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Valore della storia/Premessa

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Lo storico: "Crampo dello scrittore!" illustrazione di C. D. Batchelor, 1919
Lo storico: "Crampo dello scrittore!" illustrazione di C. D. Batchelor, 1919


Le storie della porzione di terra nota allo scrittore sono correttamente classificate come storie del mondo in quanto cercano di registrare l'intero passato significativo e conoscibile. Secondo questo standard, quindi, Erodoto e Ssu-ma Ch’ien erano storici del mondo e fondatori delle rispettive tradizioni storiografiche. Tra i Greci, tuttavia, Tucidide scartò prontamente l'approccio discorsivo e onnicomprensivo di Erodoto alla storia, offrendo invece una monografia orgogliosamente accurata e ben focalizzata, che trattava di ventisette anni di guerra tra Atene e Sparta.

Questi modelli alternativi rimasero normativi durante l'antichità greco-romana. La vasta e patriottica storia di Roma scritta da Livio[1] si avvicinava all'inclusione erodotea; e Polibio potrebbe aver deliberatamente aspirato a combinare il logico rigore di Tucidide con lo scopo di Erodoto. Sebbene impossibile da eguagliare, la precisione di Tucidide era più facile da imitare dell'inclusività di Erodoto, e la maggior parte degli storici greco-romani tendeva di conseguenza alla focalizzazione monografica politico-militare che Tucidide esemplificava così magnificamente.[2]

Le sacre scritture ebraiche elaborarono una diversa visione storica, secondo la quale Dio Onnipotente governava tutti i popoli, ovunque, che lo sapessero o no. Per circa un millennio, le sconfitte subite dai successivi stati ebraici resero tale visione della storia umana inverosimile per i non credenti; ma il cristianesimo, quando emerse come dominio nell'impero romano nel IV secolo e.v., portò alla ribalta una visione della storia modificata, ampliata, ma fondamentalmente ebraica e interamente centrata su Dio. I cristiani subordinarono il pagano secolare/laico alla storia sacra biblica e in tal modo invertirono l'equilibrio tra i formati erodotei e tucididei della storia, poiché, dal punto di vista ebraico e cristiano, tutta la storia era storia mondiale, essendo parte del piano di Dio per l'umanità.[3]

L’epos cristiano – Creazione, Incarnazione e Giorno del Giudizio – non doveva nulla alla storiografia pagana, ma gli storici cristiani, da Eusebio (m. 340) e Orosio (m. 417) in poi, si sentirono in dovere di inserire frammenti di documenti pagani nelle loro storie di come Dio avesse trattato l'umanità. Innumerevoli cronache medievali, quindi, iniziano con la Creazione e si affrettano attraverso i punti di riferimento familiari del passato biblico e pagano al fine di legare eventi locali e recenti – almeno in modo superficiale – al significato centrale e sacro dell'esperienza umana sulla terra. La storia, distaccata dai propositi di Dio, era cieca, inutile, fuorviante; e per circa un millennio, i cristiani si rifiutarono di considerare tale follia, anche se la loro registrazione più scrupolosa degli eventi recenti lasciava ostinatamente imperscrutabili gli scopi di Dio.

In Cina, non avvenne mai una tale trasformazione delle opinioni prevalenti. Invece, la visione di Ssu-ma Ch’ien su come scrivere e comprendere la storia prevalse dal suo tempo fino al crollo della dinastia Manciù all'inizio del ventesimo secolo. L'idea centrale era che il Cielo scegliesse sovrani ereditari virtuosi e permetteva (o procurava) il loro rovesciamento ogni volta che una dinastia dominante diveniva corrotta. Ogni nuova dinastia iniziava virtuosa e forte per poi decadere, prima o poi, provocando il trasferimento del mandato celeste al nuovo sovrano, la cui virtù veniva attestata dal suo successo pratico nel ridurre la Cina e i barbari confinanti all'obbedienza. La forza della visione di Ssu-ma Ch’ien è attestata dal fatto che la sua struttura dinastica per la storia cinese domina ancora la ricerca storica, anche tra gli occidentali, che non hanno mai creduto che la virtù personale del sovrano assicurasse un sostegno soprannaturale.

Anche le prospettive musulmane, buddiste e indù riguardo alla storia, presero forma durante il Medioevo.[4] In generale, queste tradizioni erudite hanno prestato meno attenzione alla storia rispetto a cristiani e cinesi; ma tutti concordano sull'importanza fondamentale dell'intervento soprannaturale nelle questioni umane: subordinando gli eventi della terra alla volontà di Dio, come fecero i musulmani, o a processi e interventi superni, come fecero buddisti e indù, tutti convenirono sul fatto che la storia del mondo fosse l'unico tipo significativo di storia, dal momento che entità soprannaturali governavano gli affari umani insieme al resto dell'universo secondo le proprie regole.

  1. Tito Livio, Ab Urbe condita libri. Cfr. Giusto Monaco, Gaetano De Bernardis e Andrea Sorci, Tito Livio, in La letteratura di Roma antica. Contesto, scrittori, testi, Palumbo, 1996.
  2. Jeremy D. Popkin, From Herodotus to H-Net: The Story of Historiography, Oxford UP, 2015.
  3. Gelina Harlaftis, cur., The New Ways of History: Developments in Historiography, I.B. Tauris, 2010, pp.84-90. & passim.
  4. Si vedano in generale Bernard Lewis, L’Europa e l'Islam, Laterza Editore, 2005; Jean Varenne, L'India e il sacro. Una antropologia, in L'uomo indoeuropeo e il sacro, Jaca Book, 1991; Mircea Eliade, L'India prima di Gautama Buddha: dal sacrificio cosmico alla suprema identità Ātman-Brahman, in Storia delle credenze e delle idee religiose, vol. 1, Rizzoli, 2006; Giovanni Filoramo (a cura di), Mario Piantelli, Ramon N. Prats, Erich Zürcher, Pier Paolo Del Campana, Heinz Beckert, Martin Baumann, Buddhismo, Laterza, 2007.

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