Caccia tattici in azione/URSS

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Per cominciare: le armi dei caccia russi[modifica]

La ShKAS[1][modifica]

Tra le armi sovietiche, tutte caratterizzate da un'elevata potenza di fuoco, anche se non necessariamente da un'elevata letalità dei colpi singoli, merita particolare attenzione la ShKAS, da 7,62x54 mm. Essa era una mitragliatrice ultrarapida capace di tirare 1.800 c.min alla velocità iniziale di 775-825 m.sec. Non solo, ma la Ultra ShKAS arrivava a circa 3.000 c.min. La sigla significa Shpitalny-Komaritski Aviatsionny Skorostrelny, ovvero un sistema a fuoco rapido per aerei. Fu a suo tempo una delle più innovative armi aeronautiche, allorché apparve non c'erano altre mitragliatrici così rapide e probabilmente non ce ne sono state nemmeno in seguito, a parte quelle multicanna. Bisogna ricordare che all'epoca -anni '30- erano piuttosto comuni armi come le Vickers, che sparavano circa 500-600 c.min, quindi un'inezia rispetto a queste nuove e rabbiose armi sovietiche. Disegnata da Shpitalniy e Komaritsky, entrò in produzione nel '34, giusto in tempo per armare il nuovo caccia ad alte prestazioni, l'I-16. Questo e le relative armi si possono ben considerare antisignani dell'F-104 e del suo cannone Vulcan, apparsi 20 anni dopo. All'epoca non c'erano caccia così veloci né armi dal volume di fuoco così elevato. Del resto l'I-16 era piccolo ed era necessario concentrare in un piccolo volume una grande potenza. Queste mitragliatrici l'ottenevano grazie ad un sistema a revolver con ben 10 camere di scoppio; stranamente, i Sovietici furono rapidi nell'applicare questo sistema, mentre saranno poi estremamente lenti nell'usarlo per i cannoni di calibro maggiore (cannoni-revolver), diventati in Occidente un concetto normale. Queste camere rotanti consentono un maggior ritmo di fuoco senza un eccessivo surriscaldamento, mentre la massa rinculante era necessariamente piccola, pesando solo 921 grammi, sì da ridurre l'inerzia e consentire un processo di fuoco rapido. Pare che le prime versioni fossero prive di sincronizzatore di tiro, ma la cosa significherebbe che i primissimi I-16 fossero armati con altre armi meno recenti. Dal '36 la cosa era comunque risolta, e le ShKAS erano lo standard per i caccia I-16 e i bombardieri SB-2. Le munizioni perforanti-incendiarie di nuova concezione erano efficaci, ma il rendimento complessivo non è mai stato univocamente riconosciuto. Per i piloti spagnoli, le mitragliatrici di questo tipo erano talvolta capaci di 'segare un aereo in due', spesso invece descritte come capaci di abbatterlo solo tirando 'alla nuca del pilota', specie per gli aerei tedeschi, che a differenza di quelli italiani erano costruti in metallo. Per gli I-16 vennero studiati molti tipi di armamento, inizialmente avevano solo due armi nel muso sincronizzate con l'elica bipala, poi ebbero anche le armi da 7,62 alari, che però -data la scarsa stabilità longitudinale del velivolo- non furono un grande miglioramento. Nel '39 vennero prodotte le Ultra-ShKAS, ma poche vennero usate per via di problemi di affidabilità considerando che una tale cadenza di tiro era davvero al limite per un'arma monocanna, e forse anche oltre. Soprattutto, ci si concentrò su armi di maggior calibro ed efficacia. Quanto a questa, si considerava che 4 di queste armi, installate su I-153 e I-16, potessero piazzare 5 proiettili per m2 a distanza di 400 m, il che -almeno in teoria- era un eccellente risultato, specie contro i caccia dell'epoca -anni '30- che non avevano corazze protettive (eccetto proprio quelli sovietici, iniziando dall'I-16). Non solo, ma risulta -almeno in teoria- che ancora a quella distanza, fossero capaci di perforare ben 11 mm di acciaio (si consideri che spesso i caccia degli anni '40 non avevano che 8-10 mm di protezione, anche per il sedile del pilota, e che i combattimenti usualmente avvenivano a distanze molto minori), una potenza che a corta distanza aumentava ulteriormente, probabilmente almeno una quindicina di mm attorno ai 100 m (molto di più dei soliti 10-12 mm delle armi leggere dell'epoca), mentre la densità di proiettili avrebbe dovuto essere, a 100 m, circa 16 volte maggiore che a 400, ovvero 80 per m2. I colpi di per sé pesavano 9,6 grammi l'uno, tra i più leggeri per le armi di questo calibro, ma in totale con 4 armi se ne potevano tirare un quantitativo pari a circa 6.000/min, pari a 960 gr/sec. L'installazione di 4 armi e 650 colpi per arma (2.600 totali) richiedeva solo 160 kg (40 kg per le mitragliatrici) e uno spazio limitato. Insomma, un'arma forse non così efficace per via della piattaforma di tiro, ma di per sé senz'altro degna di nota. Nel prosieguo della guerra venne sempre più sostituita con quelle da 12,7 e 20 mm, senza particolari rimpianti, visto che oramai la sua epoca volgeva al termine.

Il rinnovo della V-VS[modifica]

Per i sovietici, i tardi anni '30 furono un momento cruciale, in cui molte cose vennero decise circa il futuro della nazione e del suo poderoso apparato militare. Purtroppo quest'ultimo venne talmente malridotto dalla follia persecutoria delle 'Purghe staliniane' che resterà del tutto inefficiente rispetto agli invasori Tedeschi, pure governati da una dittatura ferocissima, ma che se non altro non aveva distrutto le F.A. per garantirsi l'assenza di opposizione interna. Tra i problemi c'era il rinnovo dell'aviazione: i sovietici, un po' come gli italiani, si erano ritrovati negli anni '30 con una flotta aerea molto moderna, e per giunta, di grandi proporzioni; ma ora, aerei come gli I-16 e SB-2 non erano più del tutto up-to-date, e occorreva sostituirli. Ma con che cosa? Finita l'era dei Polikarpov, avanzavano altri OKB con delle idee valide.

Gli Yakovlev[modifica]

La prima generazione[modifica]

Tra questi, in particolare c'era Yakovlev, un giovane progettista (classe 1906, come Mikoyan) e passato al Polikarpov OKB nel '31, ma già autore di un bombardiere leggero, lo Yak-4, che aveva aperto la via ad un nuovo progetto, un caccia dotato di un Klimov M-106, motore V-12 a liquido. Le specifiche vennero rese note il 29 luglio 1939, appena prima della guerra, e fu chiaro che i nuovi caccia sovietici sarebbero stati dotati di motori a cilindri in linea, seguendo il trend occidentale, e anche il fallito tentativo di Polikarpov con l'I-17.


C'erano due tipi di aerei chiesti, che furono l'I-26-1 (o Ya-26 o N.26), con motore normale M105 (evoluzione dell'HS Y-12 francese) e 'soli' 620 kmh a 6.000 m, 600 km di autonomia e salita a 10.000 m in meno di 11 minuti (ma vi sono anche fonti che lo descrivono come destinatario dell'M106 da 1.350 hp, solo che non era disponibile al momento e ci si dovette accontentare del '105 e i suoi 1.050 hp). L'armamento doveva essere di due ShKAS e una Berezion BS da 12,7 mm. L'I-26-2 era invece dotato del motore in versione turbo, e quindi capace di 650 kmh a 10.000 m, anche se armato solo di due ShKAS. Yakovlev era stato un disegnatore di validi aerei sportivi prebellici, un po' come Mitchell e Castoldi. Il motore M-106 però era in ritardo e così si dovette ripiegare sull'M-105P, mentre in compenso si decise che i nuovi caccia avrebbero avuto un cannone da 20 tra il motore, uno ShVAK.

Il primo I-26-1 volò appena pochi mesi dopo, il 13 gennaio 1940 (l'uscita di fabbrica era di 12 giorni prima). Era un bell'aereo ed ebbe un nome adatto: 'Krasavits', che significa bella donna. Non dev'essere stato facile realizzare un tale aereo in così poco tempo, ma i tempi stringevano e i Tedeschi, che ebbero contatti intensi con i Sovietici, avevano loro mostrato quanto avanti fossero nella tecnologia, quella che sugli aerei russi mancava, così come il 'controllo di qualità'. Quest'ultimo problema era davvero grave, e non si capisce come mai la nazione che aveva bruciato la concorrenza internazionale con gli I-16, SB-2, Tu-2, DB-3 e altri tipi avanzati, adesso soffrisse così malamente di incapacità produttiva. Il prototipo aveva molti problemi e finì, causa surriscaldamento, per 15 volte in atterraggio d'emergenza. Il 25 aprile in un incidente morì il collaudatore, che eseguì un paio di rollii consecutivi a bassa quota: durante il primo il carrello si sarebbe sbloccato e durante il secondo l'ala venne perforata dal carrello, rendendo l'aereo ingovernabile. Visto che questo prototipo era stato relegato solo a voli tecnici, forse il pilota era frustrato dal fatto che l'altro prototipo, costruito grazie agli insegnamenti del primo, già era impegnato in manovre acrobatiche. Sta di fatto che la perdita dell'aereo fu dovuta, guasto tecnico a parte, alla sua inosservanza del piano di volo, che era pensato solo per provare il motore, fonte di tanti problemi in passato.

I problemi della produzione erano legati anche alla scarsa qualità dei componenti usati, così da frustrare le caratteristiche previste da Yakovlev. Il secondo prototipo aveva un peso maggiore di 400 kg rispetto al progetto, e questo tra le altre cose affliggeva la robustezza strutturale del piccolo caccia, limitandolo ad appena 4,4 g; se il motore si surriscaldava era anche colpa del peso in eccesso, che lo 'tirava per il collo' durante il decollo. Lo I-26-1 era peraltro in buona compagnia, infatti anche i diretti avversari-competitori I-200 (MiG-1/3) e I-301 (LaGG-1/3) erano afflitti da parecchi problemi e lo Yak era tutto sommato 'il meno peggio'. Così si arrivò ad una situazione paradossale: tutti e tre i caccia fallirono i test nel '40, per l'accettazione in servizio; ma tutti e tre vennero posti ugualmente in produzione. Nel caso Yakovlev, il modello di produzione fu basato sull'I-16-3, consegnato solo il 13 ottobre 1940 e che riuscì a passare i test del 9 dicembre (quando se non altro era minore il rischio di'surriscaldamenti' dato il tipico clima russo). Tutti questi aerei erano grossomodo coevi del Macchi MC.202, ma la differenza era che quest'ultimo derivava da un velivolo non eccelso, ma pur sempre molto utile per guadagnare esperienza (l'MC.200), mentre i nuovi OKB erano del tutto privi di tale esperienza, mentre l'unico OKB che ce l'aveva, Polikarpov, era caduto in disgrazia senza dare successori diretti.

Per guadagnare tempo prezioso lo Yak-1 venne ordinato già il 19 febbraio 1940, ovvero un mese dopo il primo volo, pur di risparmiare tempo utile. Nel frattempo erano ordinati anche gli I-200 e I-301 come produzione in serie. Lo Yak era decisamente meno veloce del MiG e meno armato del LaGG, ma non di molto; in compenso, era molto più agile di entrambi e a bassa quota aveva eccellenti prestazioni, nonché avvantaggiato dall'aver cominciato prima i test. E poi, non ultimo per merito, Yakovlev era favorito da Stalin.

Ma nondimeno il piccolo Yak-1 ebbe bisogno di un numero impressionante di modifiche, paragonabile quasi a quello del grosso P-38 Lighting americano: quasi 8.000 vennero fatte nel solo '41, altre 7.000 nel'42 e 5.000 nel '43. Tutto questo per un caccia estremamente semplice e leggero. C'erano problemi di tutti i tipi, soprattutto di materiali di qualità, ruote, motori, cannoni. L'aereo era di costruzione mista, per cui il rivestimento era in compensato, ma questo tendeva a rovinarsi con l'esposizione agli elementi. Poi ci si misero i Tedeschi: il 23 giugno 1943, la principale fabbrica, la N.292, venne incenerita da bombardieri tedeschi. Eppure appena 6 giorni dopo si riuscì a riprendere la produzione dell'aereo. La sua costruzione richiedeva tolleranze non eccessivamente difficili da ottemperare: in pratica ogni aereo era un caso a sé, con pezzi spesso incompatibili tra di loro o da rilavorare, si potevano fare scoperte come la differente lunghezza del carrello d'atterraggio tra i suoi due elementi principali, mentre non erano infrequenti i casi in cui le parti non erano intercambiabili tra i vari modelli, con conseguenze non certo positive per l'efficienza ai reparti. Eppure, nonostante tutte queste difficoltà, la produzione terminò solo nel luglio 1944 dopo circa 8.700 esemplari costruiti.

Nonostante tutto, il 22 giugno 1941 erano già stati costruiti 425 Yak-1, anche se molti non erano ancora assemblati o comunque non in carico ai reparti. Già entro la fine del '40 erano stati consegnati 64 Yak-1, 80 MiG-1 e un singolo Pe-2. Circa 330 Yak-1 erano in servizio o comunque disponibili quando la Germania attaccò l'URSS. Questa nel frattempo cercava di aumentare la produzione a 50 aerei al giorno rispetto ai 26 di qualche tempo prima, per cercare di rinnovare la propria linea di aerei da combattimento. DI quelli moderni, circa 2.000 erano disponibili al giugno 1941, in teoria sufficienti per tenere testa a circa altrettanti della LW. Ma in pratica non andò così e i sovietici subirono tra i 1.200 (cifra da loro ammessa) e 1.800 perdite (dichiarate dalla LW) già nel primo giorno, in cui venne fatto l'attacco aereo più massiccio mai svolto contro aeroporti nemici. Già poche ore dopo l'inizio c'erano almeno 800 aerei sovietici distrutti al suolo. Ma il movimento per preparare quest'attacco devastante non era passato inosservato, 3.000 aerei e 3 milioni di soldati non erano invisibili ai servizi sovietici d'informazione, che avevano allertato Stalin. Il dittatore però di fatto non riusciva a credere a una tale possibilità e così non fece niente. Nemmeno per difendere un suo agente segreto che lo allertò da Tokyo, e che venne accusato di essere un falsificatore di informazioni: e invece, avendo avuto ragione, avrebbe potuto mettere in cattiva luce Stalin, così quando venne processato e giustiziato per spionaggio non si mosse un dito per salvare l'uomo che aveva dato un'informazione vitale (non fu il solo) per prevenire la più sanguinosa campagna militare dopo Gengiz Khan.

In azione, ignari dei 'dietro le quinte' storici, mentre i tedeschi avanzavano inesorabilmente, i piloti delle due parti si sfidavano soprattutto nelle missioni che avevano come tema principale il supporto alle truppe di terra o il contrasto di queste e dei loro aerei di supporto. Così i combattimenti andavano a verificarsi sotto i 6.000 m, spesso sotto i 4.000. I MiG erano messi molto male in tale condizione, ma non gli Yak-1, che invece, nonostante tutto, erano ottime macchine da combattimento (e certo sarebbero state molto migliori se avessero avuto delle maestranze e delle materie prime adatte, inclusa una costruzione all-metall). La velocità di virata era tale da far loro compiere un giro completo in appena 17 secondi (con lo Yak-1M). Per dare un'idea, questo è pari a circa 1-2 secondi meno di quanto faccia il MiG-29 (ma a velocità più alte, per cui la sua cellula è stressata a 9 g), mentre è più del doppio degli 8 secondi fatti registrare dal prototipo dello I-15. Ma i nuovi monoplani non potevano essere altrettanto agili, data l'enfasi della velocità massima sull'agilità e sul basso carico alare. Il MiG-3, invece, era scarso a maneggevolezza e prestazioni a bassa quota, e l'armamento troppo leggero non gli consentiva un buon risultato nemmeno come attacco al suolo. Il LaGG-3, la versione passata in produzione del Lavockhin, era un aereo tutto in legno, e ovviamente, dato il livello della produzione, non poteva che essere anche peggiore. Invece lo Yak aveva fusoliera con tubi d'acciaio e così restava più affidabile e robusto.

Il LaGG, data l'inesperienza delle maestranze con questo tipo di costruzioni, risultava pesante ai comandi e in azione, tanto che certi aerei risultavano persino 100 kmh più lenti di quanto avrebbero dovuto fare. Il prototipo era invece in grado di raggiungere 605 kmh, quindi un caccia di tutto rispetto, ma già afflitto da comandi troppo pesanti per un caccia. Era peraltro ideale come macchina d'appoggio tattico e caccia a bassa quota, visto che se non altro si trattava di un caccia robusto. Nonostante tutto, però, né questo né il MiG erano a bassa quota all'altezza del Bf-109E, e tanto meno del nuovo F, già in servizio su di una mezza dozzina di gruppi. Lo Yak invece era capace di contrastare l'Emil, meno invece il Friederich. Uno dei tanti problemi degli Yak erano le perdite di carburante dai serbatoi saldati, i cui punti di saldatura venivano scassati dalle vibrazioni. Un altro problema era il tettuccio, non apribile ad alte velocità. Questo fece sì che molti piloti lo togliessero, così come le stesse attrezzature radio, che per i caccia sovietici erano diventate uno standard solo dopo avere visto quelli tedeschi. Ma esse erano inaffidabili e a corto raggio, così da renderle poco utili in pratica, tanto che vennero spesso rimosse per risparmiare qualche decina di kg di peso. Un altro problema era il motore M-105, che era potente sì, ma non ad alta quota e, essendo dotato di carburatore, tendente a spegnersi in picchiata per i g negativi che prevenivano l'alimentazione del flusso carburante.

Come si è detto, lo Yak era un caccia popolare e 24 andarono anche al 586 IAP, una delle unità femminili della V-VS, che contava anche due assi, Lydia Litvyak (12 vittorie) e Katya Budanova, 11, le uniche due donne mai accreditate di tale status. Non sarebbero mancati nemmeno al Reggimento polacco 'Warszawa', che combatteva nella V-VS (un destino davvero tragico se si considera che l'URSS era stata a sua volta partecipe dell'aggressione alla Polonia), e in più, al famoso reggimento Normandie-Niemen, con volontari francesi che si fecero molto valere in Russia, tant'è che la tradizione di amicizia tra le aviazioni sovietica e francese non è mai venuta meno, nemmeno ai tempi della Guerra fredda. I piloti del Normandie trovarono lo Yak molto simile al D.520, tanto che l'idea era che il velivolo sovietico fosse una sorta di clone, fatto con materiali meno validi ma con un motore da oltre 1.000 hp che il caccia francese non fece in tempo ad ottenere. Dallo Yak-1 deriveranno tanti di quegli aerei da caccia: i tipi Yak-3 e 9, tutti simili tra di loro, ma considerati tipi diversi. Messi tutti insieme arriverebbero invece ad oltre 36.682 esemplari, il che è più di quanti Bf-109 e persino di quanti Il-2 siano mai stati prodotti (qualche dubbio invece, per il Po-2). Per lo Yak-1 dovrebbero essere 8.666 o 8.721.

Lo Yak-1 venne ritirato attorno al '45 dai reparti di prima linea. La famiglia Yakovlev, spesso nota come 'gli Spitfire sovietici', era costutuita da numerose varianti. Ecco quelle dello Yak-1.

Prima venne fuori il prototipo I-26, poi l'UTI-26 che ne era l'addestratore biposto, basato sul terzo e quarto I-26. Vedremo poi che essi non erano solo aerei relegati all'addestramento. L'I-28 era il caccia d'alta quota con l'M-105PD, e soprattutto, struttura di fusoliera interamente metallica, volato già il 1 dicembre 1940, ma senza entrare in produzione a causa dei problemi del motore. Anche questo sarebbe servito per le varianti apposite dei caccia successivi della famiglia. L'I-30 era dotato invece di ala metallica e armato con 3 cannoni ShVAK e due armi ShKAS, poi raddoppiate nel secondo prototipo. Questo caccia, noto anche come Yak-3, era quindi un aereo particolarmente armato, ma il suo nome sarà poi abbinato -al contrario- con un tipo che al contrario era particolarmente leggero. Lo Yak-1 fu la versione iniziale di produzione, lo Yak-1b era invece un tipo con fusoliera ribassata e tettuccio a goccia, mentre le corazze erano incrementate e le due ShKAS erano rimpiazzate da una UBS con sistema di sparo elettrico e pneumatico anziché meccanico, un'innovazione ereditata dalla tecnologia tedesca, così come la cloche, simile a quella del Bf-109. C'era anche un mirino a riflessione di nuovo tipo e come ulteriore segno distintivo, un carrello retrattile anche nel ruotino di coda. IL motore era il tipo M-105PF con migliori prestazioni a bassa quota. Primo volo giugno 1942, produzione da agosto per un totale di 4.188.

Infine, dallo Yak-1 derivò lo Yak-1M che era il prototipo dello Yak-3, caratterizzato da un'ala più piccola e sistemi di raffreddamento per l'ennesima volta revisionati. Solo due vennero prodotti come tali, poi si passerà al modello 3. Gli Yak-7 erano i caccia derivati dalla conversione in monoposto degli Yak-7UTI. Vi furono anche prototipi senza designazioni particolari con i potenti motori VK-106 e 107, lanciarazzi e bombe e tipi alleggeriti per la difesa aerea.

Vi furono anche altri tipi sperimentali o di poca diffusione, come lo Ya-33 con il VK-106A, il quale però era alquanto inaffidabile.

Yak-1B:

  • Dimensioni: 8,5 x 10 x2,39 o 2,7 m x 17,2 m2
  • Pesi: 2.394-2.883 kg, carico 168 kg/m2
  • Motore: Klimov M-105PF da 1.180 hp, potenza-peso 2,39 kg/hp
  • Prestazioni: 592 kmh a 3.800 m, autonomia 700 km, tangenza 10.050 m, salita 15,4 m.sec., a 5.000 m in 6,3 min.
  • Armamento: uno ShVAK da 20 mm (140 cp), 1 da 12,7 mm UBS con 125 cp(raffica: 2 kg/s), con proiettili AP e HE.

Un intermezzo importante: lo Yak-7[modifica]

Una rarissima foto dello Yak-7

Volato per la prima volta il 23 luglio 1940, ma in servizio solo nel '42, lo Yak-7B era stato costruito in 6.399 esemplari entro gli anni successivi. Prima era nato come complemento dello Yak-1, poi divenne un caccia tattico e per giunta, ben gradito dai suoi piloti. Nasceva dallo I-27 o UTI-26 del 1939 (UTI sta per Uchebno Trenirovochnyi Istrebitel, caccia d'addestramento). Rispetto ai tipi precedenti aveva un'ala più grande, con due abitacoli, doppi controlli e interfono, una sola ShKAS usata essenzialmente per addestramento. Ma presto divenne anche un aereo multiruolo. Non mancarono i tipi semplificati, come lo Yak-7V con carrello fisso del '41, un po' come certe versioni del T-6 Texan, ma presto venen fuori anche un 'caccia pesante' con due UBS (300 cp) e uno ShVAK (130), più rotaie per sei razzi RS-82, mentre il secondo posto non era più dotato di controlli di volo, per permettere nondimeno il suo uso come aereo di collegamento rapido. Il pilota e i serbatoi erano adesso protetti da blindature. Se l'aereo era usato in configurazione monoposto, poteva avere un serbatoio ausiliario o portare bombe. Quest'iniziativa non era stata fatta da Yakovlev, ma da una delle fabbriche, ma nonostante che il capo progettista non gradisse questo sviluppo, dovette ricredersi: lo Yak-7 era valido quanto lo Yak-1 in prestazioni, sia pure meno agile. I primi 60 vennero così distribuiti già alla fine del '41 e usati come caccia di supporto tattico, malgrado che i primi fossero considerati un po' troppo pesanti di naso data la posizione del serbatoio, che quindi venne spostato dietro l'abitacolo. Tuttavia questo era privo di protezione e così spesso veniva rimosso totalmente. Insomma, passò un po' di tempo prima che venisse fuori un vero e proprio caccia tattico monoposto, lo Yak-7B. I tipi V vennero invece conservati per il passaggio sui potenti Yak-9, e usati fino al dopoguerra.

Tra le versioni c'erano anche lo Yak-7A, il monoposto iniziale con l'M105P, mentre lo Yak-7V venne costruito in tutto in circa 1.500 esemplari; sempre meno che gli Yak-7B, che arrivarono, grazie a varie migliorie (come la riduzione dell'apertura alare) a circa 5.000. Lo Yak-7D era a lungo raggio, il DI invece era il diretto antenato dello Yak-9, lo Yak-7K era invece un corriere veloce per VIP, l'R era veloce ma per vi di un paio di motori a statoreattore subalari, sperimentato ne l'42, e poi ne venne fuori anche un altro tipo 'R', con un turbogetto Jumo 004, in pratica un antesignano dello Yak-15. Vi furono anche gli Yak-7T con cannoni da 37 e 45 mm, usati peraltro solo in maniera sperimentale.

Gli utenti furono diversi, dai Francesi del Normandie-Niemen, ai Bulgari, Ungheresi e mongoli, più un buon numero di aerei passati ai polacchi, jugoslavi e ovviamente, la V-VS.

  • Dimensioni: 8,5 x 10 x 2,75 m, 17,2 m2
  • Pesi: 2.477-2.960 kg, carico 172,6 kg/m2
  • Motore: 1 M-105P da 1.050 hp
  • Prestazioni: 560 kmh a 3.600 m, raggi 290 km, autonomia 643 km, tangenza 9.250 m, salita 12 m.sec, a 5.000 m in 5,8 min
  • Armamento: 1 ShVAK e due ShKAS, armi subalari varie.

Lo Yak-9[modifica]

Prodotto in ben 16.769 esemplari, lo Yak-9 è diventato uno dei principali caccia della II GM e in particolare, della V-VS. Venne sviluppato dallo Yak-7DI, con tutte le esperienze preziose dei primi caccia della famiglia e tante piccole modifiche, come la posizione delle prese d'aria dei radiatori, e longheroni alari in metallo. Lo Yak-9 fu a sua volta tutt’altro che monolitico, anzi: ebbe due tipi di ali, 5 diversi tipi di motore e fatto interessante, 6 combinazioni di serbatoi interni e sette combinazioni. In tutto, questo tipo ebbe una notevole importanza, arrivando ad essere costruito per sei anni fino al 1948. La sua prima esperienza operativa fu a Stalingrado, dato che era appena entrato in servizio, nell’ottobre del ’42. Presto ebbe anche clienti esteri, soprattutto con lo Yak-9P che era un tipo largamente migliorato rispetto ai predecessori, anche se forse di qualcosa inferiore al top, almeno del periodo bellico, ovvero lo Yak-9U. Ecco le versioni, una per una.

Lo Yak-9 iniziale era dotato dell’M-105PF, come gli ultimi Yak-1, da 1.180 hp, cannone da 20 mm con 120 colpi e una sola UBS con 200 proiettili. Date le dimensioni così ridotte del caccia, la potenza di fuoco era davvero il minimo indispensabile. Fallita l’introduzione dello Yak-9 con l’M-106 da 1.350 hp, un'altra versione di rilievo fu la Yak-9T con l’NS-37, cannone potente con 30 proiettili, un po’ in stile P-39. Non fu facile, perché l’abitacolo dovette essere mosso 40 cm indietro per compensare un muso diventato più pesante mentre il controllo qualità, al solito carente per i prodotti sovietici del periodo, fu causa di problemi notevoli, perché già la piccola cellula era stressata al massimo (vedi anche il Mosquito con il cannone da 57 mm Molins) per il forte rinculo dell’arma. Era opportuno quindi sparare solo 2-3 colpi per raffica. I bersagli non erano in genere dei caccia ma mezzi navali del Mar Nero e i carri armati. Quando era possibile, non si faceva ovviamente mancare tra le prede i bombardieri e talvolta i caccia, che ovviamente erano i bersagli più difficili da ingaggiare. In concreto, si trattava di una sorta d’alternativa allo Il-2, con molta più velocità e agilità al posto dell’armatura e della postazione difensiva. La maneggevolezza era ancora sufficiente per virare in 18-19 secondi. Ma se si pensasse che lo Yak-9T fosse il massimo che la cellula potesse esprimere, ci si sbaglierebbe. Infatti lo Yak-9TK aveva un’installazione che consentiva di portare nel muso sia il 20 mm, che il potente Vya da 23 mm, l’NS-37 e, infine, l’NS-45 da 45 mm. Non fu per il momento un successo, dato che le differenze tra il 20 e il 23 mm non erano sufficienti a giustificare il cambio, e l’arma da 45 mm era inaffidabile. La cosa venne risolta con lo Yak-9K il cui NS-45 era munito di 29 proiettili e soprattutto, di un freno di bocca sufficiente per ridurre gli effetti del rinculo. Però attenzione: sparare sotto i 350 kmh con il cannone causava problemi di controllo e frenava l’aereo tanto da sbatacchiare il pilota nell’abitacolo. Il fuoco del cannone da 45 mm era peraltro micidiale e preciso, con piccole raffiche, o a colpi singoli, era possibile distruggere quanto era inquadrato. Forse era un po’ troppo per il caccia e il rinculo, nonostante il freno di bocca, causava perdite nei circuiti dell’olio e del liquido di raffreddamento, mentre le prestazioni calavano al punto da richiedere la scorta dei caccia per un uso più sicuro dell’aereo. L’arma di suo era per giunta alquanto inaffidabile. Nell’insieme ne vennero prodotte piccole quantità, buone più che altro per dimostrare come si potevano raggiungere i limiti d’armamento di un piccolo caccia tattico. Ma non finì qui, perché ad un certo punto si tentò addirittura l’installazione di un cannone da 57 mm, tentativo fallito data la potenza eccessiva dell’arma per un velivolo così piccolo. In un certo senso, quindi, lo Yak-9T e K operava come una sorta di A-10 ante litteram, usando la potenza del suo cannone per distruggere tutto quello che gli capitava sotto tiro.


Per compiti strategici c’era lo Yak-9D. Esso era un caccia a lungo raggio, la cui capacità interna di carburante passava da 440 a ben 650 o 670 litri, con il che l’autonomia giungeva a 1.360 km. Non era però particolarmente utile perché non aveva radio e sistemi di navigazione adatti per le lunghe missioni. Così spesso era usato per compiti d’intercettazione a corto raggio con i soli serbatoi delle ali interne riempiti, mentre l’agilità e la potenza di fuoco (2kg/s) erano simili al tipo base. Lo Yak-9TD era un successivo sviluppo ma con l’NS-37 e 4 bombe da 50 kg subalari. Sviluppando ulteriormente la formula venne fuori lo Yak-9B, un vero e proprio bombardiere, che si caratterizzava non solo per portare le bombe, ma perché esse erano portate internamente, addirittura in vani di forma tubolare e in posizione verticali: quattro di essi erano capaci ciascuno di portare una bomba da 100 kg, ed erano sistemati dietro il pilota. Le armi in genere erano o le FAB-100 a frammentazione, oppure spezzoniere PTAB, ciascuna con 32 ordigni da 1,5 o 2,5 kg. Il carico massimo era di 400 kg, quello tipico però di appena 200, sistemati nei vani anteriori. Notare come per questo modesto carico bellico fosse stato concepito addirittura un caccia modificato completamente come bombardiere tattico. L’idea, un po’ come gli Yak-9 cannonieri, era interessante, ma a pieno carico di bombe, nonostante la posizione tutto sommato favorevole delle stesse, l’aereo era poco agile. Peggio che mai, però, non aveva un sistema di mira adatto al bombardamento, per cui la sua utilità pratica non era particolarmente di rilievo. Oltre alle bombe, per un minimo di capacità di autodifesa possedeva una UBS e talvolta, anche uno ShVAK. La quantità di carburante spesso era limitata a 360 l per l'armamento, corrispondenti a circa un raggio d'azione di 150-200 km.

Proseguendo l’evoluzione nel settore caccia di scorta, invece, venne fuori lo Yak-9DD, modificato rispetto ai D e T precedenti grazie ad un carico di ben 845 litri di benzina. Questo dava un raggio operativo notevole, con un’autonomia di 2.285 km. Finalmente erano presenti sistemi di navigazione e radiocomunicazione all’altezza, anche per missioni notturne e ognitempo. Già lo Yak-9D avrebbe potuto scortare i bombardieri leggeri, ma fu più facile con il DD (per i Pe-2 in particolare). Lo svantaggio era la velocità, appena sufficiente per tenere il passo con i veloci bombardieri della V-VS (sembra proprio che non si riuscisse a farne una giusta..). Nel ’44 sperimentarono il volo ad alta quota, scortando i più lenti B-17 e B-24 nelle missioni navetta contro la Romania e altri obiettivi. Erano un utile supporto per i pochi P-51 ancora presenti in zona operativa. Migliorare invece lo Yak-9 come intercettore fu fatto con il tipo M, da 1.240 hp, utile per la difesa aerea ognitempo, che aveva un po’ meno di carburante del normale e abitacolo arretrato di 40 cm; il tipo MPVO aveva un proiettore alare e radiogoniometri. L’S era una versione con il VK-105PF e cannone da 23 mm NS-23 (60 cp) e due da 20 B-20 (120 cp l’uno), però non entrò in servizio, sconfitto dal tipo U e dallo Yak-3. L’R era un ricognitore tattico, il P aveva due cannoni da 20 mm (un secondo ShVAK con 175 cp), però non entrò in servizio data la preferenza per cannoni di maggior calibro. Questo non fu il P definitivo. Il secondo era lo Yak-9U con l’ala metallica e due ShVAK, vedi sotto. Lo Yak-9PD era un intercettore d’alta quota con l’M-105PD, era inteso per colpire gli Ju-86R che sorvolavano impunemente Mosca nel periodo 1942-43. Prima ebbero problemi di affidabilità, ma poi l’M-106PV (potenziato con miscela acqua-metanolo) consentì di arrivare fino a ben 13.500 metri. L’unico problema a quel punto fu l’armamento, che per ragioni di peso era ridotto ad un solo ShVAK.

Ironia del destino, i caccia nati per difendere il comunismo sono ambiti da ricchi collezionisti. Questa 'Ferrari' del cielo è uno Yak-9U

Il più potente fu lo Yak-9U, però non il primo tipo con l’M-105PF2, caccia con radiatori dell’olio nelle ali come nello Yak-3, e compensato anziché tela per la copertura della fusoliera (cannone da 23 mm Vya con 60 cp e 2 UBS con 170 l’una). Questo tipo non entrò in servizio a causa della scarsa soddisfazione per il cannone Vya e per lo scarso raggio d’azione. Lo Yak-9U definitivo ebbe il VK-107 A, motore da ben 1.650 hp. Il cannone ShVAK rimpiazzò di nuovo lo Vya, con 120 cp (circa 2,72 kg/s tra tutti gli armamenti disponibili). I test iniziarono all’inizio del ’43, e l’unico avversario in prestazioni venne trovato essere il Polikarpov I-185, che però era meno agile e più pesante. Il prototipo Yak-9U era capace di raggiungere i 700 kmh a 5.600 m e l’unico vero problema, almeno iniziale, era il raffreddamento del potente motore. L’agilità era sottolineata da un tempo di virata di 20 secondi per 360 gradi, e in generale ad alta quota era il migliore caccia sovietico. Ne vennero realizzati 3.900.

Nella moltitudine dei caccia Yak-9 non poteva mancare l’UV da addestramento, con cannone B-20 e 100 cp come unico armamento, ma questo tipo non entrò in produzione. Ci riuscì un tipo intermedio, lo Yak-9V basato sugli M e T e motore VK-105PF2, un cannone ShVAK con 90 cp come armamento. L’UT aveva l’N-37 da 37 mm con 30 cp e due B-20 da 20 mm con 120 cp l’uno, capaci nell’insieme di tirare 6 kg in un secondo. Poteva ospitare anche altri cannoni, come il B-20, l’NS-23 o l’N-45 al posto dell’N-37.

Per la cronaca, durante gli anni ’90 gli Yak-3 e 9 vennero rimessi in produzione per (ricchi) collezionisti, dotati dell’equipaggiamento tipico della II GM ma un motore Allison V-1710 al posto dell’indisponibile VK-105 o 107.

Entrato in servizio nel ’42, lo Yak-9 si dimostrò all’altezza degli avversari tedeschi e in particolare del diretto antagonista Bf-109G. Lo Yak-9U, in servizio dal tardo ’44, era ben rispettato anche dai più recenti caccia tedeschi come i Bf-109K e FW-190D.

Lo Yak-9, per quanto potente, era pur sempre un caccia relativamente arretrato in termini di automatismi. Mentre i tipi occidentali avevano un sistema di circolazione forzata per il circuito dell’olio, per i caccia sovietici era necessario, almeno nel caso dello Yak-9P, azionare una pompa a mano dentro l’abitacolo per 25 volte. Questo avrebbe dato la necessaria e iniziale lubrificazione al motore. Ma accadde che non sempre il manuale, una volta tradotto in lingue straniere, riportasse tale fondamentale operazione, che non era comune nemmeno nei caccia sovietici. Così, ci si può immaginare cosa accadde spesso con il caccia lanciato a tutto gas in decollo e in salita, e improvvisamente gli si grippava il motore. Servirono diversi incidenti a malcapitati e ignari piloti per ricordare questa fondamentale necessità.

Nel dopoguerra lo Yak rimase a lungo in servizio, con una fila di utenti piuttosto lunga. I francesi lo ebbero per il solito reggimento Normandie-Niemen, gli Albanesi ne ebbero 12 nel ’51, i Coreani li usarono durante i primi mesi della guerra in Corea con discreti risultati. Uno di questi, a colpi da 37 mm, incendiò un grosso B-29 scovato a quote relativamente basse e lo distrusse. Giorno di questo raro successo in combattimento aria aria coreano, il 12 luglio 1950. Degli altri utenti si sa dei mongoli, degli jugoslavi e di un po’ tutto il Patto di Varsavia, tra cui i polacchi, che ne ebbero diversi tra il ’47 e il ’53, per lo più i tipi postbellici erano gli Yak-9P, caccia metallici e migliori, anche se la velocità sembrava un po’ inferiore: 670 kmh. Non necessariamente migliori dei Lavockhin, gli Yak-9 furono comunque un protagonista della seconda parte della guerra e un importante contributore nello stabilire la superiorità aerea nel fronte orientale, anche perché i La-7 non entrarono in servizio che nel ’44 e così – a parte un certo numero di Spitfire e P-47- non c’erano altri caccia, finita la produzione del MiG-3, che potessero operare in quota contro i tedeschi.


Yak-9D:

  • Dimensioni: 8,55 x 9,1 x 3 m x 17,2 m2
  • Pesi: 2.350-3.117 kg, carico 181 kg/m2
  • Motore: M-105PF da 1.180 hp
  • Prestazioni: 591 kmh a quota imprecisata, 534 kmh slm, 602 kmh a 3.100 m, autonomia 1.360 km, salita 13,7 m.sec, tangenza 9.100 m, salita a 5.000 m in 6', raggio d'azione normale 436 km.
  • Armamento: 1 ShVAK con 120 cp, 1 da 12,7 mm con 200 cp

Yak-9U:

  • 8,55 x 9,74 x 3 m x 17,2 m2
  • 2.512-3.204 kg, carico 186 kg/m2
  • motore VK-107A da 1.650 hp, rapporto potenza-peso 2,17 kg/hp
  • Prestazioni: 672 kmh, autonomia 675 km, tangenza 10.650 m, salita 16,7 m.sec
  • 1 ShVAK da 20 mm, 120 cp, 2 UBS da 12,7 mm con 170 cp.

L'ultimo, il più piccolo e forse anche il migliore: lo Yak-3[modifica]

Esemplare perfettamente restaurato di Ya-3. Notare, differentemente dallo Yak-9, la mancanza del radiatore sotto il muso

Lo Yak-3 volò come prototipo più presto di quanto usualmente si creda, ovvero il 12 aprile 1941. In effetti, però, venne messo in servizio solo nel ’44 e rimase in produzione totalizzando solo 4.848 esemplari.

L'I-30 era un caccia tattico molto leggero, pensato come un fratello minore dell'I-26 e dotato di un M-105P. La caratteristica era la costruzione metallica e per il resto aveva un armamento simile allo Yak-1, mentre vi erano slat nelle ali per migliorare l'agilità in combattimento, un po' come il Bf-109, e le prestazioni al decollo. Il secondo prototipo cadde durante le prove di volo, ma il vero problema era la scarsità di leghe d'alluminio. La cosa bizzarra -per usare un eufemismo- era che, mentre gli aerei sovietici erano costretti a usare legno compensato e tubi d'acciaio per la gran parte della loro struttura, grandi quantità d'alluminio vennero destinate invece per costruire i motori di oltre 40.000 carri armati T-34 e KV-1. Ora, sebbene fosse un'iniziativa lodevole costruire un motore in lega leggera, è chiaro che i carri armati sarebbero stati più che capaci di operare anche senza di essa, mentre non così era per gli aerei, i cui progetti sono ben più critici. E infatti i Tedeschi lasciarono perdere l'idea di copiare il T-34 così com'era anche per le carenze di leghe leggere che loro, giustamente, destinavano ai velivoli.

Detto questo, è chiaro che lo Yak-3 non poteva essere posto in produzione da subito, sebbene la piccola cellula chiedesse ben poco per essere realizzata. Eppure il secondo prototipo aveva un'ala di legno ed era senza slat, per semplificare la produzione e renderla meno dipendente da materiali strategici (chiaramente, in Russia una risorsa che non manca mai è costituita dalle foreste). Nel '43 ritornò in auge come Yak-1M, versione un po' rimpicciolita dello Yak-1, che presto ebbe mirino a riflessione, corazze migliorate e radio senza albero dell'antenna esterno. Ebbe un tale successo che venne raccomandato per rimpiazzare gli Yak-1 e 7, affiancando lo Yak-9 a condizione che quest'ultimo avesse il motore VK-107, per il momento non installabile sul piccolo caccia fratello. Entrò in servizio per ultimo nella variopinta famiglia Yakovlev del periodo bellico, anche se per il numero può sembrare che esso fosse antecedente a tutti eccetto lo Yak-1.

Dotato di una cellula così leggera e piccola rispetto allo Yak-9, il nuovo caccia era agile e veloce, facile da manovrare e apprezzato largamente da tutti i piloti, incluso il Normandie-Niemen. Era superiore ai caccia nemici sotto i 5.000 m, -notare bene che a causa della differente conformazione dei motori, i Tedeschi erano in svantaggio contro gli alleati occidentali in quota, mentre erano in vantaggio sui sovietici- e l'unico problema era lo scarso raggio d'azione. Il caccia era capace di rollare bene quanto il FW-190 e virare come il Bf-109G. Nonostante la produzione tarda, consentita dai materiali imprortati dall'Occidente, l'ala era ancora in legno e questo causava dei problemi di resistenza agli elementi in compensato verso gli agenti atmosferici, specie per via delle colle. Anche il motore era poco affidabile, così come il sistema pneumatico per attivare il carrello d'atterraggio, flap e freni. Tuttavia, è anche vero che questo sistema era meno vulnerabile ai danneggiamenti di quanto non fossero i sistemi idraulici, e anche elettrici, mentre era semplice e poco pesante. Come tale, era ideale per lo Yak-3 e usato da tutti i caccia Yak del periodo bellico, con l'utilità aggiunta di non dipendere da leghe e materiali sofisticati e la rapidità di azione (con la pressione del circuito ottimale). I primi aerei avevano -in 197 esemplari- un ShVAK e una UBS, i successivi ebbero una seconda UBS per avere un potenziale di fuoco significativo (2,72 kg/s), naturalmente tutti installati nel muso. Il radiatore era invece nelle ali, anziché sotto l'elica. Per questo la LW diramò -a quanto è riportato da varie fonti- di non ingaggiare combattimenti (manovrati) con gli Yak senza radiatore sotto il muso. Tra le caratteristiche degne di nota, il tettuccio a goccia e la blindatura posteriore della testa del pilota, che come nel Bf-109, era in blindovetro.

Tra le versioni merita interesse quella con il VK-107A, da 1.650 hp e due B-20 con 240 cp totali. Ne vennero realizzati solo 48, in un tipo totalmente metallico. Erano formidabili e capaci di 720 kmh a 5.750 m, ma il problema era la tendenza al surriscaldamento del motore, incluso dentro una fusoliera così piccola. Vi furono anche motori VK-108 da 1.850 hp e con un solo NS-23 e 60 cp, capace di 745 kmh a 6.290 m, ma ebbe lo stesso problema, e così il tipo simile ma con due B-20. Incredibilmente venne trovato lo spazio dentro la cellula per un cannone NS-45 nello Yak-3K, poco costruito per la preferenza accordaa allo Yak-9K. Lo Yak-3P era prodotto dall'aprile del '45 e armato con ben 3 B-20 da 20 mm, 380 cp totali. Volume di fuoco 3,52 kg/s, eppure il peso della versione cannoniera era di 11 kg inferiore a quello del tipo standard. Così non stupisce che ne venissero prodotti 596 dall'agosto del '45. Poi vi fu l'intercettore d'alta quota PD con il VK-105PD e cannone da 23 NS-23 con 60 cp, salita fino a 13.300 m, ma data l'inaffidabilità del motore non arrivò alla produzione. Tanto meno lo Yak-3RD con razzo ausiliario RD-1 da 300 kgs, e cannone NS-23 (al solito, 60 cp). Arrivò tuttavia ad ottenere nel maggio 1945 ben 782 kmh a 7.800 m, ma poi precipitò nell'agosto successivo. Alla fine ci si rese conto che i caccia a propulsione mista non avevano futuro e così si andò diritti all'era dei jets. L'evoluzione dei caccia era ancora lunga. Nel frattempo comparve lo Yak-3T con l'N-37 e 25 colpi, più due B-20S (200 cp), abitacolo al solito arretrato di 40 cm, ma il surriscaldamento di questo potente caccia non consentì di dichiararlo pronto per la produzione. Tanto meno lo Yak-3T con l'OKB-16-57 da 57 mm, soluzione davvero impressionante per un caccia così piccolo. Infine si tentò anche nella tradizione Yakovlev, rigorosamente per motori in linea, la carta dei radiali di elevata potenza, come l'ASh-82FN da 1.850 hp. Era nato lo Yak-3U. Così si voleva evitare il surriscaldamento che padadossalmente proprio i sofisticati motori a raffreddamento liquido subivano. Era leggermente modificato, con l'abitacolo più alto di 8 cm, ali in avanti di 22 cm, 2 B-20 con 240 cp e ben 682 kmh a 6.000 m. Era un prodotto definibile come 'di successo', ma non entrò in produzione, vittima della fine della guerra. Lo Yak-3UTI era il tipo derivato dal precedente per addestramento, in cui nella piccola fusoliera era stato trovato il posto per un secondo abitacolo. Aveva motore ASh-21 e sebbene non prodotto in tale forma, sarà poi la base del successivo addestratore Yak-11.

Lo Yak dev'essere parso irrealisticamente piccolo ai suoi oppositori e alleati: nel '44 un caccia che pesava grossomodo come un Bf-109E era una rarità, piuttosto i nuovi modelli come il P-47 erano pesanti anche sei tonnellate. Il carico alare non era bassissimo, date le ali di superficie limitata, mentre la potenza del motore era relativamente modesta, specie in quota. Purtroppo il tipo con il VK-107 non si dimostrò pienamente soddisfacente e soprattutto, entrò in produzione a guerra finita. Per il resto, l'armamento aveva il minimo indispensabile di autonomia di fuoco e il caccia era poco utile per altri compiti ,dato il ridotto carico trasportabile. Una cosa importante, infine: lo Yak-3 sarà uno dei primissimi caccia a reazione, trasformato con un turbogetto nel muso, nello Yak-15. Da qui si arriverà allo Yak-17, più lento ma con maggiore autonomia rispetto a quella risicata del precedente, e poi allo Yak-23, totalmente ridisegnato e potenziato, l'ultimo degli Yak ad ala diritta e ultimo esponente di un'evoluzione continua durata circa 10 anni.

Anche lo Yak-3 ebbe vari utenti, tra cui il Normandie-Niemen e i polacchi, ma anche gli jugoslavi, nel dopoguerra, lo ebbero in non meno di 5 reggimenti di tre divisioni, la 39a (111 e 113 reggimenti, rispettivamente a Skopje e Zagabria), 44a (112 e 254o, a Mostar in entrambi i casi) e 21ima (204imo di Zadar).

In battaglia, questo piccolo caccia divenne presto un aereo assai popolare, noto e temuto, tra i più efficaci 'dogfighter' dell'intero conflitto. Tanto che il 14 luglio 1944 una formazione di 18 Yak-3 si scontrò con 30 caccia tedeschi e, nonostante la sproporzione numerica, ottenne 15 vittorie contro la perdita di un solo, sfortunato aereo. Anche se probabilmente c'era il solito problema dell'overclaiming di cui tenere conto, era pur sempre un risultato notevole per la V-VS. Piccolo e maneggevole, lo Yak-3 era uno dei migliori dogfighter della guerra, ancorché tendesse a stringere un po’ troppo le virate, rischiando di cadere in vite, come ricordano i piloti del Normandie-Niemen. Ma poco importa se poi, sfruttandone le qualità, vi ottenne esattamente 99 vittorie, le ultime di 273 accreditate a questa sorta di AVG francese.

Infine, un'altra dimostrazione aviatoria che 'i Vecchi guerrieri non muoiono mai': in seguito all'interesse per i ricchi warbirders, una ventina di Yak-3 è stata allestita negli anni '90 con il V-1710, conosciuti come Yak-3M. Altri ancora sono stati derivati in Yak-3 partendo dai più comuni Yak-11 biposto.

  • Dimensioni: 8,5 x 9,2 x 2,39 m x 14,85 m2
  • Pesi: 2.105-2.692 kg, carico 181 kg/m2
  • Motore: M-105PF da 1.290 hp
  • Prestazioni: 646 kmh, tangenza 10.700 m, autonomia 650 km, salita 18,5 m.sec
  • Armamento: 1 ShVAK con 120 cp, 2 da 12,7 mm con 175 cp

I 'Lavockha'[modifica]

Un mezzo passo falso[modifica]

Il robusto LaGG-3

Il primo caccia Lavockhin era designato I-22 e fu anche il primo della triade di nuovi intercettori sovietici a prendere il volo, esattamente il 30 marzo 1939. Come succederà di lì a 2-3 anni con i caccia 'Serie 5' italiani, e a dire il vero, come già succedeva con i 'Serie 0', i tre competitori avranno tutti un certo successo e tutti verranno premiati da contratti di produzione, ma senza per questo somigliarsi molto e tanto meno essere soggetti alla stessa evoluzione e successo operativo. Lavochkin -o Lavochin, dipende dalla transilitterazioen-, assieme a Gorbunov e a Gudkov, aveva dato origine ad un caccia semplice e robusto, relativamente di bell'aspetto, ma che aveva il problema della scelta dei materiali strategici, o meglio, della scelta di non avvalersene. Era infatti l'unico dei tre che era costruito totalmente in legno, eccetto ovviamente per gli elementi fondamentali come il carrello, le armi, il motore, gli alettoni (metallici e rivestiti in tela). Il carrello retrattile e il motore M-105P erano segni di una relativa modernità, e senz'altro degna di nota fu la sua velocità massima di 605 kmh. Le armi erano ad alta cadenza di tiro, due ShKAS e uno ShVAK. Designato nuovamente come I-301, ebbe poi la denominazione di LaGG-1. Ma per la produzione divenne LaGG-3. In pratica, tutti i progetti ebbero un destino diverso: gli Yak-1 divennero un progetto di tale successo che vennero prodotti in quasi 10.000 esemplari per diversi anni a venire; i MiG-1 ebbero una breve storia produttiva, e non è chiaro quanti ne vennero prodotti, se pochi o oltre 2.000; ma per il LaGG-1 la questione si era posta diversamente e la produzione partì direttamente con il LaGG-3, un po' diverso dal prototipo e che volò nel marzo del '40, un anno dopo il primo prototipo. Il prototipo si dimostrò capace di raggiungere i 605 kmh, mentre il tipo di serie scendeva (teoricamente) a 575-580 kmh. Nonostante la sua struttura pesante, il vero problema era la tendenza ad entrare in vite nelle virate strette, cosa che certo non incentivava a sfruttarne al meglio le caratteristiche di volo, già non entusiasmanti. Per giunta i controlli di qualità rendevano spesso aleatorie le caratteristiche di volo previste. Ebbe però successo come caccia di supporto tattico, soprattutto impiegato sul fronte Finlandese, e nei limiti della sua autonomia, anche valido per la scorta ai bombardieri. Era capace di volare in climi rigidi e spesso aveva sci, i quali peraltro peggioravano le prestazioni in volo.

Dimensioni: lunghezza 8,8 m, apertura alare 9,8 m, superficie 17,5 m2, altezza 2,69 m

  • Peso: 3.190 kg max
  • Motore Klimov M-105P, 12 cilindri a V, 1.050 hp ed elica tripala
  • Prestazioni: 580-590 kmh a 5.000 m, salita 855 m.min, tangenza pratica 9.000 m, salita a quella massima di 11.000 m in 18,25 minuti, autonomia 650 km
  • armamento: uno ShVAK da 20 mm, una BS da 12,7 mm e due ShKAS da 7,62 mm, due bombe da 100 kg.

Il LaGG-3 era risultato un valido caccia tattico da quote medio-basse, ma non era certo del tutto soddisfacente come comportamento in volo e capacità operative nel suo complesso. Per potenziarlo non vi fu che una scelta: affidarsi ad un potente radiale. Così accadde che il La-5FN venisse poi realizzato in 9.920 esemplari con piena soddisfazione del committente.

Il LaGG-3 era capace di volare a circa 600 km/h e di virare in 20 secondi, che non era male, anche se inferiore a quanto poteva fare lo Yak-1, ma il problema erano i comandi di volo -e la struttura- pesanti. Nonostante la miglioria del LaGG-3 con motore potenziato e struttura di qualcosa alleggerita, c'era bisogno di fare un altro passo avanti. Questo ebbe luogo con un lavoro congiunto di Lavochki e Gorbunov, che alla fine del '41-inizio del '42 installarono un radiale Shvetsov ASh-82 su di un LaGG-3, grazie all'impiego del 'naso' del Su-2, che già impiegava il motore in parola, sebbene fosse un velivolo tutt'altro che brillante (perdendo infatti contro lo Il-2 il confronto operativo), anche se ben più pesante di un caccia monoposto. lo Shvetsov M-82 o Ash.82 a 14 cilindri doppia stella, dà ben 1.600 hp al decollo, il che compensava la minore finezza aerodinamica. Il motore aveva scarichi laterali sulla fusoliera, ben riconoscibili dal fatto di avere una struttura di metallo che sostituiva il legno. Lavochkin era sotto tiro da parte di Stalin data la scarsa efficacia dei suoi aerei al punto che ora le industrie prima impegnate con i 'Lavochka' costruivano Yak-1 e 7.

La-5: il FW-190 sovietico[modifica]

Un La-5 con un'inedita Sharkmouth

Il risultato fu il LaGG-5, che volò a marzo del '42 e che risultò uno sviluppo estremamente positivo e simile nella sostanza a quello che poi ripetettero i giapponesi con il Ki-100. L'inizio della produzione è dell'estate del '42, il servizio dall'autunno.

Stavolta il piccolo caccia sovietico era alla pari con le previsioni sulla carta, dato che la potenza del motore era più che sufficiente per compensare qualunque appesantimento della fusoliera. Presto venne dichiarato migliore dello Yak-7 e messo in produzione come LaG-5 (con una G soltanto, perché uno dei progettisti originari non era più della squadra), e dopo le prove d'aprile venne posto in produzione, non prima di aver tagliato via la parte posteriore della fusoliera per dare anche a quest'aereo la capottina a visibilità totale. Stalin fu soddisfatto e diede il massimo livello di priorità della produzione, e anche della semplificazione della sigla, ora solo La-5. Sotto i 5.000 m, e specialmente sotto i 3.000, era più che capace di combattere contro i FW-190 e i '109, specie come rateo di rollio. L'ala era di ridotta apertura e di forma molto rastremata alle estremità,ideale per le basse quote e per la velocità di rollio. In generale, a parte il muso più lungo, non era dissimile concettualmente dall'I-16, anzi da un 'super I-16' data la potenza motrice raddoppiata, ancora inclusa in un velivolo tozzo e compatto quanto più possibile. Mancava ancora qualcosa, ovvero l'iniezione diretta per il motore, sistema usato normalmente dai Tedeschi ma che era difficile da realizzare per i Sovietici. Alla fine, però, il La-5FN divenne una realtà, un caccia capace di virare di 360 gradi in 18-19 secondi. In tutto vennero prodotti 9.920 La-5 di tutti i tipi, con l'FN disponibile dal '43. Gli ultimi ebbero tre cannoni B-20 capaci nell'insieme di sparare 3,4 kg/s di proiettili. L'armamento normale, però, era di 2 ShVAK da 20 mm con 200 cp l'uno. Sta di fatto, a prescindere dai discutibili Yak armati di cannoni di grosso calibro (quello sì un 'atout' della famiglia) che i Lavochka erano mediamente molto meglio armati: 2 cannoni con abbondante munizionamento (400 cp totali), laddove gli Yak ne avevano uno, accompagnato da due armi leggere, o una pesante, o al meglio, due UBS da 12,7 mm, che a stento potevano eguagliare i due ShVAK. Però la riserva di munizioni parlava a vantaggio dei Lavockha, che almeno nella configurazione dei due cannoni avevano circa il 50% in più di proiettili degli Yak. A questo si aggiunga un loro efficace utilizzo come cacciabombardieri, soprattutto con i razzi.

Il La-5FN, costruito con struttura mista legno-metallo e con motore a iniezione diretta (FN) era anche superiore ai tipi precedenti e divenne presto un duro oppositore dei caccia tedeschi, specie dalla metà del '43. Era anche robusto e capace di operare come caccia di supporto tattico con razzi RS-82 e bombe leggere, più le armi. Aveva un paio di cannoni da 20 mm, corazze protettive, struttura robusta, serbatoi autostagnanti e sistema di soppressione degli incendi con gas di scarico spillati e invitati nei serbatoi stessi. Era normale, poco dopo il decollo, sparare una raffica dei cannoni durante l'inverno, per avere la certezza che essi non si fossero gelati.

Tozzo, quasi rozzo, il La-5 si dimostrò un eccellente caccia per le basse quote

Uno degli aspetti più interessanti, come al solito, della storia dei caccia tattici è la loro comparazione con quelli nemici, il che è particolarmente significativo quando vi sono delle macchine catturate e usate direttamente dagli avversari. Successe anche al La-5FN, come era accaduto al FW-190 (il tipo più simile) con i britannici, allorché nell'estate del '43 un La-5 (non è chiarissimo se fosse un FN) venisse costretto ad un atterraggio d'emergenza in un campo tedesco. Il rapporto dettagliato dell'esperienza era interessante: il caccia era al meglio sotto ai 3.000 m, veloce e maneggevole. La stabilità, nonostante il grosso muso, era valida, gli alettoni eccezionali, mentre il piccolo timone non era del tutto valido per le basse velocità; al contrario, oltre i 600 kmh, le forze agenti sulle superfici di controllo diventavano troppo pesanti, per cui era difficile capire se questo fosse davvero un 'energy fighter' oppure fosse più un veloce 'turning fighter'. Il rateo di virata a 1.000 m era tale da ottenre, alla massima potenza del motore, un tempo di 25 secondi; il rateo di rollio era maggiore di quanto avvenisse con il Bf-109, così come minore era il raggio di virata. La salita era superiore a quella del FW-190 (ma non del Bf-109, almeno non in quota). Aveva però un'autonomia di appena 40 minuti a velocità di crociera e i controlli del motore, come la manetta, miscela, passo elica ecc, erano separati, il che significava un maggior carico di lavoro per il pilota in azione, e il rischio di ottenere prestazioni inferiori a quanto sarebbe stato teoricamente da attendersi. Accelerare rapidamente significava azionare on meno di sei controlli, mentre i caccia tedeschi avevano una grande semplicità di impiego: bastava spingere in avanti il gas, sostanzialmente. Inoltre il motore non era dotato di una superpotenza erogabile sopra i 2.000 m per problemi di flusso d'aria. In contrasto, un Bf-109G con l'MW50 ptoeva superarlo in prestazioni ad ogni quota, mentre i FW-190 (si menzionano in particolare gli A-8, ma forse vale per tutti) erano migliori in picchiata. Certo che con il sistema ad iniezione le capacità di picchiata del La-5FN erano senz'altro maggiori di quelle dei tipi precedenti. In tutto, il commento del pilota collaudatore (Hans-Werner Lerche) fu di attirare per quanto possibile in azione ad alta quota il La-5 e cercare di evitarne gli attacchi in picchiata più una risalita a basso angolo e alta velocità; il combattimento contro i LA-5 in manovra era pericoloso per i caccia tedeschi.

Il La-5 ebbe poche varianti di per sé, a differenza della genia degli Yakovlev; il biposto La-5UTI era il biposto da esercitazione. Ma la sua evoluzione portò al La-7, uno dei migliori caccia della II GM. Il La-5 rimase un certo tempo in servizio anche dopo la guerra, finendo anche in Cecoslovacchia.

La-5FN:

  • Dimensioni: 8,67 x 9,8 x 2,54 m x 17,5 m2
  • Pesi: 2.605-3.265 kg, max 3.402 kg, carico 186 kg/m2
  • Motore ASh-82FN da 1.630 hp; rapporto potenza/peso: 1,75 kg/hp
  • Prestazioni: 642 kmh, autonomia 765 km, tangenza 11.000 m, salita 16,7 m/s, salita a 5.000 m in 4,1 o 4,75 minuti
  • Armamento: 2 ShVAK (200 cp l'uno), 6 RS-82, 2 bombe da 100 kg, o 2 da 100 kg e due da 50 kg.

L'apice: La-7, 9, 11[modifica]

Si può affermare che, tutto sommato, il La-7 'vola ancora'

Il passo successivo fu il La-7, caccia di notevoli qualità, prodotto nell'ultimo anno di guerra in 5.753 esemplari. Il LaGG-3 era un aereo del tutto mediocre, malgrado la moderna impostazione; il La-5 era molto superiore ma ancora carente ad alta quota. Ora che le forniture di materiali strategici sembravano assicurate, le pesanti strutture in legno erano sostituibili almeno in parte con quelle in metallo. Nato come La-120, volò a novembre del '43 e presto messo in produzione per entrare in servizio già nella successiva primavera.

Il La-7 ebbe un motore da 1.750 hp e vari miglioramenti il cui più evidente era lo spostamento del radiatore dell'olio, prima sistemato superiormente al motore, a mò di 'naso', alla parte centrale della fusoliera. V'erano anche 3 cannoni ShVAK da 20 mm anziché 2, ma non in tutti.

Noto soprattutto per l'impiego fattone dall'asso degli assi Alleati, Kozhedub (62 vittorie), era capace di quasi 700 kmh e saliva bene e a qualunque quota pratica. Nell'insieme era all'altezza di aerei come il Tempest e il FW-190D. La virata era fatta in circa 20 secondi e il velivolo venne usato per sperimentare nuovi sistemi propulsivi come i razzi ausiliari di coda o i pulsogetti (rispettivamente La-7E e D), o nel caso del La-7S, due statoreattori subalari. Il La-7, realizzato anche in versione biposto UTI, ebbe diversi utenti nel dopoguerra, ma essendo aereo in parte realizzato in legno, non durò molto in termini di integrità strutturale e venne presto sostituito dai tipi metallici e poi a reazione. Nel dopoguerra Il La-7 divenne per la NATO dal nome in codice 'Fin'. Due La-7 cinesi, nel '54, abbatterono un aereo civile della Cathay Pacific, in uno dei peggiori casi di fuoco in tempo di pace durante la Guerra fredda.


  • Dimensioni: 8,6x 9,8 x 2,54 m x 17,5m2
  • Pesi: 2.638-3.400 kg, carico 187 kg/m2
  • Motore: Shvetsov ASh-82FN, 1,380 kW (1,850 hp)
  • Prestazioni: 680 kmh, tangenza 9.500 m, autonomia 990 km, salita 18,3 m.sec
  • Armamento: 2 ShVAK con 200 cp o tre B-20 con 100 cp l'uno, e 200 kg di bombe o razzi.

Ora torniamo agli uomini dei Lavochka (nomignolo dei piccoli ma potenti La-5/7), e in particolare ai suoi 'Assi'. Kuzhedub, classe 1920, fu capace di ottenere un totale di 62 vittorie, dopo che venne assegnato ad un reparto operativo nel '42, a 4 anni di distanza dalla sua entrata nella V-VS, dove aveva servito come istruttore. La sua origine ucraina era piuttosto paradossale per il regime staliniano, dato che poi l'Ucraina aveva ed ha una realtà conflittuale con la Russia vera e propria, tanto che i tedeschi, che consideravano i russi veri e propri come subumani, erano al contrario molto meno razzisti con gli Ucraini, di cui molti avrebbero poi servito nelle legioni straniere che operavano nell'esercito tedesco. Kuzhedub, in ogni caso, ebbe accreditate 62 vittorie su 520 missioni di cui 18 erano Ju-87, 2 He-111, 19 Bf-109, 22 temibili FW-190 e infine, il 19 febbraio 1945, un Me.262. Kozhedub fu forse l'unico sovietico ad abbattere un Me.262, ma fu con ogni probabilità anche l'unico ad ottenere una doppietta sui .. P-51 Mustang. Accadde verso la fine della guerra. Kuzhedub aveva cominciato tardi la sua carriera, per sua fortuna l'abilità mostrata nel volo l'aveva presto segnalato come pilota istruttore subito dopo l'addestramento. Quando entrò in combattimento era già un aviatore esperto, a differenza dei normali aquilotti russi. Una volta salì in quota per aiutare i bombardieri USA sotto attacco da parte dei caccia tedeschi, ma gli si avventarono i P-51, che lo presero per un FW-190. Mal gliene incolse, perché il russo scambiò i Mustang per Bf-109 e in pochi minuti di combattimento, ne tirò giù due. Questa doppietta, che lo porrebbe al pari di Saburo Sakai, non sarà tuttavia ufficializzata, dato l'imbarazzo derivato da questo 'fuoco amico'. I documenti sono saltati fuori solo di recente, con tanto della pellicola della cinemitragliatrice[2]. Del resto l'asso russo fu anche mandato in Corea a combattere con gli Americani, ma anche questa è una storia non raccontata.

Vi furono anche altri assi, come Y.T. Tsyganov, con 24 vittorie, altro Eroe dell'URSS e in particolare difensore di Stalingrado; G.D. Kostylev aveva 38 vittorie in 118 missioni con la FLotta del Baltico; Popkov (41 vittorie) e altri ancora. In tutto, però, i sovietici subirono parecchie perdite data la scarsa attività di addestramento che in pratica, pur se con quasi tutti i caccia disponibili in versioni biposto, si faceva ai reparti, per cui alla fine era la 'selezione naturale' a fare la differenza.


Di recente, molti aerei d'epoca sovietica sono stati ottimamente restaurati. Questo è un rarissimo La-9. Notare la sagoma molto più slanciata e simile a quella del FW-190, grazie soprattutto alla struttura metallica, che permette una coda ben più snella

Il successore del La-7 fu, come nel caso degli Yakovlev, una versione simile ma metallica, il La-9 ‘Fritz’. Volò nel ’46 e quindi era uno degli ultimi tipi di caccia ad elica. Ne vennero prodotti circa 1.559 nel 1946-48 e la sua evoluzione fu il più lento, ma con maggior raggio d’azione, La-11. Derivato dal La-126, il La-130 aveva non solo la struttura interamente metallica, ma anche ali a flusso laminare. La transizione dalla costruzione lignea a quella metallica significò subito un notevole miglioramento delle capacità di carico, grazie ad una struttura di base meno pesante. Così fu possibile imbarcare più carburante e un armamento di 4 cannoni, tutti sistemati nel muso. Nonostante avesse dimostrato di essere all’altezza del La-7, tuttavia il La-130 ebbe la peggio contro lo Yak-3 –beninteso nel tipo con il motore VK-107. In ogni caso entrò in produzione nell’agosto del ’46 e ci rimase fino al ’48. Ebbe varie versioni, tra cui lo sperimentale La-130R con razzo di coda ausiliario, mai volato, e poi l’RD, che aveva due soli cannoni e un RD-13 pulsogetto sotto ciascuna ala, sufficiente per aumentare la velocità di 70 kmh, ma il rumore e le vibrazioni non rendevano pratico tale sistema propulsivo misto. Non meno di 3, se non 9 aerei vennero mostrati nelle parate aeree, dove la loro fragorosa presenza era senz’altro più utile che in un’unità operativa. Per il resto vi furono caccia La-9UTI da addestramento biposto con un NS-23 e una UBS; il prototipo La-132 con l’M-93 potenziato e capace di 740 kmh a 6.500 m, purtroppo il motore non riuscì a diventare affidabile; il La-9M ebbe come compito la scorta a lungo raggio, e divenne poi il La-11. Vi furono versioni con pulsogetti (l’RD, di cui sopra), ma anche con statoreattori (La-138). In tutto il ‘Fritz’ ebbe impiego con poche forze aeree, tra cui i nordcoreani e i rumeni. Ben armato con la concentrazione di fuoco nel muso, esso non ebbe però molte occasioni di farsi valere e così il duo La-9/11 storicamente resta poco noto. L’unico esemplare in volo attualmente è un aereo che si trova in Nuova Zelanda, restaurato nel 2003. Altri sono presenti in musei cinesi e nordcoreani, ma non in condizioni di volo.

Tra tutti i caccia sovietici della genia Lavockhin si parla di circa 6.528 LaGG-3, attorno ai 10.000 La-5, 5.573 La-7, più i La-9 e La-11, questi ultimi con tre cannoni da 20 o 23 mm, usati come caccia di scorta a lungo raggio e come ricognitori ma nel periodo bellico (il La-9 invece entrò in servizio verso la fine della guerra).


MiG: un esordio sfortunato[modifica]

Questa storica dinastia di caccia tattici e strategici nasce dalla risposta ad una richiesta per un nuovo caccia con motore a cilindri in linea, fatta dalla V-VS nel gennaio del '39. Quello che non è ben noto è che questa richiesta venne portata avanti dal Polikarpov OKB come I-61 e poi I-200, iniziando i lavori nel giugno 1939. Però Polikarpov si interessava di radiali e cambiò idea solo con il tempo, grazie all'apparizione dell'AM-37, un motore a cilindri in linea davvero potente del Mikulin OKB. Tuttavia, sebbene il nuovo caccia fosse previsto come capace di 670 kmh, il famoso progettista era diventato persona 'non grata' a Stalin, il quale approfittò del viaggio fatto in Germania nel novembre 1939 -quando c'erano ancora relazioni solide tra le due nazioni anche in termini aeronautici- per fargli chiudere bottega e creare al posto del suo OKB, una Sezione Costruzioni Sperimentali, a cui vennero posti a capo A.Mikoyan e M.Gurevich, sebbene in maniera formale essi fossero sotto il controllo di Polikarpov fino al giugno del '40. E così il loro primo caccia fu, in realtà, l'ultimo di Polikarpov, ma nell'URSS staliniana i progettisti non erano poi così importanti qualora fossero decaduti agli occhi del governo: già Stalin aveva fatto imprigionare Polikarpov in uno speciale carcere-laboratorio per mettere a punto l'I-5, il primo dei suoi caccia biplani, ora con un altro atto d'imperio gli chiudeva la carriera. Nonostante tutto, quello che diverrà il MiG-1 conservò largamente l'impronta del suo originario padre: a parte il lungo muso con il nuovo motore, la cellula sembra ancora, specie se vista in pianta, notevolmente simile a quella di un I-16, compatta, ma anche afflitta da un'eccessiva vicinanza dei piani di coda alle ali, che con il nuovo motore diventava decisamente controproducente. Ma vediamo cosa accadde nei mesi successivi e chi erano i 'volti nuovi' che presero il posto di Polikarpov.

Artem Mikoyan, di origine armene, si era laureato dopo una carriera iniziale da operaio e una carriera da soldato, che gli aprì la possibilità di entrare nella Scuola Aeronautica di Zukovsky, per poi far parte del TsKB (Ufficio centrale di progettazione) dal '37. Questo ragazzo molto brillante avrebbe fatto coppia fissa con il più anziano Mikhail Gurevich, studente prma a Kharkov e poi alla Scuola superiore dell'Aeronautica, a Parigi, reduce dalla squadra del celebre Polikarpov. Nel '38 inizieranno a progettare i loro caccia, iniziando dallo I-61 (I sta per Istrebitel, ovvero caccia). Avevano fondato oramai un OKB (Opytno-Konstructorskoe Biuro) proprio e presto si distaccarono dalle precedenti esperienze: l'I-61, rielaborato, divenne l'I-200, un caccia con motore a cilindri in linea. Esso era niente di meno che l'AM-35, un 12 cilindri a V capace di 1.350 hp al decollo e 1.200 a 6.000 m. Era un motore potentissimo per i tardi anni '30, e nondimeno, già diventato un sistema conosciuto e affidabile. Il problema è che non nacque certo come propulsore per caccia: pesava ben 830 kg, più o meno come il DB-603 tedesco, ovvero circa 230-250 kg più dei tipi tedeschi e britannici equivalenti. Per giunta era anche molto lungo, il che mise i progettisti nella necessità di portare molto all'indietro l'abitacolo del pilota, e quel che è peggio, di ridurre al minimo la cellula tutt'attorno per rendere l'aereo il più prestante possibile. Il risultato di tale lavoro era un velivolo per certi versi simile alle tipologie all'italiana come il Macchi 202-205 o il Re.2005. Il problema è che qui il velivolo era davvero estremo, e soprattutto, con un motore troppo potente. I progettisti avrebbero fatto molto meglio ad accettare prestazioni meno spettacolari in cambio di una fusoliera più lunga diciamo di un metro, sia per le proporzioni del velivolo -che nonostante l'aspetto, era minuscolo- sia perché le superfici di coda erano davvero troppo vicine alle ali e al baricentro per essere del tutto efficaci. Per giunta l'aereo era costruito in materiale misto. per risparmiare le leghe metalliche strategiche, che in maniera altamente discutibile erano piuttosto destinate ai.. motori di carro armato. Così il caccia ebbe fusoliera anteriore metallica, con tubi in acciaio come scheletro e copertura in alluminio; la parte posteriore e l'ala, però, erano in legno. In tutto, nonostante tali inconvenienti, si trattava di un progetto estremamente fine e dalle ambizioni molto elevate, superiore sulla carta ai caccia con l'M-105. Per giunta venne completato in appena 3 mesi tant'è che volò il 5 aprile 1940. Il risultato delle prove fu un aereo capace di ben 648 kmh a 7.000 m, più di qualunque altro aereo sovietico se non mondiale (almeno tra quelli destinati a diventare operativi), però poco stabile in volo orizzontale e con altri difetti come l'imbardata al decollo, la scarsa visuale per il pilota, almeno a terra, lo stallo a 'ben' 145 kmh (valore in realtà risibile rispetto ai tipi che verranno), e una velocità d'atterraggio molto alta. Se si fosse resistito alla volontà di ottenere tali velocità, un caccia più grande e pesante sarebbe stato senz'altro una migliore soluzione, ma così si temeva di non fare meglio degli altri contendenti, che oltretutto usavano motori meno potenti. Il MiG-1 era più rapido di 65 kmh rispetto al pur veloce Yak-1, ma molto meno manovriero; il LaGG-3 era il più armato dei tre, ma anche il più lento, superato di circa 80 kmh dal MiG. La produzione partì prima ancora del completamento delle prove e l'accettazione avvenne nell'agosto del '40, sia pure con parecchie critiche da parte dei piloti, ma venne ufficialmente raccomandato ai progettisti di porre in essere almeno una parte delle soluzioni necessarie per aumentare l'agilità e la stabilità dell'aereo, che oltretutto era anche poco armato. Non è ben chiaro quando i primi MiG-1 uscirono dalle linee: c'è chi sostiene che già entro la fine del '40 ne venissero prodotti un'ottantina, e chi afferma che la produzione partì solo all'inizio del '41. C'erano varie modifiche rispetto al prototipo, come l'aumento del diedro alare a 6 gradi per migliorare la stabilità. Il motore era adesso in versione AM-35 con elica a giri costanti tripala metallica tipo VIsh-22 in varie sottoversioni; compariva l'armamento, due ShKAS e una BS, rispettivamente con 750 e 300 cp, e tutte nel muso.

Il MiG era una specie di F-104 ante-litteram, quasi un 'racer' a cui era stato installato un minimo d'armamento, una cellula la più piccola possibile attorno al motore più potente. L'unico altro esempio almeno altrettanto estremo, era il Me.209 tedesco. Nonostante una grossa quantità di carburante, non aveva una lunga autonomia, mentre era veloce in salita e in volo orizzontale, ideale per le alte quote. Purtroppo venne assegnato alle unità da caccia 'normali' anziché a reparti specializzati in tali azioni. Al 22 giugno 1941, i caccia sovietici di nuova generazione erano già molti. E i MiG primeggiavano su tutti: si parla di ben 1.289 aerei tra MiG-1 e MiG-3 (la versione migliorata, entrata poco dopo in produzione), vs 335 Yak-1 e appena 322 LaGG-3. In tutto, però, costituivano una forza di circa 2.000 caccia moderni, che in teoria avrebbe dovuto surclassare gli aggressori. Invece non accadde nulla di ciò. Il MiG-3 era da poco entrato in servizio e aumentava il carico utile grazie ad un serbatoio dietro il pilota da 245 litri, che forse serviva anche a controbilanciare il peso del 'naso', peraltro aumentato da un ShVAK da 20 mm al posto della BS; altre due vennero sistemate sotto le ali, però tutto questo peggiorava le capacità dell'aereo e allora si ritornò, almeno per parte degli aerei, alla configurazione del MiG-1. Il MiG ebbe una situazione contingente non favorevole: la V-VS volle soprattutto aerei d'appoggio al suolo, ed esso era il peggiore in tale senso; lo Il-2 aveva un motore simile, l'AM-38, su cui venne dirottata tutta l'attenzione. L'OKB tentò di trovare un sostituto per il motore passato fuori produzione, ma fu tutto inutile.


Il MiG-3 nel frattempo era maturato in maniera apprezzabile, dopo il primo volo già nell'ottobre del '40 e l'inizio della produzione verso dicembre (anche qui vi sono dati contrastanti, altre fonti parlano di metà giugno '41). Era ottenuto muovendo il motore in avanti di 10 cm, con diedro aumentato da 5 a 6 gradi, in entrambi i casi per migliorare la stabilità, un nuovo radiatore che permetteva di ospitare un serbatoio aggiuntivo (quello da 245 litri), sistema di pressurizzazione a gas inerti per i serbatoi, 8 mm di acciaio per il pilota (poi aumentati a 9 negli ultimi esemplari), miglioramenti vari di dettaglio, ruote ingrandite, abitacolo migliorato e radio RSI-1, munizioni aumentate e punti subalari per 100 kg di bombe, razzi (fino a 8) e persino mortali serbatoi di sostanze chimiche da disperdere a terra, il tutto sperimentato sull'I-200 N.04, ovvero il quarto prototipo. I test furono davvero positivi, dato che le prestazioni- differentemente da quelle degli altri caccia sovietici- non solo non erano decadute, ma addirittura, a parità di motore, erano superiori. Se ne ordinarono ben 3.600 esemplari per il solo 1941, di quello che all'epoca era il caccia più veloce del mondo (o uno dei più veloci, quantomeno).

Tra le altre caratteristiche di questo caccia diurno da intercettazione, c'era l'ala bassa e la carreggiata larga del carrello, basato nelle ali, le quali a loro volta erano piuttosto rastremate. Il motore AM-35A aveva una velocità di rotazione molto più bassa dei tipi occidentali: al decollo i 1.350 hp li erogava ad appena 2.050 giri-min. Per sottolineare le capacità d'alta quota, il pilota, oltre che l'ossigeno di una bombola, aveva anche a disposizione un abitacolo pressurizzato, cosa molto rara a quei tempi e anche dopo. Dell'armamento si è già detto, della sistemazione del carburante, nel suo complesso, si sa che ammontava a 655 litri di cui due serbatoi da 150 litri nella parte centrale del caccia, nel cassone alare; un altro da 245 era dietro il pilota, uno anteriore da 150 litri davanti. L'abitacolo era riccamente equipaggiato con non meno di una quindicina di 'orologi' e un collimatore a riflessione. Vi era una paratia tagliafiamma anteriore, mentre il sedile del pilota aveva lo schienale spesso 9 mm, che era la paratia posteriore blindata. I serbatoi erano parzialmente protetti con gomma, però stranamente non erano considerati autosigillanti, formati come struttura base da lastre saldate in alluminio. VI era una radio RSI-3 e una RSI-4. Le prese d'aria erano per il carburatore, nei fianchi del muso. Altri particolari erano gli ipersostentatori in 3 sezioni, di tipo a spaco, più gli alettoni metallici con rivestimento in tela, ma soprattutto ipersostentatori automatici nel bordo d'entrata, un po' come nel Bf-109 e pochi altri caccia dell'epoca, il che aiutava a migliorare le non eccelse doti di agilità e di decollo dell'aereo. La fusoliera posteriore era in legno come scheletro, come copertura in compensato, ulteriormente ricoperta da tela verniciata. C'erano anche parti metalliche, i piani orizzontali e tutte le parti mobili, al solito ricoperte di tela verniciata e provviste di trim (come anche l'alettone sinistro). Il carrello posteriore era retrattile, ma apparentemente spesso era lasciato estratto. Travetti portabombe erano presenti per due armi da 50 o 100 kg, o ancora 4 da 25 kg o sei razzi RS-82; nell'ala sinistra c'era anche un faro d'atterraggio, in quella destra un tubo di Pitot. Per migliorare l'aerodinamica, il caccia aveva ali ben raccordate con profili Karman (le ali trapezioidali erano su profili Clark UN) alla fusoliera. Nonostante tutto, era un caccia di semplice realizzazione e semplificato nella sua struttura, quindi sostanzialmente adatto alla produzione di serie.

Tra i tipi rimasti a livello di prototipo da ricordare il MiG-3M-82, che era dotato di un M-82 da 1.600 hp, ma che data la difficoltà di raccordarlo alla cellula del caccia, diede sorprendentemente prestazioni deludenti, anche perché il motore pesava 55 kg di più del precedente e soprattutto, aveva un diametro di 126 cm vs gli 87,5 della fusoliera. SI provò a ridurre l'armamento di 4 BS con le ShKAS, ma senza successo. L'I-211 seguiva con l'Ash-82a da 1.700 hp, volò durante l'estate del '42 e dimostrò stavolta, grazie alla migliore aerodinamica ben 670 kmh a 7.000 m, salendo a 5.000 in 4 minuti e potendo anche raggiungere 11.400 m e 1.140 km di autonomia. Sarebbe stato il miglior caccia della V-VS, ma per ragioni strettamente temporali gli venne preferito il La-5, già entrante in servizio e perdendo così la possibilità di introdurre in servizio un caccia valido almeno quanto il successivo LA-7.

Il successivo MiG-3D aveva l'AM-38F da 1.700 hp e due ShVAK da 20 mm, 370 cp totali, e prodotto in pochi esemplari. Esso era dotato finalmente di una fusoliera ben più lunga e proporzionata, dalla forma molto armoniosa. Altrettanto bello era l'I-220(A) con l'AM-39 da 1.700 hp, due cannoni da 20 mm; era un caccia d'alta quota del '43, ma rimasto senza esito; l'I-221(2A) introduceva anche il compressore TK-2B per arrivare fino a 13.000 m, l'I-222(A) aveva elica quadripala e doppio compressore per 691 kmh a 7.800 m. Da qui si passò all'I-222 o MiG-7, con il VK-107A da 1.700 hp e in aggiunta, compressore multistadio, mentre l'abitacolo era blindato e meglio pressurizzato. Volò nel '44 ma oramai il pericolo proveniente dalle alte quote era scomparso e così esso non ebbe produzione in serie. L'armamento era di un cannone da 20 mm e due o 4 mitragliatrici. Non bastando ancora, venne anche sperimentato l'I-224 stratosferico con l'AM-39FB e doppio turbocompressore per 14.100 m di tangenza, ma quest'aereo, sempre del '44, non ebbe seguito. Infine, l'ultimo stadio di questa famiglia di caccia d'alta quota altamente evoluta e dal bell'aspetto armonioso (niente a che vedere con i primi MiG) fu l'I-225 con l'AM-42FB da 2.200 hp e 726 kmh.

Questo MiG ha visto giorni migliori. E' una delle vittime di 'Barbarossa'

Come si vede, i margini di crescita, se ce ne fosse stata la necessità, non mancavano per i MiG, ma la V-VS era più impegnata in campo tattico e così quello che serviva furono cacciabombardieri tattici. I MiG-3 erano nel loro elemento soprattutto ad oltre 6.000 m di quota, dove sviluppavano al meglio le loro prestazioni. Nondimeno, qualche successo l'ebbero anche a bassa quota, specie quando assegnati nelle migliori unità, come il Reggimento della Guardia. Tra gli assi Pokryshkin, che con 59 vittorie sarà secondo solo a Kozhedub, inaugurò i suoi successi con un Bf-109E quello stesso 22 giugno, mentre era impegnato in una missione di scorta; vi furono vittorie ai danni di HS-126, Do-215 (usati come ricognitori), si parlava di successi contro gli Ju-88 e i Me-210 (?), come anche di una doppietta (l'8 luglio, da parte del Ten Czenozov) su di un Bf-110 e uno Ju-88. Se queste vittorie non causarono certo la rovina della LW,c'è da chiedersi cosa avrebbe potuto fare la V-VS con già tanti caccia se avesse avuto un'organizzazione migliore e se non avesse subito tante perdite già il primo giorno. Con i LaGG-3 che andavano in missione di caccia d'appoggio tattico e scorta, gli Yak-1 che eseguivano la superiorità aerea sotto i 5.000 m e i MiG che si occupavano dell'intercettazione e della scorta sopra tale livello. A bassa quota il MiG-1, (il MiG-3, nonostante fosse più pesante, curiosamente è riportato come più veloce), sviluppava solo 480 kmh, in verità 7-8 kmh più del Bf-109E, ma non sufficienti per compensare una manovrabilità tropo modesta. A 2.500 m però era già in grado di arrivare a 530 kmh, confermando la superiorità rispetto ai Bf-109E (ma forse non agli F, quasi altrettanto veloci a tutte le quote e specialmente superiori a quelle basse), a 5.000 m arrivava a 585 kmh, mentre a 7.000 m arrivava a 628 kmh, grossomodo 100 kmh più rapido del Bf-109E e al livello del Bf-109F-4; superando tale quota ottimale, scendeva a 608 kmh a 8.500 m e infine a 595 kmh a 9.000 m. Ma il MiG poteva volare fino a 12.000 m. Per questo talvolta vennero usati come ricognitori, ma l'autonomia non era sufficiente per impieghi strategici volando da quote così elevate. In verità, considerando la loro velocità, sopra i 6.000 m sarebbero già stati pressoché inarrivabili e al contempo, ben più utili per autonomia e capacità di rivelare particolari (che dalla stratosfera non erano certo molto dettagliati). Spesso gli aerei volavano con l'abitacolo aperto e questo non aiutava le prestazioni, ma se c'erano problemi il pilota poteva scappare più facilmente col paracadute, dato che il tettuccio appariva piuttosto angusto. Infine una nota sulla produzione: vi sono fonti che dicono che il MiG-1 sia stato prodotto in 100 esemplari appena, mentre altre dicono persino 2.200, contro appena 1.200 MiG-3. Il totale fu in ogni caso dell'ordine di 3.422 fino verso la fine del '41. In effetti il primo MiG-3 pare che sì, uscì dalle linee il 20 dicembre, ma la produzione salì lentamente. Tuttavia dal marzo 1941 c'erano 10 aerei prodotti al giorno, un numero impressionante che era in linea con la richiesta produttiva. Il MiG-3, peraltro, era inferiore al MiG-1 in certi aspetti e anche il consumo di carburante venne trovato eccessivo, ma solo perché non si corresse per la quota: in seguito vi furono dimostrazioni concrete di una distanza concretamente percorribile di oltre 1.000 km, tra l'altro assai superiore a quella di quasi tutti i monoposto dell'epoca. Altri problemi furono quelli dati dai famosi 'controlli di qualità', che in certi esemplari causavano perdite inaccettabili di prestazioni, per via della pressione insufficiente dell'olio e del carburante. Peggio che mai, però, i cacciatori russi cercavano di usarlo come un caccia da duello aereo tipo i vecchi Polikarpov. Per fortuna gli venne spiegato poi che il MiG era tutt'altro tipo di aereo, mentre le pompe olio e carburante vennero migliorate. IN azione a basse quote, i MiG erano comunque poco utili sia come cacciabombardieri che come caccia di scorta e da superiorità aerea, decisamente sprecati per tali compiti. Di fatto -nonostante la superiorità di prestazioni- non trovarono una ragion d'essere, ma soprattutto fu il blocco dei motori prodotti che li 'uccise'. Un MiG-3 venne portato in Romania nel dicembre del '41 da un disertore ucraino e usato sia come 'aggressor' che forse anche in compiti operativi dal cap. Cantacuzino, uno degli 'assi' rumeni. Fu poi ricatturato dai sovietici nel '44.

Attualmente, per la gioia degli appassionati 'warbirders', un MiG-3 è tornato a volare in Russia, con tanto di capacità di volo acrobatico, dimostrata nel MAKS 2007, la mostra aerospaziale di Mosca.

Anche il MiG-3 è stato 'ricreato' di recente

MiG-1 e 3:

  • Dimensioni: 8,16 x 10,2 x 2,59 m x 17,6 m2 per tutti, o con minime differenze
  • Pesi:
2.600-2.630/max 3.071/3.100 (MiG-1)
2.699/ kg (MiG-3)3.100 kg (fino a 3.310-3.335, i dati sono piuttosto confusi), carico alare 155 kg/m2
  • Motore Mikulin AM-34 da 1.200 hp al decollo, 1.350 in quota
  • Prestazioni:
MiG-1: 480 kmh/slm, 530/2.500 m, 585/5.000 m, 628/7.000 m, 608/8.500 m, 595/9.000 m, velocità di salita 5,3 min per 5.000 m, tangenza 12.000 m circa, autonomia 640 km, decollo 374 m, atterraggio 410 m
MiG-3: 505 kmh/slm; 630 kmh/7.800 m; salita a 8.000 m in 10,28 min; tangenza 12.000 m, autonomia 820-1.000+ km
  • Armamento: 1 UBS da 12,7 mm e 2 ShKAS (potenza di fuoco 1,44 kg/s), alcuni MiG-3 con 2 UBK da 12,7 mm subalari e-o 2 bombe da 100 kg o 6 razzi RS-82 o diffusori per liquidi chimici o incendiari.

Bibliografia e fonti[modifica]

  1. Dati dalla voce wiki.en
  2. Vedi Galbiati, Ivan Kuzhedub, Storia Militare apr. 2008

I Grandi aerei storici: i Caccia Russi, N.37 nov dic 2008, Delta editrice