Ceramica a Pisa/Luoghi di esportazione delle ceramiche pisane

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Indice del libro

Grazie ad una vasta ricerca archeologica e archivistica condotta in molte città italiane ma anche estere, è possibile tracciare un quadro d'insieme abbastanza chiaro per quanto riguarda l'esportazione delle ceramiche pisane.

Luoghi di esportazione della maiolica arcaica[modifica]

Maioliche arcaiche usate come bacini ceramici[modifica]

Duomo di San Miniato.
Santa Caterina di Sisco.

Le maioliche arcaiche di Pisa, oltre ad essere state commerciate come vasellame da mensa, furono usate come bacini ceramici. Infatti ornare gli edifici religiosi con manufatti ceramici non è stata una peculiarità solo pisana. Alcuni esempi di tale impiego sono appunto riscontrabili nella sua provincia, ma non solo[1]. Nel vecchio contado pisano le principali chiese abbellite con “bacini ceramici" sono tre e altre due/tre sono presenti nel lucchese. Altri casi si trovano fuori l’Italia:

  • Santa Maria Novella di Marti.
  • San Pietro di Usigliano (Palaia).
  • Duomo di San Miniato.
  • Sant’Anastasio di Lucca - San Benedetto in Gottella - Campanile di San Tommaso in Pelleria.
  • Santa Caterina di Sisco in Corsica[2].

Ceramiche pisane usate nella vita quotidiana[3][modifica]

Toscana[modifica]

Ritrovamenti di maioliche arcaiche di produzione pisana sono segnalati in molte località della Toscana, le principali sono:

  • Area Maremmana: Populonia, Piombino, Buriano, Badia al Fango, Settefinestre.
  • Calci
  • Castelfranco di Sotto.
  • Castello di Ripafratta.
  • Cerreto.
  • Complesso medievale di Filattiera.
  • Cosa
  • Equi Terme.
  • Fortezza Medicea di Grosseto.
  • Fortezza Vecchia di Livorno.
  • Fucecchio, in prossimità del castello di Montellori e a Casa al Vento.
  • Grosseto.
  • Massaciuccoli.
  • Lucca.
  • Marti.
  • Massa Marittima.
  • Monti dell'Uccellina.
  • Palaia.
  • Piazza al Serchio.
  • Pietrasanta.
  • Porto Ercole.
  • Rocca sul Monte Verruca.
  • Rocca San Silvestro.
  • San Miniato.
  • Santa Maria a Monte.
  • Scarlino.
  • Torre di Donoratico.
  • Usigliano.
  • Vecchiano.
  • Vignale[4].

Lazio[modifica]

Sono stati trovati a Roma frammenti di boccali in maiolica arcaica pisana durante gli scavi dell’esedra della Crypta Balbi[5].

Liguria[modifica]

  • Andora.
  • Carpena.
  • Castello della Brina[6].
  • Castello di Andora.
  • Castello di Molassana.
  • Castello di Monte Ursino.
  • Isola Gallinara.
  • Genova (Vico Carità, Colle di Corigliano, convento di San Silvestro, via San Vincenzo)
  • Passo della Bocchetta (Monte Leco).
  • Romitorio di Santa Maria della Vezzolla (Valle Stura, Genova).
  • Sarzana (chiesa di S. Andrea).
  • Sassello.
  • Savona.
  • Villaggio di Monte Zignago[7].

Sicilia[modifica]

  • Brucato.
  • Marsala.
  • Palermo[8].

Sardegna[modifica]

  • Bonarcado (Arborea).
  • Cagliari (Santa Chiara, Collina di Bonaria, Castello di San Michele).
  • Casinedda.
  • Dolianova.
  • Ghilarza.
  • Iglesias.
  • Norbello.
  • Pula.
  • Sassari.
  • Selargius.
  • Senorbì.
  • Sibiola.
  • Villanovaforru[9].

Corsica[modifica]

  • Bastione di San Giorgio ad Algajola.
  • Bonifacio.
  • Castello di Cotone (Bastia).
  • Castello di Corbo (golfo di Valinco).
  • Luri, Castello dei Motti presso Capo Corso.
  • Mariana.
  • Pilone.
  • Sisco[10].

Francia Meridionale[modifica]

  • Arles.
  • Avignone.
  • Collioure.
  • Castello di Confoux.
  • Fréjus (palazzo épiscopale).
  • Gigean.
  • Marsiglia.
  • Martigues.
  • Olbia.
  • Rougiers.
  • Saint-Etienne-de-Caudeau[11].

Luoghi di esportazione delle ingobbiate[modifica]

In Toscana[modifica]

  • Nel contado Pisano
    • Calci: presso la Certosa di Calci sono stati conservati alcuni esemplari di ceramiche ingobbiate[12]. Si tratta di un insieme di recipienti in uso probabilmente presso una comunità religiosa. A suggerire questa ipotesi è la presenza di segni di proprietà incisi sotto alcuni pezzi che riportano le lettere maiuscole S. P.. Probabilmente questo servizio da mensa è stato realizzato su commissione. Il corredo ceramico è riferibile agli ultimi decenni del XVI - inizio del XVII secolo[13].
    • Ripafratta.
    • Vecchiano.
    • Castelfranco di Sotto.
    • Volterra[14].
  • Lucca: nella città sono state rinvenute ingobbiate pisane nella chiesa rinascimentale di S. Giustina, nel Palazzo Arnolfini, a Palazzo Lippi, al Palazzo Gigli - Piazza San Giusto e in via del Crocifisso. Non mancano ritrovamenti nel contado lucchese, come in Garfagnana, nel castello di Gorfigliano (Minucciano)[15].
  • Pietrasanta: nell’ex Convento di Sant’Agostino di Pietrasanta che sorge ai piedi dell’antica Rocca di Sala, intorno al 1970, sono stati rinvenuti scarti d’uso di varie classi e provenienza usate in passato come accorgimenti architettonici. Furono posti entro le volte per alleggerirne il peso e sotto i pavimenti del pianterreno e del primo piano per isolarli dall’umidità[16].
  • Provincia di Massa - Carrara: sono stati trovati esemplari di produzione pisana al Castello Aghinolfi (Montignoso) e a Filattiera, località della Lunigiana[17].

In altre regioni d’Italia[modifica]

  • Lazio: a Roma, nel giardino del conservatorio di Santa Caterina della Rosa sono state recuperate ceramiche “graffite” pisane, “a fondo ribassato” ma anche “a stecca”[18].
  • Liguria: a Genova, in via San Vincenzo, sono state trovate un buon numero di graffite “a stecca” e la presenza di queste ceramiche è pressoché costante in tutti gli scavi del tessuto urbano. Ancora, importazioni da Pisa sono documentate nei registri della “Gabella dei Carati” dell’Archivio di Stato di Genova, soprattutto negli anni finali del XVI secolo ma anche agli inizi del XVII secolo. La presenza di ceramiche ingobbiate e graffite di produzione pisana è documentata anche nella parte centro - orientale della Liguria, ad esempio a Sarzana. Sulla zona costiera sono state recuperate a S. Fruttuoso di Camogli, a Rapallo, a Chiavari, a Lavagna e a Levanto. Si segnalano i rinvenimenti in Valle Stura; nella Liguria occidentale le ceramiche pisane sono state importate ad Albisola e Savona[19].
  • Sardegna: sono state trovate ingobbiate e graffite a stecca di produzione pisana a Sassari, Nuoro e Posada[20].

In altre regioni del Mediterraneo[modifica]

  • Corsica: a Bonifacio furono importate ceramiche graffite “a stecca” di produzione pisana intorno alla metà del XV secolo[21]. Testimonianze di importazioni pisane nell’isola provengono da alcuni relitti. Uno è quello della Rondinara[22], che prende il nome dalla località di ritrovamento. Si tratta di una nave commerciale affondata che trasportava nella parte centrale della stiva numerosi recipienti aperti da mensa, tra i quali sono stati riconosciuti un piccolo insieme di marmorizzate, graffite policrome e monocrome tarde di produzione pisana decorate “a stecca”. Un altro è il relitto di Revellata[23] del quale non sono stati trovati i resti dell’imbarcazione ma è stato rinvenuto il carico sul fondale che comprendeva molto vasellame. Nell’insieme compaiono anche prodotti graffiti a "stecca" della fine del XVI o dei primi decenni del XVII secolo. Un terzo insieme di recipienti ingobbiati e graffiti è stato trovato nel porto turistico di Calvi[24].
  • Francia Meridionale: a Marsiglia sono state rinvenute ceramiche pisane graffite a stecca riferibili all’inizio del XVI secolo[25]. Inoltre, in prossimità della costa sono stati trovati dei carichi di una decina di imbarcazioni naufragate, questi comprendono pochi casi di recipienti decorati “a stecca”[26]. A Narbonne nei secoli XV - XVII sono state importate numerose ceramiche italiane, tra le quali compaiono ingobbiate di Pisa[27]. Anche la ricerca archivistica ha portato alla luce testimonianze di ingenti importazioni di ceramica pisana. Ad esempio in documenti risalenti alla fine del XV, del XVI e del XVII secolo sono menzionate importazioni di ceramiche savonesi, genovesi e pisane[28].

Oltre oceano[modifica]

Si sa con sicurezza che i pisani per tutto il Cinquecento esportarono i propri prodotti in tutta la Toscana e nel Mediterraneo e a partire dall'ultimo quarto del secolo, grazie ai commerci con i fiamminghi e gli spagnoli, il vasellame di Pisa potè raggiungere il nord e il sud America oltre che le Canarie e i Caraibi - colonie iberiche[29].

Note[modifica]

  1. Berti - Renzi Rizzo, p. 251. Per una sintesi dei “bacini” in Toscana vedi Berti 1993e. Altre città che sfruttarono le ceramiche come abbellimento architettonico furono ad esempio: Roma, Ascoli Piceno, Ferrara, Milano, Ravenna, etc.
  2. Per Santa Maria Novella di Marti vedi Berti - Renzi Rizzo, p. 252, Figg. 110-111 e Berti - Tongiorgi 1974, pp. 71-75; per San Pietro di Usigliano vedi Berti - Renzi Rizzo p. 252, Figg. 112-114 e Ciampoltrini 1980, pp. 517-518; per San Francesco di San Miniato vedi Berti - Renzi Rizzo, p. 252, Fig. 115 e Berti - Tongiorgi 1974, p. 71, Tav. XLVI; per i bacini presenti sulle chiese lucchesi vedi Berti - Renzi Rizzo, p. 254, Fig. 116, Berti - Cappelli 1994, pp. 58-61, 61-63, 208-224, 230; per Santa Caterina di Sisco vedi Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 254, Fig. 117 e Berti - Tongiorgi 1975b, pp. 17, 20-21. fig. 41.
  3. Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 269/Tav. 153; 270-271/Tabella riassuntiva.
  4. Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 255-259. Per i ritrovamenti di Calci: Nannipieri - Redi 1982. Per i ritrovamenti a Vecchiano: Renzi Rizzo 1988, pp. 212, 215-216. Per i ritrovamenti di Massaciuccoli: Ciampoltrini - Notini 1993. Per i ritrovamenti del Castello di Ripafratta: Redi - Vanni 1987, p. 311, tabella 1; Alberti 1989; Alberti 1990. Per i ritrovamenti di Palaia: Ciampoltrini 1979, p. 362 e nota 4, p. 364; Ciampoltrini 1980; Ciampoltrini - Maestrini 1983, pp. 42, 44, 48. Per i ritrovamenti di San Miniato e Santa Maria a Monte: Violante 1987, pp. 327, 331. Per i ritrovamenti di Fucecchio: Vanni Desideri 1985, pp. 69-70. Per i ritrovamenti di Pietrasanta: Berti 1990; Berti - Cappelli 1991, pp. 10-11; Berti 1995a. Per i ritrovamenti di Piazza al Serchio: Ciampoltrini 1984, pp. 304, 306. Per i ritrovamenti di Lucca: Berti - Cappelli 1994, pp. 206-234, 292-294, 141-150. Per i ritrovamenti di Equi Terme: Ambrosi - Gardini 1975, pp. 372, 374. Per i ritrovamenti di Filattiera: Cabona - Mannoni - Pizzolo 1982, p. 350. Per i ritrovamenti di Livorno: Berti 1995b. Per i ritrovamenti in area Maremmana: Gelichi 1977a, pp. 123-124, 129-135; Gelichi 1977b; Gelichi 1977c, pp. 11-13; Gelichi 1978; Gelichi - Paoletti 1978; Francovich - Gelichi 1978; Francovich 1982, pp. 89-120 (nn. 2, 16, 22, 27, 30, 33). Per i ritrovamenti di Rocca San Silvestro: Francovich - Gelichi - Parenti 1980, pp. 201-205, p. 204, Fig. 26/79; Agrippa et al. 1985, pp. 348-355, 362-363, 367-369, 376-377; Francovich - Parenti 1987, pp. 37-39, 67, 72-80, 83-84, 88, 106; Francovich 1991. Per i ritrovamenti in provincia di Grosseto: Francovich - Gelichi 1979, p. 97; Francovich 1985, pp. 308-309. Per i ritrovamenti della Fortezza Medicea di Grosseto: Francovich - Gelichi 1980a, pp. 69-70, 73-74, 77-78, 89, 96-99, 102-103, 108, 110, 192; Francovich - Gelichi 1980b, pp. 36, 56, 58/48. Per i ritrovamenti di Cosa: Hobart 1991.
  5. Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 259; Molinari 1990, pp. 377-378, 461, 469-470.
  6. http://castellodellabrina.it/lesposizione/
  7. Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 266-271. Per ulteriori informazioni: Mannoni 1968/69, pp. 108-116. Maestranze pisane tra il 1417 e il 1445 si trasferiscono in Liguria: Cameirana 1969, pp. 71-72; per i ritrovamenti di Savona: Lavagna - Trucco - Benente 1990, pp. 79-81, 91-92; Benente 1991; Berti - Gelichi 1995c; Berti - Gelichi - Mannoni 1995; Cameirana 1973; per i ritrovamenti del Castello di Molassana, di Sarzana, del Passo della Bocchetta e dell’isola di Gallinara: Bazzurro et al. 1974, pp. 44-45; Bonora 1975, p. 134; Fossati - Mannoni 1975, pp. 46, 48-51, 53-54, 75-78; Riccardi 1978, pp. 202-203, nn. 9-12. Per i ritrovamenti di Monte Zignago: Biasotti et al. 1985, pp. 234-235, 241/Tav. XV; Boato et al. 1990, pp. 373-375, 379-381. Per i ritrovamenti del Castello di Andora, del romito in Valle Stura e del castello di Monte Ursino: Castelli - Deferrari - Ramagli 1991; Deferrari et al. 1992, pp. 634-637; Gardini 1993. Per i ritrovamenti di Genova: Gardini - Milanese 1979; Fossati - Ferrando - Milanese 1975, pp. 184-185, 194-195; Gardini - Goricchi - Odone 1972, pp. 36-37, 45; Pringle 1977, pp. 130, 132-133; Bellatalla - Bertino - Gardini 1989, pp. 387- 400-402.
  8. Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 259. Per i rinvenimenti di Palermo: D’Angelo 1975, pp. 101-102, 108. Viene ricordata la presenza di pisani e toscani nell’isola nel quartiere palermitano “ruga Pisanorum”; D’Angelo 1974; D’Angelo - Tongiorgi 1975, pp. 11-12, Tav. III; D’Angelo 1979, p. 181; in D’Angelo 1995 viene segnalata la presenza di monete pisane a Palermo a pp. 77, 79. Per i ritrovamenti di Marsala: D’Angelo 1978, pp. 78-79/F. In Lesnes 1995 vengono ricordati reperti della prima e seconda fase produttiva pisana a pp. 305/fig. 15 a-b, 306, 311/p.15-16; Pesez 1995, pp. 317, 323-324/p. 30-p.32. Per i ritrovamenti di Brucato: Maccari - Poisson 1984, pp. 302-305, 309 Pl. 31/b, 311 Pl. 33/a, b, c; D’Angelo 1984b, pp. 469-470 Pl. 76/b,c.
  9. Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 260. Vedi per ulteriori dettagli sui ritrovamenti sardi: Salvi 1989-90, pp. 2-3, 23-24/nn. 3-5; Salvi 1987; Salvi 1989; Porcella 1989, pp. 374-375, Porcella 1988a, pp. 179, 196; Porcella 1988b, p. 148; Rovina 1986, p. 202.
  10. Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 260-263. Per ulteriori informazioni: Berti - Tongiorgi 1977b, pp. 44-53; Istria 1995, pp. 30-31, 33; Albertini 1995, p. 37; Marchesi 1995, pp. 55, 62-63; Demians D’Archimbaud 1972, pp. 12-13; Gayraud 1978, p. 189.
  11. Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 263-266. Per ulteriori informazioni vedi: Demians D’Archimbaud - Picon 1978, pp. 38, 40/Pl.XIV, 42; Demians D’Archimbaud 1980, p. 392/fig. 389; Picon - Demians D’Archimbaud 1980, pp. 129, 133-134; Fevrier - Fixot - Rivet 1989; Michel 1989; Proust 1993; Richarte 1993; Hesnard - Pasqualini - Vallauri 1993; Chausserie Lapree - Nin 1993, p. 42/fig. 32; Amouric - Demians D’Archimbaud - Vallauri 1995, p. 190 (fotografie e schede di reperti a pp. 203-204, nn. 202-209).
  12. Il materiale è proveniente da un recupero in ambito urbano, poi trasferito al Museo negli anni Settanta del XX secolo.
  13. Berti 2005, pp. 8, 91-97. Per altri dettagli vedi anche Berti 1994, pp. 376-377; Berti - Stiaffini 2001, p. 99.
  14. Berti 2005, pp. 169-170. Per i ritrovamenti di Ripafratta vedi Redi 1987, p. 311; AA. VV. 1989, pp. 425, 445-447; Banti 1988, pp. 204, 213 (Vecchiano); Ciampoltrini - Abela 1998, pp. 137-140; Pasquinelli 1987, pp. 72-73, Tav. XXII/1-5; Cascarella et al. 1987|Tav. II/ 1-3.
  15. Per la Chiesa di Santa Giustina vedi: Berti 2005, pp. 170-171; Abela 1997; Berti - Stiaffini 2001, pp. 82-88; Citriniti 2003/2004, pp. 55-67. Per Palazzo Adinolfi: Ciampoltrini - Zecchini 2002, pp. 169-170, Tavv. 55-56/1-3. Per Palazzo Lippi: Ciampoltrini - Notini 1990, p. 571; Ciampoltrini 1992, pp. 707-710; Berti - Cappelli 1994, pp. 97-98. Per Palazzo Gigli e Piazza S. Giusto vedi Berti - Cappelli 1994, p. 94. Per via del Crocifisso si veda Berti - Cappelli 1994, pp. 94-95. Per il Castello di Gorfigliano: Quiros Castillo et al. 2000, pp. 163, 166, fig 16/41,43.
  16. Berti 2005, p. 145. L’uso di scarti di fornace per alleggerire le volte è stato riscontrato anche in un recupero a Siena, nel Convento del Carmine (Francovich - Valenti 2002, pp. 28-35). Per maggiori dettagli sui ritrovamenti dell’ex Convento di Sant’Agostino a Pietrasanta vedi Berti 2005, pp. 145-168.
  17. Berti 2005, p. 171 e Gallo 2001, p. 35 (Castello Aghinolfi).
  18. Berti 2005, p. 173; Manacorda 1985, pp. 294-302 - (testo Paola Palazzo), Fig. 91.
  19. Berti 2005, p. 173. Per i ritrovamenti a Genova in via San Vincenzo vedi Mannoni 1975a, pp. 95-97; Fig. 82 / 1-3, 7 e Mannoni 1969, pp. 86-87 - nn. 18-22; Milanese 1976, p. 272; Gardini - Milanese 1978, p. 100/Tav. IX-X; Gardini 1982; Milanese 1985, pp. 29/Fig.9, 102-103/Fig. 117; Bellatalla et al. 1989, p. 387/Tabella 1; Presotto 1971, p. 39. Per i ritrovamenti a Sarzana si rimanda a Berti 2005, p. 173; Bonora 1975; Frondoni - Geltrudini 2000. Per la zona costiera si veda Berti 2005, p. 173; Benente 1992, p. 208; Gardini - Benente 1994b, pp. 49-51, 60-61/Fig. 2. Si veda anche Berti 2005, p. 174 e Deferrari et al. 1992, pp. 637, 640-641, 648, 649/Fig. 11, nn. 50-51 (Valle Stura); Milanese 1982, pp. 123-125, 128-129, 141 /Tav. I, 144/Tav. V (per la produzione albisolese con affinità alle ultime graffite “a stecca” pisane); Bernat et al. 1992, pp. 119-120, 130/Fig. 22/4-9 (Albisola); Varaldo 2001, pp. 265-269, in particolare pp. 266-268/Fig. 117 (Savona).
  20. Berti 2005, p. 174; Porcella - Ferru 1991, pp. 176, 183/Fig. 31; Rovina 1986, pp. 204, 207/Tav. II.3.
  21. Berti 2005, p. 175; Gayraud 1978; Moracchini Mazel 1973, p. 15/Fig. 20; 1976, p .24/Fig.31
  22. Berti 2005, p. 175; Amouric - Richez - Vallauri 1999, pp. 81-83, Figg. 172-180
  23. Berti 2005, p. 175; Amouric - Richez - Vallauri 1999, pp. 84-85, Figg. 181-183 (Il vasellame superstite è conservato in vari Musei pubblici e in collezioni private)
  24. Berti 2005, p. 176; Amouric - Richez - Vallauri 1999, p. 85, Fig. 184.
  25. Berti 2005, p. 176; AA. VV. 1993, pp. 40-41, Fig. 29, pp. 45, 78
  26. Berti 2005, p. 176; Amouric - Richez - Vallauri 1999, pp. 186-187.
  27. Berti 2005, p. 176; Amigues 1998, Grafici 1 e 2, pp. 210, 216/Fig. 1a-b.
  28. Berti 2005, p. 176; AA. VV. 1993, pp. 32, 71-73; Amouric - Richez - Vallauri 1999, p. 90.
  29. Clemente 2017, pp. 144-145; Giorgio 2016, pp. 355-360; Berti 2005, pp. 145-178.