Ceramica a Pisa/Contatti con ceramiche di importazione: differenze tra le versioni

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[[Categoria:Ceramica a Pisa|Contatti con ceramiche di importazione]]

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Indice del libro

Durante tutto il Medioevo la Repubblica di Pisa ha avuto un ruolo fondamentale nei commerci del Mediterraneo. La sua influenza le ha consentito di poter avere contatti con diverse culture quali ad esempio quelle islamiche e binzantine. Questo aspetto ha permesso alla città di poter importare nei suoi territori diversi tipi di merci. In questa sede ci contreremo soltanto sulle ceramiche importate che giocarono un ruolo fondamentale in quanto stimolarono una lunga e ricca tradizione manifatturiera locale che, fino al XII secolo, era rimasta legata ad una produzione di valessame tecnicamente obsoleta.

Aree di provenienza delle ceramiche

La presenza a Pisa di ceramiche d’importazione, provenienti da vari centri, è dovuta al grande ruolo ricoperto dal porto pisano nei commerci mediterranei. Esso era infatti, almeno in Toscana, una tappa obbligata per tutte le merci che provenivano da paesi esteri. Pare dunque ragionevole pensare che molte, se non tutte, le ceramiche di importazione trovate in altri contesti fuori città, siano dovute passare per forza dalla dogana pisana. Le ceramiche “esotiche” importate a Pisa tra la fine del X e la metà circa del XIV secolo coprono un repertorio molto vasto, che tocca quasi tutti i maggiori centri produttori di vasellame del Mediterraneo. Troviamo infatti in città testimonianze provenienti da:

  • aree sotto l’influenza islamica come l’al-Andalus, le isole Baleari, la Sicilia Islamica, la Tunisia e forse il Marocco;
  • aree bizantine;
  • aree costiere della penisola italiana come quella brindisina, salernitana, siciliana (non più islamica) e ligure;
  • alcune zone del Vicino Oriente e l’Egitto, che per la sua particolare posizione geografica rappresenta un punto cardine che collega le ceramiche di provenienza islamica con quelle del Vicino Oriente e quelle bizantine.
L'espansione di Pisa nel Mar Mediterraneo

Fino al XII secolo sui perimetrali esterni e i campanili delle chiese pisane troviamo murati soltanto prodotti ceramici importati da varie località del Mediterraneo, che arrivano prevalentemente dalle zone occidentali poste sotto l’influenza islamica e, soprattutto, dall’al-Andalus. Non mancano tuttavia “bacini” dalla Tunisia e dalla Sicilia islamica, dall’Egitto e dal Vicino Oriente e anche dall’area bizantina. Dalla fine del XII secolo si cominciano inoltre ad importare e ad impiegare come “bacini” anche le ceramiche rivestite di produzione savonese e fabbricate in diversi centri dell’Italia meridionale peninsulare. A partire dalla prima metà del XIII secolo, infine, si usano come bacini le “maioliche arcaiche” di fabbricazione locale. Tra la fine del XIII e i primi decenni del XIV le ceramiche utilizzate come “bacini” sono quasi esclusivamente di produzione pisana

La tecniche produttive delle ceramiche importate

Tecnica Tipo di decorazione
Ceramiche Invetriate (vetrina piombifera)
  • Policrome
  • Bicrome
  • Monocrome
Ceramiche Smaltate (smalto stannifero)
  • Policrome
  • Bicrome
  • Monocrome
Ceramiche Ingobbiate e invetriate (vetrina piombifera)
  • Policrome (“Glazed Reserved Slip-ware”)
  • Bicrome (“Glazed Reserved Slip-ware”, “Glazed Slip-ware with Green Splashed Decoration”)
  • Monocrome
  • Monocrome graffite
  • Policrome graffite (“Zeyxippus ware. Class II” e savonesi)
Ceramiche eseguite con tecniche particolari
  • Decorate a “Lustro metallico”
  • Decorate a “Cuerda seca” totale
  • Decorate a “Cuerda seca” parziale
  • Decorate a “boli gialli e fondo verde”
  • Decorate con “rotellatura” o “solcate”

Le ceramiche alle quali si avvicinano di più i manufatti prodotti a Pisa a partire dai primi anni del XIII secolo sono quelli provenienti dall’al-Andalus e dalle isole Baleari, che condividono la particolarità di avere un doppio rivestimento sulle superfici del recipiente. Infatti, in entrambe le aree geografiche si registra l’uso di coperture diverse sulle superfici interne ed esterne. Da una parte abbiamo lo smalto stannifero bianco che va a ricoprire la parte principale, mentre la superficie secondaria veniva nella maggior parte dei casi rivestita da una vetrina piombifera che poteva essere incolore, gialla o verde.

I bacini ceramici provenienti invece dalle aree bizantine, come le coste medio-orientali del Mediterraneo, l’area egeo-anatolica e dell’Attica, e quelle che provenivano dalle zone liguri, hanno la caratteristica di essere rivestite di ingobbio sotto la vetrina piombifera. Possono essere monocromi, policromi o bicromi, arricchiti o meno da decorazioni graffite e rivestiti da vetrine piombifere incolori o colorate[1].

Usi delle ceramiche importate e le loro caratteristiche tecnologiche

Brocca triansata in maiolica monocroma dell'al-Andalus importata tra la fine del XI - inizi del XII secolo per la mescita di liquidi a tavola.

Le ceramiche giunte in città tra il Mille e il Trecento hanno trovato due impieghi distinti. Alcune, sono state usate in casa sulle mense, sia in forme aperte (prevalenti) sia in forme chiuse (boccali, alberelli, etc.).

Altre invece, tutte forme aperte variamente rivestite quali scodelle, catini, piatti, ciotole, ect., furono usate per ornare le murature esterne degli edifici religiosi cittadini. Queste ceramiche vengono comunemente chiamate dagli studiosi "bacini ceramici". Non si sa con precisione perché tali ceramiche furono usate come elemento decorativo architettonico; a tal proposito si sono susseguite nel tempo diverse ipotesi. Ad esempio, lo storico dell’arte Gaetano Ballardini affermava che l’impiego architettonico di tali ceramiche proviene da usi radicati in età più antica. Un'altra ipotesi vede l’apposizione di tali manufatti nelle chiese pisane come esaltazione della potenza militare della Repubblica reduce da alcune vittorie nei confronti di popoli islamici. Ad esempio nel 1087 una spedizione pisana compì una razzia a Mahdia (Tunisia), e con il bottino si potè finanziare la costruzione della chiesa di San Sisto. Dunque i bacini sarebbero stati importati in un primo momento a Pisa come bottino di guerra e come tale ostentati sulle facciate degli edifici religiosi. Tanti studiosi invece sostengono che tale usanza fosse stata legata a fattori estetici ed economici. Infatti l’uso dei bacini come abbellimento architettonico è stato preferito alle tarsie in marmo o ad altre pietre in quanto meno costosi ma in grado comunque di dare colore alle facciate delle chiese.

Le principali chiese decorate con bacini ceramici

Note

  1. Berti - Giorgio 2011, pp. 27, 52-53