Caccia tattici in azione/USAAF-3

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P-38: la folgore della Lockheed[modifica]

Erano i tardi anni '30 quando l’USAAC mise in linea un caccia multimotore, l'Airacuda, un grosso bimotore e multiposto della Bell. Non fu esattamente un capolavoro, anzi era il classico caso di come non costruire un caccia, dato che al dunque era una specie di postazione volante per cannoni e mitragliatrici. L'aereo di Johnson fu ben diverso: un monoposto bimotore e bifusoliera: il più semplice modo per ottenere il miglior rapporto potenza-peso e con una ridotta resistenza aerodinamica e peso, ma al prezzo di una struttura complessa. Quest'aereo era sofisticatissimo per l'epoca e la sua evoluzione richiese uno sforzo straordinario per farne alla fine una macchina estremamente efficace ma presto superata dagli eventi. Primo della 'Triade' (P-38, P-47 e P-51) dei principali caccia USAAF, esso fu anche progressivamente rimpiazzato già nell'ultimo anno di guerra nel teatro europeo, mentre continuò ad operare ampiamente nel Pacifico. In tutto ebbe qualcosa come oltre 700 modifiche principali e oltre 20.000 secondarie. Dato che la sua vita operativa si svolse grossomodo in sei anni, questo significa che ogni giorno, in media, il Lightning ebbe qualcosa come 10 modifiche di cui 0,4 principali. Da questo assunto si capisce come sia stato difficile e complesso lo sviluppo dell'aereo e piuttosto difficile tracciarne un'evoluzione e una valutazione tra versioni alle volte dal comportamento molto diverso.

La genesi[modifica]

Il caccia Lockheed nasceva come Model 22 e rispondeva alla circolare X-608, con una serie di requisiti che includevano una velocità massima di 466 kmh slm e 579 kmh a 6.100 m, con salita a tale quota in 6 minuti, decollo entro i 660 m su ostacoli di 15 metri (alberi). Il primo caccia uscì di fabbrica per la fine del '38 e volò il 27 marzo 1939, ma con il rischio di cadere in pezzi per le vibrazioni sostenute. Nonostante tutto, con il prototipo l'11 febbraio 1939 il collaudatore Kelsey provò a battere il record di Howard Hughes nella specialità di volo tra le coste americane. Nonostante il volo dell'XP-38 dovesse andare a rifornirsi a terra per due volte, perdendo 35 minuti di tempo, riuscì a farcela in 7 ore e 37 minuti totali. Solo quando giunse a Long Island i motori ebbero una piantata: il ghiaccio, un nemico insidiosissimo per gli aerei per quanto invisibile, aveva ostruito le prese d'aria dei carburatori, costringendolo all'atterraggio in un campo da golf. L'aereo andò semidistrutto, ma il 27 aprile vennero richiesti i primi 13 YP-38, che sarebbero stati seguiti da un totale di 10.037 Lightning.

Inizialmente i Lightning avevano un cannone da 37 mm, all'epoca molto in auge per l'USAAC, poi però venne sostituito con cannoni da 20 mm.

Tra le varie innovazioni del Lightning v'era il fatto di essere il primo caccia intercettore bimotore dell'USAAC e il primo con carrello triciclo anteriore, il primo con rivetti a testa annegata sulla superficie della fusoliera, con il tettuccio a goccia, capace di 400 miglia orarie e il primo caccia bifusoliera. Fu anche il primo ad abbattere un aereo tedesco da parte americana e il primo a raggiungere Berlino tra i caccia di scorta, il più pesante caccia monoposto americano e l'unico in produzione dai tempi di Pearl Harbour fino al V-Day. Fu anche quello con il maggior numero di aerei giapponesi abbattuti.

Il prototipo venne ordinato il 23 giugno 1937; aveva i nuovissimi V-1710 da 1.090 hp a 4.000 m con turbocompressore G.E. B-1. L'XP-38A non aveva armi e venne accettato dopo i collaudi durati tutta la seconda parte del '42 dall'USAAF. Le prestazioni non lasciarono a desiderare, ancorché per certi versi inferiori a quanto richiesto: 6,5 minuti per i 6.100 metri e 664 kmh come velocità massima orizzontale. Più che sufficiente per assicurarsi il successo, dato che all'epoca semplicemente non esisteva nulla di simile, tanto meno già in servizio. Servizio che peraltro il futuro Lightning avrebbe visto non prima di un lungo processo di maturazione.

Per l'epoca, il P-38 era davvero un caccia molto grande, più o meno come lo è attualmente il Su-27

Dopo la perdita del prototipo nel corso di un tentativo (oltretutto fallito di poco) di battere il record di Hughes, i 13 YP-38 divennero presto una realtà, con cannone da 37 mm e le altre armi tutte da 12,7 mm anziché 2 da 12,7 e due da 7,62. Il primo volò il 16 settembre 1940, ma questi aerei vennero completati solo entro il giugno 1941 e la velocità nel frattempo era calata a 'soli' 650 kmh (ma a 3.050 m, una prestazione eccezionale a quella quota). Sarebbe stato il più veloce caccia del mondo se fosse stato messo in servizio così com'era, ma i problemi non erano pochi, sebbene il peso fosse non più di circa 4.700 kg a vuoto e 6.500 al decollo. Nelle picchiate rapide il P-38 mostrava problemi di buffetting e vibrazioni, perché era decisamente veloce, troppo. Era il fenomeno della compressibilità, che prima era pressoché ignoto. Il 4 novembre un aereo aveva perso la coda durante una picchiata uccidendo il pilota. L'unica consolazione era che la velocità che si stimava avesse raggiunto ammontava ad un valore superiore a 840 kmh.

Con i P-38D si introdussero attrezzature che li rendessero pienamente capaci di combattere, tra cui corazzatura migliorata, vetro antiproiettile e serbatoi autostagnanti. La denominazione D ebbe luogo dall'agosto del '41. Ma non vi furono mai B e C, versioni mai esistite in quanto si passò al D direttamente dal modello A. I serbatoi vennero ridotti di capacità per via del rivestimento antiproiettile, da 390 a 340 galloni, ma in ogni caso il carburante normale era 210. Tra le altre innovazioni, un sistema di ossigeno a bassa - e non ad alta, come accadeva prima - pressurizzazione. Vi era anche la predisposizione per i bengala (certo non per contrastare i missili IR come accade oggi, ma per gli atterraggi notturni o le segnalazioni). La velocità era di circa 630 kmh. I primi entrarono in servizio nell'agosto del '41, tuttavia non vennero mai considerati 'di prima linea' tanto che non ebbero altro ruolo se non l'addestramento (RP-38, dove R sta per Restricted, limitato). Ai tempi di Pearl Harbour c'erano 69 P-38 e 38D in forza, ma non alle Hawaii. Da notare che agli albori della sua carriera, il Lightning non si chiamava così ma piuttosto, come se fosse un bimotore commerciale, Atlanta. Giustamente, essendo un caccia, gli venne poi assegnato un nome più guerresco.

Il P-38E aveva il cannone da 37 mm presente nel tipo D (con appena 15 colpi), rimpiazzato dal 20 mm con 150 proiettili. Per il resto, a parte questo cambiamento, c'erano varie migliorie tecniche come i sistemi idraulici ed elettrici, ed eliche in duralluminio al posto di quelle in acciaio cavo. La velocità era di circa 640 kmh a 7.600 m, la salita a 6.100 m in 8 minuti. In tutto vennero costruiti dal '41 210 esemplari. Tuttavia il problema era la facilità con cui, in picchiate ad alta velocità, finivano per ammazzare i piloti, o perché non ne uscivano o perché si spezzavano in volo durante il tentativo, nonostante che il P-38 fosse - malgrado l'apparenza - un aereo molto robusto. In sostanza, il P-38 inaugurò una nuova era: il caccia transonico, di cui fu involontario pioniere nello scoprire i pericoli che aerei non pensati con certi criteri potessero incontrare. Nonostante i vari rimedi ideati per eliminare il più pericoloso dei fenomeni, il flutter (scuotimento) delle code, l'aereo fu considerato tutto sommato un modello ancora semi-operativo. Vari gli esperimenti, anche molto interessanti, come il modello idroplano, con fusoliera allungata di circa 1 metro e galleggianti, pensato per il teatro pacifico, mentre un altro tipo ebbe un'ala a flusso laminare (per il settore esterno ai motori) e un altro ancora ebbe compiti di trainare alianti Waco CG-4A.

Così il primo Lightning 100% operativo divenne l'F, nato tuttavia solo nel tardo 1942. Inizialmente si trattava di 377 aerei e altri 150 ex-britannici e francesi (come ordini, ma mai consegnati), con motori da 1.325 hp e armamento del tipo E, ma peso superiore fino a 7.200 kg a pieno carico, con una salita a 6.100 m in 8,8 minuti. Vi furono 5 lotti progressivamente migliorati, anche in maniera tutt'altro che prevedibile. Se il primo ebbe 128 prodotti, il successivo F-1LO aveva due bombe da 1.000 lb o addirittura, teoricamente, un siluro da 559 mm. Ne vennero costruiti 149. Era possibile anche usare un generatore di cortine fumogene. I serbatoi ausiliari comparvero sui 100 F-5. L'F-15 era invece dotato dei preziosi combat flaps con angolo fino a 8 gradi in combattimento. La versione fotografica era costituita da 20 F-4A o meglio P-38F-1-LO modificati in ricognitori disarmati con 4 camere K-17.

Il P-38G era del giugno del '42, simile all'F ma con motori da 1.325 hp al decollo e 1.150 a 8.000 m, potenza limitata solo dal raffreddamento inadeguato. La versione fotografica era l'F-5A. In tutto vi furono 1.082 aerei di cui quasi 200 ricognitori. Varie le modiche fatte con i vari 'blocks'. GLi F-5A erano disarmati, ma in generale il P-38G era più leggero dell'F di circa 90 kg. Vi fu anche la proposta di dotarlo di un cannone da 75 mm, ma questa versione cannoniera non passò il vaglio nemmeno come progetto teorico. La velocità massima era di circa 644 kmh, salita a 6.100 m in 8,5 minuti e tangenza di circa 12.000 m. Le bombe erano fino a due da 454 kg oltre al solito armamento di cannoni da 20 e mitragliatrici da 12,7 mm.

Simile era il P-38H, ma con flap del radiatore dell'olio automatici per ovviare al problema del surriscaldamento dei motori, bombe fino a circa 730 kg, salita a 6.100 m in 6,5 minuti grazie alla maggiore potenza erogabile (1.240 vs 1.150 hp a 7.600 m). In tutto ne vennero prodotti 226 dal maggio del '43.

Il P-38 divenne sempre più minaccioso con le versioni evolute, di cui il J fu l'apice

Uno dei migliori Lightning fu senz'altro il J. Le modifiche riguardarono anche gli alloggiamenti motori per quest'aereo apparso a partire dall'agosto del '43. I loro radiatori erano sotto il motore, molto meglio protetti dal fuoco nemico e in generale più affidabili, e il raffreddamento era migliore. L'aereo di questo tipo era il più veloce dei Lightning: 593 kmh a 1.520 m, 675 kmh a circa 8.000 m, il raggio era di quasi 800 km a circa 550 kmh e circa 1.800 km a 320 kmh e 3.000 m, ma con due serbatoi ausiliari si giungeva a 3.600 km a circa 300 kmh e 3.050 m. La salita a 1500 m era possibile in due minuti, e a 6.100 m in 7, la tangenza di 13.400 m (44.000 ft). I pesi erano tra 12.780 e 21.600 lbs (9.800 kg). I motori erano tarati a 1.600 hp l'uno (V-1719-89 e 91), gli stessi dei P-38H ma con potenza maggiore grazie al migliore raffreddamento. A circa 8.000 m erogavano 1.425 hp anziché 1.240. Razzi (fino a 10) e bombe fino a 1.800 kg erano trasportabili sotto le ali. I blocks ebbero complessivamente 1.010 esemplari con varie modifiche e miglioramenti. Il problema era che il caccia arrivava presto alla compressibilità: a 0,65 mach già iniziava, sopra 0,68 mach diventava peggiore e l'aereo poteva uscire solo con grande difficoltà dalle picchiate, fino a cadere in una vera e propria trappola quando si superavano 0,72 mach. L'aereo dava segnali più che sufficienti per il pilota, ma nel combattimento non era detto che questi se ne accorgesse. Questi problemi ponevano i P-38 in una situazione di difficoltà contro i caccia tedeschi e anche italiani. Può sembrare strano, ma i grossi P-38 erano in grado di virare più stretto dei piccoli caccia tedeschi, mentre nonostante la loro velocità non riuscivano a tener dietro ai loro avversari, molto rapidi a disimpegnarsi in picchiata e poi a risalire in quota. Il problema venne risolto con un apposito flap di picchiata che venne installato dal block-25 e che permetteva di eliminare le onde d'urto che disturbavano gli alettoni; questo lotto ebbe 210 aerei prodotti e tra le sue innovazioni v'erano anche servocomandi idraulici per gli alettoni, che finalmente rendevano possibile manovrare molto meglio a tutte le velocità.

Questo sistema fu il primo in assoluto che venne installato su di un caccia, e del resto ve n'era necessità dato che oramai i velivoli erano ben più pesanti e veloci di quanto fossero anche solo 5 anni prima. Il rateo di rollio aumentò molto, mentre la forza sulla cloche era ridotta ad un sesto di quanto prima era necessario: il P-38J-25 ebbe così niente di meno che il maggior rateo di rollio di qualunque caccia, superiore forse anche al FW-190. Non solo, ma nel marzo del '44, sempre in contrapposizione alla situazione precedente, un P-38 arrivò ad una IAS (velocità indicata) di 750 miglia orarie, ovvero in supersonico. In realtà, quest'eccezionale misurazione era erronea: venne poi scoperto che l'anemometro era disturbato sopra gli 885 kmh dai fenomeni vicini al muro del suono. Resta però, se non la prova di un Lightning supersonico, almeno quella della velocità elevatissima che ora i P-38J potevano sostenere grazie alle modifiche dei comandi di volo. Così era davvero difficile, anche per gli aerei della LW, scappare di fronte ad un P-38J che poteva superarli in manovra a bassa velocità e rincorrerli con successo anche in picchiata, nonché competere in salita alla massima potenza erogabile dai motori. Un brutto cliente, nettamente migliore rispetto ai precedenti P-38. Presto i P-38J divennero sempre più utilizzati come bombardieri tattici, fino a che non comparvero dei tipi con un secondo membro dell'equipaggio con un sistema Norden di bombardamento oppure un radar di bombardamento vero e proprio. Questo consentiva di guidare intere formazioni all'attacco con sganci di precisione. I P-38J divennero presto anche dei caccia notturni, aumentando ancora di più la loro capacità operativa, grazie al pod con un radar AN/APS-4 sotto l'ala destra o, in seguito, più convenientemente sotto il muso (dove però era spesso vittima dei detriti durante i decolli, ma sotto le ali dava interferenza con le fusoliere). In pratica, divenne una specie di piccolo P-61, del quale ricalcava, anzi precedeva, l'aspetto e il progetto complessivo. Nel compito di caccia notturno aveva un secondo aviatore, un operatore radar, dietro il sedile del pilota. Tutto questo avvenne dall'autunno del '44 sia in Australia, che poi in Europa. Più o meno a quei tempi venne persino sperimentato un rimorchio del P-38 tramite un B-24H, per aumentarne l'autonomia, collegato ad un serbatoio ausiliario che riforniva il caccia. Ma era macchinoso e non venne adottato. La differenza con il rifornimento in volo era che non veniva trasferito il carburante interno del serbatoio, ma tutto il serbatoio ausiliario sotto l'ala dell'aereo. Troppo delicata come manovra, e ancora ci si può chiedere come mai fosse così difficile adottare il rifornimento in volo vero e proprio come lo si praticherà nel dopoguerra, risolvendo innumerevoli problemi con i caccia tattici.

Per i compiti di ricognizione il P-38J ebbe la versione F-5B, che era equipaggiata come la F-5A derivata dal P-38G. Essa aveva però anche un sistema automatico di volo Sperry. Ne vennero costruiti 200, gli ultimi ricognitori della famiglia eccetto le macchine da caccia modificate -diverse altre centinaia. Gli ultimi P-38J divennero F-38 nel 1948 con il cambio di denominazione da P a F.

Il P-38K era un unico esemplare, leggermente migliore del J grazie a motori potenziati e struttura leggera, ma non sufficientemente meglio e soprattutto, con motori di cui v'era scarsa disponibilità (V-1710-75/77), così non fece passi avanti.

Il P-38L fu il più importante e l'ultimo dei P-38: ben 3.945 esemplari, con motori V-1710 da 1.475 hp, l'ennesima versione potenziata che poteva arrivare a 1.600 hp in emergenza (WEP) a circa 9.000 m. Per il resto era simile al P-38J e venne prodotto in due soli blocks, con poche modifiche di dettaglio tra i due, come bombe da 2.000 libbre e lanciarazzi da 10 rampe sotto ciascuna ala da 127 mm. Uno di questi aerei venne addirittura ricostruito in India dalla Hindustan come aereo VIP per un generale americano, con il naso dei tipi da bombardamento per un navigatore, qui diventato il generale; vi fu anche una più minacciosa versione da mitragliamento rimasta esemplare unico, con 8 armi da 12,7 mm nel muso e altre 8 sotto l'ala, praticamente una sorta di A-26 Invader. L'aereo base era capace di una salita a 6.100 m in 7 minuti, 666 kmh a 7.620 m, tangenza di 12.200 m, peso di quasi 7.200 kg a pieno carico. V'erano anche due tipi ricognitori, l'F-5F e G. Gli ultimi P-38L divennero nel '48 F-38L. Uno solo sopravvive attualmente al museo Wright-Patterson. Effettivamente, il P-38, per una ragione o per l'altra, è sopravvissuto in ben pochi esemplari alle demolizioni postbelliche, forse anche per via della rapida sparizione dai reparti di prima linea.

Dal modello L discende anche il caccia notturno M, che già era stato preceduto da due F modificati nel '43 con un radar SCR540 con le sue antenne tipo Yagi. Ma c'era bisogno di due persone per volare efficientemente missioni di caccia notturna, e così arrivò il P-38M con radar AN/APS-6 in un radome. Era capace di volare ancora a circa 652 kmh contro i circa 590 del P-61A ed era ovviamente dipinto di nero. La salita a 6.100 m soffriva un po' - 8,7 minuti - a causa dell'aumento di peso, ma i circa 80 aerei modificati ebbero comunque successo, essendo impiegati in Pacifico e dimostrando poca perdita di prestazioni complessive rispetto ai monoposto diurni. Uno di essi sopravvive ancora in un museo, senza più il radar, ma ancora con i due abitacoli che indubbiamente, ricavati com'erano nella stretta fusoliera, erano molto stretti per gli standard americani; specie in missioni notturne e di lunga durata dev'essere stata un'esperienza piuttosto pesante, ma i fatti dimostrarono che era possibile lavorare in maniera efficiente anche in tali condizioni.


Il P-38 in volo[modifica]

Entrando nell'abitacolo del P-38, del quale la versione più diffusa in Italia è stata la L, il pilota aveva una serie di impressioni, sia positive che negative, ma le prime erano preponderanti. Uno, la visuale era tutt'attorno molto valida, perché era presente un abitacolo sopraelevato e interamente vetrato. La cloche non era il classico 'manico di scopa' o manico da vanga dell'epoca, ma una specie di volantino simile a quello degli aerei di tipo commerciale, segno dell'esperienza della Lockheed. L'abitacolo, tanto per cambiare con i caccia americani, era ampio: anzi, così grande che i piloti di bassa statura erano un po' in difficoltà anche con la regolazione del sedile. Il cruscotto era ampio, ma anche troppo affollato di strumenti, specie per via dei due motori presenti. Stranamente, nei caccia americani spesso gli strumenti erano disposti poco razionalmente, mentre in tanti altri tipi più angusti, come i caccia francesi, tedeschi e giapponesi, tutto era molto più razionale e facilmente leggibile. L'aereo era stabile: stabile nel rullaggio, nel decollo. La stabilità era dovuta ai motori, che in genere erano a doppia versione: una a giri destrorsi e una sinistrorsa, il che annullava il momento torcente delle due eliche; così i tipi V-1710-49 e -53 consentivano un decollo senza imbardate laterali, com'era invece solito con i normali caccia. Non solo, ma la visibilità anteriore era eccellente, assolutamente migliore dei normali caccia monomotori eccetto forse i P-39/63. L'unica cosa che non andava, inevitabilmente, era che la doppia trave di fusoliera e la grande ala erano deleteri per la visibilità laterale. L'aereo era una macchina difficilmente giudicabile in volo: visto frontalmente, era addirittura più piccolo del P-47, visto di lato, anche, visto di pianta ovviamente no. L'aereo in ogni caso era inconfondibile e questo era spesso un vantaggio nelle formazioni numerose. Spesso i P-51 che si avvicinavano ai B-17 o 24 da proteggere venivano scambiati per Bf-109 e i mitraglieri tendevano a mitragliarli, talvolta abbattendoli: i P-38 no, al più si potevano scambiare per un Bf-110 o 410 ma era più difficile, così potevano andare all'attacco dei caccia vicini ai bombardieri senza essere posti sotto tiro perché i P-51 erano simili ai Bf-109 e i P-47 ad un FW-190.

Quanto al volo ad alta quota, però, il P-38 aveva un problema: l'abitacolo non era dietro il potente motore, così il riscaldamento non era assicurato dal suo semplice funzionamento. Aggiungiamo l'ampia vetratura e il risultato era poco confortevole, infatti il riscaldamento era nettamente insufficiente. Dato questo, i voli ad alta quota erano spiacevoli, e il caccia era noto in tal caso, nell'impiego nella fredda Europa, come 'vagone frigo'. Di positivo il Lightning aveva un'altra cosa di 'invisibile': i gas di scarico non avrebbero mai rischiato di soffocare il pilota, come talvolta accadeva - ad esempio nel Typhoon - con i caccia con motore nel muso. Il problema era l'inaffidabilità dei motori stessi, che ad alta quota erano difficili da mantenere efficienti. Quanto alle prestazioni, il P-38F era capace di circa 636 kmh a 7.620 m. In picchiata il Lightning era veloce, ma quest'aereo non tollerava molto bene le picchiate ad altissima velocità, perché la compressibilità li rendeva spesso incontrollabili, soprattutto sopra gli 885 kmh, velocità che, per un aereo tanto fine ed efficiente aerodinamicamente, non ci voleva certo molto a raggiungere. Se per il confronto contro i caccia giapponesi la velocità orizzontale era più che sufficiente, contro i Tedeschi era del tutto diverso e spesso i Bf-109 e i FW-190 si lanciavano in picchiate velocissime dalle quali i 'diavoli a doppia coda', come spesso erano chiamati i P-38, non sempre riuscivano ad uscire.

Il P-38 ebbe anche un confronto diretto con i velivoli tedeschi allorché il famoso FW-190A-3, atterrato in Gran Bretagna e sottoposto ad ogni genere di collaudi, venne confrontato anche con i Lightning modello F. Il risultato fu che il caccia tedesco superava in velocità l'americano fino alla velocità di 6.700 m, a 600 m di 24 kmh, a 4.500 m di circa 10 kmh; ma a 7.000 m l'aereo americano invertiva il vantaggio, fino a circa 13 kmh in più. Così avveniva anche in salita, quando il P-38 superava il FW-190 solo sopra i 6.100 m, quota che il P-38 saliva nel non eccezionale tempo di 8,8 minuti (laddove uno Spit Mk IX poteva giungere in tempi tra i 4,5 e i 5,8 minuti); non era la migliore prestazione del P-38, il modello D riusciva a salire a tale quota in 8 minuti e il tipo G e l'H in 8,5 minuti. Del resto il P-47 aveva tempi dell'ordine dei 9 minuti e anche Hellcat e Corsair non erano degli arrampicatori eccezionali, data la loro massa. Il P-38F poteva volare in crociera a 536 kmh a 7.500 m circa, il che era una prestazione elevata, ma nondimeno la sua elevata autonomia era tale solo con serbatoi ausiliari. Il modello F aveva 1.136 litri e il raggio d'azione variava tra 340 a 636 km, ma era possibile usare serbatoi ausiliari da 625 o 1.173 litri l'uno solo dai sottotipi F-1: il raggio aumentava allora a 1.450 km. Questi serbatoi dovevano essere sganciati, perché in combattimento non era difficile cadere in stallo se si scordava di liberarli. I P-38 diedero i due più grandi assi americani, Dick Bong (40 vittorie) e Mc Guire, che terminò con 38 vittorie. Nessuno dei due ebbe fortuna: Bong morì nel '45 durante un volo con uno dei primi P-80 a reazione; l'altro finì malamente carriera e vita allorché, in combattimento, caccia giapponesi attaccarono la sua formazione. Il gregario venne colpito e abbattuto, McGuire virò stretto per affrontare i nemici, ma nella furia dimenticò di sganciare i serbatoi e precipitò in stallo, così che in pochi istanti entrambi i Lightning della coppia andarono perduti.

Il P-38 divenne un caccia sempre migliore con il passare delle versioni. Già il P-38F, nonostante la mole, era capace di manovrare bene in virata, anche se i motori nelle ali limitavano, con l'inerzia della loro massa, la velocità di rollio, nemmeno paragonabile a quella dei caccia tedeschi e in particolare al FW-190. Ma sotto i 225 kmh il P-38F poteva virare più stretto dei caccia tedeschi. Per giunta, il P-38F-15 ebbe combat flaps che abbassandosi di 6 gradi, erano in grado di aumentare la portanza durante i combattimenti.

Inoltre i P-38 erano anche in grado di volare molto in alto, sopra gli 11.000 m; anzi, durante la produzione si arriverà a oltre 13.000 metri. Il problema era l'affidabilità dei motori, che spesso tendevano a malfunzionare per via del freddo. Le prese d'aria del compressore erano sui lati delle fusoliere.

Un aereo con tanti pregi e pochi difetti, che in Italia ebbe parecchi incidenti data la difficoltà di adattarsi ad un aereo tanto grande e pesante, così diverso dai tipici velivoli europei. I P-38 hanno continuato per poco tempo a volare nel dopoguerra, perché presto divennero superati. In realtà, dopo il 1944 i P-47 e soprattutto i P-51 sostituirono progressivamente i Lightning come macchine di prima linea, non prima però che questi venissero prodotti in quasi 10.000 esemplari, quantitativo non meno importante dei circa 15.000 di ciascuno degli altri due della triade di caccia principali dell'USAAF, dato che si trattava di bimotori.

L'armamento del P-38 era sempre e comunque nel muso: un cannone M2C Hisso 20 da 20 mm con 150 colpi, circondato da 4 AN/M2C da 12,7 mm Browning con 2.000 colpi complessivi. Era una potenza di fuoco non solo elevata, ma anche molto concentrata. Questo aiutava a mirare meglio e a ottenere risultati validi su ogni bersaglio, anche se v'erano macchine almeno altrettanto armate. Il FW-190A-3/4/5, per esempio, aveva 2 armi da 7,92 con 2.000 cp l'una, 2 MG151 con 500 cp e 2 MG-FF con 120 cp. Tanto per far capire quanto fosse difficile valutare in concreto la potenza di fuoco, quand'erano coinvolti velivoli con armamento composito, ecco una cronologia di cosa accadeva durante i loro scontri: il FW-190, per i primi sette secondi, poteva superare il P-38; poi restava con due soli cannoni e le mitragliatrici, mentre il P-38 aveva piena potenza per altri otto secondi: posto che l'HS-404 era grossomodo efficace come l'MG151 (e quindi 'elisi' un 20 mm a testa), restavano un solo cannone da 20 tedesco più due da 7,92 contro 4 M2, per cui è probabile che passasse in leggero vantaggio il P-38; il FW-190 ritornava in vantaggio dopo il 15imo secondo, quando il P-38 finiva le munizioni da 20, ma dopo altri 5-6 secondi non aveva più i cannoni da 20 mm e a quel punto era limitato alle due armi da 7,92 mm, mentre il P-38 restava con le sue 4 M2 per altri 12 secondi circa (750-800 c.min con 500 proiettili per arma); alla fine 'vinceva' nei combattimenti prolungati il FW-190, perché le sue due armi da 7,92 mm consentivano un'altra ventina di secondi di autonomia. Tuttavia si trattava di un armamento modesto, più che altro utile per dare il colpo di grazia a qualche avversario. In tutto, considerando raffiche da 2 secondi l'una, il FW-190 aveva la possibilità di tirarne 3,5 da 20 mm con gli MG FF, 12 raffiche da 20 con gli MG151 e circa 30 con le MG-17. Il P-38 aveva la possibilità di sparare 7,5 raffiche da 20 e circa 18 da 12,7 mm. Le armi erano azionabili sia separatamente che tutte insieme (quindi il calcolo si complica ulteriormente). Il P-38 restava letale fino a quando poteva sparare; il FW-190 aveva una potenza 'di picco' maggiore, ma dato il maggior calibro delle armi (quindi meno proiettili), essa decadeva con maggiore rapidità. L'eccesso di autonomia per le 7,92, del tutto inadeguate nella seconda metà della guerra, verrà poi risolto quando divennero disponibili le MG131, in cambio della riduzione a 475 cp e quindi a circa 40 secondi complessivi (800 c.min). Tuttavia esse non divennero standard se non con l'A-7 e successivi, quando il P-38 era oramai sempre più rimpiazzato dai Mustang e Thunderbolt.

In azione[modifica]

Come si è visto, le varie versioni di questo potente caccia hanno fatto praticamente di tutto, eccetto le missioni da portaerei, per le quali erano davvero troppo grosse. Ma la maturazione ha richiesto molto tempo e moltissimi sforzi. Di seguito ecco i risultati di tanto impegno.

Uno dei primi P-38, come si vede le stelle delle ali sono ancora di tipo prebellico

I clienti iniziarono con la Francia, che nella primavera del '39 ordinò una massa di aerei americani nel disperato tentativo di riarmarsi contro la Germania di Hitler. Il P-38 era visto come sostituto di vari tipi di aerei come i Br.700 e i Potez 671, all'epoca ancora in sviluppo, e ovviamente dei P-631 in distribuzione, ma dalle caratteristiche modeste. Nell'aprile del '40 venne emesso un costoso ordine per 667 aerei P-38, nel tipo F per la Francia, e nel tipo B per la Gran Bretagna (la commissione per l'acquisto era binazionale). Ovviamente non vi fu tempo di fare nulla, se non insistere che i motori non dovevano essere dotati di turbocompressori e con movimento destrorso, dato che volevano che fossero perfettamente compatibili con i P-40, anch'essi ordinati in massa dalle due nazioni. Dato che le quote si prevedevano piuttosto medio-basse, dei turbocompressori non si vedeva l'utilità, essendo costosi e poco affidabili, nonché dalle forniture piuttosto incerte, mentre loro volevano le consegne entro un anno. I Model 322 ebbero così gli Allison V-1710-C15 da 1.010 hp a 4.200 m, capaci di 644 kmh e nel tipo francese, con i dettagli come armamento, strumenti e radio compatibili con quanto aveva la sua aviazione (per esempio sistemi metrici-decimali, armi francesi ecc.). Tutti vennero presi in carico dalla Gran Bretagna che ne ordinò anche alcuni come Lightning I (143) dotati di turbocompressori, e altri con motori potenziati e turbocompressori per 660 kmh a 6.100 m. I primissimi Lightning I non avevano i turbocompressori e questa versione, chiamata 'castrata' venne considerata insoddisfacente dopo i primi 3 esemplari presi in carico, tanto che gli altri Lightning I vennero presi dall'USAAF come P-322 e usati per lo più come addestratori. Gli altri Lightning britannici vennero consegnati successivamente a vari livelli di aggiornamento, completati come P-38F o G nei vari sottotipi.

Nell'USAAF i primi P-38 erano quelli di preserie, nella tarda primavera del '41, grossomodo in contemporanea con un altro Folgore, il Macchi C.202. Il primo gruppo che ebbe i P-38 li usò nel settembre del '41 nelle manovre aeree sulla Luisiana. Nonostante la necessità di difendere la costa orientale, già nella primavera del '42 si pensò a portare i P-38 in Gran Bretagna, il che venne aiutato da serbatoi ausiliari capaci di aumentare l'autonomia da 1.300 a 2.200 miglia (cira 3.500 km), anzi venne dimostrato persino di come i P-38 potessero volare per circa 5.000 km nelle migliori condizioni, una prestazione degna di un F-15 Eagle, e così fu possibile, seguendo la rotta per la Groenlandia, arrivare con 3 soste fino in UK. Agosto 1942, erano già presenti due gruppi, il 1st e il 14th con 81 P-38F, e altri due difendevano l'Islanda, diventata punto di transito dall'importanza strategica per il ponte aereo americano. Uno di essi abbatté il 14 agosto un FW-200C, assieme all'azione di un P-40C. Le prime vittorie USAAF in Europa. Dopo circa 347 missioni operative e di addestramento, senza altri contatti con la LW, i gruppi 1, 14 e 82 vennero mandati con la 12th AF in Nord Africa, e nel viaggio di trasferimento abbatterono due Ju-88 su Biscaglia. La prima missione venne fatta il 19 novembre 1942 scortando i B-17. Presto iniziarono gli scontri con i Bf-109, 110 e FW-190, nonché con i Macchi 202. Tuttavia i risultati non furono del tutto soddisfacenti per quello che era il primo caccia americano della Triade (gli altri erano il P-47 e il 51). I P-38 si fecero presto conoscere per l'attacco agli aeroconvogli vicino alla Tunisia, e il 5 aprile l'82nd FG dichiarò ben 31 aerei contro 6 perdite, ma le missioni a quote dell'ordine dei 4.500 m non vedevano i P-38 particolarmente favoriti: i caccia nemici erano più veloci e più agili, anche perché il volantino al posto della barra non permetteva la migliore controllabilità possibile per il caccia. La migliore tattica del P-38 divenne la boom and zoom, ovvero azioni rapide di picchiata e risalita. La sua potenza di fuoco fu fatale per molti Ju 52 e S.82, e presto i Tedeschi lo chiamarono 'il Diavolo a due code'.

Poi iniziarono le incursioni in Italia, con i tre FG assegnati per le missioni offensive e la scorta dei B17 e 24. A novembre vennero assegnati alla 15th AF -assieme ai ricognitori del 5th PRG- e il loro migliore 'asso', W.J. Sloan, aveva all'epoca 12 vittorie; un altro pilota divenne invece 'asso in un giorno', abbattendo l'8 ottobre 1943 cinque Ju-87. Sulla capitale bulgara i P-38 arrivarono in scorta ai bombardieri delle 12th e 15th AF. In tre missioni persero 4 P-38 e 2 B-24, ma abbatterono 16 caccia. Il 19 dicembre 1943 iniziarono li attacchi sulla Germania. Il 3 gennaio 1944 vi fu un bombardamento su Torino e per l'occasione l'incontro con un pericoloso avversario, il 1° Gruppo caccia dell'ANR, con 9 MC.205 che decollati, riuscirono ad abbattere 3 P-38 e un quarto probabile. I P-38 avevano già avuto a che fare con i vari tipi di Macchi e con quel combattimento ricominciò la battaglia perché fu l'esordio del 1° Gruppo caccia ANR. Ai P-38G si cominciarono in quel mese ad aggiungere gli H, mentre comparve la squadriglia meteo, la 154th WRS. I P-38H provenivano invece dal 55° FG della 8a AF, che nel frattempo ricevette i P-38J. In primavera apparvero anche con la 15th AF i P-38J, le cui veloci picchiate saranno una sgradita sorpresa per molti piloti dell'Asse, abituati a scappare in questo modo ai diavoli a due code. Ad aprile tutti i gruppi avevano il modello J.

A parte i duelli continui contro i pochi caccia italiani e tedeschi nel settore mediterraneo, i P-38 iniziarono presto le loro missioni anche contro bersagli nei Balcani, Francia e Austria, fino alla Germania, dal febbraio 1944. Aprile 1944, ‘missione impossibile’ dei B-24 contro Pojesti, con la scorta dei P-38. Questi vennero poi impiegati in maniera del tutto disgiunta dai bombardieri quando il 10 giugno successivo attaccarono da soli: 46 aerei dell'82 FG e la scorta di altri 48 del 1st FG. Ogni aereo aveva una bomba da 454 kg (quantomeno quelli dell’82imo), ma vi furono anche perdite elevate: non meno di 22 aerei distrutti (14 dell'82 FG), in cambio un certo successo sulla raffineria bersaglio (la Romano Americana Oil Rafinery), e 23 aerei nemici (rumeni e tedeschi) dichiarati abbattuti. Uno dei piloti dichiarò ben 6 vittorie contro i piccoli FW-190 rumeni, ovvero gli IAR-80; ma al ritorno si ritrovò come unico superstite della sua squadriglia. Data una tale percentuale di perdite, questo tipo di missioni non venne più tentato.

Di lì a 6 settimane iniziarono le missioni 'pendolari' per le quali P-38 e 51 andavano in missione sulla Germania e poi facevano scalo in Russia, e da lì ripartivano per i propri campi d'origine. Nella prima missione distrussero o almeno dichiararono 30 aerei tedeschi e altri 12 al suolo, non è chiaro quante di queste missioni vennero volate ad alta quota per scortare i bombardieri, ma molte erano azioni a bassa quota di 'ricerca e distruzione'. Tipicamente, partivano da Foggia, attaccavano la Romania e arrivavano a Mirgorod, poi ritornando indietro colpivano obiettivi polacchi. L'ultima di queste missioni venne fatta tra il 4 e il 6 agosto 1944. Quel mese i tre gruppi di P-38 parteciparono agli sbarchi sulla costa meridionale francese il 15 agosto; i gruppi 1 e 14 fornirono appoggio stando in Corsica, l'82 la scorta ai bombardieri. In tutto, tra questi reparti americani entro la fine della guerra 28 piloti divennero assi (5 o più vittorie). Ad agosto ricominciarono le attività contro l'Italia inclusi i P-38 del tipo da bombardamento in quota con il muso apposito.

L'8a AF rimase senza P-38 fino al settembre 1943, dato il trasferimento nel settore mediterraneo dei tre gruppi di cui sopra. Il che ovviamente causò molti problemi visto che non c'erano ancora P-51 e P-47 per la protezione a lungo raggio, i bombardieri ne soffrirono di conseguenza. Solo a settembre del '43 ritornarono i Lightning, con il 55th FG e le missioni iniziarono il 15 ottobre successivo, anche se per la prima vittoria fu necessario attendere il 2 novembre. Questi caccia erano ancora del tipo P-38H, ma a dicembre, finalmente, giunsero i P-38J e il 3 marzo del '44 i Lightning arrivarono fino sopra a Berlino, per un viaggio di oltre 2.000 km combattendo contro la LW.

Nel frattempo altri gruppi, il 20, 364 e 479th divennero operativi con i P-38 in terra inglese. Oramai la vittoria stava arridendo agli Alleati, ma non era facile. I P-38 in azione sulla Germania ebbero molti problemi contro gli ultimi tipi di Bf-109 e soprattutto, i micidiali FW-190 (a parte che alle alte quote, ma i tedeschi potevano sempre disimpegnarsi in picchiata). Tuttavia, il P-38J poteva erogare in emergenza 1.600 hp da ciascun motore, il che anche considerando un peso di circa 7 tonnellate era di tutto rispetto sia come accelerazione, velocità e salita, e soprattutto la possibilità di volare ad alta quota per poi picchiare sui loro avversari, mentre in virata potevano fare meglio di loro e in picchiata, con i flap ausiliari, praticamente aerofreni, potevano andare ad alta velocità e in sicurezza. I P-38 potevano essere però facilmente visti da una certa distanza e soprattutto, identificati come tali senza sforzo, ma se non altro questo evitava anche l'errore del fuoco amico, e così i P-38 potevano inseguire più facilmente i caccia nemici quando questi erano vicini ai bombardieri, i cui mitraglieri erano capaci di distinguerli con maggiore facilità rispetto ai monomotori.

Un problema maggiore erano i motori Allison; per qualche ragione, nessun P-38 ebbe mai i Packard-Merlin, e questo significava affidarsi a motori che oramai erano dei primi anni '30, anche se continuativamente migliorati. Spesso i motori causavano più problemi e anche perdite dell'azione nemica vera e propria. Se non altro, il fatto stesso che ve ne fossero due consentiva spesso di ritornare alla base anche con colpi durissimi. Ma il problema è che difficilmente si può sostenere che i P-38, sia pure con due motori, finissero per essere affidabili quanto i monomotori con i Merlin, quali i P-51 e gli Spitfire. Ci volevano piloti esperti per ottenere il meglio, specie ad alta quota, e il freddo causava non pochi problemi di funzionamento, dato che le temperature e il ghiaccio di quelle latitudini si facevano sentire molto di più che nel teatro pacifico, dove oltretutto le quote erano spesso più basse, non essendoci la necessità di difendere i bombardieri ad alta quota. Spesso in Europa i P-38 volavano anche più in alto dei P-51 di scorta, il che era una prova per i sistemi meccanici di bordo non indifferente, anche perché il sistema di raffreddamento e il turbocompressore sistemato dietro i motori causavano problemi frequenti, e per giunta non c'erano flap di raffreddamento ausiliario. Quando invece le temperature erano sotto i -40C, i motori tendevano al contrario a non riscaldarsi abbastanza e così l'olio tendeva a non fluire in maniera regolare, il che causava quindi problemi di lubrificazione; a quelle temperature il piombo aggiunto al carburante tendeva a separarsi abbassando così il numero di ottano e i motori consumavano le valvole con rapidità; i ritorni di fiamma conseguenti potevano spesso causare l'incendio del motore. Tutto questo venne in larga misura risolto dal P-38J con il sistema di raffreddamento semplificato e il riposizionamento del radiatore dell'olio sotto l'elica. Finalmente il Lightning poté dirsi affidabile e capace di sviluppare appieno la potenza teorica dei motori. Il P-38 tendeva anche a non riprendersi dalle picchiate troppo veloci o addirittura, nella manovra di richiamata, a perdere le ali. I 'compressibility flaps' del P-38J-25 aiutarono ad impedire la formazione delle onde d'urto che affliggevano gli elevatori, e così l'aereo poté risolvere anche questo problema. Finalmente il P-38J, dopo un cammino che come abbiamo visto, era stato enormemente complesso e pieno di difficoltà, divenne un caccia veramente all'altezza di ogni altro, più veloce, potente e agile degli altri che lo precedettero.

Dall'aprile del '44 iniziarono le missioni a bassa quota con grosse formazioni di caccia P-38 mandati a distruggere tutto quello che trovavano a terra e in aria. In una sola di queste dichiararono 16 Bf-109. Oramai la Francia era pronta per essere invasa. E nello stesso mese, mentre il 20th FG iniziava tali azioni, il 55th cominciava le missioni 'Droop Snoot' con i P-38J modificati per guidare altri P-38 usati come bombardieri in quota. Tuttavia, nonostante le prove sostenute, i P-38 dei vari gruppi, il 20, 55 e 364th, vennero sostituiti con i P-51 nel luglio 1944, seguiti a settembre dal 479th FG, sempre con i P-51, in tal caso sicuramente del modello D. L'8th AF non ebbe così più gruppi di Lightning, ma la 9th AF li trattenne, nei tipi J e L, per i suoi scopi, data l'efficacia tattica degli ultimi Lightning, che a dire il vero, iniziarono già nella primavera del '43 le missioni di bombardamento e attacco al suolo. I suoi gruppi iniziarono ad avere il P-38 dall'aprile del '44 con il 474th, ne seguirono due altri, il 367 e il 370th, che ebbero poi nel marzo del 1945 i P-47D e i P-51D. Solo il primo di questi gruppi, il 474th, rimase - e fu l'unico- con i P-38 quando la guerra in Europa finì.

Non vanno dimenticati poi i ricognitori: oltre 1 su 8 degli oltre 10.000 P-38 erano ricognitori, il che significa più di 1.400 aerei solo conteggiando l'USAAF. Prima iniziarono gli F-4 dal novembre del '42 (derivati dai tipi E, con motori da 1.150 hp, 99 prodotti), con due squadroni -il 5 e il 12-, poi arrivò un intero gruppo di ricognitori, il 3rd, mentre altre unità ebbero i P-38 modificati da caccia in ricognitori (erano tipi F). Un altro gruppo, il 5th, divenne operativo a settembre del '43. Vi furono anche altri squadroni ricognitori che vennero usati soprattutto tra la seconda metà del '43 alla fine della guerra, come il 30th PRS della 9th AF, che girovagò molti gruppi di appartenenza, coabitando con Spitfire e F.6 (i Mustang da ricognizione). Questi aerei ebbero molti successi, ma anche molti problemi e l'USAAF ad un certo punto ne rimpiazzò una parte con gli Spitfire. In genere questi aerei ricognitori d'alta quota, fossero Spitfire, Mosquito o F4/5 non avevano scorta; ebbero così, e nonostante le prestazioni, perdite non indifferenti, ma riuscirono a volare anche le missioni più rischiose. Gli squadroni recce della 9th AF erano i 30, 32 e 32rd. Anche i Francesi liberi ebbero alcuni P-38 da ricognizione per uno squadron della 12th AF. Proprio in uno di essi, il 31 luglio 1944, sparì per sempre il celebre Saint-Exupery, a quanto pare sorpreso da un caccia tedesco, ma il mistero sulla sua fine è stato parzialmente sollevato solo di recente, ritrovando qualche reperto sul fondale che risalirrebbe al tragico evento.

Nel Pacifico i P-38 ebbero senz'altro vita più facile. I primi ad entrare in azione furono i P-38D e E con l'Alaska Defence Command, ma ancora non erano considerati pienamente operativi, il che lasciò presto ai P-38E del 54th FG il compito di garantire la difesa aerea, perché questi caccia erano modificati allo standard F-1 con serbatoi ausiliari. Certo, se si pensa che all'epoca il caccia più numeroso dell'Esercito giapponese e in generale del Giappone era il Ki-27, si può solo sorridere della definizione di 'non idoneo al combattimento' dei primi Lightning. In ogni caso, toccò aspettare il 4 agosto 1942 perché venissero abbattuti due ricognitori H6K4 giapponesi, forse inviati nel caso in specie ad attaccare Dutch Harbour. Seguiranno poi gli scontri con gli A6M2-N Rufe, ovvero i tipi idrovolanti (da appena 440 kmh) ma entro il luglio 1943 i Giapponesi persero il controllo delle Aleutine, dove si concentrarono gli sforzi dei primi P-38, per sottrarre l'isola di Kiska al loro controllo. Pochi furono i P-38 dell'11th AF, ivi presente, tanto che non si riuscì mai a equipaggiare totalmente il 343rd FG con essi e gli squadroni continuarono (erano 4 in tutto) ad avere almeno una parte di caccia sotto forma di P-40. Questi Lightning eseguiranno fino alla fine della guerra missioni di scorta alle incursioni dirette alle Kurili, all'epoca sotto controllo giapponese (e oggi isole controllate e contese dopo la loro annessine all'URSS). La maggiore battaglia aerea svolta nel settore fu quella del 24 maggio 1943, quando fecero letteralmente strage di una formazione di 25 G4M, di cui ne abbatterono 22 (o almeno, così dichiararono). Le Aleutine vennero riconquistate dagli americani nel giugno del '43.

India, terra del tutto diversa. I primi P-38H del 459th arrivarono a settembre del '43, e combatterono poi con i tipi J e L. Il gruppo da caccia, l'80th FG a cui questo squadrone appartenevano, ebbe anche altri tre squadroni ma con P-40 e 47. A Burma e in Cina operarono altre unità con i P-38, contrastando i leggeri e poco armati caccia giapponesi ivi presenti.

Prima ancora, nel tardo '42, i pochi P-38 disponibili equipaggiarono uno squadrone di ciascuno dei gruppi 8th e 49th in Nuova Guinea con la 5th AF, e poi altri due squadroni a Guadalcanal, con la 13th AF. L'Australia ebbe i primi P-38 con il 39th FS, che vi sostituì i P-39. Tornato a P.Moresby, in Nuova Guinea, questo squadrone ottenne 11 vittorie contro un solo P-38F nella battaglia del 27 dicembre 1942; due delle vittorie le ottenne Richard 'Dick' Bong, il futuro asso dell'USAAF. Presto comparvero anche dei P-38 convertiti con radar AI per dare la caccia notturna ai bombardieri che disturbavano gli americani a Guadalcanal, prima si trattava di due P-38F del 6th FS e poi toccò a due P-38J, nel 1944-45, ottenendo un certo successo operativo.

La 7th AF aveva sede alle Hawaii, con il suo 18th FG basato originariamente su ben sei squadroni, poi ridotti a 4 (12, 44, 70, 419th) e mandato nel '43 in Nuova Guinea, con la 13th AF.

Certo è che il P-38, ancorché poco agile rispetto ai tipi giapponesi, aveva caratteristiche ideali per il Pacifico, grazie all'autonomia (con serbatoi ausiliari) e alla sicurezza che i due motori, almeno quando non sottoposti a sforzi e temperature estreme, davano. Inoltre erano aerei molto robusti e capaci di incassare danni notevoli senza andare perduti. Le missioni duravano talvolta persino 9, 10 e infine 12 ore. Spesso i P-38 ebbero a ritornare su di un solo motore, ma il pilota si salvò. Spesso i P-38 ebbero perdite, invece, nei combattimenti a bassa quota contro i caccia giapponesi, ma impararono presto ad evitare tali situazioni scommettendo in potenza di fuoco e velocità. In Nuova Guinea vi furono successi particolarmente pesanti, dopo i primi combattimenti relativamente incerti, contro i Giapponesi, che semplicemente non riuscivano a tenere testa, in quel lontano teatro, ad avversari sempre più forti, anche perché i loro sofisticati caccia Ki-61 erano poco propensi a funzionare bene con quel clima umido e caldo. Tra le missioni più impressionanti vi fu l'agguato di Boungainville, dove rimasero abbattuti entrambi i G4M giapponesi trovati. Questa era un'azione che da sola meriterebbe un capitolo: infatti l'intelligence aveva avuto notizia del viaggio dell'ammiraglio Yamamoto, figura chiave della Marina, e che aveva già ipotizzato come il Giappone potesse vincere solo con una guerra rapida, altrimenti avrebbe perso contro la potenza industriale americana. Era il 18 aprile 1943 e per raggiungere Shortland Island vi sarebbe stato bisogno di serbatoi maggiorati, anche da 310 galloni. La 13th AF, a cui venne dato l'ordine di attaccare il convoglio aereo, praticamente in contemporanea con analoghe azioni che facevano i P-38 sul Mediterraneo, ricevette i serbatoi ausiliari appositamente per la missione. Da Guadalcanal decollarono ben 16 P-38 del 339th FS e di un'altra unità, e arrivarono ore dopo a 800 km di distanza. Si ritrovarono due G4M anziché uno (anzi per molti anni si è dato credito che fossero stati tre, a causa della confusione del momento), e non sapendo su quale fosse l'Ammiraglio li attaccarono tutti e due. Nonostante l'armamento difensivo dei bombardieri e la presenza di 6 caccia, i Lightning riuscirono ad abbattere uno dei bombardieri, quello su cui era l'Ammiraglio, e a far ammarare l'altro aereo, che ebbe alcuni superstiti. Dichiararono anche uno Zero abbattuto. In tutto, questa confusa azione ebbe il risultato sperato, e l'abbattimento venne accreditato al cap. Lamphier, sebbene le cose non pare fossero andate davvero così. Gli Americani dichiararono 3 G4M e uno Zero, in realtà c'erano solo 2 bombardieri e lo Zero, se ebbe dei danni, di sicuro non fu abbattuto (i Giapponesi in seguito daranno tutti i nomi dei sei piloti in azione quel giorno, nessuno dei quali deceduto durante la missione). Gli americani ebbero a loro volta un P-38 abbattuto dagli Zero. Un altro ebbe dei danni, decine di pallottole tirate dai mitraglieri che si difesero fino all'ultimo.

Nell'agosto del 1943 finalmente apparve una forza interamente equipaggiata con i P-38, il 475th FG della 5th AF, ma presto lo scarso numero di Lightning disponibili, malgrado le richieste pressanti, forzerà a passare alcuni squadroni al P-47D, perché le richieste per il teatro europeo stavano salendo (dopo che, inizialmente, erano state quelle per il teatro africano a handicappare le forniture dei caccia per il Pacifico). Alla fine del '43 la 5th AF rimase solo con 4 squadroni su P-38 mentre quelli con i P-40 erano 3 e i nuovi P-47D, non particolarmente amati nel Pacifico, ben 8. Del resto, i P-38, malgrado il numero prodotto, non ebbero mai una grandissima diffusione: in Gran Bretagna alla fine del '43 c'erano altri sei squadroni di P-38 contro ben 27 di P-47 e ovviamente, i primi su P-51.

Era l'estate del 1944, quando le forze aeree 5a e 13a vennero raggruppate nella Far East Air Force, il che era propedeutico a concentrare le forze per invadere le Filippine. Ora i P-38 erano finalmente risaliti di numero con ben 5 gruppi dotati di circa 15-20 squadroni (erano i vari 8, 18, 49, 347 e 475 th FG). Il 475th FG ebbe i migliori assi del P-38 e in generale, americani: Bong, McGuire (38 vittorie) e MacDonald(27), ma in seguito ai combattimenti, entro la fine della guerra altri 38 piloti divennero assi in questa sola unità da caccia. Con gli ultimi P-38J, equipaggiato con alettoni motorizzati e freni di picchiata, era possibile combattere persino in dogfight contro gli Zero a quote medio-basse, ma non era una cosa consigliabile, visto che l'armamento di questi oppositori era sufficiente a colpire duro anche un P-38. Tra gli aviatori del 475th c'era anche Lindberg, che come collaudatore civile, nondimeno si trovò in prima linea e il 28 luglio abbatté un Ki-51.

McGuire e Bong erano i maggiori assi non solo dei Lightning, ma degli USA. Bong divenne asso l'8 gennaio 1943, e per il dicembre 1944 aveva raggiunto quota 40. McGuire, amico-rivale, sempre del 9th FS/49th FG, nel primo combattimento abbatté 3 Zero e nel dicembre 1944 ottenne la sua 38a vittoria. All'epoca Bong era rimpatriato per collaudare il P-80, era l'occasione propizia per batterne il record, ma il 7 gennaio 1945 McGuire precipitò stringendo troppo la virata con i serbatoi non ancora sganciati, come è stato descritto in un'altra parte della pagina. La sorte di Bong non fu tanto migliore, morirà il 6 agosto 1945 collaudando un P-80: non fece probabilmente nemmeno in tempo a sapere di Hiroshima e, come l'amico scomparso, non sopravvisse fino alla fine della guerra.

Mentre i P-38 superavano in numero di vittorie anche gli Hellcat, arrivarono nel '45 tre squadroni da caccia notturna (i 421, 547 e 550th) con i P-38M. Anche i ricognitori ebbero la loro parte, gli F-4 che iniziarono già dall'estate del '42 ad operare con il 18th Group dall'Alaska, e che presto si diffusero con l'8th Photo Reconnaissance Sqn nella Nuova Guinea, il 9th in India e poi operarono con vari gruppi totalmente da ricognizione, con pochi problemi contro i lenti caccia giapponesi e l'assenza o quasi di controlli radar da terra per dirigergli contro gli intercettori nemici, nessuno dei quali altrettanto veloce, tranne forse i Ki-84. Tra i gruppi totalmente con i P-38 il 4th, 6th, 71st e altri ancora. Il 2nd Group, con i suoi 3 squadroni servì negli USA.

Infine, il 25 agosto 1945 due P-38 furono i primi aerei ad atterrare in Giappone dopo la resa di 10 giorni prima. Non erano autorizzati ma pensarono bene di giustificarsi perché avevano avuto dei problemi con i motori.


I P-38 non servirono certo solo con l'USAAF. Pochi ricordano che vennero usati anche dall'USN, quando 4 ricognitori F-5B vennero comprati in Nord Africa dall'aviazione e designati FO-1, da usarsi solo da basi di terra. La Lockheed prese la palla al balzo: propose un tipo, il Model 822, navalizzato, con ali ripiegabili ecc., ma l'USN non gradì un aereo tanto grosso e con motori raffreddati a liquido.

Utenti esteri ve ne furono, ma non numerosi com'erano quelli degli altri caccia USA. Tra questi la Cina con 15 P-38J e L consegnati verso la fine della guerra, assieme a vari ricognitori. IN seguito se la sarebbero dovuta vedere con i Cinesi di Mao e persino con i MiG-15, che debuttarono qui e non sulla Corea. La RAF non ebbe Lightning in unità di prima linea: dopo appena 3 Lightning I si rigettò l'idea di usare un caccia (privo di turbocompressori) così inefficiente come era la versione proposta, e gli altri Lightning I e II sotto contratto vennero girati all'USAAF. 3 F-4 andarono alla RAAF nel settembre del '42 per il No.1 Photo Recon Unit, ma non durarono a lungo: due persi per incidenti e il terzo restituito tre mesi dopo. I Francesi liberi si è già detto che ne fecero uso, ed esattamente dal Groupe de Reconnaissance II/33 basato in Marocco, dall'aprile del '43. Questi primi aerei erano 6 F-4, poi vennero sostituiti con gli F-5 e impiegati come parte della 12th AF. L'impiego dei Lightning continuò anche dopo la guerra fino al '52 con gli F-84G.

Non mancarono altri piccoli clienti, per esempio il Portogallo, o l'Honduras, che ebbe circa 12 P-38L nei tardi anni '40, e alcuni ricognitori andarono a Cuba, nel '47, per supportare il tentativo di colpo di stato contro il dittatore della Repubblica Dominicana (Trujillo), ma la cosa non andò in porto perché la stampa lo venne a sapare e i P-38/F-5 vennero usati per qualche anno dai Cubani.

Un P-38G ebbe un destino insolito: atterrò in Sardegna il 12 luglio 1943. Subito collaudato, divenne un caccia dei pochi ad alte prestazioni di cui disponessero gli italiani e il col. Tondi vi abbatté almeno un B-24 (l'11 agosto 1943). La leggenda dei P-38 nelle mani tedesche (e italiane) spaventò i mitraglieri dei bombardieri che in un'altra occasione pare abbattessero un P-38 che, colpito, si stava avvicinando per chiedere protezione. Si è detto che dopo il P-38 venisse subito dopo radiato data l'incompatibilità con la benzina usata dall'Asse e i serbatoi autostagnanti americani, o più di recente, che invece riuscì a fare altre vittorie (mistero ancora più fitto su eventuali P-38 usati allo stesso modo dall LW, che aveva anche un'unità speciale spesso equipaggiata con aerei nemici catturati, il KG200). In ogni caso, il P-38 ben figurò in quell'estate anche nella R.A., evidentemente la velocità e la potenza di fuoco dell'aereo vennero trovate molto apprezzabili, data la carenza di caccia Bf-109 e serie 5, e già nella prima missione Tondi era in compagnia di alcuni Macchi 202, che tuttavia non ebbero successo negli attacchi, dato l'armamento leggero, a differenza del P-38 che ottenne l'abbattimento di un bombardiere.

Nel dopoguerra vari P-38 vennero usati dall'AMI, tra cui i ricognitori F-5, specie questi ultimi, sull'Albania, all'epoca nemica potenziale, e la Jugoslavia. In tutto si trattò di 100 P-38 che vennero accordati nell'aprile del '46, e che erano già in Italia, smontati in cassoni a Capodichino. Ci vollero quasi sei anni per rimontarne 93, gli altri sette rimasero come pezzi di ricambio, l'AMI non ne accettò tuttavia che 90 in servizio, quasi tutti L e F-5. Vennero dati al 4° Stormo di Napoli-Capodichino. Ai piloti piacevano, specie per l'assenza di problemi al decollo, ma si trattava di mezzi un po' logorati e con la necessità di essere tenuti sotto controllo. Il primo incidente mortale, il 14 giugno 1946, vide come protagonista un F-5; in tutto vi sarebbero stati circa 20 incidenti con la perdita di 8 piloti in circa 5 anni. Ne venne anche approntato qualche esemplare modificato a doppio comando, ma nel '48, con i P-51, i P-38 vennero passati al 3° Stormo di Bari, che venne usato anche per appoggio alla Marina. Altri aerei vennero mandati alle scuole di volo di Lecce, poi ritornarono a Bari grazie all'istituzione della scuola da caccia ognitempo (SCOT). Nel 1954 il 132° Gruppo passò agli F-84G e il 28° venne soppresso, così terminò la carriera del P-38 in prima linea[1]. Una quindicina di P-38 rimasero tuttavia per il Centro Addestramento Volo della 4a Zona Aerea Territoriale di Bari-Palese Macchie. Nel luglio del '56 vennero radiati gli ultimi logori Lightning italiani e tutti passati alla demolizione o a fare da bersaglio (uno si rivide in un film d'azione degli anni '60, 'Dalle Ardenne all'Inferno').

Il destino dei P-38 nel dopoguerra fu una rapida radiazione, ma alcuni vennero usati come aerei da corsa. Gli ultimi J e L vennero radiati dall'USAF nel 1949. La carriera come racers ad un certo punto vide, nel 1947, ben 13 P-38 e F-5 usati per la corsa aerea di Cleveland, evento tenuto annualmente, ma erano troppo grossi per volare veloci a bassa quota, quando i loro avversari erano i P-51, F8F e P-63. In seguito ben pochi aerei sono stati salvati dalla demolizione. Uno venne recuperato -era un P-38F- nel '92 sotto 6 metri di neve, in Groenlandia, e dal 2002 divenne in grado di volare ancora. Ma certo, anche come warbird, il P-38 non nascose la sua intrinseca complessità, spesso causa di problemi inattesi, causando altri incidenti mortali come quello in cui morì Jeffrey Ethell, in Oregon, il 6 giugno 1997. Un pilota ben conosciuto anche in Italia, che perse la vita con il P-38 N7379 a seguito di una fatale perdita di controllo in volo a bassa quota.

Tullio Marcon, amico personale di Ethell, lo ricordò così[2]: Tra questi casi gravi, in particolare, preme ricordare con profonda commozione la sciagura che ha coinvolto un personaggio eminente del mondo dell'editoria aviatoria, il noto e apprezzato pullicista aeronautico Jeffrey Ethell, amico personale di chi scrive.


Infine un cenno all'evoluzione successiva: il Lightning ebbe come successore l'XP-49 o Model 522, che prevedeva motori fino ad oltre 2.000 hp anche se poi volerà l'11 novembre 1942 con i Continental XIV da 1.540 hp. Non dimostrò prestazioni superiori al tipo standard anche per il peso di un secondo cannone da 20 e l'abitacolo pressurizzato. L'XP-58 fu dotato degli Allison da 2.600 hp o dei Wright da 2.350 hp, con 4 cannoni da 37 mm e due coppie di armi da 12,7 in torrette telecomandate. Volò il 6 giugno 1944 ma tuttavia si dimostrò troppo pesante e di difficile manutenzione, per cui nell'autunno venne abbandonato.

Bibliografia e fonti[modifica]

  1. Vedi Marcon, op cit.
  2. Marcon, op.cit.

  • Dati dal sito di J.Baugher
  • Marcon, Tullio: P-38 Lightning, Storia Militare, luglio 2004