Dietro il coding/Perché è così importante?
Perché ritorna improvvisamente anche in Italia l’idea che si possa non solo usare la tecnologia digitale a scuola, ma anche produrla. E questa è una novità.
Dopo le prime esperienze dei progetti ministeriali in cui l’informatica tradizionale veniva inserita in vari modi nel curriculum, l’idea di far costruire programmi agli studenti (quella del Piano Nazionale Informatica) era stata abbandonata. La tecnologia andava usata, studiata, ma non prodotta.
Ora, sulla spinta di movimenti internazionali presenti in USA, GB, Francia, e sostenuti esplicitamente dai rispettivi Governi, si torna in qualche modo indietro (ma con vari anni di ritardo), da un uso "soft" dell'informatica ad un uso "hard". Ritornano di moda i robot, l'elettronica (Arduino), le stampanti 3D.
Come mai quest'inversione di direzione?
Sembra che sia diventata indiscutibile l’idea che per cavarsela in un mondo sempre più digitale occorra sapere non solo come funziona l’app che usiamo per chattare, ma anche sapere come si sviluppa.
Ora, al di là della condivisibilità dell’idea in sé – che pure andrebbe analizzata meglio, come faremo più avanti – è il ruolo della scuola pubblica che è in gioco.
La scuola, viene detto, si deve occupare di questa esigenza, deve investire risorse non per educare nelle materie tradizionali anche tramite l’uso di tecnologie ma per salvare i bambini da un futuro di cui non avranno la possibilità di essere attori.
Questo è ben diverso da quanto ipotizzato nei vari Multilab, PNTD, Scuola 2.0 etc.
Lì si parlava di didattica multimediale o di alfabetizzazione digitale, di allineare la scuola agli stili comunicativi, alle dinamiche e ai contenuti del resto del mondo – cioè in qualche modo del presente.
Qui si parte dal futuro.
Nota a margine: è un passo importante, a cui potrebbe corrispondere un analogo interesse per il ruolo che avranno nel futuro le competenze linguistiche, matematiche, storiche che vengono acquisite oggi.
Serviranno? Saranno fondamentali? Salveranno i giovani? Vanno aggiornate sulla base di come sarà la società tra dieci, venti anni?
Belle domande. Ma qui ci occupiamo di altro.
Note
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