- Introduzione
- Differenziale e derivata del prim'ordine
- Differenziali e derivate di ordini superiori - Sviluppi in serie
- Basi e Componenti
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Il concetto di differenziale può essere generalizzato a funzioni definite su spazi normati e aventi valori in spazi normati. Dati dunque due spazi vettoriali normati V e W definiti sullo stesso campo K e una funzione f avente dominio in V e codominio in W, si può definire per essa un differenziale df che sia un funzionale, ovvero che ad ogni vettore di V associ una funzione lineare da V a W che approssimi l'incremento della funzione f a meno di un infinitesimo di ordine superiore:
tale che
ovvero:
Il prossimo passaggio della generalizzazione consiste nel ridurre la funzione lineare ad un "prodotto".
Nel caso particolare in cui la funzione f sia una funzione scalare, cioè il dominio W coincida, come caso limite di spazio vettoriale, con lo stesso campo K, allora la f è una applicazione lineare scalare su V, e come tale appartiene al duale di V, V*. Si può allora definire in V un prodotto scalare (quando non sia già definito per indurre la norma in V) in modo tale che ad ogni applicazione φ di V* resti associato un elemento aφ di V tale che . In particolare per ogni x0 fissato esiste un vettore tale che:
Questa generalizzazione consente di generalizzare anche il concetto di derivata: si può infatti definire la derivata della funzione f nel punto x0 quel vettore tale che:
Se invece la funzione f è vettoriale, allora è in genere una applicazione lineare fra spazi vettoriali, che può sempre essere ricondotta al "prodotto" (o "composizione") fra un operatore A(x0) e il suo argomento. Esiste dunque un operatore associato al differenziale, e che dipende dal punto x0, tale che:
Anche in questo caso tale operatore può essere fatto coincidere con la derivata della funzione nel punto x0, sicché viene definita come quell'operatore tale che:
Le derivate delle funzioni definite su spazi vettoriali possono essere ricondotte a derivate monodimensionali se a partire dal punto la funzione viene ristretta ad una direzione definita da un versore , il che equivale a prendere:
mentre il punto di applicazione della funzione è:
Poiché sia sia sono fissati, il punto di applicazione può essere espresso come una funzione dello scalare :
Componendo la funzione data con la funzione si ha:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
La parte lineare dell'incremento della funzione composta in un intorno di è per definizione il suo differenziale in quel punto:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Il differenziale e la derivata che compaiono in queste espressioni sono semplicemente un differenziale e una derivata monodimensionali nella variabile scalare . Essi però si ottengono restringendo la funzione alla direzione , e per questa ragione vengono anche definiti differenziale direzionale e derivata direzionale, e indicati rispettivamente con e :
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Resta quindi:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Lo sviluppo ottentuto per la funzione composta va confrontato con lo sviluppo della stessa funzione che si ottiene calcolando il differenziale della funzione f/f con la funzione h usata come argomento:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Dal confronto resta dunque:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
La derivata direzionale solitamente è definita fissando una direzione per mezzo di un versore, in modo tale che la grandezza che varia coincida con la distanza dal punto . Nulla impedisce tuttavia di fissare una direzione usando un vettore v di lunghezza qualsiasi, e facendo variare il suo coefficiente. In tal caso la funzione h resta definita nel modo seguente:
e la derivata direzionale che si ottiene coincide con quella ottenuta usando il versore moltiplicata per la lunghezza del vettore v:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Se è una funzione costante, allora:
Dimostrazione
Si dimostra immediatamente osservando che:
Se k è uno scalare e f una funzione allora:
Date due funzioni e si ha:
Si ha:
In particolare se è un vettore costante allora:
Dimostrazione
Si ha:
da cui segue che:
Passando alle derivate:
da cui:
Inoltre si ha:
Si ha:
- ovvero (regola della catena)
Dimostrazione
Si ha:
da cui segue che:
Passando alle derivate:
da cui:
Per ridurre le espressioni ottenute fin qui per a delle relazioni funzionali, bisogna - al solito - esprimere Δx come applicazione della funzione identità, che nel caso di uno spazio vettoriale è l'operatore I tale che x=I(x). Anche in questo caso si dimostra facilmente che il differenziale di tale operatore coincide con l'operatore stesso, cioè dI(x0)=I, il quale può essere indicato con dx. Di conseguenza si ottiene:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Anche in questo caso la derivata può essere intesa formalmente come il "rapporto" del differenziale della funzione e di dx, recuperando la notazione di Leibniz:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
dove l'espressione:
va intesa semplicemente come espressione formale per dire che è possibile definire un qualche "prodotto" in modo tale che B sia esprimibile come "prodotto" di A per C
Per quel che riguarda la derivata parziale, se si introduce una applicazione lineare che applicata a agisce come l'identità, cioè:
allora si ha la seguente relazione funzionale:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
da cui segue che la derivata direzionale può essere espressa (questa volta propriamente) come rapposto di differenziali:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
(dove il versore è solitamente omesso in quanto sottinteso).
Eliminata la dipendenza dall'incremento, il punto si può considerare variabile e lo si può eliminare lasciando indicati espressamente i funzionali df/df e le funzioni Df/Df. Allora d e D possono essere considerati degli operatori funzionali che agendo sulla funzione f/f la trasformano in un funzionale o in un'altra funzione.
L'introduzione di tali operatori richiede tuttavia un poco di cautela rispetto a quanto si può fare nel caso monodimensionale.
Nel caso delle funzioni scalari Df è un campo vettoriale (cioè si ha un vettore Df(x) definito in ogni punto x del dominio). Si può allora introdurre un operatore differenziale funzionale che trasformi una funzione scalare in una funzione vettoriale. Poiché il prodotto di un vettore per uno scalare è un vettore, tale operatore può essere considerato un operatore funzionale "vettoriale", e per distinguerlo dalla derivata "scalare" monodimensionale (o da altre derivate "scalari" definibili nel caso multidimensionale, come la derivata direzionale) lo si chiama gradiente e lo si indica con il simbolo , detto nabla o con l'operatore corrispondente nella notazione di Leibniz:
Disponendo dell'operatore vettoriale il differenziale e la derivata direzionale si lasciano riscrivere come prodotto scalare di questo operatore con una funzione vettoriale e un vettore. Si ha infatti:
da cui segue la relazione operatoriale:
Analogamente per la derivata direzionale si ha:
da cui segue la relazione operatoriale:
Mentre Df per una funzione scalare è un campo vettoriale (il gradiente di f), per una funzione vettoriale Df è un campo operatoriale, che viene chiamato jacobiano di f e indicato con o con . In questo caso un operatore che agisca sulla funzione vettoriale f restituendo Df è un operatore che trasforma un campo vettoriale in un campo operatoriale. Tale operatore non può essere ancora l'operatore gradiente, anche perché non è chiaro come si potrebbe riscrivere Df come "prodotto" di un operatore vettoriale per una funzione vettoriale.
Tuttavia possiamo superare questo problema osservando che il differenziale e la derivata parziale sono formalmente due operatori "scalari", che si ottengono come prodotto scalare dell'operatore con, rispettivamente, il differenziale dx e il vettore v, sicché ci si può aspettare che essi abbiano effettivamente le proprietà di uno scalare, e possano essere formalmente "moltiplicati" sia per uno scalare sia per un vettore. Per rendersi conto che vale effettivamente questa proprietà, basta osservare che dato un generico vettore (costante) si ha:
da cui segue che:
e lo stesso si ottiene per la derivata direzionale:
Questo conferma che il "prodotto scalare" dell'operatore con un vettore (o con una funzione vettoriale) si comporta effettivamente come un "operatore scalare", anche quando venga applicato ad una funzione vettoriale.
Quanto alla derivata, basta osservare che:
da cui segue che:
Si può anche definire un operatore jacobiano J tale che: