William Shakespeare/Riccardo III
Fonti dell'opera
[modifica | modifica sorgente]La fonte primaria a cui attinse Shakespeare per la sua opera furono le cronache di Raphael Holinshed, ma sembra plausibile che si sia servito del lavoro di Tommaso Moro, autore dell'incompleta 'Storia di Riccardo III', pubblicata da John Rastell dopo la morte di Moro. Rastell, fratellastro di Moro, compilò il testo da due manoscritti in via di scrittura, uno in inglese e uno in latino, in diversi stadi di composizione. Il lavoro di Moro non è storico nel senso moderno della parola. È un resoconto letterario molto variopinto che contiene (discutibilmente) dettagli storici e inventati in egual misura. Moro ebbe molte fonti a disposizione per il suo resoconto (molte delle quali, come il suo protettore, il Cardinale John Morton, altamente ostili al vecchio regime), ma come per Shakespeare la fonte principale fu la sua propria immaginazione: più di un terzo del testo consiste in discorsi inventati.
Analisi critica
[modifica | modifica sorgente]The Life and Death of King Richard III, «Vita e morte di re Riccardo III» è l'ultimo dramma della cosiddetta tetralogia dedicata a Enrico VI. Questa è anche l'opera teatrale più lunga di Shakespeare.
Culminando con la sconfitta del malvagio re Riccardo III di York nella battaglia del campo di Bosworth alla fine dell'opera, Riccardo III è una drammatizzazione degli eventi storici recenti per Shakespeare, conclusi nel 1485, dopo la guerra tra le due famiglie dei Lancaster e degli York (Guerra delle due rose) e la presa di potere definitiva dei Tudor. Il monarca Riccardo III è descritto in modo particolarmente negativo.
Costruzione del personaggio
[modifica | modifica sorgente]Il ritratto scespiriano di re Riccardo Plantageneto e del suo "regno del terrore" offre un'immagine del tutto negativa del personaggio. La verità storica, secondo i maggiori storici contemporanei, è molto diversa. Secondo e ultimo monarca della casa di York, regnò per poco più di due anni, e il suo breve regno non fu più crudele o ingiusto dei suoi predecessori o di coloro che lo seguirono.
Le opere teatrali di argomento 'storico' di Shakespeare, non sono, in ogni caso, da intendere come storicamente accurate, ma bensì come opere d'intrattenimento, il cui valore va oltre le persone descritte. In Riccardo III attraverso la storia del re crudele e ambizioso e della sua rovina Shakespeare descrive la sete umana di potere, e le conseguenze malsane di una smodata volontà di rivincita. Come con Macbeth, l'infamia di Riccardo è enfatizzata, resa un archetipo, anche allo scopo di aumentare l'effetto drammatico. Shakespeare, come in altri casi, approfitta di una letteratura precedente: il personaggio di Riccardo dipinto come il più vile farabutto della storia inglese era già stato descritto da numerosi scrittori in precedenza.
Per comprendere come mai Riccardo divenne simbolo di villania durante il periodo Elisabettiano, bisogna inserire il dramma nel suo contesto storico. Durante la vita di Shakespeare, era sul trono Elisabetta I, discendente di Enrico VII, il conte lancasteriano del Richmond, che sconfisse e uccise l'ultimo discendente dei Plantageneti, Riccardo III di York, dando così inizio alla dinastia Tudor. L'opera di Shakespeare, di cui la corte reale fu spesso committente, propone la versione storica dei Tudor-Lancaster, dipingendone a tinte fosche gli avversari ed esaltandone gli antenati (come nel caso dell'opera dedicata alla figura di Enrico V di Lancaster).
In realtà l'unica colpa di Riccardo Plantageneto, discendente di Edoardo III, poi duca di York, fu quella di aver preso parte alla guerra delle due rose, nella quale gli York, con il simbolo della rosa bianca si allearono con Richard Neville, Conte di Warwick per deporre il re Lancaster Enrico VI, ormai incapace e malato di mente. Nella fazione opposta le casate di Somerset e Suffolk si allearono con i Lancaster sotto il simbolo della rosa rossa, in difesa del monarca. La versione degli avvenimenti che si affermò nelle epoche successive fu, come si direbbe oggi, la storia dei vincitori.
In Enrico VI Parte III, Shakespeare aveva già iniziato il processo di costruzione del carattere di Riccardo come quello di un vile, anche se non avrebbe potuto essere stato coinvolto in nessuno degli eventi narrati. Egli difatti partecipa a battaglie quando storicamente è ancora un bambino.
La marcia di Riccardo verso la Corona
[modifica | modifica sorgente]Il dramma ha inizio con Riccardo che elogia il fratello, re Edoardo IV d'Inghilterra, il maggiore dei figli di Riccardo, Duca di York.
Da notare come nella traduzione italiana si perda l'assonanza fra il termine sole (sun) e figlio (son). Il monologo rivela l'invidia e l'ambizione di Riccardo, in quanto suo fratello Edoardo regna il paese con successo. Riccardo è un orrendo gobbo, che descrive sé stesso come
Egli risponde all'angoscia della sua condizione affermando la sua volontà:
Senza molte pretese di accuratezza cronologica (che egli professa di disprezzare), Riccardo cospira affinché suo fratello Giorgio, che lo precede come erede al trono, sia condotto nella Torre di Londra come sospettato di assassinio; Riccardo, per riuscire nel suo intento, corrompe un indovino per confondere il re sospettoso.
Successivamente Riccardo entra nelle grazie di Lady Anna, la vedova di un Lancaster, Edoardo di Westminster, il principe di Galles. Riccardo si confida con il pubblico:
Nonostante il pregiudizio di lei nei confronti di Riccardo, Anna è vinta dal suo corteggiamento e accetta di sposarlo. Riccardo, in collaborazione con il suo amico Buckingham, Enrico Stafford, secondo duca di Buckingham, trama per la successione al trono, e si presenta agli altri signori come un uomo devoto e modesto, senza alcuna pretesa di grandezza. Riesce così a convincerli a sceglierlo come re alla morte di Edoardo IV - la morte del quale, ironicamente, non vede Riccardo coinvolto in alcun modo - eventualmente non dando peso alle rivendicazioni del giovane nipote innocente, il principe nella torre.
Il successo e la morte
[modifica | modifica sorgente]Riccardo si assicura attivamente il possesso della corona. Egli assassina chiunque si frapponga ad esso nella scalata al potere, inclusi il giovane principe, Lord Hastings, il suo precedente alleato Buckingham, e addirittura sua moglie. Questi crimini non passano inosservati,e quando Riccardo perde ogni tipo di appoggio, egli si trova ad affrontare il conte di Richmond, Enrico VII' d'Inghilterra nella battaglia di Bosworth Field. Prima della battaglia, Riccardo riceve la visita dei fantasmi delle persone che ha ucciso, i quali gli dicono
Si sveglia implorando Gesù di aiutarlo, e lentamente comprende di essere rimasto solo nel mondo che egli stesso odia. Nonostante il combattimento inizialmente sembri procedere per il verso giusto, Riccardo si ritrova presto solo in mezzo al campo di battaglia, e urla sconsolato il verso sovente citato "Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!". Riccardo viene quindi sconfitto in seguito ad un combattimento corpo a corpo con Richmond, che lo trafigge con la spada.
In termini drammatici, forse la caratteristica più importante (e, opinabilmente, la più divertente) è l'improvviso cambiamento del personaggio di Riccardo. Per la prima metà della commedia, lo vediamo come una sorta di anti eroe, che provoca violenza e si compiace per questo:
Quasi immediatamente dopo l'incoronazione, comunque, la sua personalità e le sue azioni prendono una piega oscura. Egli tradisce il fedele Buckingham ("Non sono in vena oggi!"), e cade vittima dell'insicurezza ("Sono così corroso dal sangue, che peccato richiamerà peccato"); ora egli vede ombre dove non ve ne sono e il suo destino che verrà. ("Dispera e muori!").
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