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Sistemi informativi e industria consumer/Processi generali

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Indice del libro

Passiamo ora ad analizzare i macro processi comuni a entrambe le metodologie di servizio.

Capacità di percepire l’esigenza del cliente

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In questo processo il sistema è l’insieme “azienda-cliente potenziale” dove quest’ultimo è il tenutario, in maniera più o meno conscia, dell’esigenza. Il processo porta alla condivisione dell’esigenza, travasando le informazioni relative, con l’azienda.

Perché recepire l’esigenza del “cliente”. La risposta che mi do è perché ritengo corretto un atteggiamento agnostico sulle esigenze altrui, non voglio pensare di essere io il depositario della conoscenza; vedo l’azienda come l’attore capace di percepire e proporre soluzioni a richieste esistenti.

Chi: chi opera nel processo di percezione dell’esigenza

Il consumatore: è la persona in cui nasce esplicitamente l’esigenza (demand driven) o in cui esiste in maniera nascosta, da far maturare (supply driven).

Da un punto di vista della catalogazione dei clienti possiamo individuare:

  • Clienti conosciuti, clienti di cui abbiamo già uno storico dei comportamenti tramite fidelity cards o altro; in particolare tra questi riteniamo importanti, per i nostri ragionamenti predittivi, i clienti campione cioè quei clienti che storicamente rappresentano in maniera statisticamente significativa il mercato di riferimento
  • Clienti sconosciuti o saltuari
  • Clienti potenziali intesi come persone con cui non siamo ancora venuti in contatto(totalmente anonimi) ma che appartengono a fasce di mercato catalogate come di riferimento, oppure chi guarda la vetrina o entra in contatto (nel negozio o nel sito) ma non procede nell’acquisto (contatti)

E’ ovvio che per ciascuna categoria ci troviamo di fronte a situazioni e strategie commerciali diverse: nel primo caso l’obiettivo è mantenere il cliente ed eventualmente aumentare il cross-selling o l’up-selling, nel secondo caso vogliamo fidelizzare il cliente aumentando le barriere all’ingresso da parte di competitors, nel terzo vogliamo diminuire le barriere all’ingresso.

Chi recepisce l’esigenza : suddividerei questi operatori in tre gruppi, nel primo si tratta di persone il cui lavoro è raccogliere e catalogare le impressioni del mercato, a volte vengono chiamati “cool hunters” o scouts. In pratica queste figure operano a livello ampio: di società, di ambiente. A livello intermedio operano gli agenti il cui contesto professionale è dato dall’insieme dei negozi e quindi più ristretto dell’intera società ma più ampio del singolo negozio. A livello più diretto operano figure addette alla vendita personale (commessi) che quindi hanno accesso ad un livello informativo più ristretto ma definito.

Chi trasmette l’esigenza: verrebbe da dire che si tratta delle stesse persone che raccolgono l’esigenza e quindi lo scout, l’agente o il commesso. Nella mia esperienza ho visto che tale funzione non era percepita come parte integrante del lavoro per cui o veniva delegata ad una funzione segretariale (con relativa perdita di affidabilità del dato) o veniva eseguita in modo svogliato e superficiale inficiando il patrimonio informativo acquisito, sempre che non fosse volontariamente tenuta nascosta per generare “l’indispensabilità”.

Che cosa si percepisce, qual è l’oggetto del desiderio.

Riprendendo il discorso fatto farei una prima divisione di questo aspetto in tre livelli:

  • esigenze certe: richieste esplicite puntuali, tipiche del bisogno di un capo con caratteristiche particolari (impermeabili, scarpe da lavoro etc.) magari legati a contesti nuovi (guanti lunghi per snowboarders)
  • esigenze semistrutturate: più generali delle precedenti ma non vaghe: ad esempio “quel tipo di giacca ma con la pelliccia ai bordi del cappuccio”; si tratta ancora tipicamente di esigenze di prodotto; in questo gruppo metterei anche quelle esigenze, ad esempio di modellistica (giacca troppo lunga o corta) che vengono espresse gestualmente ma non verbalmente
  • esigenze di contesto sociale o geografico: riguardo al prodotto sono tipicamente più vaghe, spesso indotte da fenomeni emulazione (gli occhiali arrotondati come la forma delle automobili, un trend “glamour” piuttosto che di understatement.).

Riguardo all’oggetto della percezione, ritengo sia bene fare una analisi delle situazioni reali; in questo ci può aiutare la matrice di Ansoff che suddivide il mercato in articoli nuovi/esistenti su mercati nuovi/esistenti etc. Nel caso del mondo “moda” più che di articoli specifici parliamo di “temi” di articoli (pellicce, tessuti; giacche o giubbotti; range di colori); ritengo improbabile che nel “fashion system” esista una richiesta per un articolo definito nel massimo dettaglio, forse solo nel “fatto su misura”.

In questo punto abbiamo categorizzato solo le esigenze riguardo al prodotto ma ritengo si possa mantenere la stessa struttura di analisi anche per quanto riguarda gli altri livelli di bisogno (gratificazione personale, sociale e autorealizzazione). In realtà su questo argomento non mi risulta ci siano studi o ricerche di tipo quantitativo, si tratta di un argomento di ricerca affascinante e poco esplorato.

Dove: l’aspetto geografico della rilevazione dell’esigenza e dell’archiviazione dei dati associati.

A seconda dei livelli di esigenza considerata (certa, semistrutturata e sociale) ritengo che i luoghi più indicati siano:

  • i negozi visti come momento di colloquio con il cliente: in questa fase vengono rese esplicite le esigenze di tipo certo o semistrutturato, l’evidenziazione viene fatta in maniera informativamente piuttosto precisa generando un patrimonio informativo assai rilevante
  • il comportamento di fronte alla vetrina o all’interno del negozio: qui gli attori sono tipicamente clienti potenziali e la forma dell’esplicitazione è assai varia; siamo quindi in presenza di un patrimonio informativo molto importante ma piuttosto destrutturato e difficile da rilevare
  • l’osservazione dei concorrenti: stiamo rilevando l’esigenza attraverso le soluzioni proposte da altri, e quindi già mediate. Ciò che è importante e che i concorrenti potrebbero aver avuto accesso a contesti che, per tanti motivi, a noi possono essere preclusi. In una epoca di globalizzazione di mercati l’analisi della concorrenza straniera ci permette un punto di vista difficilmente accessibile.
  • osservazione della società negli aspetti geograficamente distribuiti: è dove compaiono le esigenze più innovative ma nella loro veste più embrionale, proprio per questo più difficili da rilevare sopra il “rumore” informativo.


Per quanto riguarda la definizione del processo di rilevazione e archiviazione possiamo pensare alle banche dati come contenitore delle informazioni, il problema si sta spostando da un punto di vista tecnologico (quantità e tipologia dei dati) a quello di forma e funzioni sui dati vista la natura semantica di buona parte dei collegamenti.

Come: per capire come raccogliere l’esigenza chiediamoci prima come questa si esplicita. Possiamo classificare le modalità di esternazione in:

  • esigenze personali consce quali ad esempio la richiesta esplicita ad un commesso o un commento nella visita al sito
  • esigenze personali inconsce quali l’azione di prendere in mano un capo, osservarlo bene per poi lasciarlo perché non convinti da un dettaglio o dal prezzo
  • esigenze sociali quali la nascita di una nuova moda nei suoi aspetti di differenziazione iniziale e di appartenenza successiva.

Come si raccoglie l’esigenza: per ciascuna modalità dovremo immaginare un metodo di raccolta delle informazioni elementari (definizione dello stato) e quindi:

  • Supporti alla vendita diretta sia effettuata che mancata
  • Supporti all’analisi di ambiente
  • Supporti all’analisi della concorrenza
  • Supporti alla catalogazione dei trend sociali

Per quanto riguarda la definizione del processo dobbiamo porci il problema, enorme, dei metodi operativi di raccolta, archiviazione, comunicazione e presentazione delle informazioni. In particolare la raccolta nel punto vendita deve tenere conto del fatto che gli operativi si trovano a lavorare sia in condizioni “normali” sia in condizioni di confusione (saldi, momenti di punta) in cui l’operatività di raccolta rischia di diventare una palla al piede.

Oltre a questi problemi, tutt’altro che banali, si aggiunge quello della qualità del dato:

  • un cliente che si sente osservato si comporta come uno ignaro?
  • I dati che rilevo sono effettivamente significativi o sono condizionati dalla rilevazione ?

Non mi sembra il caso di entrare qui nelle problematiche relative alle metodologie e alla bontà dei campionamenti; francamente ritengo che, allo stadio attuale, già riuscire a raccogliere alcune informazioni sarebbe molto.

Un altro problema da tenere in evidenza riguarda il bias statistico sulla rilevazione, come esempio guardiamo al punto vendita come definizione del contesto: in un negozio lussuoso potrò percepire solo le esigenze di un cliente ricco, sulle bancarelle di un altro tipo di cliente. Dovrei quindi fare un confronto del comportamento con lo storico del cliente “medio” per valutare correttamente l’informazione.

Quando si raccolgono le informazioni e quando si utilizzano. Riprendendo la suddivisione in informazioni certe, semistrutturate e di contesto vediamo che

  • le informazioni di contesto hanno un orizzonte temporale ben più ampio della vita del singolo capo, parliamo di uno o due anni;
  • le informazioni semi strutturate hanno mesi in anticipo sulla richiesta fisica, es la fine della precedente stagione invernale(saldi) e la stagione estiva come momento di maturazione dei capi invernali da cui un “time to market” leggermente più corto di quello accettato oggi (momento di maturazione dell’esigenza)
  • le esigenze di dettaglio dovrebbero avere valenza immediata nel senso che l’ideale sarebbe che una richiesta di questo tipo venisse risolta a fronte dello stesso contesto commerciale (cliente/momento).

Per quanto riguarda il momento della rilevazione, le informazioni di contesto non hanno una vera e propria definizione, anche se è realistico pensare che in inverno osservo e rilevo trend invernali e viceversa per l’estivo. Per le esigenze di tipo puntuale o semigenerale queste emergono essenzialmente durante il periodo delle vendite sia in termini di focalizzazione generica che di dettaglio del singolo evento (la vendita diretta).

Ancor più che per le altre dimensioni informative il valore del dato ha una forte dipendenza temporale nel senso che esiste una forte variazione dei segnali nel tempo: es. le vendite in campagna e nei saldi ed i segnali devono essere quindi adeguatamente normalizzati.


Quanto: quanti segnali devo recepire e quanto significativi devono essere i segnali per essere considerati dati informativi.

Su questo argomento dobbiamo tenere conto di tre aspetti: un discorso di metodo, uno di contenuto della misura e uno di valore di riferimento.

Per spiegare il discorso del metodo facciamo un esempio: se un cliente dice “bello” di un capo la varianza statistica del valore della variabile “bellezza” è pari al valore della variabile stessa per cui l’informazione non è molto significativa; il teorema di de Moivre ci ricorda che la varianza del campione rilevato si avvicina a quella della popolazione reale in funzione inversa della radice quadrata della dimensione del campione; per cui 4 persone che dicono “bello” vale il doppio di un cliente solo e comincia ad essere statisticamente significativo.

Per quanto riguarda il contenuto della misura, cioè la scelta delle variabili da misurare, esse devono permettere la creazione di un modello predittivo e quindi vanno scelte in funzione dell’obiettivo del nostro studio. Prendiamo un caso tipico: l’analisi del venduto nei periodi di campagna e di saldo. Nel caso questo confronto venga fatto in negozi monomarca esso è un indicatore tendenziale di analisi della correttezza del prezzo in quanto, a parità di offerta (circa), ciò che è variata è la variabile prezzo. Nel caso di negozi plurimarca esso tende a diventare una indicazione di “share di mercato relativo” poiché, avendo variato il prezzo e magari in maniera non omogenea tra i marchi, ci si è spostati su una problematica di confronto di mercati.

L’esempio precedente introduce il terzo parametro che è quello del valore di riferimento: nel momento in cui io ho misurato una certa grandezza devo capire il significato di questa misura nel mondo in cui è situata. Un esempio potrebbe essere quello del mondo delle pellicce, la conoscenza delle proprie vendite va paragonata al “potenziale di mercato” cioè alla percentuale di saturazione e alla dimensione del mercato; è inutile prevedere tassi di crescita strani in un mercato essenzialmente stabile o in declino, buone vendite in questo settore vanno interpretate come presa di nuove quote di mercato o fenomeni sporadici, in ogni caso difficilmente ripetibili.

I problemi di questo punto riguardano quindi: la capacità di raccogliere una quantità di dati sufficiente su variabili significative e la possibilità di confrontarli con l’esterno.

Strumentazione e metodi: la raccolta degli indicatori è un processo estremamente difficile da un punto di vista operativo. Cercheremo di interpretare lo schema descritto partendo dalla natura dell’esigenza.

Esigenze certe: esistono solo per clienti conosciuti in luoghi definiti (negozi, show room).

Praticamente tutti i punti vendita sono ormai forniti di strumenti di supporto per gli aspetti “amministrativi” della vendita (emissione scontrino, gestione magazzino etc.). Alcuni di questi strumenti hanno anche una gestione, più o meno estesa, del CRM, in particolare per la parte post vendita (fidelity card, recall etc.), e del budget economico o commerciale (merceologie e spazi). Nella mia esperienza nessuno affronta i problemi della mancata vendita o della raccolta richieste.

Poiché si tratta di informazioni ben strutturate qualsiasi quantità di informazione è significativa.

Esigenze semistrutturate: esistono per clienti certi o saltuari tipicamente in luoghi definiti.

Recentemente ho letto di colleghi che proponevano di fornire di braccialetti RFID i potenziali clienti che visitano il punto vendita per seguire i loro percorsi. Personalmente sarei estremamente restio a indossare un simile monile, mi sentirei molto “mucca con il microchip”.

Ritengo che il sistema debba essere molto meno invasivo e più passivo; già più interessante può essere l’analisi dei filmati dei movimenti all’interno del negozio; sicuramente ci possono essere problemi di privacy e sicuramente ci sono problemi di capacità di analisi tecnica dei filmati per ricavarne i contenuti informativi voluti. E’ ovvio che questo tipo di analisi è tecnicamente molto più difficile e dai risultati più vaghi ma ritengo che sia molto più vicino alla natura “corporea” del problema che stiamo affrontando. Un paragone interessante potrebbe essere una mappa olfattiva in un ambiente dedicato ai profumi.

La quantità di informazioni da rilevare è piuttosto alta vista la natura indefinita del problema. E’ interessante però notare che il campione da cui estrarre l’informazione è più ampio di quello precedente (più persone comprano saltuariamente o guardano i capi) da cui si ricava che la possibilità c’è ma c’è un grosso problema tecnico di estrazione.

Esigenze di contesto: Questo problema si amplifica nel momento in cui ampliamo l’orizzonte informativo comprendendo i luoghi socialmente aperti (piazze, discoteche, riunioni) dove si materializzano i primi segnali del “trend” del nostro mercato obiettivo.

Il contesto conoscitivo si allarga a tutti i sensi fisici e quindi il problema della creazione di una sintassi comune si allarga a sua volta. Personalmente ritengo che, in questo settore, siamo ancora alla raccolta e classificazione dei dati e lo strumento tecnico sia l’uomo.

Una strada interessante da perseguire potrebbe essere l’analisi dei film o di trasmissioni televisive, non tanto per la presenza di capi di tendenza, in fin dei conti si sta operando su scelte già fatte da costumisti per scopi funzionali alla pellicola, ma soprattutto per la capacità infinita di ripetizione del tema; ciò potrebbe permettere la messa a punto di tecniche e algoritmi di analisi.

Leggermente diverso potrebbe essere il discorso relativo all’analisi della concorrenza in quanto si possono cominciare a stabilire nessi tra variabili di prodotto (offerta) e andamento economico inteso come misura dell’accettazione sul mercato.

Capacità di razionalizzare e interpretare l’esigenza.

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In questo caso il sistema è essenzialmente l’azienda e il processo porta alla condivisione tra il settore marketing, che ha raccolto le rilevazioni dell’esigenza, e i settori progettazione, industrializzazione, produzione e logistica che formulano uno schema di soluzione realistica e in linea con le linee strategiche dell’azienda.

Indipendentemente dal metodo e dal tipo di dati che vengono analizzati il risultato richiesto sono informazioni utili a indirizzare l’andamento aziendale nel futuro per cui devono poter essere espresse in una forma funzionale alla strategia aziendale.

Perché razionalizzare l’esigenza: necessità di tradurre in un “linguaggio” conosciuto e accettato il problema; perché interpretare: per dare una possibile soluzione congruente con il contesto

Chi

Abbiamo visto che l’esigenza si manifesta in tempi/modi e luoghi diversi, da un punto di vista dell’analisi vogliamo suddividere gli attori di questo processo in persone associate alla definizione dello stato e all’azione del processo. E’ importante notare che la valutazione del cambiamento può essere fatta in due modi assai diversi:

razionalmente mediante la definizione di processi con sintassi e semantica conosciuta

intuitivamente mediante l’applicazione di processi mentali con una semantica complessa.

Nella pratica si tende a utilizzare entrambi gli approcci evitando ragionamenti troppo precisi figli di modelli teorici non ancora completi o voli pindarici di pura fantasia senza legami con il mercato.

Sarebbe interessante, ma al momento non mi risulta esistano tentativi di utilizzo di tecniche euristiche per la soluzione di modelli interpretativi, probabilmente perché i modelli esistenti sono ancora poco formalizzati.

Ritornando al nostro argomento possiamo pensare che:

Chi fornisce i dati siano gli stessi che li raccolgono o società specializzate nelle indagini di mercato.

Chi razionalizza l’esigenza: il marketing, il product o market manager, o personale sotto la loro direzione in quanto per questa operazione sono richieste competenze tecnologiche non piccole sposate a una conoscenza della realtà che impedisca scelte errate. Forse sarebbe più corretto chiamarli analisti di prodotto/servizio.

Chi interpreta: lo stilista ovvero la persona che deve poter coniugare competenze generali con informazioni disperse in una ottica di orizzonte temporale esteso.

Naturalmente il ruolo reciproco delle varie persone coinvolte viene inquadrato nell’ambito delle strategie aziendali di prodotto/mercato per cui l’importanza relativa può cambiare di molto; ad esempio per una azienda di alta moda-lusso il ruolo dello stilista sarà prevalente rispetto al ruolo dello stesso in una azienda dedicata al mass-marketing.

Chi riceve è chi poi utilizzerà questi dati: sono i responsabili dei processi industriali e logistici delle aziende.

Che cosa devo razionalizzare o interpretare: l’esigenza

Come abbiamo detto l’esigenza è fatta di aspetti oggettivi (prodotto), di aspetti soggettivi (gratificazione, il servizio in senso lato) e di aspetti sociali.

Per quanto riguarda il prodotto dovremo forse distinguere tra esigenze di tipo “migliorativo” cioè variazioni su proposte presenti (tipicamente rilevate in presenza dell’oggetto precedente – la moda) e esigenze di tipo “innovativo” relative a richieste, di prodotto ma soprattutto soggettive, o che non esistevano o che non avevano soluzioni nei contesti tecnologici precedenti (cosa peraltro piuttosto rara nell’abbigliamento attuale) cioè di nuovi stili. Per quanto riguarda le prime stiamo pur sempre parlando di operare sulla traccia dell’esistente e quindi in un contesto più limitato, per le seconde la vera sfida è riuscire a interpretare segnali sociali o tecnologici generici che possano avere ripercussioni sulle esigenze del consumatore.

Per quanto riguarda gli aspetti soggettivi ricordiamo la separazione tra aspetti di gratificazione personale e sociale. Nel primo caso possiamo suddividere la soddisfazione dei sensi in due gruppi:

  • messaggi “primitivi” quali ad esempio la comodità o la funzionalità che sono legati al complesso uomo-prodotto dove il fattore uomo è, in un certo senso, “universale”
  • messaggi di prodotto “mediati culturalmente” dal contesto in cui vive l’individuo; ad esempio il colore o gli abbinamenti cromatici che risentono sicuramente della società di appartenenza
  • messaggi personali di servizio alla persona più che al prodotto.

Per quanto riguarda gli aspetti sociali il nostro obiettivo è riuscire a definire quantitativamente:

  • la gratificazione sociale come appartenenza e accettazione in un gruppo
  • la distinzione e il riconoscimento pur nell’accettazione del gruppo.

Come abbiamo già citato quest’ultima parte è ancora poco conosciuta.

Dove ha luogo il processo di razionalizzazione del processo

Per quanto riguarda l’aspetto geografico della localizzazione del processo dobbiamo distinguere due aspetti:

  • Il luogo di nascita e operativo: tipicamente l’azienda o il sistema consulenziale, questo a seconda delle dimensioni del problema da analizzare e di come l’azienda vede il proprio modello organizzativo strategico
  • Il luogo di destinazione: fatta la prima parte dell’analisi generale nasce il problema dell’adattamento ai vari mercati, un aspetto che rende irrealistico affrontare in maniera globale l’analisi a meno di non operare su prodotti assolutamente specifici o di ritenere di avere una forza commerciale tale da imporre il proprio prodotto ovunque.
In realtà il processo può avere due modalità estreme: analisi diffusa, ad esempio presso le varie filiali, con consolidamento strategico centrale oppure analisi centralizzata e adattamento locale.

Attualmente entrambe le soluzioni soffrono di un problema di “time to market” troppo lungo che riduce il fattore competitivo delle aziende, ma su questo punto ritorneremo.

Come: Appena si parla di come analizzare informazioni la prima cosa che viene in mente è quella branca dell’informatica che parte dal data warehousing per arrivare al data mining ed eventualmente al knowledge managment. In realtà qui stiamo cercando di razionalizzare e interpretare esigenze e non correlazioni preesistenti siano esse esplicite o nascoste; il problema quindi parte un poco più lontano e dobbiamo comprendere anche informazioni diverse da quelle codificate nei sistemi tradizionali.

Possiamo suddividere le metodologie di analisi in gruppi:

  1. Razionali
  2. segmentazioni
  3. metodi e strumenti di astrazione e interpretazione
    1. quantificazione del modello
    2. metodi proiettivi (modello definito e dati da serie storiche)
    3. metodi previsionali (nuovi modelli su dati storici)
  4. Semi quantitative

¶analisi delle soluzioni offerte dalla concorrenza

  1. analisi semantiche del mercato
  2. Intuizioni: analisi irrazionali o di contesto

Quando

Da un punto di vista temporale e per quanto riguarda dobbiamo tenere conto di due orizzonti diversi: quello dell’effettuazione dell’analisi e quello della valenza del risultato dell’analisi.

Tendenzialmente la razionalizzazione dell’esigenza è bene sia fatta in contemporanea dell’esistenza della stessa anche perché permette un eventuale ricontrollo dei dati. La valenza del risultato è invece, ovviamente, legato al dato che stiamo elaborando.

Per quanto riguarda la valenza del risultato stiamo parlando del fattore tempo nel processo di analisi aziendale: il time to market del prodotto

  1. della definizione dello schema di offerta (il carrello)
  2. dell’idea sul singolo prodotto
  3. dell’industrializzazione dell’idea
  4. della dimensione dell’esigenza (previsioni di vendita).

Dobbiamo anche analizzare l’importanza del fattore tempo nelle componenti relative alla persona e cioè quando si esplichi o si soddisfi l’esigenza del cliente. Di nuovo siamo in un campo inesplorato.

Quanto

Relativamente alla dimensione del problema mi sembra che il primo aspetto da chiarire sia relativo all’importanza relativa dei vari livelli di Marslow, per fare un esempio quanto io debba soddisfare il livello 2 (il prodotto) prima che intervenga la necessità sul livello 3 (il confort personale). E’ ovvio che la richiesta non sarà del 100% perché una volta raggiunto un livello omeostatico del sistema l’attenzione si rivolgerà al livello superiore e cosi via. Ma risolvere il livello sottostante all’80% e quello superiore al 50% (fermo restando che si riesca a misurare) è una buona combinazione o è meglio il 90-40 ?

Per quanto riguarda il prodotto dobbiamo tenere conto di quanto è grande l’esigenza e quindi poter stimare correttamente:

  • qual è il mercato del nostro prodotto
  • la dimensione del mercato
  • la valutazione del proprio posizionamento: il problema della quota di mercato
  • quanto il nostro prodotto soddisfa le aspettative del mercato in termini di prestazioni e prezzo

Per quanto riguarda gli aspetti soggettivi delle esigenze il problema deriva dalle variabili definite e dalla loro misura:

  • quanto siano importanti e quanto soddisfiamo gli aspetti soggettivi
  • quanto siano importanti e quanto soddisfiamo gli aspetti sociali.

Strumentazione

Avendo toccato tutte le dimensioni informative del processo di razionalizzazione e interpretazione dell’esigenza cliente dobbiamo, a questo punto, vedere lo stato dell’arte per quanto riguarda gli strumenti a disposizione. Possiamo suddividere i mezzi in

  1. Metodi analitici: basati su dati misurati e ripetibili
    1. Precisi: attenzione potrebbe trattarsi di metodi statistici e quindi in ogni caso il risultato conterrebbe una quota parte di indeterminazione
    2. Euristici: in quanto legati a modelli non totalmente definiti
  2. Metodi contestuali: essenzialmente legati a sensazioni comuni anche se non misurabili e ripetibili
    1. Brainstorming
    2. metodi top-down
    3. metodi bottom-up
  3. Metodi individuali: metodi legati ad una particolare combinazione persona/tempo/luogo per cui possono fornire risultati non riproducibili
    1. Lo zen

Ciò che ritengo importante su questo punto è che i metodi per la definizione dei valori possono essere antitetici e visti come provocatori dai sostenitori di uno o l’altro (pensate ad uno scienziato che debba accettare un metodo zen) ma, purché il risultato sia dato in formato utilizzabile, ritengo che debbano essere accettati parimenti. Per secoli prima di Newton le mele sono cadute e gli uomini hanno usato la forza di gravità come componente di opere civili e militari, anche senza averne un modello matematico. Si trattava di modelli euristici o intuitivi ma funzionavano bene, ora si conoscono meglio. Nel caso di una scienza sociale e non galileiana forse modelli precisi non ci saranno mai, anche perché le condizioni al contorno non si riprodurranno mai uguali, ma ciò non toglie che possiamo affinare le tecniche di raccolta e di utilizzo delle informazioni.