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Leonardo da Vinci/Premessa

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Indice del libro


Autoritratto di Leonardo da Vinci
Autoritratto di Leonardo da Vinci


« Li abbreviatori delle opere fanno ingiuria ala cognizione e allo amore, con ciò sia cosa che l'amore di qualunque cosa è figliol d'essa cognizione, e l'amore è tanto piú fervente quanto la cognizione è piú certa; la qual certezza nasce dalla cognizione integrale di tutte quelle parte, le quali, essendo insieme unite, compongono il tutto [...] Gli è vero che la impazienza, madre della stoltizia, è quella che lalda la brevità. »
(Windsor Castle, Royal Library, f. 19084: Leonardo da Vinci, Scritti scelti[1])

Questa critica pungente non incoraggia certo un autore che voglia afferrare la complessità di Leonardo e rendere giustizia alla vastissima gamma delle sue attività in poche pagine. Lo studioso degli scritti di Leonardo si trova ad affrontare una mole di materiale a dir poco scoraggiante, non solo in terminio di quantità, ma anche di varietà e relative difficoltà di interpretazione. Per non dire poi dei problemi che presentano i suoi manoscritti, i quali sarebbero già abbastanza difficili da leggere anche se non fossero scritti a specchio, cioè da destra a sinistra (un movimento comunque naturale per un mancino che si trovi a utilizzare gli stessi strumenti di Leonardo con la sua stessa rapidità).[2] Una stima approssimativa delle pagine arrivate fino a noi ne conta più di seimila.[3] Se come paragone prendiamo un linbro moderno di trecento pagine, in totale Leonardo avrebbe riempito almeno venti volumi. Se teniamo poi conto del fatto che quattro quinti della sua produzione scritta potrebbero essere andati perduti, comprendiamo di avere a che fare con qualcuno che ha scritto e disegnato abbastanza da riempire dagli ottanta ai cento volumi.[4]

La situazione dei moderni "abbreviatori" del lavoro e della vita di Leonardo (tra cui ci annoveriamo con la dovuta modestia) appare dunque sconfortante su tutti i fronti. Comunque, se osserviamo più da vicino ciò che egli sta dicendo, forse le cose non vanno così male.

Il suo attacco è diretto contro quelli che sono soliti fare compendi ed epitomi di grandi testi, e in modo particolare contro coloro che descrivono gli innumerevoli prodigi del corpo umano in maniera sommaria. Il vero studioso delle meraviglie della natura deve invece dimostrare sempre grande rispetto per gli innumerevoli modi in cui le forme sono state progettate, così da servire a specifiche funzioni — che si tratti dell'immenso meccanismo del cielo o di una minuscola valvola del cuore umano. Purtroppo, anche Leonardo si sarebbe reso conto alla fine che non poteva indagare tutti gli aspetti della natura (o del corpo umano) come voleva.[5]

L'argomento che desideriamo esplorare in questa "abbreviata" monografia è la natura del genio creativo di Leonardo da Vinci, le sue origini radicate nella società del suo tempo e la sua espressione nella sua arte, nella sua scienza e nel modo stesso di vivere. Cercheremo di indicare quegli aspetti del genio di Leonardo che sono il riflesso di una miriade di forze scatenate dall'Italia rinascimentale e quelli che sono attribuibili in gran parte alle sfaccettature individuali interiori della sua natura. Questi, ovviamente, non si escludono a vicenda, ma mostreremo che è principalmente come l'espressione individuale unica di un profondo genio creativo che Leonardo da Vinci è stato percepito ai suoi tempi e che continua a tutt'oggi come eterno simbolo di un essere umano immensamente superiore alla somma delle sue parti.

  1. Nel volume a cura di Anna Maria Brizio, Utet, 1952, p. 614.
  2. E per chi scrive in (He) come il sottoscritto.
  3. Si veda Martin Kemp, Leonardo, OUP, 2004, Introduzione e passim.
  4. Questa stima si basa su passi trascritti da un editore del XVI secolo per il Trattato della Pittura, e che per la maggior parte provengono da manoscritti non più rintracciabili. Cfr. M. Kemp, op. cit., p. xxix.
  5. David Allan Brown, Leonardo da Vinci: Origins of a Genius, Yale University Press, 1998; trad. ital. Leonardo da Vinci. Origini di un genio, Rizzoli, 1999.