Ebrei e Gentili/Digressione

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Indice del libro
"Ritratto di Maimonide", di José Luis Muñoz
"Ritratto di Maimonide", di José Luis Muñoz


La perfezione spirituale dell'uomo consiste nel diventare un essere intelligente,
che conosca soprattutto la sua capacità di imparare.

(Maimonide)

Digressione: Quali dei 13 Principi devono essere accettati per ottenere una porzione nel Mondo a venire?[modifica]

I 13 principi della fede
(dal Pirush Hamishnayot[1] di Maimonide)

  1. Credo con fede assoluta che il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, è il Creatore e la Guida di tutti gli esseri creati, e che Egli solo ha creato, crea e creerà tutte le cose.
  2. Credo con fede assoluta che il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, è Uno; che non vi è unicità in alcun modo come la Sua, e che Egli solo è nostro Dio, lo è stato, lo è e lo sarà sempre.
  3. Credo con fede assoluta che il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, è incorporeo; che non possiede alcuna proprietà materiale; che non esiste assolutamente alcuna somiglianza (fisica) a Lui.
  4. Credo con fede assoluta che il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, è il Primo e l'Ultimo.
  5. Credo con fede assoluta che il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, è il solo a cui è giusto pregare, e che non è giusto pregare ad altri che a Lui.
  6. Credo con fede assoluta che tutte le parole dei Profeti siano vere.
  7. Credo con fede assoluta che la Profezia di Mosè nostra Guida, la pace sia con lui, è vera; e che egli è stato il capo dei Profeti, sia di quelli che l'hanno preceduto, sia di quelli che l'hanno seguito.
  8. Credo con fede assoluta che tutta la Torah che ora possediamo, è la stessa che fu data a Mosè nostra Guida, la pace sia con lui.
  9. Credo con fede assoluta che questa Torah non sarà mai sostituita, e che non vi sarà alcuna altra Torah data dal Creatore, benedetto sia il Suo Nome
  10. Credo con fede assoluta che il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, conosca tutte le azioni e tutti i pensieri degli esseri umani, come è scritto:"Egli è colui che, solo, ha formato il cuore di loro tutti, che comprende tutte le opere loro." (Salmi 33:15).
  11. Credo con fede assoluta che il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, ricompensa coloro che osservano i Suoi Comandamenti e punisce quelli che il trasgrediscono.
  12. Credo con fede assoluta nella venuta del Messia e, anche se dovesse tardare, pur tuttavia attendo ogni giorno la sua venuta.
  13. Credo con fede assoluta nella risurrezione dei morti all'ora che sarà volontà del Creatore, benedetto sia il Suo Nome e glorificata sia la Sua rimembranza nei secoli dei secoli.

Prima di entrare in materia, è cruciale sottolineare una frase del precedente capitolo. Ho asserito che per Maimonide la chiave dell'immortalità (cioè, avere una porzione nel Mondo a venire) è l'accettazione intellettuale del contenuto dei primi cinque principi di fede (l'esistenza di Dio, la Sua unità, incorporeità e precedenza, e che Dio è l'unico oggetto permesso di adorazione).[2] In altre parole, sostengo che, quando Maimonide afferma che una persona che soltanto dubiti uno qualsiasi degli altri otto principi perde la sua porzione nel Mondo a venire, egli sta scrivendo persuasivamente, e non intende veramente ciò che dice.[3]

Si cosa mi baso per questa affermazione? In primo luogo, come abbiamo visto supra, Maimonide ripetutamente afferma o assume implicitamente la verità della dottrina dell'intelletto acquisito, secondo cui l'immortalità dipende dalla comprensione, in un modo o nell'altro, delle verità su Dio.[4] In altre parole, egli non ha nessun meccanismo disponibile per cui possa escludere dal Mondo a venire coloro che capiscono e accettano gli insegnamenti inclusi nei Principi 1-5 mentre invece dubitano o addirittura rifiutano i Principi 6-13.

Secondo, ci sono una quantità di passi specifici nella Guida dei perplessi in cui Maimonide distingue il carattere "salvifico" del contenuto dei primi cinque principi dal contenuto dei rimanenti principi. Con ciò intendo che egli rende l'attualizzazione dell'intelletto (e quindi il guadagnarsi una porzione nel Mondo a venire) dipendente dalla conoscenza di Dio. Persino degli errori in buona fede riguardo a queste materie escludono uno dal Mondo a venire. Ciò non accade per errori in buona fede riguardo ad altre materie.

Pertanto, in Guida i.35, Maimonide implicitamente fa la distinzione qui postulata; poi la usa per distinguere tra errori accettabili e inaccettabili nel capitolo seguente. In i.34 Maimonide aveva spiegato che molte materie metafisiche devono essere mantenute nascoste alle masse, alle quali mancano gli strumenti per capirle. Poi apre i.35 con le seguenti parole (p. 79):

« Non pensare che tutto quello che abbiamo esposto nel precedenti capitoli in merito alla grandezza e alla natura nascosta della materia, la difficoltà nell'apprenderla, e il doverla tenere nascosta alla moltitudine, si riferisca anche alla negazione della corporeità di Dio e alla negazione del Suo essere soggetto ad affetti. Non è così. »

Proprio come anche ai bambini si deve insegnare che Dio è uno, Maimonide continua a spiegare, così bisogna loro insegnare che Dio non ha corpo e non è soggetto ad emozioni umane. Il punto viene sottolineato successivamente nel capitolo:

« la negazione della dottrina della corporeità di Dio e la negazione del Suo avere somiglianza a cose create e del Suo essere soggetto ad affetti sono questioni che devono essere rese chiare e spiegate a tutti secondo le rispettive capacità e devono essere inculcate in virtù dell'autorità tradizionale in bambini, donne,[5] persone stupide, e coloro di disposizione naturale difettosa, proprio nello stesso modo in cui adottano la nozione che Dio è uno, che Egli è eterno, e solo Lui debba essere adorato. (p. 81) »

Maimonide continua a spiegare che unità implica incorporeità e conclude il capitolo affermando fortemente che attribuire corporeità a Dio è sullo stesso piano d'essere atei o idolatri:

« non è permissibile che la credenza nella corporeità di Dio o che Egli sia fornito di concomitanti del corpo[6] si stabilisca nella mente di una persona quanto non è permissibile che si intrattenga la credenza nell'inesistenza della divinità, o che la si associ ad altri dei con Lui,[7] o l'adorazione di altri oltre a Lui. »

In Guida i.36 Maimonide usa i punti esposti in i.35 per distinguere quella che chiama infedeltà inscusabile ("credenza in una cosa che è differente da quello che la cosa è veramente", p. 83),[8] da ignoranza scusabile ("ignoranza di ciò che è possibile conoscere"). Maimonide vuole dimostrare che, rispetto alla corporeità di Dio, non c'è differenza: ignoranza è infedeltà ed entrambe provocano univocamente l'ira di Dio. Le masse no devono certo diventare filosofi, ma devono trovare buoni insegnanti:

« Di conseguenza non ci sono scuse per colui che non accetta l'autorità di uomini che ricercano la verità e si impegnano in speculazioni se egli stesso è incapace di impegnarsi in tali speculazioni. Non considero infedele colui che non può dimostrare che la corporeità di Dio deve essere negata. Ma ma invero considero infedele colui che non crede nella sua negazione. (p. 85) »

Sono solo gli errori su Dio che costituiscono infedeltà. Se Maimonide fosse serio nelle sue asserzioni riguardo alla necessità salvifica di accettare tutti i principi, nessun errore che li riguardasse potrebbe essere tollerato.

La distinzione che sto cercando di dimostrare qui viene anche allusa in Guida iii.28 (p. 512):

« Tra le cose sui cui dirigere la tua attenzione è che devi sapere che, riguardo alle opinioni corrette mediante le quali si può ottenere la perfezione ultima, la Legge ha comunicato solo il loro fine e raccomandato di credere in loro in modo sommario — vale a dire, credere nell'esistenza della Divinità, che Egli sia glorificato, la Sua unità, la Sua conoscenza, la Sua potenza, la Sua volontà, e la Sua eternità. Tutti questi punti sono fini ultimi, che possono essere resi chiari nel dettaglio e tramite definizioni solo dopo che uno conosce molte opinioni. Nello stesso modo la Legge raccomanda di adottare certe credenze, credere nelle quali è necessario per benessere politico. Tale, per esempio, è la nostra credenza che Egli, che sia lodato, è preso da ira violenta per coloro che Lo disobbediscono e che è quindi necessario temerLo e paventarLo e stare attenti a non disobbedire. »

Secondo la mia interpretazione, Maimonide sostiene che le "opinioni corrette mediante le quali si può ottenere la perfezione ultima" siano le credenze che riguardano Dio: esistenza, unità, conoscenza, potenza, volontà, eternità. Sono le credenze riguardo a Dio che vengono presentate "in maniera sommaria" nei primi cinque principi. Le altre, sebbene vere, non sono necessarie per ottenere la perfezione ultima ma sono "necessarie per benessere politico". Con ciò intendo che Maimonide stia asserendo che il punto reale della Tora, per così dire, sia di insegnare le verità su Dio. Gli individui possono ottenere queste verità solo se in primo luogo vivono vite moralmente disciplinate. Gli umani, quali animali sociali (l'animale politico, ζῷον πoλιτικόν zoon politikon, di Aristotele), necessitano della compagnia di altri. Comunità disciplinate moralmente sono pertanto necessarie se gli individui devono riuscire a raggiungere la loro perfezione.[9] Una volta ancora, il contenuto dei primi cinque principi è distinto da quello degli altri otto.

C'è un terzo punto: nella sua affermazione alla fine dei principi, Maimonide dice che chiunque dubiti uno qualsiasi dei principi è chiamato un "odiatore di Dio". Ma in Guida i.36 (p. 84) e i.54 (p. 127) egli specifica che sono solo gli idolatri che vengono chiamati odiatori di Dio, e l'idolatria è il soggetto dei primi cinque principi. Leggendo il passo dei Tredici Principi alla luce di questi due testi presi dalla Guida, vediamo che Maimonide distingue implicitamente una volta ancora il contenuto dei primi cinque principi dal contenuto degli altri otto.

Gli idolatri odiano Dio. E Dio chi odia? (per così dire). Chi sono gli oggetti del Suo odio? Maimonide risponde a queste domande in Guida i.36 (p. 82):

« Sappi che se tu consideri tutta la Torah e tutti i libri dei profeti, troverai che le espressioni, ira [ḥaron af], rabbia [ka’as] e gelosia [kinah] sono usate esclusivamente con riferimento all'idolatria. Troverai inoltre che le espressioni, nemico di Dio [oyev hashem] o avversario [tsar] o odiatore [sone]. sono usate esclusivamente per designare un idolatra. »

Una volta ancora, ha senso interpretare il passo dalla fine dei Tredici Principi alla luce di questo testo. Coloro che odiano Dio, e devono essere odiati da coloro che amano Dio, sono quelli che negano il contenuto dei primi cinque principi, non quelli che negano (o commettono errori sui) gli ultimi otto.

Il seguente passo da Guida i.54 (pp. 123-4) è particolarmente significativo:

« Inoltre il suo detto: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi" (Esodo 33:13), indica che colui che conosce Dio trova grazia ai Suoi occhi, e noncolui che soltanto digiuna e prega, ma ognuno che ha di Lui conoscenza. Di conseguenza, quelli che Lo conoscono sono coloro che sono da Lui favoriti e permessi di avvicinarLo, mentre coloro che non Lo conoscono sono oggetto della Sua ira e sono tenuti lontano da Lui. Poiché il Suo favore e ira, la Sua vicinanza e lontananza, corrispondono all'estensione della conoscenza o ignoranza di un uomo.[10] »

La conoscenza di Dio è la chiave per la vicinanza a Dio; coloro che non conoscono Dio, in contrasto con coloro che mancano di praticare riti religiosi come il digiuno e la preghiera, sono i soli oggetti dell'ira di Dio. È parimenti importante notare, nel contesto della nostra più ampia discussione qui, che tutti coloro che hanno conoscenza di Dio "trovano grazia ai Suoi occhi". Non sembra esserci nessun modo in cui Maimonide possa limitare (o voglia limitare) tale conoscenza ai soli ebrei.

Esiste un quarto modo in cui Maimonide indica che ci sia una distinzione importante tra il contenuto dei primi cinque principi e quello degli altri otto. La distinzione è riflessa in alcune sue dichiarazioni riguardo ai Caraiti dell'epoca. I Caraiti accettavano i primi cinque principi, ma di certo rifiutavano parte degli otto (riguardo al carattere normativo della Torah Orale); ciononostante, Maimonide, nei suoi scritti successivi, insisteva che non dovessero essere trattati come semplici eretici, e che si dovessero fare sforzi per ricondurli nella comunità dell'ebraismo.[11] Chiaramente, non li trattava come gente che odiava Dio e che quindi doveva essere odiata da coloro che amano Dio. Maimonide insisteva che l'accettazione dei Tredici Principi fosse la chiave per ottenere una porzione nel Mondo a venire, e che la loro negazione, o finanche errori su tali principi, avrebbe implicato la perdita di tale porzione. Questa affermazione deve ora essere considerata come persuasiva, o "politica" secondo un'espressione moderna, ma non strettamente vera. L'accettazione dei primi cinque principi è la vera chiave per ottenere una porzione nel Mondo a venire; negazione di tali cinque principi, o errori che li riguardino, fanno perdere tale porzione. Ma tale non è il caso riguardo agli altri otto principi. Certamente non ho ragione di pensare che Maimonide dubitasse della verità degli altri otto, ci mancherebbe! Ci sono alcune vere affermazioni (su Dio) per cui gli errori sono fatali. Ce ne sono altre (sulla Torah e su ricompensa e punizione) per cui gli errori (o anche la negazione) non sono fatali.

Note[modifica]

  1. Pirush Hamishnayot (in ebraico: פירוש המשניות, in arabo traslitt. Sirāj) = Commentario alla Mishnah.
  2. Nell'usare la parola "contenuto" non sto cercando di eludere un qualche problema fraseologico. Maimonide non si era cristallizzato su un linguaggio specifico per i suoi Tredici principi, e li esprimeva in modi differenti in punti differenti (vedi specialmente MT "Leggi del Pentimento", 3).
  3. In questo Maimonide credeva di seguire la via di Dio. Si sarebbe tentati addirittura di scrivere: diber rambam kilshon elohim — Maimonide parlava la lingua di Dio.
  4. Di nuovo faccio qui riferimento all'importante discussione di W.Z. Harvey in "R. Hasdai Crescas' Critique".
  5. Mi affretto a notare che, nonostante questa asserzione e altre simili, Maimonide fu uno delle poche figure medievali (in una qualsiasi delle tradizioni religiose occidentali) a sostenere che le donne erano create ad immagine di Dio tanto quanto gli uomini. Si vedano i relativi studi nella Serie maimonidea.
  6. Tali concomitanti, è importante specificare, includono le emozioni.
  7. Pines nota: "qui si impiega il solito termine arabo usato per il politeismo".
  8. Pines nota: "La parola usata per "infedeltà" è kufr, termine il cui significato usuale è approssimativamente: incredulità in uno o più dogmi religiosi."
  9. Non è questo il posto per sviluppare tale punto, ma mi pare che Maimonide abbia sostenuto che Dio diede la Torah non solo per perfezionare gli individui, ma, infine, per perfezionare tutta l'umanità. Per uno sviluppo di questa posizione, si veda Hirshman, Torah for the Entire World. La tesi centrale di questo importante libro viene presentata in (EN) in Hirshman, "Rabbinic Universalism".
  10. Si veda anche p. 127 dello stesso capitolo: "Sappi che il Suo discorso – "che visita l'iniquità dei padri sui figli" (Esodo 34:7) – si applica solo al peccato di idolatria in particolare e non ad altri peccati".
  11. Riguardo alle vedute di Maimonide sul Caraismo, si veda Blidstein, "«The Other» in Maimonidean Law" e gli studi ivi citati.