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Farmacologia/Analgesici oppioidi

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Indice del libro

L'oppio è uno dei preparati naturali più antichi e più longevi della storia dell'uomo, conosciuto sin dai tempi dei Sumeri, è stato usato grezzo o in preparazioni come il laudano e assunto come tale fin quando non è stata effettuata l’estrazione dei primi principi attivi Morfina, Codeina e Tebaina all'inizio del XIX secolo. Tale diffusione fu dovuta essenzialmente alla facile ed univoca associazione tra prodotto ed effetto farmacologico principale ed indubbiamente anche alla possibilità dell'uso a scopo voluttuario dell'estratto. Questa pratica malsana e le possibili morti dovute alla droga hanno portato nel tempo al divieto dell'uso della droga, ma anche all'associazione con un'idea negativa dei derivati oppioidi nella cultura popolare e di conseguenza anche negli operatori sanitari che non abbiano ricevuto una preparazione specifica nell’uso e nella gestione di tali utili farmaci. Tuttavia i requisiti per una assistenza al malato di tipo moderno impongono l'abbattimento assoluto del dolore sia per le affezioni acute che per quelle croniche o incurabili, principi riassunti nel motto di "Ospedale senza dolore", obiettivo per il quale il corretto uso degli analgesici narcotici e quelli appartenenti ad altre classi di farmaci descritti nei capitoli seguenti è indispensabile.

Nonostante gli studi farmacologici su questa classe siano iniziati da almeno un secolo vi sono notevoli difficoltà nel delineare i principia fisiologici del sistema oppioide endogeno, scoperto negli anni ’70 del secolo scorso, e che oltre ai siti di produzione circoscritti con alte concentrazioni di recettori e ligandi, si presenta come un sistema diffuso per tutto il sistema nervoso dentro e fuori dal nevrasse, fino anche alla midollare surrenale di cui è comune la derivazione neuroectodermica.

Agonisti oppioidi endogeni

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Il più noto e anche il principale peptide oppioide endogeno è la β-endorfina, il peptide più lungo di questa classe di neurotrasmettitori, prodotta dalla processazione della proopiomelanocortina (POMC) e secreta dall'ipofisi, la cui proteolisi libera oltre al polipeptide oppioide l'ormone adrenocorticotropo la β-lipotropina e l'MSH. La liberazione concomitante di ACTH e β-endorfina ha permesso numerose ipotesi e studi sull'effetto dell'analgesia da stress (adattamento fisiologico che permette di continuare la fuga nonostante i traumi) e sulla correlazione tra gli effetti dei sistemi steroideo e oppioide sulla depressione, durante la quale sono presenti costitutivamente alti livelli di ACTH. Questa molecola agisce sui recettori di tipo μ e δ. Oltre alla ghiandola endocrina, la POMC ed i suoi prodotti viene secreta in numerose zone cerebrali, come il nucleo arcuato ipotalamico e il nucleo del tratto solitario, ed ectopicamente nelle isole di Langherans. I polipeptidi prodotti localmente agiscono generalmente a breve distanza dal sito di secrezione e dalle sinapsi, gli oppioidi circolanti provengono quasi esclusivamente dall'ipofisi ed in quanto peptidi non attraversano la barriera ematoencefalica. Come si vedrà anche per gli altri neurotrasmettitori peptidici, sono possibili numerose modificazioni e regolazioni postraslazionali qualitative e quantitative che rendono estremamente variabile e complicato da studiare la fisiologia del sistema oppioide

Il secondo precursore è la proencefalina, contenente 4-5 copie della met-encefalina e una copia della leu-encefalina, attivi maggiormente sul sistema δ: sono i due peptidi oppioidi in assoluto più corti, costituiti esclusivamente dalla sequenza base che permette l'interazione con le tre principali cassi di recettori oppioidi ovvero N-Tyr-Gly-Gly-Phe-Met (Leu). Su questa osservazione si basa la teoria per cui mentre la sequenza core oppioide serve all'interazione col recettore, le code indirizzano la molecola verso uno specifica proteina. Tale sequenza iniziale oltre alla β-endorfina è presene anche nei peptidi prodotti dalla prodinorfina, le dinorfine A e B e la neoendorfina tutte e tre attive quasi esclusivamente sul rec. κ.

Delle piccole differenze strutturali invece si trovano in un particolare oppioide endogeno, l'orfanina FQ, che è sostanzialmente identico alla dinorfina A, ma differisce per il primo AA che invece di essere una tirosina è una fenilalanina; la semplice variazione di un ossidrile fenolico comporta una perdita marcata di affinità verso i recettori classici ed una leggera azione antagonista. I ligandi citati, eccetto l'ultimo hanno una alta affinità per i recettori di classe κ e δ ma scarsa per il sistema μ che invece è il principale bersaglio farmacologico. Vennero scoperti inizialmente alcuni peptidi che mostravano una debole preferenza per i recettore μ, questi sono la β-casomorfina (Brantl et al 1989), l’emorfina (Horvarth 1989) derivati dalla digestione fisiologica rispettivamente della β-caseina e dell’emoglobina. La ricerca di un ligando endogeno altamente affine e selettivo per questo recettore ha portato nel 1997 (Zadina 1997) alla scoperta di due tetrapeptidi: le endomorfine 1 e 2 (EM-1/2). Queste hanno una minore analogia con la sequenza oppioide base ma alcune analogie strutturali con la morfina.

Sono stati sintetizzati poi numerosi ligandi polipeptidici con proprietà specifiche la cui utilità è esclusivamente a scopo di studio che non verranno trattati. Anticipiamo ora che esistono dei farmaci antagonisti generici, come il naloxone, e specifici come il metilnaloxone, ma non sembrano al momento esistere molecole endogene con questa funzione.

Peptidi op. endogeni μ κ δ
β-endorfina
endomorfina 1/2
dinorfina A
dinorfina B
met(leu)-encefalina
α-neoendorfina
nocicettina/orfanina q
Legenda
Agonista +++ ++ + ag parz
Antagonista +++ ++ + no att.

Farmacodinamica

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Al contrario di altri sistemi neuro-recettoriali la particolarità di questo sistema è quella di avere pochi recettori per un grande numero di ligandi. Sono quattro i recettori oppioidi nell'uomo μ, κ, δ e il recettore dell'orfanina FQ, altrimenti detti nell'ordine recettori MOP (MOR), recettori KOP (KOR), recettori DOP (DOR) e recettori NOP (NOR) secondo i dettami della "Committee On Receptor Nomenclature And Drug Classification della Unione Internazionale Di Farmacologia"), proteine transmembrana, della famiglia della rodopsina, accoppiate a proteina G inibitorie (GPCR) sensibile alla tossina della pertosse. Una volta attivata inibisce la produzione di cAMP a cui consegue l'apertura dei canali del potassio e la chiusura di quelli del calcio, il risultato finale è l’iperpolarizzazione della membrana cellulare e l’inibizione del rilascio di neurotrasmettitori. Il recettore di tipo μ è il principale bersaglio sia del farmaco capostipite, la morfina, che dei suoi congeneri e degli antagonisti sintetici più comuni: lo studio delle funzioni di questo recettore e dei suoi ligandi è essenziale per comprendere la farmacologia degli analgesici oppioidi. Il secondo in ordine di importanza farmacologica è il recettore di tipo κ responsabile di effetti differenziati e bersaglio dei composti ad azione mista agonista/antagonista.

Tra gli effetti secondari degni di nota la morfina e i suoi congeneri agiscono come deboli inibitori della ricaptazione della serotonina, questo può in parte spiegare alcuni degli effetti antidepressivi di questa classe di farmaci; d’altra parte bisogna tenere in conto la possibilità di scatenare una sindrome serotoninergica in pazienti che assumono SSRI o IMAO, in particolare, data la lunga durata degli effetti di questi ultimi, non bisogna somministrare analgesici oppioidi a chi fa uso di tali farmaci prima di 2-3 giorni fino a quando l'effetto inibitorio non è quasi svanito (vedi Turkel 2001 e Mason 1997, e google scholar). Parimenti, anche se nessun caso di interazione è segnalato in letteratura bisogna indagare a proposito dell'uso, assai diffuso, di preparati a base di Hipericus perforatum che è in grado di agire da coadiuvante nello sviluppo di tale sindrome. (Sternbach 2003)

Mu-opioid receptor (GPCR)
Mu-opioid receptor (GPCR)

sembra essere sufficientemente dimostrata l'esistenza due sottotipi di recettori μ ovvero μ1 e μ2, operando una grossolana schematizzazione si può affermare che il primo è presente maggiormente nell'encefalo mentre il secondo nel midollo spinale. Altre variazioni possono essere la dimerizzazione, anche tra rec. di classe diversa che porta normalmente ad una diminuzione dell'attività.

L'analgesia mediata dagli oppiacei è particolarmente selettiva in quanto non interferisce con altri tipi di trasmissione neuronale sensitiva, provoca sonnolenza e obnubilazione ma non perdita di coscienza, ed ha attività solo in presenza di uno stato doloroso cronico sordo; se questo non è presente gli effetti negativi prevalgono causando sensazioni spiacevoli, primo su tutti nausea e rallentamento psico-motorio. Alcuni pazienti sviluppano uno stato di alterazione in senso euforico dell'umore, a volte mal sopportato, in questo caso si può provare a cambiare oppiaceo. Vi è scarsa attività, alle dosi usuali, sul dolore acuto intermittente, come coliche o dolori da infiammazione articolare o su quello neuropatico da danno neuronale, neuropatia diabetica o tossica, compressione da parte di strutture fibrose o anche post-erpetico. A volte le associazioni Fans-oppioide possono essere efficaci in varie forme di cefalea severa.

La principale via nocicettiva inibita è quella riferibile alla sostanza grigia periacqueduttale (PAG); questi neuroni sono intrinsecamente attivi, mantenendo un tono basale, e secernono GABA sui neuroni del bulbo che sono quindi inibiti e non secernono NA e 5-HT, neurotrasmettitori inibitori, sulle loro cellule bersaglio del corno posteriore del midollo spinale che mantiene così un tono basale. L'inibizione dei neuroni della PAG quindi blocca la secrezione di GABA e comporta alla fine la diminuzione dell'attività del secondo neurone sensitivo (Yaksh 1997).

Il sistema κ è maggiormente attivo sull'analgesia spinale, la somministrazione intratecale provoca analgesia segmentale con minori effetti secondari. A questo livello inoltre il sistema MOR è presente sia a livello presinaptico dove blocca l'ingresso del calcio e blocca l'esocitosi, che a livello postsinaptico dove attiva i canali del potassio rendendo più difficile lo sviluppo di un potenziale di azione. Sebbene sano stati dimostrati recettori e ligandi oppioidi periferici e cutanei non è ancora chiaro il loro ruolo nella nocicezione, non reversibile con naloxone.

Il sistema μ e le endomorfine

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Schema del Cervello
Schema del Cervello

I neuroni ricchi in endomorfina si trovano nel nucleo caudale del tratto spinale del trigemino, nel nucleo parabrachiale, nucleo del tratto solitario, sost. grigia periacqueduttale, nucleo ambiguo, locus coeruleus e nei nuclei mediali del talamo. Tutte queste strutture sono coinvolte nella trasmissione e/o rielaborazione degli stimoli dolorosi (rev. Prezwlocki e Prezwlocka 2001). Alti livelli di endomorfine sono anche state trovate nell’amigdala, non direttamente implicata nelle vie dolorifiche, ma sicuramente importanti per quanto riguarda l’elaborazione emotiva del dolore (Watkins 1993), caratteristica modulata dagli oppioidi ed importante nel determinare la soglia del dolore. Per quanto riguarda specificatamente l’EM-2, la si ritrova negli strati superficiali del corno dorsale del midollo spinale e nelle fibre afferenti sensitive primarie, il cui corpo cellulare si trova nei gangli dorsali, tutte zone queste ricche in recettori μ. In un interessante esperimento Hung nel 2003 ha provato sperimentalmente come l’azione antinocicettiva delle EM somministrate intraventricolarmente fosse dipendente dalla trasmissione Noradrenergica midollare e se questa veniva abolita tramite opportuni trattamenti farmacologici, allora era abolita anche l’antinocicezione indotta dalle EM. Al contrario nel sistema endorfinico spinale l’azione era esercitata direttamente dalle EM senza alcun mediatore. Similmente è stato inibito l’effetto antinocicettivo della EM-2, ma non quello della EM-1, bloccando l’effetto degli oppioidi endogeni tradizionali Dinorfina A o Met-Encefalina dimostrando così un coinvolgimento dei rec. κ e δ nella stimolazione dei recettori μ2 centrali, aprendo nuove prospettive all’interpretazione sugli effetti degli oppioidi.

Effetti secondari

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La depressione respiratoria è il più noto e, a ragione, il più temuto effetto collaterale, in quanto può condurre alla morte un paziente, specialmente se già compromesso sul piano respiratorio da BPCO, asma, scompenso cardiaco e polmonite; tuttavia l'uso in questi casi non è vietato in maniera assoluta in quanto può servire a tranquillizzare il paziente ed instaurare una ventilazione artificiale. È un effetto condiviso da tutti gli agonisti μ, meno dai κ e può essere antagonizzato dal naloxone, ma gli antagonisti hanno un'emivita in genere più beve degli agonisti quindi abbassare la guardia dopo la somministrazione di un antagonista può essere pericoloso per via della possibile ricaduta. È importante ricordare che generalmente ad un uguale grado di analgesia corrisponde un uguale grado di depressione respiratoria. Il meccanismo principale, ma non l’unico coinvolto, è quello dell’innalzamento della soglia di CO2 necessaria ai centri del tronco encefalico per stimolare la respirazione (review Reisine e Pasternak 1996). È compromessa oltre alla profondità dell'atto respiratorio anche la funzione ritmica, il paziente respira meglio se viene stimolato il controllo volontario. A dosi analgesiche usuali e a quelle anestetiche l'inibizione del respiro può essere controllata agevolmente, mentre al contrario in presenza di altri farmaci che deprimono la respirazione o di alcool si manifestano alterazioni più gravi e più prolungate nel tempo. Sono coinvolti in parte anche meccanismi periferici, come l’inibizione del rilascio di neurotrasmettitori per inibizione del nervo vago. Questo effetto secondario può essere utile in caso di stati di iperventilazione con "fame d'aria", anche riducendo l'agitazione che ne deriva. (Clemens e Klaschik 2007) Nei capitoli specifici verranno trattati poi gli antitussivi.

Un altro noto effetto secondario è quello sul tratto intestinale, anche questo reversibile con naloxone. La morfina inibisce la funzione globale del tratto gastrointestinale, in particolare aumenta il tempo di transito e il tempo dello svuotamento gastrico, il riflesso peristaltico e la sua regolazione, ed a livello microscopico anche il rilascio di neurotrasmettitori come l’acetilcolina dai terminali nervosi, sia intraparietali che di derivazione vagale. Gli oppioidi tuttavia aumentano il tono delle vie biliari, quindi la somministrazione in presenza di problemi relativi a questo apparato è fortemente sconsigliata.

L'assunzione di questi farmaci provoca miosi, a volte marcata, e questo è un segno clinico importante nell'identificare un paziente che ha assunto delle sostanze attive di questa classe od i casi di overdose (tenendo in conto della possibile midriasi in caso di blocco respiratorio). Il meccanismo di azione non è chiaro, è coinvolto il nucleo di Edinger-Westphal ed una stimolazione diretta del nervo ciliare che simulano una attivazione del parasimpatico. Altri studi ipotizzano il coinvolgimento di recettori periferici locali di tipo μ3 e il coinvolgimento dell'ossido nitrico (Bonfiglio 2006) il che spiegherebbe la mancanza dell'instaurazione della tolleranza all'effetto miotico degli oppioidi. La miosi permette un aumentato deflusso dell'umore acqueo e quindi un abbassamento della pressione endoculare, anche se questo fenomeno non ha importanza in terapia.

Gli oppioidi aumentano la pressione del liquido cefalorachidiano, e la miosi indotta può far sfuggire il rilievo clinico delle variazioni pupillari in caso di compromissione del SNC. Quindi i farmaci di questa classe necessitano di una particolare attenzione in caso di traumi cranici, processi espansivi o infettivi encefalici.

Si possono sviluppare effetti endocrini ipofisari di cui il più frequente ed evidente è l'interruzione del ciclo mestruale durante la terapia analgesica cronica, dovuto sia all'effetto diretto ipofisario di soppressione di LH e FSH che all'innalzamento della Prolattina e alla soppressione dei segnali ipotalamici. La tolleranza a queste azioni si sviluppa rapidamente, con ripristino delle funzioni senza che sia necessaria l'interruzione della terapia.

Gli oppioidi, sia endogeni che esogeni hanno una forte influenza sulle funzioni cardiovascolari, ma queste sono molto variabili e non facili da determinare. Numerosi sono i centri coinvolti che hanno una forte componente responsi agli oppioidi, il midollo ventrolaterale, il NTS, l’ipotalamo laterale, il nucleo paraventricolare, l’ippocampo dorsale, ed altre parti del sistema limbico. Alcuni esperimenti indicano che la stimolazione dei recettori μ e δ riduce la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, effetti reversibili con Naloxone. Tuttavia i meccanismi responsabili non sono chiari, ad esempio hanno un ruolo importante i recettori oppioidi periferici, come quelli sulle vie sia afferenti che efferenti vagali. L’EM-2 agisce anche sui barocettori carotidei diminuendo la loro risposta ed il segnale afferente, impedendo lo sviluppo del feedback e l’innalzamento della p.a.

Gli analgesici di questa classe aumentano il tono vescicale e diminuiscono quello degli sfinteri a valle predisponedo la minzione anche incontrollata. L'uso di oppioidi causa arrossamento cutaneo generalizzato, specialmente in corrispondenza del volto e del torace; il rossore e il prurito nel luogo di iniezione sono dovuti al rilascio di istamina e possono raggiungere gradi invalidanti. Le interessanti interazioni col sistema immunitario sono in fase di studio iniziale e si rimanda alle riviste specialistiche.

Tolleranza, dipendenza, astinenza e addiction

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La tolleranza e la dipendenza terapeutica sono due fenomeni collegati tra di loro, il prolungarsi della terapia produce una diminuzione dell'effetto terapeutico alla stessa dose, quindi per ottenere lo stesso effetto c'è la necessità di aumentarla: questa si definisce tolleranza al farmaco che è bene sottolineare è reversibile con l'interruzione della terapia.

Sono molti, complessi e non ancora chiariti i meccanismi biologici alla base di questi fenomeni che per la loro importanza limitano l’uso degli oppioidi. Ciò che è chiaro è che si tratta di fenomeni intercorrenti all’interno della cellula, probabilmente mediati dal sottotipo recettoriale μ2 con qualche contributo di forme modificate del rec. μ1 ed è implicata l'internalizzazione dei recettori. Il meccanismo molecolare alla base di questo effetto è stato dimostrato da McConalogue nel 1999, e consiste nell’endocitosi dei recettori e nella modulazione del trafficking di membrana.

Da sottolineare è che la tolleranza non si instaura contemporaneamente o dello stesso grado per tutti gli effetti degli oppioidi, secondo alcuni in parte dovuta alla non internalizzazione dei KOR in seguito al legame con l'agonista (Chu 1997), così come non avviene quella dei MORdella in seguito al legame con la morfina nonostante una uguale attivazione della cascata della segnalazione cellulare (Keith 1996). Alcuni punti pratici da tenere a mente durante la terapia è che il tempo di instaurazione della tolleranza non è uguale per tutti gli effetti citati ne come intensità ne come cinetica, in particolare la disforia in senso euforico, avvertita subito dal paziente in quanto culturalmente associata ai narcotici, tende rapidamente a ridursi, mentre al contrario la miosi, anch'essa causa di fastidio, mostra tempi molto lunghi per sviluppare tolleranza; gli effetti principali dal punto di vista medico citati all'inizio del paragrafo invece hanno tempi medi. La tolleranza agli oppioidi è di tipo crociato tra i vari principii attivi, ma non completamente, quindi potrà essere utile cambiare farmaco per tentare di ottenere un profilo terapeutico migliore e più tollerabile per il paziente.

Quindi, da un punto di vista qualitativo clinico, è come se si instaurasse un nuovo set point, in quanto il tono del sistema oppioide endogeno è stato diminuito dall'azione degli agonisti esogeni, quindi la mancata somministrazione di questi lascia l'organismo in uno stato di deficit che si manifesta con sintomi e segni contrari a quelli degli oppioidi ascrivibili ad una iperattivazione cellulare e constano in: agitazione, iperalgesia, diarrea, ipertensione, dilatazione pupillare e rilascio incontrollato di ormoni ipofisarie surrenali (Vaccarino 1999). Tali effetti è stato dimostrato che sono in buona parte mediati dai rec. μ (Shen 2000).

Clinicamente i sintomi della crisi da astinenza sono progressivi e aumentano fino a raggiungere il culmine dopo circa tre giorni; oltre questo tempo regrediscono nell'arco di dieci o quindici giorni, anche se ancora per alcuni mesi il soggetto può avvertire ansia, tremori, dolori diffusi e sensazione di freddo.

Il decorso acuto si può dividere in quattro fasi:

  • I grado: da sei a dodici ore dall'ultima assunzione cominciano a manifestarsi respiro accelerato, sudorazione, rinorrea, sbadigli; il sonno è profondo ma agitato; il soggetto è irrequieto.
  • II grado: dopo 24 ore i sintomi si accentuano, e gli sbadigli possono essere tanto forti da arrivare a lussare la mandibola; compare una forte lacrimazione e le pupille si dilatano; compaiono tremori, dolori e scosse muscolari, e la pelle diventa fredda e sudata, mentre tutti i peli si rizzano (sindrome del "tacchino freddo") con caldane e totale scomparsa dell'appetito.
  • III grado: tra 24 e 48 ore i sintomi si accentuano ancora e si aggiungono l'innalzamento della temperatura corporea e della pressione arteriosa, il battito cardiaco e il respiro accelerano, si ha nausea e forti contrazioni intestinali con vomito e diarrea.
  • IV grado: tra 48 e 72 ore la crisi raggiunge il suo massimo: forti brividi squassano tutto il corpo e la sensazione di freddo è molto intensa. I piedi scalciano involontariamente e compaiono crampi muscolari e dolori forti e diffusi a carico delle ossa.

Come già detto, oltre le 72 ore tutti i sintomi regrediscono lentamente. La crisi nell'adulto non è letale, anche se quasi sempre è in parte esagerata per ottenere nuova droga. Nei neonati di madre eroinomane o morfinomane invece la crisi da astinenza che si verifica subito dopo il parto è mortale se non viene trattata con somministrazione via via decrescente di morfina per alcuni giorni.

Anche i fenomeni di addiction agli oppioidi sono mediati dai recettori e ligandi μ, secondo alcuni studi preliminari la stimolazione del sottotipo 2 di questi induce i meccanismi di ricompensa, mentre quella del sottotipo 1 avversione come con gli agonisti κ, misurati mediante il test di place preference (Cooper 1991), secondo alcuni mediante il rilascio secondario di κ-agonisti specifici. Non sono ancora perfettamente note le interazioni col sistema dopaminergico alla base della dipendenza da altre sostanze (Tokuyama 2000). Ancora allo stato iniziale sono anche gli studi sul sistema oppioide e la risposta allo stress, e a disturbi psichiatrici come ansia e depressione.

Agonisti μ κ δ
Morfina
Idromorfone
Fentanyl
Sulfentanyl
Etorfina
Bremazocina
SNC80
U50,488 e U69,593
buprenorfina
butorfanolo
nalbufina
Antagonisti μ κ δ
Naloxone
Naltrexone
Diprenorfina
Naloxonazina
nor-Binaltorfimina
Naltrindolo
β-Funaltrexamina

Approfondimenti

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