Elementi di Euclide/Libro I

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Libro I: Postulati

Definizioni[modifica]

Una teoria assiomatica che si rispetti (e Gli Elementi di Euclide sono la madre di tutte le teorie assiomatiche) trova il suo naturale punto di partenza nelle Definizioni: se vogliamo comunicare una teoria senza che sorgano equivoci per la sua comprensione dobbiamo definire con esattezza gli oggetti di cui tratteremo prima che il discorso sia avviato.

Il Libro Primo degli Elementi inizia infatti proprio con una nutrita serie di Definizioni che introducono elementi di base della Geometria o costruiscono elaborati sugli elementi di base.

Qualcuno, che forse stenta a credere che Euclide abbia potuto pianificare così perfettamente una teoria assiomatica senza averne mai vista una prima, suggerisce che le definizioni siano state aggiunte a posteriori da lui stesso o da qualche allievo, forse al maturare della struttura dell'opera.

Come è come non è abbiamo davanti un'opera umana, sublime come dicono in tanti, ma umana e quindi non priva di qualche vizio.

In effetti, come è normale in ogni opera umana, alcune idee sono chiarissime, altre sono un po' oscure; alcune sono tutt'ora condivise, altre vanno un po' restaurate.

Inoltre tutta l'opera, ha un taglio un po' inanimato: è praticamente inequivocabile ma per niente "user friendly" per intenderci.

Forse questo si deve ascrivere al fatto che Euclide aveva tanto da dire (in tutto 148 fra definizioni postulati e assiomi più 468 teoremi!) mentre l'inchiostro e il papiro probabilmente costavano tanto.

Si dice degli Elementi che siano il libro più letto al mondo dopo la Bibbia. Ma quanti hanno davvero letto l'originale?


Nota Bene: Le definizioni, inserite nei riquadri azzurri, sono quelle originali di Tartaglia che le ha scritte nel lontano 1500. Non c'è da stupirsi, dunque, se l'italiano che vi si legge suona un po' buffo alle nostre orecchie. Abbiamo tuttavia trasformato in "punti" quelli che Tartaglia chiamava "ponti", onde evitare aberranti equivoci ingeneristici (mentre abbiamo lasciato stare il "ponto", ritenendo che non potesse essere pensato come "ponte").

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Definizione 1[modifica]

Il Punto è quello che non ha parte.

Per definizione il Punto, non avendo parti, deve risultare assolutamente indivisibile.

Non può avere lunghezza, larghezza, o spessore perché, in caso contrario, sarebbe possibile immaginare un altro punto con lunghezza, larghezza e spessore diversi. Quale dei due sarebbe allora il Punto?

Da ciò consegue il fatto che nella realtà il Punto non esiste: esistono solo le sue rappresentazioni grossolane, come il carattere tipografico posto alla fine di questa frase.

Bella, questa: il Punto, termine primitivo (ovvero definito senza ricorrere ad altri concetti) di una disciplina che pretende di spiegare la realtà, appartiene al mondo dell'immaginazione!

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Definizione 2[modifica]

La linea è una lunghezza senza larghezza: li termini della quale sono due punti.

La Linea dunque è qualcosa che si estende solo in lunghezza e, laddove si interrompe (l'astrazione di Euclide non richiede che sia illimitata), mostra la sua sezione che è priva di dimensioni ed è quindi un Punto.

La Linea però non può essere definita a partire dal Punto: se infatti risultasse dall'operazione di accostare l' uno all'altro un certo numero di punti, essa avrebbe una lunghezza pari alla somma di quelle dei punti accostati: avrebbe insomma lunghezza nulla e sarebbe a sua volta un Punto. Perciò, così come il Punto, anche la Linea è un concetto primitivo della Geometria e viene ispirato alla mente umana dal profilo degli oggetti reali, ovvero dal confine che essi individuano tra sé ed il resto del mondo.

Ma anche la Linea in quanto tale appartiene al mondo delle idee ed è probabile che Tartaglia abbia intenzionalmente disegnato le sue linee con il tratto grosso: voleva probabilmente convincerci che l'oggetto ideale Linea (privo di larghezza) sia ben diverso dalle sue rappresentazioni materiali (evidentemente "affettabili" per lungo).

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Definizione 3[modifica]

Quella che normalmente viene considerata la Definizione 3 del Libro 1 degli Elementi recita:

Gli estremi di una linea sono due punti.

Tartaglia, come abbiamo visto, propone una versione in cui questa definizione risulta incorporata nella precedente.

Manteniamo la scansione di Tartaglia (per coerenza nei confronti del suo lavoro, che abbiamo assunto come punto di riferimento nel nostro studio degli Elementi) ma continuiamo a numerare le definizioni secondo quanto suggerito dalle altre versioni, che sono quelle a cui più di sovente si fa riferimento.

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Definizione 4[modifica]

La linea retta è la brevissima estensione da un ponto ad un altro, che riceve l'uno e l'altro di quelli nelle sue estremità.

In un universo piano come quello immaginato da Euclide, la retta rappresenta il più breve percorso per andare da un punto ad un altro. Però, le due estremità di cui si parla nella definizione ci confondono non poco: per noi l' oggetto rettilineo delimitato da due punti è il segmento mentre, per un'abitudine contratta fin dai tempi delle elementari, la retta è quell'oggetto di lunghezza illimitata che non mette in evidenza alcuno dei suoi punti (nessun punto di partenza, nessun punto di svolta, nessun punto di arrivo).

Non ci resta che aggirare l'ostacolo riconoscendo alla retta i due estremi richiesti da Euclide ma ponendoli a distanza infinita l'uno dall'altro. E il gioco è fatto. O no?

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Definizione 5[modifica]

La superficie è quella che ha solamente lunghezza & larghezza: li termini della quale sono linee.

La Superficie è qualcosa che si estende solo in lunghezza e larghezza e, laddove si interrompe (l'astrazione di Euclide non richiede che sia illimitata), mostra la sua sezione che ha una sola dimensione e ed è quindi una Linea.

La Superficie non può essere definita a partire dalla Linea: se infatti risultasse dall'operazione di accostare l' una all'altra un certo numero di linee, essa avrebbe una larghezza pari alla somma di quelle delle linee accostate: avrebbe insomma larghezza nulla e sarebbe a sua volta una Linea. Perciò, così come il Punto e la Linea, anche la Superficie è un concetto primitivo della Geometria e viene ispirato alla mente umana dall'incompenetrabilità degli oggetti reali, ovvero dal confine che essi individuano, ad esempio, tra il proprio interno e il proprio esterno.

Anche la Superficie appartiene dunque al mondo delle idee e Tartaglia insiste molto sulla distinzione tra l' oggetto ideale e la sua rappresentazione fisica perché mentre la Superficie non ha spessore le sue rappresentazioni materiali non possono fare a meno di averne.

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Definizione 6[modifica]

Quella che normalmente viene considerata la Definizione 6 del Libro 1 degli Elementi recita:

I bordi di una superficie sono linee.

Tartaglia, come abbiamo visto, propone una versione in cui questa definizione risulta incorporata nella precedente.

Manteniamo la scansione di Tartaglia (per coerenza nei confronti del suo lavoro, che abbiamo assunto come punto di riferimento nel nostro studio degli Elementi) ma continuiamo a numerare le definizioni secondo quanto suggerito dalle altre versioni, che sono quelle a cui più di sovente si fa riferimento.

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Definizione 7[modifica]

La superficie piana è la breuissima estensione da una linea a un'altra, che riceva nelle sue estremità l'una e l'altra di quelle.

La superficie piana è, fra tutte, quella che ha il minore sviluppo. Certo, per un opportuno confronto fra lo sviluppo di superfici diverse, siamo costretti a fissare una linea di partenza e una linea di traguardo, cioè a porre dei limiti ad un oggetto che abbiamo sempre considerato illimitato.

Come nel caso degli estremi di una retta, la cosa ci turba parecchio e così proviamo nuovamente ad aggirare l'ostacolo situando i bordi della superficie a distanza infinita l' uno dall'altro. Forse così ci sembrerà di avere sufficiente respiro (ma, lo dico sottovoce, saremo nuovamente in difficoltà se cercheremo di confrontare gli sviluppi).

In effetti, man mano che le definizioni si sono susseguite, l' universo si è ampliato: siamo passati da un mondo senza dimensioni (piuttosto poco capiente, per la verità) ad uno con una dimensione sola, in cui tutto quello che esiste deve stare su una linea o su una retta e in cui nessun ostacolo può essere aggirato (se non si vuole cascare fuori dal mondo). Ora siamo giunti ad un mondo a due dimensioni in cui tutto quello che esiste deve giacere su una superficie dalla quale non ci si può sollevare nemmeno per riconoscere chi si ha davvero davanti. È di Edwin A. Abbot (Inghilterra, 1838 - 1926) l' idea di provare a descrivere la vita in questi mondi a poche dimensioni. Lo ha fatto in "Flatlandia" (1882), un racconto in certi punti un po' pedante ma nel complesso davvero geniale. I matematici lo apprezzeranno per il rigore e la coerenza che riesce ad esprimere in ogni sua parte, gli altri ne gusteranno appieno forse solo la seconda parte. Però, che gusto!

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Definizione 8[modifica]

L' angolo piano è il toccamento, & la applicazione non diretta, de l'una e l'altra due linee insieme la espansione delle quale è sopra la superficie.

Negli Elementi, l' Angolo piano è la prima figura geometrica che venga definita a partire da altre già definite. Esso infatti esiste se due linee (ente definito), appartenenti ad una superficie piana (ente definito), si toccano o si intersecano e, così facendo, individuano "fette" di piano la cui ampiezza non dipende dalla lunghezza delle linee ma dalla loro posizione reciproca.

È importante che le linee appartengano ad una superficie piana altrimenti, come dice Tartaglia, "non saria angolo piano, ma montuoso".

Inoltre bisogna notare che:

  • Qui si usa il termine Linea nell'accezione euclidea, che la vede delimitata da punti: solo così le due linee che generano l' angolo possono "toccarsi". Per attualizzare questa idea dobbiamo ricorrere ad una costruzione preventiva: prima di metterle in contatto, dobbiamo infatti porre su ciascuna linea (illimitata) un punto e cancellare quella sua parte che precede o segue il punto fissato: ciò che otteniamo, quando la linea che tronchiamo è una retta, si chiama Semiretta.
  • Ma, per definizione, le linee non sono necessariamente rette e quindi l' Angolo può benissimo essere delimitato da una o due linee curve (come nei disegni di destra). Questo per fortuna è un caso poco frequente: gli angoli che maneggiamo di solito hanno per contorno due semirette consecutive. Se queste semirette consecutive sono anche adiacenti (cioè giacciono su una stessa retta) l' angolo che esse formano si chiama oggi Angolo Piatto. Ai tempi di Euclide, invece, non solo non si dava un nome a questo angolo, ma la corrispondente costruzione, detta Applicazione Diretta, non era nemmeno considerata capace di generare angoli.
  • Nonostante questo, agli angoli non è mai mancata la compagnia: infatti ogni coppia di linee che delimita un angolo produce automaticamente un altro angolo a copertura della parte di piano non selezionata dal primo. Gli angoli vanno sempre in coppia, dunque, o addirittura a quartetti, se le due linee non si limitano a toccarsi ma si intersecano attraversandosi reciprocamente.

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Definizione 9[modifica]

Ma quando le due linee contenenti l'angolo sono linee rette, quell'angolo è detto rettilineo.

L' Angolo Piano che ha i lati rettilinei viene detto Angolo Piano Rettilineo. Non si tratta solo di un caso particolare di Angolo Piano, bensì del tipo di Angolo col quale si ha più frequentemente a che fare. Perciò il suo nome completo viene sistematicamente abbreviato in Angolo.

L' Angolo Piano Rettilineo risulta quindi essere l' Angolo per eccellenza, cosicché diventa paradossalmente necessario specificare i casi in cui ci si occupa di angoli più generali: angoli non piani o non rettilinei.

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Definizione 10[modifica]

Quando una linea retta starà sopra una linea retta, e che i due angoli contenuti da l'una e l'altra parte siano eguali: l'uno e l'altro di quelli sarà retto. Et la linea soprastante è detta perpendicolare sopra a quella, doue sopra stà..

Una Semiretta, che abbia la sua origine su una Retta, forma con questa due Angoli. Questi, se sono uguali fra loro come in figura, vengono detti Retti. E la semiretta che li separa viene detta Perpendicolare.

Se dunque il nostro Capo ci chiedesse di costruire un Angolo Retto, noi potremmo seguire le istruzioni fornite dalla presente Definizione ottenendo il risultato voluto anche in assenza di strumenti di misurazione.

Il Capo potrebbe anche darci l'ordine per telefono, se volesse. Per noi non cambierebbe niente. Gli Angoli Retti sono infatti tutti uguali fra loro. Questo perché essi sono la metà di Angoli a loro volta tutti uguali: quegli Angoli che noi abbiamo chiamiato Piatti e che Euclide ha scelto di non considerare Angoli in quanto una sola linea retta è sufficiente per delimitarli.

Se però il Capo ci chiedesse di costruire un Angolo Diverso, dovremmo farci dare un modello da copiare o con cui confrontare il nostro lavoro: il Capo dovrebbe venire da noi a darcelo o farci andare da lui a prenderlo. O almeno dovrebbe madarci un fax.

Ahhh, l'autonomia! Evviva l'Angolo Retto! Evviva la perpendicolare!

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Definizione 11[modifica]

Et l'angolo ch'è maggior del retto, si dice ottuso..

Gli Angoli "Diversi", cioè non Retti, sono tuttavia confrontabili: tra loro, naturalmente, ma anche con l'Angolo Retto che funge quindi anche da autorevole grandezza di riferimento.

Un Angolo che sia maggiore di un Angolo Retto e minore di due Angoli Retti (misura limite per Euclide) viene detto Angolo Ottuso.

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Definizione 12[modifica]

Et l'angolo che è minor del retto, è detto acuto..

Al contrario, un Angolo che sia minore di un Angolo Retto viene detto Angolo Acuto.

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Definizione 13[modifica]

Il termine è quello, che è fine della cosa..

Come ognuno di noi, anche ogni figura geometrica ha i suoi limiti.

Si tratta però di limiti che hanno meno varietà dei nostri e che, contrariamente a quel che accade a noi, le rendono più trattabili anziché più intrattabili.

I limiti (detti anche confini) di una figura geometrica possono essere:

  • punti (come nel caso degli estremi di un segmento);
  • linee (come nel caso dei lati di una figura piana);
  • superfici (come nel caso delle facce di una figura solida).

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Definizione 14[modifica]

La figura è quella che è contenuta sotto uno, ouer più termini..

Esistono dunque figure geometriche senza limiti?

A rigori no: un Piano illimitato non è una Figura geometrica ma un Ente geometrico.

Nemmeno una Linea illimitata (che sia retta o non retta non importa) è una Figura geometrica e men che meno lo è lo Spazio.

Ma che dire della Circonferenza?

Sebbene non abbia estremi io non avrei dubbi a classificarla come Figura geometrica.

Il caso opposto è rappresentato dal Punto: sebbene sia difficile immaginarsi qualcosa che abbia più limiti di un Punto, esso è senza dubbio un Ente geometrico e non una Figura geometrica. In Geometria non piove sul bagnato.

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Definizione 15[modifica]

Il cerchio è una figura piana contenuta da una sola linea, la quale è chiamata circonferentia, in mezzo dellaqual figura è un ponto, dalqual tutte le linee rette, ch'escano, & uadano alla circonferentia sono fra loro equali..

Ecco dunque la prima definizione relativa ad una Figura geometrica: la definizione di Cerchio.

Per essere un Cerchio una figura deve sottostare a tre condizioni imprescindibili:

  • Innanzitutto essere una Figura piana (e non "montuosa" come puntualizza Tartaglia).
  • In secondo luogo deve essere delimitato da una sola linea detta Circonferenza (una delle due figure geometriche senza limiti che abbiamo visto alla def.I-14)
  • In terzo luogo deve essere possibile individuare al suo interno un Punto che si trovi alla stessa distanza da ogni punto della Circonferenza.

Per chiarire la selettività delle condizioni, si guardino ad esempio le Figure geometriche ai lati:

Esse sono entrambe piane e delimitate da un'unica linea. Tuttavia, non essendo possibile individuare in esse un Punto che si trovi alla stessa distanza da ogni punto della Circonferenza, esse non sono Cerchi.

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Definizione 16[modifica]

Quel tale ponto è detto centro del cerchio.

Questa definizione segue dalla precedente e chiama Centro il punto la cui esistenza determina anche l'esistenza del Cerchio.

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Definizione 17[modifica]

Il diametro del cerchio è una linea retta, laqual passa sopra il centro di quello, & applica le sue estremità alla circonferentia, & diuide il cerchio in parte equale..

Una volta che se ne è individuato il Centro, è possibile bisecare un Cerchio (tagliarlo a metà) operando come segue:

si traccia un segmento che passi per il Centro ed abbia i suoi estremi sulla Circonferenza. Tale segmento viene chiamato Diametro ovvero "misuratore della metà" (composto delle parole greche dià = mezzo e mètron = misura).

Le due parti di Cerchio così individuate sono infatti uguali per via della natura stessa del Centro, già definito come punto equidistante da tutti i punti della Circonferenza. Estendendo l'idea anche ai punti del Cerchio interni alla Circonferenza, non è difficile intuire Nota che ad ogni punto situato da una parte del Centro ed a una certa distanza da esso, ne corrisponde un altro dall'altra parte.

Questo vale, naturalmente, a patto che il Cerchio sia costruito su una superficie piana: in caso contrario la bisezione non è affatto scontata.

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Definizione 18[modifica]

Il mezzo cerchio è una figura piana contenuta dal diametro del cerchio, & dalla metta della circonferentia..

Come conseguenza di quanto detto nella definizione precedente, la Figura Geometrica delimitata dal Diametro e da una Semicirconferenza si chiama Semicerchio.

Portion di cerchio è una figura piana contenuta da una linea retta e da una parte della circonferentia maggior, o minor del mezzo cerchio..

Alternativamente, un segmento che unisca due punti della Circonferenza senza passare per il Centro si dice Corda. Il settore di cerchio generato da una Corda non coincide mai con un Semicerchio bensì con una porzione del Cerchio che sarà maggiore del Semicerchio se contiene il Centro e minore del Semicerchio in caso contrario.

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Definizione 19[modifica]

Le figure rettilinee sono quelle che sono contenute da linee rette, dellequali alcune sono trilatere, lequal sono contenute da tre linee rette, alcune quadrilatere, lequal sono contenute da quattro linee rette, alcune moltilatere, lequal son contenute da più di quattro linee rette.

Figure: convessa a sinistra e concava a destra

Quando classifichiamo le Figure Rettilinee Piane siamo soliti dare loro un nome che evoca il numero di angoli che esse possiedono. Perciò chiamiamo triangolo la stessa figura che Euclide chiama trilatero; pentagono il pentalatero e così via. Siamo d'accordo solo sul quadrilatero.

Euclide preferiva parlare di lati poiché negava la natura di angolo agli angoli maggiori dell'angolo piatto e dunque non avrebbe saputo distinguere fra alcune figure convesse ed altre concave. Per un'immagine interattiva

Una figura convessa infatti si riconosce dal fatto che qualsiasi coppia di punti che le appartengano individua un segmento interno alla figura stessa. Per questo motivo essa possiede solo angoli minori dell'angolo piatto, ovvero possiede solo angoli che anche Euclide riconosce come tali (la figura A del link richiamato sopra).

Una figura concava invece è tale che qualche coppia di suoi punti individua un segmento che esce dalla figura stessa. Questo implica che essa possiede almeno un angolo maggiore dell'angolo piatto, ovvero un angolo che Euclide non riconosce come tale (le figure B e C del link richiamato sopra).

Come avrebbe dunque potuto Euclide contare gli angoli delle figura concave?

Certo, avrebbe potuto stabilire che un angolo concavo equivaleva a due angoli. Ma in questo caso come poteva distinguere un pentagono convesso da un quadrilatero concavo?

Alternativamente avrebbe potuto stabilire che un angolo concavo equivaleva a nessun angolo. Ma in questo caso come poteva distinguere un pentagono convesso da un esagono concavo?

No, no. Per Euclide era meglio, molto meglio, contare i lati!

Tuttavia, una volta guadagnati alla geometria anche gli angoli che superano l'angolo piatto, non c'era più motivo di preferire una nomenclatura all'altra. Il fatto che noi si preferisca chiamare quasi tutte le figure richiamando il numero dei loro angoli anziché quello dei loro lati è forse dovuto al fatto che questo nome suona meglio di quello vecchio. O forse è dovuto all'eterno desiderio delle nuove generazioni di contraddire (almeno formalmente) le vecchie.

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Definizione 20[modifica]

Delle figure di tre lati una è detta triangolo equilatero, & questo è quello, ch'è contenuto sotto di tre lati equali: l'altra è detta triangolo isocelo, e quello che è contenuto solamente sotto di duoi lati equali: l'altro è detto triangolo scaleno, & questo è quello, che è contenuto sotto di tre lati inequali..

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In questa definizione le Figure Trilatere (triangoli) vengono classificate secondo le caratteristiche attribuibili ai loro lati:

  • Con tre lati fra loro uguali un triangolo viene detto Equilatero;
  • Con due lati fra loro uguali un triangolo viene detto Isoscele;
  • Se nessuno dei tre lati è unguale all'altro un triangolo viene detto Scaleno.

Si può aggiungere che oggigiorno il triangolo Equilatero viene considerato un caso particolare di triangolo Isoscele e che dunque la nostra classificazione dei triangoli secondo le caratteristiche dei lati si limita a due categorie.

Si tratta di un piccolo assaggio dell'enorme interesse che la matematica moderna (e quindi anche la geometria moderna) mostra per la generalizzazione. L'individuare leggi generali, alle quali possano sottostare anche i casi particolari, consente infatti di tenere a mente una sola teoria con alcune varianti anziché diverse teorie complete. Cosa che, per gente sempre indaffarata come noi, non è un vantaggio da buttare via.

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Definizione 21[modifica]

Anchora di queste figure di tre lati una è detta triangolo ortogonio, & questo è quello, che ha un angolo retto: l'altra è detta triangolo Ambligonio, & è quello, che ha un angolo ottuso, l'altra è detta triangolo Oxigonio, & questo è quello che ha tutti li suoi tre angoli acuti..

In certe definizioni la traduzione di Tartaglia mostra i segni del tempo. Questa è una di quelle e richiede un ulteriore traduzione in italiano corrente:

  • il Triangolo Ortogonio, che possiede un angolo retto, corrisponde ovviamente al nostro Triangolo Rettangolo;
  • il Triangolo Ambligonio, dotato di un angolo maggiore del retto, corrisponde al Triangolo Ottusangolo (attenzione: nel disegno di Tartaglia l'angolo ottuso è praticamente retto e confonde un po');
  • il Triangolo Oxigonio, i cui angoli sono tutti minori del retto, corrisponde al Triangolo Acutangolo.

Possiamo immaginarci un triangolo dotato di più angoli retti od ottusi? No?

Prima o poi dovremo dimostrare se manchiamo di immaginazione o siamo nel vero. Cominciamo a pensarci.

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Definizione 22[modifica]

Ma delle figure di quatro lati una è detta quadrato, ilqual quadrato è de lati equali, & de angoli retti: l'altra è detta tetragono longo, & questa è una figura rettangola, ma non equilatera: l'altra è detta, helmuaym, ouero rhombo, laquale è equilatera, ma non è rettangola: l'altra è detta simile helmuaym, ouero rhomboide, laquale ha li lati oppositi equali, & similmente li angoli opposti equali, tamen quella non è contenuta da lati equali, ne da angoli retti: & tutte le altre figure quadrilatere, eccetto queste, sono chiamate helmuariphe, ouero, trapezzie..

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Tutte le Figure Rettilinee possono essere generate combinando opportunamente dei Triangoli. Questa consapevolezza dovrebbe suggerirci di arrestare qui la classificazione delle Altre Figure Rettilinee.

Tuttavia esistono composizioni di Triangoli che sono particolarmente interessanti e che meritano dunque un Nome che ci permetta di riconoscerle immediatamente e di associare ad esse le loro caratteristiche più utili ed interessanti. C'è dunque proprio bisogno di un approfondimento nella classificazione.


Questa definizione si occupa appunto di classificare le Figure Quadrilatere sia con riferimento alle caratteristiche dei loro lati sia a quelle dei loro angoli.

Euclide e Tartaglia sviluppano la loro classificazione dal caso più particolare al più generale dicendo che fra i Quadrilateri si possono riconoscere quattro forme speciali (iniziale maiuscola) ed una assolutamente generica (iniziale minuscola):


  • il Quadrato è un quadrilatero con tutti i lati uguali e tutti gli angoli retti (figura A);
  • Il Rettangolo è un quadrilatero che ha i lati opposti a due a due uguali e tutti gli angoli retti (figura B);
  • Il Rombo è un quadrilatero che ha tutti i lati uguali e gli angoli opposti a due a due uguali ma mai retti (figura c.d.e.f.);
  • Il Parallelogramma è un quadrilatero che ha i lati opposti a due a due uguali e gli angoli opposti a due a due uguali ma mai retti (figura g.h.i.k.);
  • I trapezi, invece, sono tutti i quadrilateri che non hanno le caratteristiche indicate nella classificazione precedente.

Più affascinante mi sembrerebbe tuttavia una classificazione dinamica, dal caso più generale a quelli più particolari. Nel caso dei Quadrilateri si potrebbe dire:

  • Prendi un Quadrilatero Qualsiasi e sappi che è un trapezio;
  • Prendi un trapezio, pretendi che i suoi lati opposti siano a due a due uguali e ottieni un Parallelogramma;
    • Prendi un Parallelogramma, pretendi che tutti i suoi lati siano uguali e ottieni un Rombo;
    • Prendi di nuovo un Parallelogramma, pretendi che i suoi angoli siano tutti retti e ottieni un Rettangolo;
      • Prendi un Rombo, pretendi che abbia gli angoli tutti retti e ottieni un Quadrato;
      • Prendi un Rettangolo, pretendi che abbia tutti i lati uguali fra loro e ottieni di nuovo un Quadrato.

Il Quadrato è un caso particolare di Rombo ma anche un caso particolare di Rettangolo. Insomma è un caso particolare di casi particolari di Parallelogramma.

Da qualsiasi punto di vista lo si guardi, il Quadrato è un caso particolare "al quadrato".

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Definizione 23[modifica]

Le linee equidistante, ouero parallele sono quelle che sono in una medesima superficie collocate, & che protratte nell'una & l'altra parte non concorrano, etiam se siano protratte in infinito.

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Parallele (ovvero Equidistanti) sono tutte quelle linee Rette che giacciono sulla stessa stessa superficie piana e che sono prive di punti di intersezione. La mancanza di punti di intersezione deve realizzarsi non solo nella parte visibile del disegno ma anche nei suoi prolungamenti ideali.

Se così non fosse ci sarebbero zone in cui la distanza fra le rette è maggiore di zero ed altri in cui la stessa è zero: allora, addio equidistanza!

Due rette che abbiano un punto in comune possono dirsi Parallele solo se, oltre a quel punto, hanno in comune anche tutti gli altri punti. In tal caso la distanza fra i punti corrispondenti delle Rette in questione sarebbe sempre nulla e quindi il rapporto fra le due sarebbe compatibile con l'idea fondamentale di equidistanza.

D'altra parte, due rette che giacciano su Superfici piane diverse e non abbiano punti di intersezione non sono necessariamente Parallele: se le loro direzioni sono diverse, infatti, i loro punti corrispondenti non saranno affatto equidistanti. Ecco perché la definizione richiede espressamente che le Rette siano complanari.

Alla luce di tutti questi ragionamenti, domandiamoci: sono parallele le rette del disegno qui a fianco?


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