Non c'è alcun altro/Dio è Antipatico: differenze tra le versioni

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Quale che sia il modo di tradurre la frase, la metafora sottesa è che Dio sia una giudice giusto e che la nostra sofferenza sia meritata. Pertanto, un'esperienza di Dio potenzialmente negativa diventa positiva. Potremmo essere a disagio con la nozione che Dio segga in trono a giudicare le persone – di solito preferiamo relazioni che non ci giudicano – ma primo, c'è una dimensione intrinseca non-giudicativa in tutti i rapporti interpersonali; secondo, l'implicazione pratica di vedere Dio come giudice è di insegnarci che siamo responsabili delle vite che viviamo. Poiché Dio è un giudice giusto, possiamo aspettarci un giudizio giusto, e forse anche un giudizio compassionevole, dato che Dio è anche compassionevole.
Quale che sia il modo di tradurre la frase, la metafora sottesa è che Dio sia una giudice giusto e che la nostra sofferenza sia meritata. Pertanto, un'esperienza di Dio potenzialmente negativa diventa positiva. Potremmo essere a disagio con la nozione che Dio segga in trono a giudicare le persone – di solito preferiamo relazioni che non ci giudicano – ma primo, c'è una dimensione intrinseca non-giudicativa in tutti i rapporti interpersonali; secondo, l'implicazione pratica di vedere Dio come giudice è di insegnarci che siamo responsabili delle vite che viviamo. Poiché Dio è un giudice giusto, possiamo aspettarci un giudizio giusto, e forse anche un giudizio compassionevole, dato che Dio è anche compassionevole.

Ciononostante, ci sono testi che descrivono l'abbandono di Dio che sono completamente privi della benché minima allusione a colpe. Abbiamo prima studiato due di questi, i Salmi 13 e 44. Il primo un'invocazione di lamento da parte di una persona che si sente abbandonata da Dio in un momento di crisi e Lo prega di considerarlo, di rispondergli e di salvarlo. Il secondo è un'invocazione ancor più dolorosa — questa volta a nome del popolo di Israele, che è stato devastato dai suoi nemici. I nessuno di questi due testi c'è alcuna allusione che la condotta punitiva di Dio sia meritata. Invero, il secondo salmo asserisce proprio l'oppsto: è precisamente a causa della lealtà a Dio da parte della comunità che tale comunità sta venendo distrutta. L'unica conclusione possibile è che Dio stia dormendo...

Dio ha dormito troppo? La sveglia di Dio non ha suonato per tempo? Questo sarcasmo amaro, per quanto sia doloroso leggerlo, viene canonizzato nella Scrittura ebraica. È come un dono alla nostra generazione post-Olocausto. Ci dà modo di esprimere la nostra amarezza odierna. Ci fornisce un linguaggio per sfogare i nostri problemi correnti.


==Giobbe==
==Giobbe==

Versione delle 21:42, 22 ago 2019

Indice del libro


"Creazione del Sole e della Luna", incisione di Wenceslas Hollar (ca.1650)
"Creazione del Sole e della Luna", incisione di Wenceslas Hollar (ca.1650)
Rotolo della Torah su pergamena
Rotolo della Torah su pergamena

Metafore invise

Tuttavia Dio non è sempre simpatico. I nostri antenati ne erano completamente consapevoli, come noi del resto. A volte Dio sembra maltrattare le persone — anche le persone giuste, anche il popolo ebraico, che Dio dovrebbe amare in modo speciale. Quando si sentivano maltrattati, ingiuriati, gli ebrei cercavano disperatamente di giustificare il comportamento di Dio in modo da integrare la propria delusione con la loro immagine di un Dio amorevole. Ma spesso i sentimenti negativi scivolano tra le crepe e la tensione viene esposta a tutti.

Ma anche allora, la loro rabbia per il comportamento di Dio veniva sempre espressa nell'ambito del costante rapporto con Lui. Non permisero mai che il loro senso di essere stati maltrattati da Dio li facesse abbandonare la comunità religiosa e la rispettiva struttura confessionale. Alcuni probabilmente se ne andarono; ma comprensibilmente, con almeno un'eccezione degna di nota, i nostri testi non conservano traccia che ne spieghi le loro motivazioni. D'altra parte, ci sono molti testi che registrano i sentimenti di coloro che, nonostante la loro evidente ira contro Dio, rimasero ebrei devoti e fedeli. Queste persone scrissero salmi per questo Dio che li abbandonava o narrarono storie del comportamento divino, incanalando la loro delusione in una sfida. Non chiesero mai scusa per la loro rabbia con Dio. Capivano che fosse una dimensione totalmente legittima di ogni rapporto interpresonale; non andava a significare che il rapporto era morto. In verità, abbandonare tale rapporto li avrebbe privati delle basi necessarie alla loro sfida.

Queste esperienze negative e i sentimenti che suscitavano vennero incorporati in quelle che io chiamo immagini "antipatiche" di Dio e che pervadono la nostra letteratura classica. Ci si può certamente chiedere cosa ci facciano questi testi nella Bibbia, ma i nostri avi che erano responsabili della canonizzazione della Bibbia, del Talmud e della liturgia, riconoscevano che la gente a volte si sentiva così con Dio, che loro stessi avevano questi sentimenti negativi e tristi, e che tali sentimenti facevano parte del repertorio vasto e complesso degli incontri tra Dio e gli esseri umani.

Nella Bibbia stessa e in gran parte dellaletteratura postbiblica, il modo convenzionale di integrare le esperienze negative di Dio era di attribuirle a punizioni divine per la peccaminosità umana. Tutto d'un colpo, questa immagine di un Dio giudicante e punitivo risolveva quasi tutto: difendeva il comportamento di Dio, cancellava i sentimenti di abbandono e forniva un mezzo per ripristinare la relazione positiva originale — cioè, pentimento e ritorno a Dio. La dichiarazione classica dell'equazione che il peccato provoca punizione (e la virtù provoca tutti i tipi di benedizione) è Deuteronomio 11:13-21, il secondo dei tre paragrafi della Shema, che gli ebrei recitano due volte al giorno. Se ascoltiamo i comandi di Dio e Lo serviamo con tutto il cuore e con tutta l'anima, allora riceveremo pioggia, raccolti abbondanti, cibo e bevande; se ci ribelliamo, la nostraterra non darà frutto e noi saremo banditi dalla terra.

I nostri progenitori potevano giustificare il comportamento di Dio perché credevano che i Suoi giudizi fossero sempre equi e onesti. Oggi riconosciamo che alcuni giudici umani sono corrotti, ma che Dio fosse un giudice corrotto era impensabile per i n ostri antenati. A tutt'oggi, quando un ebreo sente che qualcuno è morto, la sua reazione liturgica immediata è Barukh dayan ha-emet. Traduzione letterale della frase è: "Sia benedetto il Giudice della verità", oppure "il vero Giudice", o "il Giudice che giudica sinceramente", o "accuratamente", o "il cui giudizio è vero".

Quale che sia il modo di tradurre la frase, la metafora sottesa è che Dio sia una giudice giusto e che la nostra sofferenza sia meritata. Pertanto, un'esperienza di Dio potenzialmente negativa diventa positiva. Potremmo essere a disagio con la nozione che Dio segga in trono a giudicare le persone – di solito preferiamo relazioni che non ci giudicano – ma primo, c'è una dimensione intrinseca non-giudicativa in tutti i rapporti interpersonali; secondo, l'implicazione pratica di vedere Dio come giudice è di insegnarci che siamo responsabili delle vite che viviamo. Poiché Dio è un giudice giusto, possiamo aspettarci un giudizio giusto, e forse anche un giudizio compassionevole, dato che Dio è anche compassionevole.

Ciononostante, ci sono testi che descrivono l'abbandono di Dio che sono completamente privi della benché minima allusione a colpe. Abbiamo prima studiato due di questi, i Salmi 13 e 44. Il primo un'invocazione di lamento da parte di una persona che si sente abbandonata da Dio in un momento di crisi e Lo prega di considerarlo, di rispondergli e di salvarlo. Il secondo è un'invocazione ancor più dolorosa — questa volta a nome del popolo di Israele, che è stato devastato dai suoi nemici. I nessuno di questi due testi c'è alcuna allusione che la condotta punitiva di Dio sia meritata. Invero, il secondo salmo asserisce proprio l'oppsto: è precisamente a causa della lealtà a Dio da parte della comunità che tale comunità sta venendo distrutta. L'unica conclusione possibile è che Dio stia dormendo...

Dio ha dormito troppo? La sveglia di Dio non ha suonato per tempo? Questo sarcasmo amaro, per quanto sia doloroso leggerlo, viene canonizzato nella Scrittura ebraica. È come un dono alla nostra generazione post-Olocausto. Ci dà modo di esprimere la nostra amarezza odierna. Ci fornisce un linguaggio per sfogare i nostri problemi correnti.

Giobbe

"Giobbe" di Léon Joseph Florentin Bonnat (1880)
"Giobbe" di Léon Joseph Florentin Bonnat (1880)

Dio è etico?

La morte di Rabbi Akiva

"Rabbi Akiva", illustrazione sulla Haggadah di Mantova (1568)
"Rabbi Akiva", illustrazione sulla Haggadah di Mantova (1568)

Dio non è onnipotente

Dopo l'Olocausto

Dio è morto

Note