Prontuario di diritto romano/La filiazione

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La filiazione[modifica]

La posizione di filiusfamilias all'interno della famiglia, ossia la costituzione del vincolo familiare (adgnatio) era stabilita in dipendenza dall'assoggettamento alla patria potestas: in altre parole, lo status di filiusfamilias si acquistava in maniera analoga all'acquisto della cittadinanza.
Lo status di filiusfamilias in primo luogo derivava dalla procreazione in costanza di nozze legittime (iuxtae nuptiae) da parte del paterfamilias: l'analogia con l'acquisto della cittadinanza per nascita da padre cittadino è evidente. I discendenti per ramo femminile non sono membri della famiglia, se ed in quanto appartengono ad un diverso paterfamilias.

Varie categorie di filiazione[modifica]

Il diritto romano distingueva tre categorie di figli: legittimi, naturali e spurii.
I figli legittimi erano quelli nati dal paterfamilias almeno 182 giorni dopo le nozze o entro 300 giorni dallo scioglimento del matrimonio.
I figli naturali erano quelli che nascevano dall'unione di un uomo libero con una concubina; avevano limitata capacità successoria rispetto al pater, ma potevano essere legittimati per subsequens matrimonium, per rescriptum principis e per oblationem curiae (mediante iscrizione nella curia del luogo dove domiciliava la famiglia e la dotazione di almeno 26 iugeri).
I figli spurii erano equiparati a quelli illegittimi: non avevano diritti successori e gli si attribuiva lo status libertatis che aveva la madre al momento del parto.

Adrogatio[modifica]

Per tale forma di assoggettamento alla patria potestas, era previsto nei tempi antichi che si dovesse fare in Roma dinanzi ai comizi curiati, presieduti dal pontifex; quest'ultimo, presa cognizione della vicenda, interrogava l'adrogante, l'adrogato e poi il popolo delle curie (rappresentato dai 30 Littori.
Con la adrogatio, un paterfamilias, e tutte le persone a lui soggette, si assoggettava alla potestà di un altro paterfamilias, diventandone il filius, allo scopo di creare artificialmente un erede quando l' adrogator non aveva altri discendenti, o per rafforzare il potere economico e o quello politico.

Non era consentita l'adrogatio delle donne e degli impuberi. In età imperiale, Antonino Pio permise anche l'arrogazione degli impuberi e delle donne, ma solo compiendo la procedura nelle province romane.

L'adrogato, subiva una capitis deminutio minima, subendo un cambiamento dello stato familiare e diventando alieni iuris, tutto il suo patrimonio diveniva dell'arrogante,anche i sacra del paterfamilias arrogato si estinguevano. Questo istituto era caratterizzato dall'equiparazione dei filius iure legeque ai filius nato da giuste nozze.

Adoptio[modifica]

L'adozione seguiva nel diritto antegiustinianeo una procedura complicata. Doveva precedere la rinuncia dell'antico paterfamilias alla sua potestà con tutte le debite solennità; mancipando ossia trasferendo all'adottante il figlio per tre volte. Così facendo si estingueva la patria potestas che veniva trasmessa al nuovo paterfamilias mediante la in iure cessio, consistente in un finto processo, nel quale il nuovo paterfamilias, presentandosi al magistrato (in iure), simulava di rivendicare dall'antico il suo diritto di patria potestà.
Nel diritto giustinianeo, l'adozione ha luogo in modo più semplice. L'adottante si reca insieme con l'antico paterfamilias e con il suo legittimo filiusfamilias dinanzi al magistrato, il quale prende nota della dichiarazione concorde delle tre parti.
Si poteva adottare attribuendo indifferentemente il grado di figlio o nipote, il che ha importanza per la posizione futura del filiusfamilias e per i suoi diritti di successione. In diritto giustinianeo, l'adozione cambiò radicalmente: abbandonata la formula dell'ordine del magistrato (iussu praetoris), si richiese un'apposita dichiarazione di parte dinanzi al magistrato o notaio (adoptio per tabulas), cui doveva aderire tacitamente anche l'adottato, il quale usciva così dalla famiglia originaria perdendo con essa ogni rapporto ed ogni pretesa.
Giustiniano applicò anche il principio fondamentale adoptio natura imitatur: chi adottava:

  • doveva aver passato la piena pubertas (maggiore di XVIII anni rispetto all'adottato, poiché pro monstro est ut maior sit filius quam pater),
  • doveva poter generare
  • non doveva essere schiavo né evirato.

In molti casi, ma non in tutti, l'adottato era equiparato al figlio legittimo.
Giustiniano infatti distinse l'adozione fatta da un ascendente e quella fatta da un estraneo, attribuendo solo alla prima i pieni effetti (ed invero fu chiamata adoptio plena).
L'adozione fatta da un estraneo non toglieva il filiusfamilias alla sua famiglia di origine, né lo sottraeva alla potestà del suo paterfamilias: l'adottato conseguiva solo il diritto di succedere nel patrimonio dell'estraneo adottante. Tale adozione, che fu chiamata minus plena, è in buona sostanza il modello su cui è ritagliata la moderna adozione.

Effetti dell'adozione e dell'arrogazione[modifica]

Gli effetti dell'adozione e dell'arrogazione erano perfettamente identici a quelli della procreazione all'interno della famiglia. L'adottato si staccava completamente dala sua famiglia di origine, nella quale perdeva ogni diritto, e veniva ad acquistare gli stessi diritti ed obblighi dei membri del nuovo gruppo: nome, prenome, culto, agnazione, tribù, ecc.