Essenza trascendente della santità/Cose sante

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Indice del libro
Cose sante
Cose sante
Rotoli della Torah dentro all'Aron (Armadio Sacro)
Tefillin di Gerusalemme
Mezuzah scolpita dall'artista Ida Kleiterp, donata (1948) al Joods Historisch Museum, Amsterdam. Le tre lettere ebraiche formano la parola 'Sjadai' (o Shaddai), uno dei Nomi ebraici di Dio

Cose sante: Torah, Tefillin, Mezuzot[modifica]

Maimonide dedica il capitolo 10 di MT "Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah" ad una discussione della santità dei rotoli della Torah. Il capitolo si apre con una lista di trenta difetti, "ognuno dei quali rende il rotolo della Torah inidoneo; se uno di questi difetti viene riscontrato, il rotolo diventa come i Pentateuchi su cui vengono istruiti i bambini. Non ha la santità di rotolo della Torah e non lo si legge in pubblico."[1] Ma un rotolo della Torah scritto nel modo giusto, con gli strumenti appropriati, sulla pergamena adatta, da uno scriba qualificato, è un oggetto di grande santità.

Chiediamoci ora come e quando il rotolo della Torah diventa santo.
Apparentemente, ciò accade al momento in cui lo scriba scrive l'ultima lettera dell'ultima parola. Fino a quel punto, il rotolo è come "i Pentateuchi su cui vengono istruiti i bambini. Non ha la santità di rotolo della Torah e non lo si legge in pubblico". Cosa accade quando viene scritta l'ultima lettera? Se Maimonide fosse stato un aderente all'interpretazione ontologica della santità, egli avrebbe sostenuto che, con il completamento dell'ultima lettera, una qualche sopraggiunta proprietà ontologica si assimila a quello che fino a quel momento era soltanto un insieme di pelli e inchiostro, e lo rende santo. Sebbene non si posso comprovare testualmente che Maimonide non sostenesse tale posizione, chiunque sia familiare col suo corpus di scritti sicuramente la troverà improbabile. Allora cosa succede quando l'ultima lettera viene scritta correttamente? Con la scrittura di tale lettera, affermiamo qui, la nostra collezione di pelli e inchiostro ottiene lo status di rotolo della Torah kosher. A causa di tale status, agli ebrei viene comandato do trattare il rotolo "con estrema santità e grande rispetto". Così tanto, continua Maimonide, che "è proibito vendere un rotolo della Torah, anche se uno non ha nulla da mangiare, e anche se uno possedesse molti rotoli, e anche per rimpiazzarne uno vecchio con uno nuovo". In generale, continua, "non è mai permesso vendere un rotolo della Torah eccetto per due motivi: per studiare la Torah col ricavato di denaro o per sposare una donna con esso. Ciò a condizione che uno non abbia nient'altro da vendere".[2]

Non c'è nulla in questo brano che non si trovi nelle fonti di Maimonide, e non c'è nulla in esso che provi conclusivamente se egli considerasse la santità del rotolo della Torah come ontologica o istituzionale. Tuttavia, data l'analisi sulla sua interpretazione della santità delle persone, delle nazioni e dei luoghi fin qui presentata, sembra che l'onere della prova debba spettare a colui che desideri attribuire a Maimonide l'interpretazione che la santità del rotolo della Torah sia in un qualche senso essenzialista e ontologico, non teleologico e istituzionale.

Un supporto indiretto per la tesi che Maimonide non attribuisse santità ontologica ai rotoli della Torah può essere riscontrato se prendiamo nota di una distinzione fatta da Boaz Huss in uno studio dello Zohar. Huss distingue tra (a) un'enfasi sul carattere autorevole dei testi canonici; (b) un'enfasi sulla santità delle informazioni contenute in quesi testi (cosicché "il testo è considerato essere un collegamento testuale tra la comunità ed il mondo divino... lo studio e l'esegesi di [tali] testi sacri ha carattere ritualistico e può diventare parte dei riti stabiliti della comunità"); infine (c) un'enfasi sul carattere santo degli aspetti non-semantici del libro (come "il suono delle sue parole, la forma delle sue lettere e anche il volume fisico stesso"). La recitazione di tali testi, "anche senza la comprensione del suo contenuto, è percepita come religiosamente potente".[3] Per Maimonide la santità della Torah è una funzione della sua origine e del suo significato;[4] i suoi aspetti non-semantici sono importanti grazie a quell'origine e a quel significato e, come tali, sono attentamente definiti dalla halakhah, ma non hanno alcun significato discrnibile di per se stessi.[5] L'enfasi di Maimonide è sempre sull’autorità della Torah ed il ruolo che gioca nella vita ebraica.[6] È interessato al messaggio contenuto nei rotoli della Torah e solo secondariamente al rotolo stesso.

Questa interpretazione di Maimonide viene rafforzata da un suo responsum molto discusso. MT "Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 10:1 riporta:

« Troviamo pertanto venti questioni, ognuna delle quali rende il rotolo della Torah inidoneo; se una di queste viene riscontrata, il rotolo diventa come i Pentateuchi su cui vengono istruiti i bambini. Non ha la santità di rotolo della Torah e non lo si legge in pubblico. »

Nonostante questa chiara posizione, c'è un responsum di Maimonide scritto ai margini della sua copia di "Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 7:14, che complica il quadro. Il testo stesso riporta:

« Una Torah può essere scritta libro per libro; questi non hanno la santità del rotolo completo della Torah. Uno non scrive una Torah parziale,[7] che contenga vari passi. Né si deve scrivere una Torah parziale per i bambini che la studiano; ciò è permesso se lo scriba intende finire almeno un volume del Pentateuco. È permesso scrivere una Torah parziale se uno scrive solo tre parole per singola riga. »

A Maimonide fu chiesto come una comunità dovesse comportarsi nel caso avesse solo un rotolo della Torah non valido, o addirittura senza nessun rotolo;[8] era permesso fare una lettura pubblica e, se sì, con le benedizioni sulla lettura della Torah o senza benedizioni? Nel responsum che appare a margine, Maimonide è alquanto enfatico: sì, si deve leggere e, sì, si possono fare le benedizioni. Il comandamento su cui si fa la benedizione, egli insiste, è studiare la Torah, non leggere da un rotolo della Torah che sia kosher: "È lo studio della Torah [hehagiyah hatorah] che è il comandamento su cui si recita la benedizione." Eseguire le benedizioni su letture di un rotolo della Torah invalido, asserisce Maimonide, era la pratica degli studiosi dell'Occidente (cioè Spagna e Nordafrica), come Rabbi Joseph Halevi (ibn Megash) e Rabbi Isaac di Fez (Alfasi).[9] La maggior parte degli studiosi dell'Est (probabilmente un riferimento alla Babilonia geonica), invece, non compresero la distinzione tra l'atto di leggere e l'atto di studiare e insistettero che le benedizioni fossero fatte solo usando un rotolo della Torah kosher.

Questo responsum è stato centro di considerevoli discussioni e dibattiti.[10] Solomon ben Abraham Adret (=Rashba, ca. 1235-1310, citato in Joseph Karo, Kesef mishneh su "Leggi dei Tefillin", 10:1) asserì che questo fosse un responsum giovanile di Maimonide e che "Leggi dei Tefillin", 10:1, riflette la sua posizione matura. Nel suo commentario, Karo asserisce che "Leggi dei Tefillin" si riferisca in primo luogo al comportamento (lekhatḥilah),[11] mentre il responsum tratti di un caso in cui non si deve usare nessun rotolo della Torah kasher (bede’avad, post factum). Tra i nostri contemporanei, mentre Rabbi Rabinovitch cita il responsum senza commento, Rabbi Kafih cita la posizione di Rashba, secondo cui il responsum fu scritto da un più giovane Maimonide, mentre il testo di "Leggi dei Tefillin", 10:1, riflette la sua posizione stabilita. Il Shulḥan arukh di Karo, tra l'altro ("Oraḥ ḥayim" 143:2-3), afferma che uno non possa fare una benedizione sopra un rotolo della Torah invalido.[12]

Ai nostri fini, la distinzione fatta da Maimonide nel suo responsum è alquanto provocante ed evocativa. Che le benedizioni siano fatte su letture della Torah significa che c'è un comandamento di eseguire letture in tal modo. Quael'è la natura di tale comandamento? Apparentemente, per Rashba, Kesef mishneh, Shulḥan arukh e Rabbi Kafih (e molti altri), agli ebrei si comanda di leggere da un rotolo della Torah kosher ed è solo tale lettura che adempie al comandamento. Per Maimonide, invece, il comandamento è di studiare quello che insegna la Torah e a tale scopo è sufficiente un rotolo della Torah invalido, o p[ersino un Pentateuco. Mi sembra che questo responsum molto dibattuto indichi che ciò che soprattutto interessava a Maimonide era la Torah come veicolo edicativo, non come oggetto santo.

Queste considerazioni, lo ammetto, non provano che Maimonide avesse capito la natura della santità dei rotoli della Torah in termini "non-ontologici", ma sicuramente aggiungono peso a tale affermazione. Così avviene anche per il seguente passo di "Leggi dei Tefillin", 1:19: "Tefillin e mezuzot possono essere scritti solo con i caratteri assiri. Era permesso scrivere i rotoli della Torah anche in greco, ma in nessun altro scritto. Ma il greco è sprofondato nell'oblio, diventato corrotto, e perduto. Oggi, quindi tutti e tre sono scritti soltanto coi caratteri assiri." In linea di principio, un rotolo della Torah valido poteva essere scritto in greco (se la lingua greca fosse stata sufficientemente ben conosciuta), punto che rafforza l'affermazione che sia il contenuto del rotolo e non il rotolo stesso come oggetto fisico, che è il locus primario della sua santità.[13]

"Preghiera mattutina", olio di Jankieĺ Kruhier, (1897): l'ebreo prega indossando il tallit e i tefillin

Maimonide non è certo senza ambiguità riguardo alla natura della santità dei rotoli della Torah. Tuttavia, questo non è il caso quando esaminiamo ciò che dice riguardo ai tefillin e mezuzot. In MT ""Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 4:25, leggiamo:

« La santità dei tefillin è grande poiché durante tutto il tempo che i tefillin stanno sulla testa e nel braccio di un uomo, egli è umile e colmo di timore reverenziale, non è attratto dal ridere e da chiacchiere sprecate e non pensa pensieri cattivi; invece egli dirige il suo cuore a materie di verità e di rettitudine.[14] Uno dovrebbe quindi cercare di indossarle tutto il giorno, poiché ciò costituisce il comandamento che li riguarda. È stato detto del Rav, studente del nostro Santo Rabbi [Judah Hanasi], che in tutta la sua vita non fu mai visto camminare più di quattro cubiti senza Torah,[15] frange, o tefillin»

Questo passo chiaramente presenta quello che Twersky ha chiamato una comprensione "strumentale" della santità dei tefillin.[16] La loro santità consiste nel loro impatto sull'indossatore.

Bisogna sottolineare che i tefillin sono veramente molto santi. Seguendo il Talmud (Men. 36b, Shab. 12a), Maimonide scrive:

« Uno deve toccare i propri tefillin continuamente mentre li indossa, in modo che la sua attenzione non ne venga sviata finanche per un solo momento, la loro santità essendo più grande persino di quella della piastra del Sommo Sacerdote,[17] poiché sulla piastra il nome di Dio è scritto solo una volta, mentre il Tetragramma ricorre ventuno volte nei tefillin della testa e parimenti nei tefillin della mano. ("Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 4:14). »

Questa grande santità, tuttavia, è strumentale, teleologica e istituzionale, non essenzialista o ontologica.

I mezuzot sono meno sacri dei tefillin ("Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 5:1), ma sicuramente non articoli profani. Per la mezuzah, come per i tefillin, viene data una spiegazione teleologica e strumentale:

« Uno deve stare molto attento ad adempiere il comandamento della mezuzah, poiché obbliga tutti sempre. Ogni volta che uno entra o esce [di casa] egli incontrerà l'unità del nome di Dio, ricorderà il Suo amore,[18] si sveglierà dal suo sonno e dalla sua concentrazione su vanità temporali, e comprenderà che nulla esiste per sempre se non la conoscenza della Roccia dell'Universo; uno viene immediatamente ripristinato ai propri sensi[19] e segue i sentieri dei giusti. I Saggi dissero:[20] uno che ha i tefillin sulla testa e braccio, e le frange [tzitzit] nelle sue vesti,[21] e una mezuzah sulla sua porta sarà sicuro di non peccare, poiché egli ha molti solleciti; questi sono gli angeli che lo salvano dal peccare, poiché è detto: "L'angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva" (Salmi 34:8).[22] »

Ci viene comandato di indossare tefillin e tzitzit, nonché di fissare una mezuzah sullo stipite della nostra porta di casa per farci ricordare cosa sia veramente importante: Dio e la Torah. La mezuzah stessa non è un amuleto e non produce nulla; piuttosto, ci ricorda di cosa che dobbiamo sapere. Il carattere strumentale di questa spiegazione è chiaro. Tipicamente, Maimonide qui acchiappa due piccioni con una fava: demistifica la mezuzah e allo stesso tempo si avvantaggia dell'opportunità di spiegare che quando i Saggi (non solo Maimonide) parlano di angeli in questo contesto, stanno parlando figurativamente, e intendono ricordi, solleciti, promemoria insomma. Pertanto egli promuove il suo progetto di leggere i Saggi come fornitori del tipo di ebraismo che lui stesso ha insegnato.

Frange tzitzit
Ebreo ortodosso al Muro Occidentale con kippah, tallit, tzitzit e tefillin

Le frange (tzitzit) non rientrano nella nostra discussione qui, poiché Maimonide codifica come legge che queste non hanno nessuna santità particolare. Pertanto scrive:

« Uno può entrare in una latrina o bagno mentre indossa le frange. Fili spezzati bianchi o azzurri possono essere gettati nella spazzatura, poiché il comandamento non conferisce nessuna santità all'oggetto. Uno non può vendere un tallit con frange ad un Gentile a meno che prima non abbia rimosso le frange; non perché l'oggetto abbia una qualche santità, ma per evitare che il Gentile ci si ammanti ed accompagni un ebreo che penserebbe fosse anche lui ebreo, e quindi il Gentile sarebbe in grado di uccidere l'ebreo. ("Leggi delle Frange", 3:9) »

Pur ignorando il triste commento sei rapporti ebrei-gentili impliciti nell'ultima frase di questo brano, vediamo che le frange, a differenza dei tefillin e della mezuzah, non hanno santità, né istituzionale né ontologica.

Sarà ora utile, credo, riassumere questa discussione sulla natura della santità degli oggetti sacri secondo Maimonide col seguente testo preso da MT "Leggi sulla Trasgressione Relativa a Oggetti Sacri" [me’ilah]:

« È appropriato che un uomo mediti sulle leggi della Santa Torah e comprenda il suo significato completo secondo le sue abilità. Ciononostante, una legge in cui egli non trova ragione e non ne capisca la causa non deve essere banale ai suoi occhi. Che egli "non si precipiti per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di lui" (Esodo 19:24); né i suoi pensieri di queste cose siano come i suoi pensieri relativi a materie profane. Considera quanto la Torah sia severa nella legge della trasgressione! Ora se bastoni e pietre e terra e cenere diventano sacre con semplici parole, appena il nome del Signore dell'Universo venne invocato su di loro, e chiunque si comportasse con loro come fossero cosa profana commetteva trasgressione e doveva espiare anche se aveva agito involontariamente, tanto più l'uomo deve stare attento di non ribellarsi contro un comandamento decretato per noi dal Santo, che Egli sia benedetto, solo perché quest'uomo non ne comprende la ragione; oppure pronunci parole che non sono giuste contro il Signore; o consideri i comandamenti nella stessa maniera con cui considera affari ordinari...[23] Tutti i sacrifici sono inclusi negli statuti (ḥukim); pertanto i Saggi dissero che il mondo dipende anche dal culto sacrificale, poiché è mediante l'esecuzione degli statuti e dei decreti (mishpatim) che il giusto merita la vita nel mondo a venire. La Torah comandò prima gli statuti, poiché dice: "Osserverete dunque le mie leggi ed i miei decreti, mediante i quali, chiunque li metterà in pratica, vivrà. Io sono il Signore" (Lev. 18:5). »

Questo naturalmente è un testo importante per comprendere la spiegazione di Maimonide riguardo alle ragioni dei comandamenti. Qui, tuttavia, dobbiamo concentrarci su un altro aspetto di questo brano: "bastoni e pietre e terra e cenere diventano sacre con semplici parole", ci dice Maimonide, "appena il nome del Signore dell'Universo venne invocato su di loro". Articoli assegnati al Tempio diventano santificati, ma "tutto" ciò che cambia in loro è il loro status, la loro condizione, e nient'altro. Così, credo, bisogna leggere il passo. C'è un altro punto importante che questo passo ci aiuta a comprendere: la santità può non riflettere nulla di ontologico, n ulla di veramente "concreto" nel mondo terreno, ma ciò non lo rende irrilevante: "Considera quanto la Torah sia severa nella legge della trasgressione!" Articoli dedicati al Tempio non sono essenzialmente differenti dagli stessi identici articoli che non vengono così dedicati; ma la Torah è molto severa riguardo al trattamento improprio di questi articoli dedicati. La santità può sì essere "solo" istituzionale agli occhi di Maimonide, ma ciò non la rende banale.

Note[modifica]

  1. "Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 10:1 (dalla traduzione del Libro dell'Amore, 107).
  2. MT "Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 10:2.
  3. Huss, "Sefer ha-Zohar": cfr. pp. 262, 263, 295.
  4. Come dimostra Menachem Kellner, "Revelation and Messianism: A Maimonidean Study".
  5. Pertanto non sembra possibile che Maimonide assegni troppa importanza alla rezitazione dei testi della Torah senza capirli e, per quanto io ne sappia, non c'è un solo esempio di gematriyah o notarikon in tutti i suoi scritti. (Persino in punti dove le sue fonti usano gematriyah, Maimonide non lo fa; cfr. Guida i.15 con Gen. Rabbah 68:12.) Si veda anche MT "Leggi della Recitazione dello Shema", 2:8-10, con le glosse di Rabbi Abraham ben David.
  6. Ciò ha paralleli interessanti con la sua opinione riguardo all'autorità dei Saggi (che è istituzionale e non "ontologica").
  7. Qui, e nel resto del paragrafo, megilah.
  8. Responsa (cur. Blau), nr. 294.
  9. Sugli studiosi d'Occidente, si veda Twersky, Introduction, 54 nota 85.
  10. Si vedano le note nell'edizione di Blau dei Responsa e nell'edizione di Yosef, pp. 29-33.
  11. Nella legge religiosa ebraica, ci sono atti che sono proibiti, tuttavia, una volta eseguiti, non comportano colpevolezza. Il termine lekhatḥilah (grossomodo, "prima dell'atto") si riferisce alla questione se un dato atto sia permesso ab initio. Bede’avad (grossomodo, "dopo l'atto") risponde alla domanda retrospettiva se uno abbia o meno soddisfatto un requisito se l'avesse compiuto in modo non corretto o in modo meno che ottimale.
  12. Si veda anche Levy, Fixing God's Torah, 188, 220.
  13. L'interpretazione di Maimonide qui presentata non è una di routine. Si noti il seguente commento di William Scott Green: «Questi regolamenti suggeriscono che i rabbini considerassero la scrittura della Torah stessa un oggetto sacro. L'idea che una lettera aggiunta o mancante nella trascrizione della Torah potesse "distruggere il mondo" (TB Eruv. 13a) e la nozione che uno si affligga per scrittura danneggiata come si fa per un essere umano deceduto, implica che i rabbini interpretassero proprio le lettere nella scrittura della Torah non come semplici segni di un discorso immateriale ma come sacre di per sé» (William Scott Green, con Jacob Neusner, Writing with Scripture: The Authority and Uses of the Hebrew Bible in the Torah of Formative Judaism, 13.
  14. Non esistono fonti rabbiniche chiare per le asserzioni di Maimonide in questa frase.
  15. Cioè senza studiare le parole della Torah (secondo Rashi su TB Meg. 28a).
  16. Twersky, "Martyrdom and Sanctity of Life", 173.
  17. Si veda Esodo 28:36: "Farai anche una piastra d’oro puro, e su essa inciderai, come s’incide sopra un sigillo: Santo al Signore."
  18. Sebbene l'ebraico sia ambiguo, è chiaro che Maimonide intenda l'amore umano di Dio, in contrapposizione all'amore di Dio per gli esseri umani, dato che il testo nella mezuzah include la parole (Deut. 6:5): "Tu amerai il Signore tuo Dio".
  19. Cioè si concentra su ciò che è veramente importante.
  20. TB Men. 43b.
  21. Si veda Num. 15:37-41.
  22. MT "Leggi dei Tefillin, Mezuzah, e del Rotolo della Torah", 6:13. Chiunque conosca il trattamento degli angeli da parte di Maimonide nella Mishneh Torah e nella Guida capirà che il suo uso del termine qui è figurativo. Ma non tutti leggono il brano in tale modo. Si veda la traduzione di Touger, Libro dell'Amore, 130, che commenta: "questi sono gli angeli" — che sono posti in essere dal suo adempimento delle mitzvot [dei tefillin, tzitzit e mezuzah]." Questo di certo prova la verità dell'osservazione maimonidea in Guida ii.25 (p. 327) secondo cui le porte dell'interpretazione non sono mai chiuse.
  23. Fin qui cito la traduzione in Twersky, Introduction, 409. Quanto segue da tale punto in poi si basa sul testo stabilito da Henshke, "On the Question of Unity", 38. Si vedano sia Twersky (pp. 407-15) che Henshke (passim) per discussioni estremamente importanti di questo passo.