Ebrei e Gentili/Introduzione

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Indice del libro
Scultura di Judah Halevi
Scultura di Judah Halevi

« Il popolo d'Israele senza Torah è come un corpo senza anima. »
(Talmud)

Introduzione[modifica]

Molti testi post-rabbinici insegnano che esiste una qualche differenza essenziale tra ebrei e non-ebrei.[1] Tale insegnamento non si riscontra per niente nella Bibbia ebraica, né è facile trovarlo negli scritti rabbinici postbiblici. Uno dei primi pensatori ebrei a evidenziare che la distinzione risiede in una una proprietà condivisa dagli ebrei e mancante ai non-ebrei è Judah Halevi.[2] Halevi chiamò questa proprietà l’amr al-ilahi (ordine divino), termine che abbiamo già discusso in un nostro precedente studio.[3]

Halevi fa veloce riferimento alla distinzione tra un ebreo e un non-ebreo in diversi punti del Kuzari. Verso l'inizio del libro (i.26) il re Khazar chiede al saggio ebreo: "La tua Legge religiosa è un lascito solo per voi?" Al che il saggio risponde nel successivo paragrafo:

« Sì, è così; ma chiunque si unisca a noi dalle nazioni condividerà specialmente la nostra buona fortuna sebbene non sarà uguale a noi. Ora, se il requisito di adempiere la Legge religiosa fosse dovuto al fatto che Dio ci creò, allora tutte le genti, i bianchi e i neri,[4] sarebbero veramente uguali a riguardo di quell'obbligo poiché tutti sono Sua creazione, che Egli sia glorificato. Ma il requisito di adempiere la Legge religiosa in effetti è dovuto al Suo averci portati fuori dall'Egitto e al Suo essersi unito a noi perché siamo i prescelti dei discendenti di Adamo. »

Tutti gli esseri umani discendono veramente da Adamo. Ma alcuni, gli ebrei, sono più "scelti" di altri. Il protagonista di Halevi sta parlando ad un potenziale proselita, nientemeno che un re, e gli dice che se lui, il re, si dovesse convertire, egli condividerebbe la buona fortuna degli ebrei, ma non sarebbe uguale a loro. Non si può proprio dire che Halevi non sia più che chiaro![5]

Successivamente (i.96), espandendo la sua affermazione, Halevi presenta la storia della discendenza ebraica, sottolineando il carattere speciale degli ebrei. Il re Khazar ammette l'efficacia della teoria, ma chiede acutamente: "Questa è la vera nobiltà trasmessa da Adamo, in quanto Adamo fu la creatura più nobile della Terra. Pertanto, fu necessario che voi aveste la stessa nobiltà, al di là di qualsiasi altra cosa sulla terra. Ma dov'era tale nobiltà durante questo peccato [ l'adorazione del vitello d'oro]?". È ovvio che il re Khazar fa questa domanda in tal modo dato che già accetta le asserzioni di Halevi circa la superiorità degli ebrei in quanto tali.

Halevi aveva capito che il re Khazar, quale potenziale convertito, avrebbe reputato inquietanti queste affermazioni relative l'innata superiorità dei nati ebrei. Presenta quindi il seguente dialogo:

« Il saggio disse: Mosè convocò solo il suo popolo e coloro che parlavano la sua stessa lingua affinché accettassero la sua Legge religiosa. Inoltre, Dio promise loro che Egli avrebbe confermato la Sua rivelazione nel corso dei tempi mediante altri profeti [Deut. 18:15:18], e lo fece durente tutto il tempo che Egli si compiacque di loro e la Presenza Divina dimorò tra loro.
Il Kahazr disse: Ma non era forse tale direttiva intesa per tutti? Ciò si confarrebbe perlomeno alla saggezza di Dio.
Il saggio disse: E non sarebbe forse stato preferibile che tutti gli animali fossero raziocinanti? Ti devi essere dimenticato in tale relazione quello di cui abbiamo discusso precedentemente in merito alla successione della progenie di Adamo e come l'ordine divino profetico dimora nell'individuo che è il migliore tra i suoi fratelli, ed il frutto migliore del padre, per cui uno si succede all'altro in continuità e riceve quella luce. Altri furono come gusci, che non la ricevettero finché i figli di Giacobbe arrivarono sulla scena come i discendenti prescelti e la parte migliore di loro padre. Differiscono dagli altri figli di Adamo grazie alla speciale distinzione divina, che li ha resi come fossero una specie diversa e una sostanza differente, quasi angelica. (i.101-3) »

Le implicazioni di questo passo sono sorprendenti per la loro chutzpah (חֻצְפָּה). Praticamente abbiamo quest confronto: come gli animali stanno agli umani, così gli umani, simpliciter, stanno agli ebrei! Purtroppo consapevole che la superiorità innata, angelica, degli ebrei è raramente evidente, Halevi fa dire al suo saggio: "Israele tra le nazioni corrisponde al cuore rispetto agli altri organi del corpo. È più prone alle infermità del resto del corpo, ma anche più salubre di quanto non lo siano gli altri organi" (ii.36). Quando gli ebrei sono buoni, allora sono proprio, davvero buoni; quando sono cattivi, allora sono orribili. Halevi ritorna a questo punto in ii.44:

« Il saggio disse: In aggiunta, l'ordine divino rispetto a noi corrisponde all'anima rispetto al cuore. Pertanto, la Scrittura dice: "Soltanto voi ho eletto tra tutte le stirpi della terra; perciò io vi farò scontare tutte le vostre iniquità" (Amos 3:2). Queste iniquità sono le infermità di cui ho parlato.[6] ...Ora, proprio come il cuore è puro e dotato di una costituzione sottilmente equilibrata rispetto sia alla sua natura originale e sia alla sua sostanza sviluppata cosicché l'anima razionale vi si aderisce, così anche Israele è puro e dotato di una costituzione equilibrata rispetto alla sua natura originale e alla sua sostanza...
Tramite la nostra purezza e probità, quindi, l'ordine divino aderisce al mondo inferiore, proprio come tu hai imparato che gli elementi furono organizzati in modo che i minerali potessero derivarne, e poi le piante, e poi gli animali, e poi gli esseri umani, e poi, finalmente, i discendenti prescelti di Adamo. Pertanto, tutto è organizzato per tale parte prescelta in modo che l'ordine divino possa aderirvi.[7] Ora, quelle stessa parte prescelta esiste a sua volta per il bene della parte migliore delle migliori parti, come i profeti e i devoti amici di Dio... i giusti sono la parte migliore del più eletti. »

I profeti sono il meglio del meglio; date queste premesse, non c'è da sorprendersi che solo gli ebrei di nascita possano ottenere un tale stato esaltato (ii.50, iii.1);[8] che solo agli ebrei sia stata data la Torah (iv.3);[9] che il miglior posto del mondo, la Terra d'Israele, sia stata riservata agli ebrei (ii.50)!

Judah Halevi potrà anche essere stato il primo ebreo medievale ad insegnare la dottrina che gli ebrei di nascita erano innatamente superiori ai non-ebrei (e ai proseliti[10]), ma non fu certo l'ultimo. È un insegnamento che permea lo Zohar e trova espressione negli scritti di Nahmanide. Da queste fonti penetrò nella corrente principale dell'ebraismo ed è diventato un assioma basilare di gran parte dell'ebraismo ortodosso d'oggi.[11]

Note[modifica]

  1. Naturalmente, se lo Zohar come l'abbiamo oggi non risale al XIII secolo, ma fu scritto dal tana del secondo secolo, Rabbi Simeon bar Yohai, allora questa mia frase deve essere drammaticamente modificata.
  2. Sull'opinione di Halevi, si veda Lasker, "Proselyte Judism". L'opinione haleviana fu ricusata da Abraham Ibn Ezra. Y. Tzvi Langermann afferma: "È chiaro che gli ebrei non possiedono caratteristiche antropologiche o psicologiche secondo la filosofia di Ibn Ezra. Tutto ciò che si è detto precedentemente sul destino astrale si applica ugualmente a tutti i membri della razza umana. Ibn Ezra parla solo delle proprietà dell'anima umana; la nozione di un'anima ebrea che è differente in un qualche senso significativo e sostanziale – idea che tormenta alcuni successivi pensatori ebrei – è del tutto estranea al suo pensiero" ("Some Astrological Themes", p. 59). È comunque importante sottolineare che Halevi non afferma che gli ebrei differiscono biologicamente dai non-ebrei, che gli ebrei hanno anime speciali, o che gli ebrei sono una specie a parte. Non sostiene che i non-ebrei siano creati meno a immagine e somiglianza di Dio. Asserisce che gli ebrei hanno una proprietà speciale (il potenziale di diventare profeti) che manca ai non-ebrei. Tale proprietà è in qualche modo (mai spiegato da Halevi) trasmessa tramite lignaggio.
  3. Si veda "Introduzione" a Essenza trascendente della santità, dove si riporta anche un brano di Halevi: "L'ordine divino [al-amr al-ilahi] solitamente s'infondeva in ciascuno di questi atti perché le pratiche [prescritte dalla] Legge religiosa sono come esseri generati naturalmente, tutti determinati da Dio, in quanto la loro determinazione [ovviamente] non è nel potere dell'essere umano, proprio come comprendi [che] gli esseri generati naturalmente sono determinati, appropriatamente bilanciati e correlati tra loro in termini delle loro costituzioni fisiche [che alla fine derivano] dalle quattro nature. Pertanto, sono resi completi e preparati [per i loro vari compiti] nelle cose [più] semplici; e la forma che son degni di [avere]... viene a dimorare in loro."
  4. Su questo, si veda Melamed, Image of the Black, 136-9.
  5. Kafih, nella sua edizione e traduzione (He) del Kuzari, riporta: "«sebbene non sarà uguale a noi» — io non so in cosa [il convertito non sarà uguale a colui che è nato ebreo], e non [comprendo] l'intenzione di Rabbi Judah Halevi." Non per accusare Rabbi Kafih di ritrosia, ma non vedo come egli non possa comprendere ciò che intende Halevi: mi pare più che chiaro, direi anzi cristallino!
  6. In Kuzari ii.36.
  7. Cfr. Kuzari iii.17: "l'ordine divino che si connette ai figli di Israele, ad esclusione del resto delle nazioni."
  8. Harry A. Wolfson afferma che le differenze tra Halevi e Maimonide sulla possibilità di profezia non-ebraica sono inferiori a quanto normalmente proposto. Si veda il suo "Halevi and Maimonides on Prophecy".
  9. La posizione di Halevi su questo punto si riassume nell'affermazione che agli ebrei fu data la Torah perché solo loro, tra tutte le nazioni della terra, erano idonei a riceverla. In altre parole, gli ebrei ricevettero la Torah perché erano già, sin dall'inizio, il popolo prescelto.
  10. Su questo, si veda la discussione in Lasker, "Proselyte Judaism".
  11. Si veda Abravanel, commentario a 1 Sam. 25. Sul carattere speciale del popolo ebraico in altri pensatori ebrei, si veda Tirosh-Rothschild, "Political Philosophy", 435-46.