William Shakespeare/Enrico VI, parte I

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William Shakespeare

Guida alle opere

CopertinaWilliam Shakespeare/Copertina
  1. Introduzione
  2. Primi drammi storici
  3. Drammi eufuistici
  4. Poemi e sonetti
  5. Secondo ciclo storico
  6. Tragicommedie e commedie romantiche
  7. Drammi dialettici
  8. Grandi tragedie e drammi classici
  9. Commedie romanzesche
  10. L'ultimo dramma storico
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Datazione e stampa[modifica]

The First Part of King Henry the Sixth apre la prima serie di drammi storici scespiriani. Un testo intitolato "harey the vj" fu rappresentato il 3 marzo 1592 al The Rose dai Lord Strange's Men, e generalmente si presume che si trattasse di quest'opera[1]. Una allusione al dramma è contenuta in un libro di Thomas Nashe del 1592[2][1]. Sebbene sia accertato che Shakespeare scrisse - se non del tutto, almeno in parte - l'opera, una ipotesi è che il dramma sia stato in realtà composto (o riscritto) dopo le parti seconda e terza, come una sorta di 'prequel' ante-litteram[2]. A differenza delle parti seconda e terza, una stampa fu eseguita solo nel 1623, nel first folio.

Fonti dell'opera[modifica]

Le fonti principali alla base della narrazione sono le cronache di Edward Hall, Union al the Two Illustrious Families Lancaster and York (Unione delle due illustri famiglie Lancaster e York, del 1548) e le Cronache d’Inghilterra, di Scozia e d’Irlanda di Raphael Holinshed (nella seconda edizione del 1577). Tuttavia nella drammatizzazione scespiriana la correttezza storiografica cede spesso alle esigenze del racconto, stravolgendo o elaborando i fatti.[2]

Analisi critica[modifica]

Enrico VI d'Inghilterra

Dramma del potere [3], indagato nei suoi aspetti più torbidi e oscuri, vissuto come fatalità e maledizione - come testimonia la maledizione contro gli inglesi di Giovanna d'Arco sul rogo, nella quarta scena del V atto - che incombe come una cappa asfissiante non solo su chi se lo ritrova a gestire senza averlo cercato (come appunto Enrico VI) ma anche su coloro la cui vita è presentata invece come un’interminabile sforzo per raggiungerlo, agguantarlo e mantenerlo. Il tema del peso del potere è un elemento centrale, che continua a svilupparsi nelle successive parti dell'opera.

« Ci fu mai monarca che occupasse un trono in terra e fosse meno felice di me? Appena uscito di culla fui fatto re all’età di nove mesi; e non vi fu mai suddito che desiderasse di essere sovrano quanto io desidero di essere suddito »
(Enrico VI, parte II - Atto 4, scena 9)

Shakespeare, non ancora trentenne, dimostra di ben conoscere gli arcana imperii, i meccanismi segreti del governo e delle lotte di potere, le logiche spietate che presiedono alle alleanze e ai tradimenti, alle promesse di fedeltà eterna e ai repentini spergiuri, alle richieste di perdono o di pietà da parte dei vinti e alle sete di vendetta dei vincitori.

Il sottofondo di ogni vicenda è quello eterno della lotta fratricida di Caino che colpisce suo fratello Abele (evocata esplicitamente da Winchester nella scena terza del primo atto) e delle inevitabili tristi conseguenze che questo delitto originario riproduce nella storia senza mai trovare redenzione, come un veleno versato alla sorgente di un fiume e che mai si diluisce o dissolve durante il suo corso, mantenendo intatti nel tempo il suo potere letale e la sua capacità di infettare le valli che attraversa; forse, soltanto quando le acque sfoceranno e si disperderanno nel mare aperto, alla fine della storia umana, questo veleno perderà la sua concentrazione mortale.

Le due rose[modifica]

La rosa rossa dei Lancaster
La rosa bianca degli York

Nella prima parte assistiamo alle celebrazioni per la morte prematura di Enrico V d'Inghilterra (padre di Enrico VI), grande re e condottiero [4], che con la battaglia di Azincourt (1415) aveva piegato a sé la Francia e poi riconquistato alla corona inglese tutta la Normandia. L'evento inatteso inaugura per l’Inghilterra un periodo di incertezza e di torbidi politici.

« Ora che Enrico è morto, o generazioni future, attendetevi anni di dolore: i bambini suggeranno agli umidi occhi materni, quest’isola diverrà nutrice di amaro pianto, e non resteranno che donne a piangere i morti »
(Atto I, Scena 1)

Ma la ribellione e la riscossa delle forze francesi, (“Tristi notizie vi porto dalla Francia, di perdite, di stragi e di sconfitte; la Guienna, la Sciampagna, Reims, Orleans, Parigi, Guysors, Poitiers, sono tutte perdute”, Atto I, Scena 1) alla cui guida vediamo una figura di Giovanna d'Arco stranamente non valorizzata da Shakespeare (che peraltro scriveva per un uditorio inglese, certamente non ben disposto verso la pulzella d’Orleans), sono solo la conseguenza esteriore, non la causa del problema; questa infatti va individuata in un fattore interiore, cioè nelle discordie, nell’odio, nelle rivalità meschine che crescono come una tumore negli animi della nobiltà inglese e da qui si trasmettono nel popolo.

Storicamente, questi torbidi sono rappresentati dalla cosiddetta Guerra delle due rose, e appunto nella scena 4 del secondo atto viene descritta plasticamente l’origine di tale rivalità tra le opposte fazioni degli York e dei Lancaster, in una contesa che si protrarrà sanguinosamente per oltre trent’anni:

« E qui faccio una profezia: questa contesa fra rosa bianca e rosa rossa, divenuta oggi fazione nel giardino del Tempio, manderà mille anime nelle tenebre della morte.
...
Sì, marciamo pure in Inghilterra o in Francia, senza capire quello che probabilmente seguirà. Questa discordia nata da poco fra i pari cova sotto le ceneri fallaci di un amore simulato, e da ultimo eromperà in fiamma: come le membra infette imputridiscono a poco a poco finché ossa e carne e muscoli cadono in disfacimento, tali saranno i frutti di questa vile discordia nata dalla rivalità. Ed ora temo quella fatale profezia che al tempo di Enrico V correva persino sulle bocche dei lattanti: che Enrico di Montmouth avrebbe conquistato tutto e Enrico di Windsor tutto avrebbe perduto »
(Atto II, scena 4 e Atto III, scena 1)

Il peso del potere[modifica]

Sullo sfondo di questa crisi drammatica, Enrico VI è il re, ma la sua figura è quella di chi il potere regale lo subisce invece che esercitarlo. Già la sua ascesa al trono d’Inghilterra all’età di appena nove mesi aveva qualcosa di innaturale; la sua incoronazione a re di Francia (procuratagli da un’accorta politica dinastica predisposta da suo padre Enrico V, che aveva sposato Caterina di Valois figlia di Carlo VI di Francia, Delfino e poi re di Francia) era avvenuta quando aveva 9 anni (nel 1430 a Parigi) e il regno di Enrico VI fu necessariamente un lungo periodo di reggenza, di governo per interposta persona (quella dei Lord Protettori); e Shakespeare fa commentare ad uno dei suoi personaggi: “ grave quando lo scettro è in mano di un fanciullo”.[5]

Enrico VI è giovane e non ama la guerra[6]; la sua indole meditativa ed introversa, come egli stesso ammette [7] lo rende inadatto al suo ruolo, dati i tempi; la sua figura tragica è quella di chi vive credendo nella buona fede di quelli che lo circondano, sicuro che tutti siano come lui e quindi vogliano indefettibilmente il bene e rifiutino sempre e comunque il male. Ma il mondo non funziona così. Persino la sua intimità, la sua vita sentimentale è pregiudicata dall’inganno, quando il conte Suffolk gli propone in matrimonio la bella Margherita, di cui però egli stesso è invaghito e di cui si propone di fare la sua amante nonché la leva del suo potere, una volta condottala alla corte d’Inghilterra dalla nativa Francia [8]


  1. 1,0 1,1 Richard Proudfoot, Ann Thompson, David Scott Kastan, The Arden Shakespeare Complete Works Paperback Edition. Thomson Learning, 2001, p.463.
  2. 2,0 2,1 2,2 Giorgio Melchiori, Shakespeare. Genesi e struttura delle opere. Laterza, 1994, pp 51-66
  3. Il duca di Alençon dirà: «l’essenza dell’autorità» (Atto V, scena 4)
  4. Prima di lui, l’Inghilterra non ebbe mai un vero e proprio sovrano; Egli era virtuoso e degno di comandare”, Atto I, Scena 1
  5. Atto IV, scena 1
  6. Mi è sempre sembrata cosa empia e snaturata che tanta ferocia e sanguinosa rivalità regnassero fra genti che professano una stessa fede”, Atto V scena 1
  7. “…Mi si addicono più lo studio e i libri”, Atto V scena 1
  8. Margherita sarà ora regina e governerà il re; ma io governerò lei, il re e il regno”, Atto V, scena 5

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