocca limiti oltre i quali ancora oggi poco ci si è inoltrati.

Scrittura mediata e scrittura immediata

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Se il primo, Socrate, rielabora e presenta le proprie teorie, divenendo a fonte e punto di riferimento, specie in absentia auctoris, ossia una volta che sia persa la voce stessa dell’autore, il secondo, Platone, che queste teorie eredita moralmente, eticamente e filosoficamente, diviene in pratica un autore che contenga anche il primo: un metautore.

Un 'metautore è un autore che si sviluppa all'interno della poetica d'un altro, inglobandola e quasi completandola, non certo sempre con atteggiamento di mera riproduzione di idee e fatti già esposti, ma anche con la complessità d'un organismo letterario o filosofico che continua e integra un altro, quasi per amore ed umiltà, per amicizia naturale e spontanea, ma anche fiera e orgogliosa di essere il completamento architettonico d'una base essenziale e geniale.

Quando si conservi l’originale di un'opera, come in larga parte della poesia epica, o in parte della poesia comica, in caso di iterazione di episodi e fatti si tratta non di sostituzione d’una voce ad un'altra, come fra maestri e discepoli, ma di emulazione rituale che si estrinseca in sede tematica e stilistica.

Quando non interessi anche la weltanschauung, la visione della vita, la poetica.

Il concetto quindi di relazione concerne quei rapporti di dipendenza ideale, ma anche pratica e stilistica che legano a livello espressivo e culturale i poeti, gli scrittori, i parlanti tutti.

Oltre la cortina della solitudine, la cecità di Omero e la follia di Edipo, sta la parola, che lega e separa, parola e racconto, che discerne e concilia.

E come suonano adatte le parole di Seneca, quando alla madre Elvia scrive dal suo esilio ... io invece preferisco por fine al dolore, non ingannarlo.

Perciò ti conduco là dove devono rifugiarsi coloro che sfuggono alla cattiva sorte: agli studi letterari.

...

Ma una relazione scolastica non è solo avvertire le ‘corrispondenze’ che Foscolo o Baudelaire coglievano fra gli elementi dell’universo.

Relazione o commento

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Occorre, per redigere un commento, una relazione su una poesia, un brano di letteratura, un’opera più ampia come una tragedia, una commedia, un poema, leggere molto attentamente l’opera, cercando di cogliere i vari piani del racconto, per comprendere quale sia il livello dei fatti e quello delle idee.

Questo è importante, perché sviluppa la capacità di riconoscere le varie funzioni del linguaggio, nonché di separare decisamente l’espressione che tende all’informazione e alla storiografia da quella che tende alla espressione emotiva ed alla lirica, con tutti i passaggi intermedi.

È interessante distinguere, quindi, come un Autore scelga determinate persone del verbo, legate al piano del racconto, per differenziare una visione soggettiva (lirica) da una oggettiva (storiografica), usando la prima o la terza persona del verbo.


Un contatto diretto fra personaggi o fra Autore/mittente e lettore/ destinatario è dato dalla seconda persona, che consente approcci esortativi o fàtici.

A tale proposito valgono le essenziali organografie di Jakobson su fattori del messaggio e funzioni linguistiche.

Dallo stile partono indicazioni che mi spiegano aspetti sostanziali.

E viceversa.

È come se dalla luce di una stella, lontana anni luce e forse non più esistente – giacché la luce delle stelle è la loro ‘letteratura’, il loro messaggio capace di viaggiare per anni anche dopo l’esplosione o l’implosione dell’astro – noi fossimo capaci di rilevare conoscenze sulla sua conformazione.

Così dal comportamento espressivo dei personaggi dobbiamo rilevare informazioni etiche, sociali, politiche.

E questo è il campo più propriamente riservato agli approfondimenti tematici.

Una volta che, letto Edipo Re, ne ho brevemente narrato la vicenda in una parafrasi, passo, senza che il lettore colga fratture, a parlare delle idee, dei temi che rilevo nell’opera.

Se ho letto attentamente l’opera, le letture antologiche e critiche e se ho una minima sì sensibilità personale, riuscirò ad individuare nel dolore dell’abbandono subìto, nella destrezza a sciogliere enigmi provenienti dalla sfera di Apollo, nell’ignoranza della propria storia, nella violenza imposta al viandante di cui nemmeno sa il nome, nella conquista del potere ottenuto come in una favola e della rovinosa autopunizione l’attualissima tematica edipica, cui non va tolta la complessa analisi freudiana.

Naturalmente.

Qui studet optatam cursu contingere metam...

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qui studet optatam cursu contingere metam, multa tulit fecitque puer, sudavit et alsit...

il giovane che progetta di raggiungere di corsa il traguardo, deve sopportare ogni avversità, sia il caldo che il freddo ...

non si ottiene nulla senza un duro allenamento e solo con l’improvvisazione.

Le osservazioni sullo stile possono essere relative a brani scelti dal lettore. Leggendo, si annoteranno figure retoriche interessanti.

Strutture paratattiche, ipotattiche e Funzioni linguistiche

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La funzione informativa, propria del parlare di questioni oggettive, quella espressiva, legatissima al mittente e tipica dell’espressione del soggettivo, quella fàtica, quando nel messaggio si cerca il contatto comunicativo, la poetica, se la cura fondamentale è nella ricercatezza dell'uso del linguaggio, la metalinguistica, se con la parola si parla del linguaggio stesso, e infine la esortativa, presente nel messaggio che richiama eticamente il destinatario.

Carissimo, perdona la mia imprudenza: non chiedo troppo se invoco il tuo pnèuma, la tua Anima, nella speranza che una qualche energia divina, thèia manìa, non priva della necessaria tecnica espressiva, tèkne, opportunamente illumini i moderni, come un tempo illuminò il sommo fra i discepoli, Platone di Atene.

Abbiti un forte saluto.

PS ... e non dimenticare le basi dell'estetica che chiamo contestuale e che Tu stesso hai contribuito a formulare:

  • poesia
  • epica
  • didascalica
  • lirica
  • drammatica
  • storiografica
  • filosofica


  • il contesto ovvero le realtà ambienti
  • ambiente
  • completo
  • imminente
  • proiettato
  • attualizzato
  • inattuale
  • determinazioni e riferimenti denotativi, conseguenti alle osservazioni contestuali
  • temi e idee /
  • piano connotativo
  • fatti /
  • gesti /
  • persone e personaggi /
  • idee /
  • temi

originali in opera e correlati per affinità ed analogia in opere diacronicamente successive o sincronicamente coeve.

Indicazioni sulle modalità dello stile e loro corrispondenza con argo/menti, temi e idee: po/ètica

Tendenze paratattiche e ipotattiche

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Funzioni linguistiche determinate dalle finalità intenzionali dei personaggi e dalla loro posizione di accettazione o rinuncia di una o delle / realtà, ovvero di rinuncia e cambiamento o di accettazione impegnata o evasiva.

Uso della figura retorica e del tòpos...ovvero del leit motiv.

Se nella vita vi succederè di ritrovarvi schiavi, con le catene, poi magari trasformati in computers ante litteram, al fine della buona amministrazione della familia, dell'istruzione dei 'pueri', o in gladiatori, o rematori sulle galeae, o in qualcosa di assimilato, pensate, se avete manie di grandezza, a Ben Hur.

Oppure, se siete dei letterati più o meno apprezzati, parola che del resto deriva da 'prezzo', pensate a lui, all'ateniese aristocratico ma amico cordiale e sapiente d'ogni cittadino, al filosofo che per le spalle larghe era chiamato Platone.

Fra le esperienze che ebbe, vi fu anche quella della schiavitù, e non è disdicevole pensare che proprio la democrazia tanto amata e decantata di stampo ateniese portarono Socrate, il filosofo della ricerca in se stessi d'ogni seme di sapienza, alla condanna a morte e Platone alla perdita temporanea della libertà, così cara ai Greci.

Mentre scrivo, il pensiero va al Fedro, ove Platone traccia una interpretazione dell'anima umana vicinissima a quella attuale.

Un cavallo nero, le passioni e le pulsioni, i desideri e gli appetiti, tira impetuosamente un cocchio insieme ad un destriero bianco, che raffigura il lògos, la capacità di progettare e misurare obiettivi e forze.

L'auriga cerca di dominare l'irruenza del cavallo nero e di assecondare la docilità del cavallo bianco.

Il cavallo bianco è capace di imparare dietro qualche insegnamento, è docile, da doceo, insegno.

Ma il comportamento del cavallo nero rischia di rendere pericoloso o almeno rischioso il viaggio.

Compito della filosofia è comprendere e conoscere, della matematica arrivare all'essenza numerica della conoscenza, dell'arte sublimare ed eternare universalizzandole le emozioni e le sensazioni.

Tutte queste cose sono dirette splendidamente al cavallo bianco, all'anima logica.

E per il cavallo nero, chi si ingegnerà ad escogitare un filo per uscire dal labirinto delle emozioni tumultuose ed incamminarsi in sereno sentiero?

In realtà, sembra strano se non stravagante, è proprio l'universo caotico di questo cavallo a generare la materia prima, l'energia e la spinta dell'attività epistemica dell'uomo nella sua interezza.

È per domare gli impulsi formidabili del suo ego che la tempesta da lui contenuta genera l'arte e la folosofia, madre d'ogni conoscenza, d'ogni sapere.

Per Platone l'arte nasce da una scintilla divina, la thèia manìa, che genera l'ispirazione, ma queste sarebbero vane senza la tèkne, la tecnica sapiente dell'artefice, dello scrittore.

Anche la tèkne sarebbe nulla senza il momento della follìa divina che soggioga il poeta, che come un indovino, un sacerdote di Apollo si sente preso, invasato, e parla esprimento un messaggio che è in parte sua invenzione, in parte energia e motivazione che viene da un Dìo.

Follia, sì, ma follia quale esuberante energia conoscitiva e creativa, capace di trasmettere conoscenza, tecnica, ma tecnica che nasce dopo un impulso divino.

Ossia qualcosa di razionale, di logico che lavora su un terreno illogico, irrazionale, praticamente sulla follia.

Il tema della follia non era estraneo alla cultura primigenia della terra di Ellade.

Il mito, nato in tempi remoti, forse con il ragionamento stesso, era il racconto, e quindi presupponeva l'esistenza della parola, del lògos, che per i greci era ragione, ma anche parola.

L'epos era il racconto anche poetico, solenne delle gesta degne di klèos, di fama.

Era il klèos che gli eroi volevano, non altro. Ed il cantore, aèdo o rapsòdo, poteva dare klèos.

Il mito non era però il semplice e puro racconto.

Era il racconto che nasceva da un eroe, da un dio, da una situazione particolarmente ed iterativamente incisiva.

Il mito trasformava quel dio\eroe\situazione in un monito, un didàskalos èpos, un raccontare edificante ed educativo, tanto che con il tempo diveniva indipendente ed autonomo rispetto ad esso.

Epos, mythos e lògos.

Ma siamo proprio sicuri che la parola sia un attributo assolutamente 'umano'?

Nella Bibbia, intesa come uno dei più antichi documenti riguardanti le vicende umane, un serpente parla ad Eva.

Ed Eva gli risponde, a dire il vero con qualche rischio, persino.

Come poteva mai, sia pure nella finctio phàbulae, nella finzione del racconto fantastico, la prima donna già parlare e addirittura fare la stessa cosa un rettile?

In effetti, tutte le cose, gli animali, le piante 'parlano', hanno un proprio linguaggio, diverso, lontano nella tecnica e nella forma, ma pur sempre un linguaggio.

Parlare vuol dire esprimere un'emozione, un'idea, un concetto non necessariamente con un sistema complesso e strutturato come quello linguistico che Sausurre ci va spiegando con le sue teorie su langue e parole.

Per questo motivo, potremmo sospettare che il linguaggio sia in effetti sempre esistito, il linguaggio universale, visto che la memoria umana di per sé applica alla conoscenza le tecniche del linguaggio ordinario, trasformando un oggetto, una persona, un'idea in un'entità impalpabile grafica e fonica paragonabile ad un nucleo simbolico astratto.

Quando è nato il linguaggio come noi lo intendiamo, con suoni e parole, successivamente ordinati grammaticalmente e sintatticamente, è stato perché qualcuno ha intenzionalmente legato dei suoni a certi significati ed ha convinto altri a fare altrettanto rispettando suoni omologhi corrispondenti a significati analoghi.


Opera naturale è ch'uom favella

ma così o così natura lascia

poi fare a voi secondo che v'abbella...

... Dante intuisce la naturalezza della diversità e dell'arbitrio linguistici ben prima di Sausurre.

Se non esistesse una capacità universale di comunicare, come farebbe il neonato a far capire così bene certe sue esigenze, e le piante a comunicarci sensazioni ed emozioni, ed il Sole a renderci note certe transitorie atmosfere della giornata?

Ideogrammi della Mesopotamia

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Ma poi un giorno alcuni mercanti della Mesopotamia che avevano l'esigenza di controllare le merci escogitano un gruppo di segni dei quali si serviranno per catalogare i pezzi e le unità di derrata.

E da quell'espediente è nato l'alfabeto greco, figlio del fenicio, e quello cumano, etrusco, osco, romano, cirillico...

La Legge della Casa - Oikos nomos

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Economia.

Legge della casa.

Dalla legge per la sopravvivenza della casa è nato il concetto di scambio e di commercio.

Dal commercio è nato lo strumento linguistico attuale, il sistema comunicativo per antonomasia: l'alpha\bèto.

Tutto quanto Omero compose, lo compose a memoria.

È probabile che non conoscesse l'alfabeto.

Nella sua mente la dea Mnemosyne, Memoria, agiva come se esistesse un sistema di scrittura universale, utile alla poesia, non ancora letteratura.

Omero era cieco.

Sembra incredibile, ma se per sua sventura vivesse oggi, non potrebbe insegnare Greco in un nostro semplice Ginnasio.

Per legge.

Perché da noi i ciechi ... non possono insegnare greco.

Il creatore della letteratura non conosceva alfabeto, probabilmente si stava diffondendo nel mondo ellenico proprio ai suoi tempi, creava con la Mente e pur essendo il Padre dei Poeti, nel nostro paese avrebbe fatto un mestiere diverso dall'insegnare lettere greche.

È anche probabile che, conosciuto l'alfabeto ideato dai fenici, sia stato fra i diffusori, in qualche modo, dello stesso, o fra i primi utenti.

Possiamo immaginarlo, non ancora cieco, intento a combattere con quei segnetti su grossi fogli di papiro in una casa di Smirne, visto che praticava l'Asia minore più che le contrade contigue ai regni di Micene, Argo o Tirinto.

'Ma Platone dice altro nella Repubblica, a proposito dell'Arte, della Poesia.

È inutile nella po'lis il poeta frivolo, quello che nelle sue opere non insegna, non mostra, non ammonisce.

Ecco farsi avanti nel pensatore greco l'aspetto, se non proprio commerciale, in buona parte 'politico', civile, utilitaristico ed utilitaristico della cultura, dell'arte.

Arte e Pòlis da Platone a Gramsci

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Si direbbe anticipato il concetto gramsciano di calligrafismo e contenutismo e la distinzione fra un intellettuale figlio della sua classe sociale, al suo servizio, organico, ed uno invece tradizionale, disimpegnato o meno, a seconda delle opportune convenienze.

È divenuto famoso il termine 'crociano' per indicare l'atteggiamento dell'intellettuale per nulla compromesso con aspetti e problemi di struttura, pratici, materiali, in quanto per Benedetto Croce la Poesia, l'Arte, non si deve confondere con il pratico, ma deve seguire il senso dell'intuizione e della contemplazione estetica.

Poesia e struttura, appunto, sono i binari dell'arte\poesia.

È struttura tutto quanto si versa nel mare della materia: economia, storia.

È poesia quanto, sempre che abbia a che fare con la trasmissione della conoscenza, tende ad interessarsi delle verità più astratte e sublimi.

All'interno della poesia stessa è possibile vedere in opera questa dicotomia.

La teoria platonica della utilità dell'arte fu ripresa e sviluppata da un suo allievo: Aristotele.

Nella Poetica questo grande studioso formula la teoria suggestiva della natura terapeutica dell'arte in generale, del teatro e più specificatamente tragico in particolare.

Assistendo allo spettacolo tragico lo spettatore che sia incline alla commozione viene spinto a rinunciare agli eventuali atteggiamenti pericolosamente irrazionali e passionali della vita sua precedente ed a intraprendere un itinerario di vita più retto e cònsono alle convenzioni della po'lis, al contesto ambiente.

È la teoria della natura catartica delteatro tragico e dell'Arte in generale.

L'arte quindi, la Poesia, non sarebbero attività in sé e per sé, ludiche in senso limitato e restrittivo, edonistiche, capaci solo di distrarre dai problemi, ma assumerebbero un vero ruolo politico e sociale quali fattori catastematici, ossia rasserenatori, come sarebbero stati definiti successivamente dagli epicurei i piaceri non dannosi, o catartici, purificatori delle coscienze e capaci di migliorare i comportamenti sociali.

La metriòtes e il piacere catastematico

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La metriòtes, la misura, la temperanza, il 'modus in rebus' di Quinto Orazio Flacco e degli Epicurei, epicurea, era la virtù precipua per Aristotele, e lo sarà per gli allievi di Epicuro.

Attraverso la moderazione, da cui l'est modus in rebus di Orazio, appunto, si ottiene quella vita serena, priva di eccessi e dei fastidi anche gravi che ne conseguono, praticando appunto quelle attività gradevoli ed utili che sono definibili come catastematiche, ossia capaci di rasserenare.

Il piacere deve essere appunto 'catastematico' se non vogliamo che da esso scaturiscano complicazioni anche dolorose.


Continua in Estetica contestuale 2.