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Infinità e generi/Narrativa e informazione

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Indice del libro
"Discourse into the Night" di William Blades, 1891
"Discourse into the Night" di William Blades, 1891


Se, come dicevamo, i generi narrativi manifestano la dimensione del tempo, in linea di principio possono essere resi in versi o in prosa dal fatto stesso che questa dimensione contiene un aspetto di continuità e un altro di discontinuità: il tempo scorre irrevocabilmente e ininterrottamente, ma è sezionato dalla distinzione quantitativa e qualitativa dei suoi vari momenti.

Parimenti, i generi espositivi possono apparire in versi o in prosa poiché riflettono l'estensione continua o la differenziazione in dimensioni, piani, luoghi, righe e punti (il punto, in geometria, coincide sia strutturalmente che simbolicamente con la nozione temporale di "momento" e la nozione aritmetica di "zero". È in questo "zero" che le dimensioni si incontrano, è in esso che inizia la loro differenziazione secondo modelli quantitativi di continuità o discontinuità).[1]

Per capire cosa stiamo per dire è necessario tenere presente che questi principi di genere sono ontologici e non psicologici; non devono essere presenti nella mente dell'autore mentre scrive la sua opera; rimangono, per così dire, dietro l'atto della creazione letteraria, sorvegliando il suo campo di possibilità. Qualsiasi autore che sia profondamente consapevole di questi principi può certamente utilizzarli deliberatamente come elementi tecnici; tuttavia, anche se non ne ha la minima idea, eserciteranno comunque la loro azione delimitante. Può anche accadere che l'artista si armonizzi con loro in un modo totalmente inconscio, basandosi sul fatto di rimanere fedele all'intenzione formale che è la sua ispirazione, perché fare arte non è altro che dare forma, e l'uomo non può dare forma se non secondo la sua propria forma di esistere, percepire e creare.

Diciamo che il genere narrativo esprime la dimensione del tempo non perché tutte le narrazioni decorrino in un flusso uniforme di tempo, ma piuttosto perché anche se possono consistere in una durata continua, o in un attraversamento di intervalli psicologici di tempo, o in andirivieni tra passato e presente, o in momenti di estensione minima e indefinita presi atomisticamente, e senza importarsi dell'immensa varietà di modalità per il trattamento del tempo in narrazioni storiche o immaginarie, il fattore strutturante più importante della narrazione è il tempo, e la narrazione è narrativa a causa sua e di nient'altro.

"Ritratto dello scrittore Fyodor Dostoyevsky" di Vasily Perov, 1872
"Ritratto dello scrittore Fyodor Dostoyevsky" di Vasily Perov, 1872
"Lev Nikolayevich Tolstoy", particolare di ritratto eseguito da Ilya Repin, 1901
"Lev Nikolayevich Tolstoy", particolare di ritratto eseguito da Ilya Repin, 1901

L'eventuale interferenza di elementi espositivi o spaziali – come accade, ad esempio, nella descrizione delle ambientazioni, nei profili dei personaggi o persino nei piccoli saggi filosofici che autori come Tolstoj e Dostoevskij inseriscono nei loro romanzi – non deprivano l'opera del suo carattere narrativo; la loro presenza è spiegata, in definitiva, dal fatto che per l'uomo non c'è altro modo di percepire e rappresentare il tempo se non attraverso il riferimento ad una struttura spaziale e ad un qualche movimento al suo interno, come può rendersi conto chiunque possieda un orologio. A rigor di termini, non esiste una "narrazione pura", fatta solo di successione, senza alcun riferimento allo spazio o alla simultaneità. Il tempo è tempo e lo spazio è spazio, ma l'uomo è uomo, e in lui queste due dimensioni si incrociano, articolate per numero o ordine.

Allo stesso modo, i generi espositivi sono "spaziali" nella misura in cui riflettono la simultaneità degli elementi in una gerarchia logica (o ontologica, poiché è la stessa cosa). Il genere espositivo è modellato per ordine logico, astrattandosi, in linea di principio, dall'elemento temporale, dalla successione cronologica. Tuttavia, proprio come non esiste una "pura narrativa", non esiste una "pura esposizione", poiché l'esposizione orale o scritta di un'idea, anche quando questa idea è stata afferrata in un modo completamente simultaneo, richiede che sia successivamente sviluppata nelle forme di ragione e parola. Anche qui l'impurità deriva dalla natura delle cose: essendo simboli o manifestazioni delle dimensioni cosmiche di spazio e tempo, i generi non possono possedere tutte le note che definiscono queste dimensioni, perché in tal caso sarebbero identiche e non analoghe[2]

  1. Vedi spec. lo studio di Ananda K. Coomaraswamy sul numero zero, citato successivamente. Cfr. anche Wassily Kandinsky, Point-Ligne-Plan. Contribuition à l'Analyse des Élements Picturaux, Denoel, 1970, che, molto appropriatamente per noi in questo studio, definisce il punto geometrico come "l'unione ultima e unica di silenzio e parola" (p. 33).
  2. Per quanto riguarda l'analogia, vedi Mário Ferreira dos Santos, Tratado de Simbólica, Logos, 1964, Tema III, art. 5.