Teatro greco/Aristofane
La polis ateniese e la sua vita politica e sociale rappresentano il punto di riferimento del teatro di Aristofane, un teatro caratterizzato da un'estrema libertà compositiva, in cui le trovate comiche si succedono l'una dopo l'altra in un ritmo serrato.
Cenni biografici
[modifica | modifica sorgente]Aristofane nacque nel demo di Cidatene attorno al 445 a.C. Poco si sa della sua vita, ma sembra probabile che provenisse da una classe agiata. Esordì ventenne come commediografo. Negli anni venti del V secolo a.C. portò sulle scene varie commedie in cui criticava la politica imperialista di Cleone, a cui veniva contrapposta la nostalgia per l'Atene del passato e per i suoi valori. Morì nel 385 a.C.
Caratteri della drammaturgia di Aristofane
[modifica | modifica sorgente]La commedia aristofanea si muove nell'alveo della realtà cittadina. Il suo eroe comico è un personaggio scaltro e moralmente ambiguo che si ribella alla decadenza della città in cui vive ed escogita un modo per uscire dalla situazione oppure fuggire alla ricerca di un posto migliore. Il personaggio quindi passa dalla quotidianità a un mondo utopico, in cui tutto è possibile. La commedia antica oscilla quindi tra il realismo della situazione iniziale (in cui il riferimento costante è Atene) e il mondo fiabesco, un mondo alla rovescia, a cui giunge l'eroe. Il viaggio però non riguarda solo il destino dell'eroe, ma interessa tutta la collettività: l'eroe è infatti il fondatore di una società nuova. Perché ciò sia possibile deve però sconfiggere alcuni antagonisti, descritti come cialtroni o furfanti, che cercano di rendere vano il suo proposito. La commedia si conclude con la cacciata di questi manigoldi e il trionfo dell'eroe, che trova la sua espressione nella sessualità e nel cibo.
Le trovate comiche si succedono creando un ritmo serrato, che non conosce mai cadute o cedimenti. L'attenzione del pubblico era mantenuta desta dalla continua concatenazione di trovate comiche, spesso assurde e sorprendenti. Viene invece trascurata la verosimiglianza dei personaggi e delle situazioni. I personaggi in particolare sono solo dei tipi umani, privi di spessore psicologico; il loro carattere può infatti cambiare nel corso dell'azione, ma non si tratta di una evoluzione del personaggio, bensì di un adattamento a una mutata situazione. L'estrema libertà compositiva si riscontra anche nella lingua usata da Aristofane, ricca di neologismi, parole composte e metafore insolite.[1]
Le commedie
[modifica | modifica sorgente]Secondo le testimonianze dei grammatici antichi, Aristofane fu autore di quarantaquattro commedie. Ne restano però solo undici: Acarnesi, Cavalieri, Nuvole, Vespe, Pace, Uccelli, Tesmoforiazuse, Lisistrata, Rane, Donne in assemblea, Pluto.
Acarnesi
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Αχαρνείς
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La più antica opera di Aristofane sono gli Acarnesi (Ἀχαρνῆς), rappresentati nel 425 a.C., pochi anni dopo lo scoppio della guerra con Sparta. La commedia valse all'autore la sua prima vittoria alle Lenee.[2]
Al momento della rappresentazione la guerra del Peloponneso era ancora agli inizi, la disfatta era lontana e la commedia si limita a deridere i politici favorevoli al conflitto. Si tratta di uno dei bersagli preferiti da Aristofane, che nelle sue opere mette alla berlina chi si arricchisce a spese della comunità e chi corrompe i valori tradizionali. Negli Acarnesi manca però la disillusione che caratterizzerà le opere successive. Diceopoli infatti riesce facilmente a guadagnarsi le simpatie dei concittadini e a ripristinare una situazione di pace e felicità.[2]
Cavalieri
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Ιππείς
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I Cavalieri (Ἱππείς) furono rappresentati nel 424 a.C.[2] Tutta la commedia è un atto di accusa contro Cleone, leader del partito del guerra e all'apice del potere, che viene descritto come un demagogo e un corruttore del popolo ateniese.
Nuvole
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Νεφέλαι
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L'anno successivo ai Cavalieri, nel 423 a.C., Aristofane compose le Nuvole (Νεφέλαι).[2] Qui il bersaglio non è un più un politico bensì un filosofo, Socrate, che viene accomunato ai sofisti e presentato come il simbolo dei mutamenti che hanno alterato la comunità ateniese e suoi valori tradizionali.
Vespe
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Σφῆκες
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Le Vespe (Σφῆκες) risalgono al 422 a.C.[2] Il titolo si riferisce al coro di vespe che accompagna l'azione, simbolo della litigiosità degli ateniesi, sempre impegnati in processi. In quegli anni era infatti diffusa ad Atene una vera e propria moda che riguardava la partecipazione ai processi come giurati nel tribunale di Eliea (in cui sedevano seimila cittadini). Per molti la possibilità di assolvere o condannare era un'attività gratificante: da qui l'ossessione di cui si fa beffe Aristofane.
Pace
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Εἰρήνη
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La Pace (Εἰρήνη) risale al 421 a.C.[2], negli anni seguenti alla morte di Cleone, quando si faceva stra qualche timida speranza per al fine della guerra. Una speranza da cui si lascia affascinare anche Aristofane.
Uccelli
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Όρνιθες
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Negli Uccelli (Ὄρνιϑες), presentati nel 411 a.C.,[2] ritorna il tema del viaggio verso luoghi irreali. Caduta ogni speranza di pace, l'imperialismo ateniese sembrava portare la città verso la sua definitiva disfatta.
È significativo che, mentre nella Pace Trigeo saliva sull'Olimpo per ristabilire la pace sulla terra, negli Uccelli i due protagonisti partono per non tornare, un riferimento alla difficile situazione di Atene. Aristofane in questa commedia raggiunge uno dei vertici della sua poesia, con una particolare musicalità e leggerezza dovuta anche alle onomatopee con cui vengono imitati i canti degli uccelli. Il fine è quello del vivere secondo natura, in modo genuino, una possibilità che non è più possibile per il mondo degli uomini. Ormai disilluso, Aristofane si rifugia nell'utopia e nella parola poetica.
Tesmoforiazuse
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Θεσμοφοριάζουσαι
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Le Tesmoforiazuse (Θεσμοφοριάζουσαι) furono rappresentate alle Lenee del 411 a.C.[2] Si tratta di un argomento più leggero, basato sulla satira dei poeti tragici Agatone ed Euripide, di cui vengono parodiate alcune scene riprese dalle sue opere.
Lisistrata
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Λυσιστράτη
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Commedia dai toni licenziosi, la Lisistrata (Λυσιστράτη) fu rappresentata alle Dionisie del 411 a.C.[2] È un'opera dal forte impegno morale, dovuto alla ripresa delle ostilità con Sparta.
Aristofane non si limita a criticare i politici approfittatori che hanno speculato sul conflitto, ma dà voce a chi è stato danneggiato dalla guerra. Il poeta si rivolge qui a tutti i Greci, avanzando la proposta che Atene scenda a patti con i nemici spartani. Sullo sfondo dell'opera, però, c'è l'amara considerazione che per fermare le violenze non basta la ragione, ma bisogna rivolgersi agli istinti animali.
Rane
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Βάτραχοι
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Le Rane (Βάτραχοι) furono presentate nel 405 a.C.,[2] quando Atene era ormai alla resa.
Come nella Pace e negli Uccelli, ritorna qui il tema del viaggio, ma si tratta di un itinerario verso l'aldilà, forse un riferimento al fatto che per Atene non ci fossero più speranze di ravvedimento. La fine della città si identifica qui con la fine della grande stagione della tragedia, segnata dalla morte di Sofocle ed Euripide. Tema centrale della commedia è infatti un dibattito sulla tragedia e sulla produzione teatrale, un tema che Aristofane affronta anche spazio dando alla propria poetica e alla propria concezione del fare teatro, nel quale hanno un ruolo determinante l'impegno politico e sociale.
Donne in assemblea
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Εκκλησιάζουσαι
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Le Ecclesiazuse o Donne in assemblea (Ἐκκλησιάζουσαι) risalgono al 392 a.C.[2] La commedia risente del travagliato periodo seguito alla fine della guerra del Peloponneso. Qui si possono osservare anche i primi elementi che saranno propri della commedia di mezzo, come la soppressione della parabasi.
L'utopia non ha più sede in un luogo immaginario ma si realizza nella stessa Atene, secondo un'esigenza di riforme molto avvertita all'epoca. Tuttavia su tutto domina il pessimismo e la delusione: il programma di rinnovamento delle donne doveva apparire al pubblico ben poco realizzabile, mentre gli uomini vengono descritti come inetti e incapaci di provvedere alle reali esigenze della polis.
Pluto
[modifica | modifica sorgente]Per leggere su Wikisource il testo originale, vedi Πλοῦτος
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L'ultima opera di Aristofane a esserci giunta è il Pluto (Πλοῦτος), in cui affronta il tema della disparità sociale nella distribuzione delle richezze. Qui diventano più accentuate le caratteristiche tipiche della commedia di mezzo: oltre alla mancanza della parabasi, il coro ha una parte sempre più limitata (si ipotizza che in alcune parti si limitasse a danzare, senza canto) e la commedia assume il tono della fiaba.
In generale il Pluto è un'opera stanca e appannata, che mantiene un certo livello solo grazie alla grande esperienza tecnica di Aristofane. Mancano invece le travolgenti invenzioni fantastiche che avevano caratterizzato le opere precedenti.
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Giulio Guidorizzi, Il mondo letterario greco. L'età classica, vol. 1, Torino, Einaudi, 2000, pp. 382-387.
- ↑ 2,00 2,01 2,02 2,03 2,04 2,05 2,06 2,07 2,08 2,09 2,10 Dario Del Corno, Letteratura greca. Dall'età arcaica alla letteratura dell'età imperiale, Milano, Principato, 1995, p. 277.