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Essenza trascendente della santità/La santità della Terra d'Israele

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Indice del libro
"Costruzione del Tempio di Salomone", miniature del 1450
"Costruzione del Tempio di Salomone", miniature del 1450

La santità della Terra d'Israele e di Gerusalemme

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Un gran numero di studiosi hanno scritto sull'interpretazione maimonidea della santità della Terra d'Israele.[1] È senza dubbio ingiusto riassumere un vasto numero di ottimi stuydi in una sola frase, ma tutti fanno praticamente la stessa affermazione: per Maimonide, la Terra di Israele è speciale a causa di ciò che vi è avvenuto e per i comandamenti che possono essere ottemperati solo lì. A differenza di Halevi, che sosteneva che la santità della Terra di Israele era qualcosa insito nell'universo dall'istante della creazione,[2] Maimonide interpreta la sua santità come contingente storico.[3] Lo constatiamo nel seguente brano della Mishneh Torah:

« Tutti i territori tenuti dagli ebrei che vennero su dall'Egitto, e consacrati con la prima consacrazione, successivamente persero la loro santità quando il popolo ne venne esiliato, in quanto la prima consacrazione era dovuta solamente alla conquista e quindi era effettiva solo durante la sua durata e non per tutto il tempo futuro. Quando gli esuli ritornarono e tennero parte della Terra, la consacrarono una seconda volta con una consacrazione che durerà per sempre, sia mentre la terranno che per tutto il tempo futuro. [I Saggi, tuttavia,] lasciarono i luoghi tenuti da coloro che vennero su dall'Egitto, ma non tenuti da coloro che vennero su da Babilonia, nel loro status precedente e non li esentarono dalle offerte elevate e dalle decime, affinché la gente povera potesse derivarne sostentamento durante l'anno sabbatico. Il nostro santo Rabbino [Judah il Principe], tuttavia, concesse una dispensa a Beth-Shean, tra i luoghi non tenuti da coloro che vennero su da Babilonia, e viene contato con Ashkelon ed è esente da decime.[4] »

È evidente dalla discussione di Maimonide qui e in molti altri punti che la santità della Terra di Israele è una conseguenza dei comandamenti che si adempiono soltanto nella Terra, ed è così distante dall'essenzialista che in passato questa santità andava e veniva, per così dire.[5] Maimonide è così chiaro nella sua posizione che persino i non-accademici tradizionalisti tra i suoi studenti di tanto in tanto lo riconoscono. Nella maggior parte degli altri casi questa comunità di studiosi cerca di interpretare Maimonide come se egli divergesse ben poco da quello che ritengono sia il consenso e l'opinione generale della tradizione ebraica.

C'è però un testo nella Mishneh Torah che sembra attribuire ad almeno un luogo nella Terra di Israele una santità che va al di là della storia e dei comandamenti. In "Leggi del Tempio", 6:16, Maimonide scrive:

« Ora perché è mia opinione che per quanto riguarda il Santuario e Gerusalemme la prima santificazione li santificò per tutto il tempo a venire, mentre la santificazione del resto della Terra di Israele, che incudeva le leggi dell'anno sabbatico e le decime e materie simili, non santificò la terra per tutto il tempo a venire?[6] Perché la santità del Santuario e di Gerusalemme deriva dalla Presenza Divina, che non poteva essere bandita.[7] Non dice forse "devasterò i vostri santuari" (Lev. 26:31), mentre i Saggi hanno asserito: anche se sono devastati, i santuari mantengono la loro santità incontaminata. Al contrario, gli obblighi che derivano dalla Terra di Israele riguardo all'anno sabbatico e alle decime provenivano dalla conquista della Terra da parte del popolo [di Israele] e appena la Terra venne loro tolta la conquista fu annullata. Di conseguenza, la Legge esentò la Terra dalle decime e dalle (restrizioni) dell'anno sabbatico, poiché non veniva più considerata Terra di Israele. Quando Esdra, tuttavia, arrivò e santificò la Terra, egli la santificò non con la conquista ma solamente con l'atto di prenderne possesso. Pertanto, ogni luogo posseduto da coloro che erano venuti su da Babilonia e santificato dalla seconda santificazione di Esdra è santo oggi, sebbene la terra venisse loro tolta in seguito; e le leggi dell'anno sabbatico e delle decime ci si riferiscono nella materia che abbiamo descritto in "Leggi delle Offerte Elevate".[8] »

Questo passo è importante ai nostri fini per due ragioni. Da una parte conferma l'interpretazione di Maimonide ampiamente accettata secondo cui la santità della Terra di israele è condizionata storicamente, conseguenza del possesso della terra da parte ebraica, non una sua precondizione. Come vediamo, questa santità "va e viene".[9] Tutto ciò sembra riflettere il fatto che per Maimonide, in linea di principio, qualche altro territorio avrebbe potuto diventare Terra Santa se solo la storia si fosse svolta diversamente.[10] Questo passo è parimenti importante, tuttavia, poiché sembra affermare che, mentre tutto ciò è vero per la Terra di Israele in generale, non è vero per Grusalemme, "perché la santità del Santuario e di Gerusalemme deriva dalla Presenza Divina, che non poteva essere bandita."[11]

Un certo numero di studiosi ha interpretato questo passo come esprimesse un "indietreggiamento" dal resoconto generalmente teleologico, storico e istituzionale di Maimonide riguardo alla santità della Terra di Israele.[12] Eliezer Schweid ha dibattuto efficacemente contro questa opinione, facendo riferimento specifico a MT "Leggi del Tempio", 2:1-2, dove Maimonide scrive:

« Il sito dell'altare era definito molto specificamente e non doveva mai essere cambiato... Fu sul sito del Tempio che il patriarca Isacco venne legato... Ora esiste una tradizione nota a tutti che il luogo dove Davide e Salomono costruirono l'altare... fosse lo stesso luogo in cui Abramo costruì l'altare su cui egli legò Isacco.[13] Questo pure era il luogo dove Noè costruì un altare quando uscì dall'arca. Fu inoltre il luogo dell'altare su cui Caino ed Abelo offrirono sacrifici. Lì fu dove Adamo offrì un sacrificio dopo esser stato creato. Invero Adamo fu creato proprio da quel suolo; come hanno pensato i Saggi: Adamo fu creato dal luogo dove fece espiazione.[14] »

In connessione con questo brano, Schweid afferma che Maimonide non attribuisce al Monte del Tempio nessuna santitàà intrinseca (che io ho chiamato "ontologica"); piuttosto, egli "descrive una storia di atti santificatori che lo hanno demarcato per il servizio a Dio e l'espiazione dei peccati. È la storia quindi che ha dato a questo luogo un significato peculiare." Schweid vede il carattere "unicamente e eternamente santo" del sito dell'altare come simbolizzasse "da una parte la relazione fondamentale tra Dio e il Suo popolo, che Egli ha incaricato a santificare il Suo nome nel mondo, e dall'altra lo status del ruolo di questo popolo nella storia delle nazioni, sin dall'inizio della razza umana".[15]

Penso che Schweid abbia esposto un punto importante, ma deve essere rifinito. Nel passo qui citato Maimonide evidenzia il significato del sito dell'altare, mentre non parla affatto della sua santità. In effetti, la santità non è in ballo. Maimonide sta spiegan do il perché il sito dell'altare non deve mai essere spostato; sottolinea l'importanza della sua collocazione connettendola ad una serie di eventi di importanza cruciale per l'umanità in generale (Adamo, Caino e Abele, Noè) e per il popolo ebraico in particolare (Abramo e Isacco, Davide e Salomone). In realtà, se uno volesse leggeree questo brano come se insegnasse qualcosa sulla santità del sito del Tempio, il messaggio dovrebbe essere tanto universale quanto ebraico (il che richiama alla mente il passo da "Leggi dell'Anno Sabbatico e del Giubileo", 13:13, citato supra).

Tuttavia, se uno accetta l'interpretazione di "Leggi del Tempio", 2:1-2, qui offerta, che ne è di "Leggi del Tempio", 6:16, secondo cui la santità di Gerusalemme sembra essere di qualità diversa dalla santità del resto della Terra di Israele? Una risposta completa a questa sfida interpretativa deve coinvolgere una discussione di cosa Maimonide intendesse per shekhinah ("presenza divina"). In 6:16 scrive: "Perché la santità del Santuario e di Gerusalemme deriva dalla Presenza Divina, che non poteva essere bandita". Poiché, come Sa’adiah e altri prima di lui,[16] Maimonide intende la shakhinah come sinonimo di kavod ("gloria divina"), il termine non può riferirsi ad un'entità per sé e deve essere letta in un qualche modo allegorico. Quella che sia la shekhinah per Maimonide, comunque, è la presenza della shekhinah nei santuari che li rende sacri per tutto il tempo futuro.[17] La questione qui in ballo non è la natura di quella santità ma quando si applica. Maimonide è molto chiaro: il sito del Tempio fu scelto per la sua importanza storica; la santità del sito non è una funzione di quella importanza storica. È il santuario e non il luogo in cui si erge che crea la santità, la sacralità.[18] La santità in questione è come tutte le altre santità: istituzionale, strumentale, teleologica, storica, ma non ontologica o essenzialista.

Un altro punto deve essere reso chiaro qui. Secondo il resoconto dello stesso Maimonide, il Tempio di Gerusalemme e il Tabernacolo nel deserto precedentemente, furono concessioni al carattere primitivo dell'antico Israele. Se le cose fossero state diverse, e molto migliori, Dio non avrebbe dovuto comandarne la costruzione. Ciò rende la presenza della shekhinah nel Tempio di Gerusalemme un risultato di eventi storici che potrebbe essere stato differente. Una volta ancora, viene dimostrata la natura contingente storica della santità del Tempio.

L'approccio teleologico-storico al sito del Tempio trova un'ulteriore espressione in Guida iii.45 (p. 575). Nel contesto di spiegare i comandamenti relativi al Tempio, Maimonide scrive:

« È noto che gli idolatri cercassero di costruire i loro templi ed erigere i loro idoli nei posti più elevati che potessero trovare... Pertanto Abramo nostro Padre scelse il Monte Moriah, a causa del suo essere lì la montagna più alta, vi proclamò l'unità [di Dio] e determinò e definì la direzione verso cui voltarsi in preghiera, fissandola esattamente ad Ovest. Poiché il Santo dei Santi è a Ovest. »

Secondo questo passo, il Monte Moriah fu scelto da Abramo, non a causa del suo significato storico, non a causa di una qualsiasi santità essenziale ad esso intrinseca, ma semplicemente perché era la montagna più alta della zona.[19] Abramo aveva bisogno di una montagna alta per la ragione prosaica che gli idoli erano adorati in luoghi elevati. Nello stabilire l'adorazione dell'unico vero Dio, Abramo scelse una montagna che oscurasse quelle dedicate al servizio di false divinità.

Maimonide ci dice inoltre che fu una decisione di Abramo che chiunque adorasse Dio sul Monte del Tempio dovesse voltarsi verso ovest. Per questa ragione, quando il Tempio fu infine costruito, il Santo dei Santi venne posizionato nella parte più occidentale. Qual è la ragione? Di nuovo, la necessità di confutare l'idolatria ne è la ragione centrale:

« Secondo me, la ragione di ciò è la seguente: In quanto che a quel tempo l'opinione generalmente accettata nel mondo era che il sole dovesse essere adorato e che è la divinità, non c'è dubbio che tutti gli uomini, quando pregavano, si giravano verso est. Pertanto, Abramo nostro Padre si girava, quando pregava sul Monte Moriah – intendo nel Santuario[20] – verso l'Ovest, in modo da girare le spalle al sole. »

Il Santo dei Santi è poto a ovest per la semplice ragione che ciò contrasta la credenza pagana — non perché ci sia qualcosa di per sé significativo su questo posizionamento.

Maimonide poi continua e afferma che Abramo scelse il Monte del Tempio non solo a causa della caratteristica fortuita della sua elevazione, ma mediante un'ispirazione profetica. L'identità del sito venne poi resa nota a Mosè e altri:

« Credo anche che non ci sia dubbio alcuno che il luogo scelto da Abramo grazie a ispirazione profetica, venne reso noto a Mosè nostro Maestro e a molti altri. poiché Abramo aveva loro raccomandato che quel luogo dovesse essere una casa di adorazione, proprio come afferma il traduttore quando dice [nel Targum a Genesi 22:14]: "Abramo adorava e pregava in quel luogo e disse davanti al Signore: Qui adoreranno le generazioni", a così via. »

Qual è il ruolo qui dell'ispirazione profetica? Maimonide potrebbe intendere che tramite un'intuizione profetica egli conoscesse gli altri grandi eventi che erano occorsi su questo sito, oppure potrebbe semplicemente significare quello che afferma il testo: che egli conosceva profeticamente che Israele un giorno avrebbe adorato Dio su questo sito in un tempio dedicato allo scopo. In nessun modo ciò implica un "indietreggiamento" dall'interpretazione maimonidea non-essenzialista riguardo alla santità del posto.[21]

Un po' più avanti nel capitolo Maimonide fa riferimento al Monte Moriah quale "luogo [che] è lo scopo finale della Legge sulla Terra". Questo potrebbe sembrare come se egli stesse assegnando a quel posto molto più di un importanza puramente storica o teleologica; ma subito ci dà motivo di comprendere che tale non è il suo intento. Qualche frase dopo, egli scrive:

« È noto che questa gente costruiva templi alle stelle e in quel tempio veniva eretto un idolo per il quale si stabiliva un tipo di adorazionw, voglio dire, ad un idolo veniva assegnato una certa stella, o una porzione di una Sfera.[22] Di conseguenza a noi ci venne comandato di costruire un Tempio per Lui, che Egli sia glorificato, e che vi venisse posta l'arca in cui stavano le due Tavole che contenevano le parole "Io [sono il Signore]" e "Non avrai".[23] »

Lo "scopo finale della Legge sulla Terra" è la totale distruzione dell'idolatria e l'instaurazione dell'adorazione dell'unico vero Dio.[24] È perché (e solo perché) esistevano templi idolatri (e gli ebrei non contemplavano l'adorazione divina senza sacrifici) che a Israele fu comandato di costruire un Tempio a Dio e di porre in esso l'arca dell'alleanza, che conteneva le tavole del Decalogo, che insegnano l'essenza dell'ebraismo: l'esistenza di Dio e la non-esistenza di tutte le altre divinità.

Insomma, la discussione di Maimonide in Guida iii.45 sulla connessione tra Abramo e il Monte del Tempio rafforza l'asserzione che egli vedesse la santità del sito in termini che erano storici (gli eventi di significato storico mondiale che vi si svolsero) e teleologici (la necessità di sradicare l'idolatria), e non di tipo onologico.

Questa interpretazione viene ulteriormente confermata in un punto insolito della Mishneh Torah. Maimonide dedica un intero capitolo di "Leggi del Tempio" ad un riassunto delle restrizioni che governavano ciò che poteva o meno essere fatto sul Monte del Tempio. A causa della grande santità del luogo, il comportamento dei visitatori veniva regolato severamente. Non certo un testo propizio in cui cercare supporto per l'interpretazione non-ontologica della santità! Tuttavia, in quello che sembra un tentativo di indicare almeno a qualcuno dei suoi lettori che egli dovesse veramente essere interpretato come io sto facendo qui, Maimonide inizia la sua discussione in "Leggi del Tempio", 7, con la seguente dichiarazione: "È un comandamento positivo di riverire il Santuario, poiché è detto: «Porterete rispetto al Mio Santuario» (Lev. 19:30). Ciò non vi invita a riverire il Santuario stesso, ma Colui Che comandò che noi lo riverissimo."[25] La Torah comanda che uno si comporti con timore reverenziale (yirah) verso il Tabernacolo nel deserto e in seguito nel Tempio; non per le costruzioni o i loro rispettivi siti, ma per reverenza verso Dio che comandò la loro costruzione. Il Tempio è uno strumento nel processo di purificare l'umanità da immoralità e ignoranza, e come tale è molto sacro. Ma questa sacralità è una funzione dello scopo glorioso del Tempio, non una funzione di una qualche caratteristica essenziale che lo pone a parte dagli altri edifici.[26]

Prima di terminare questa discussione, è importante sottolineare che Maimonide esprime un grande amore per la Terra di Israele. MT "Leggi dei Re", 5:9-12, è un panegirico commovente alla terra e l'amore per essa espresso dai Saggi talmudici.[27] Si può essere profondamente attaccati ad un luogo a causa del suo significato senza dover pensare che il luogo sia in un qualche modo distinto ontologicamente da altri luoghi, o ad essi superiore.

La santità, nelle persone, è una funzione di ciò che fanno, non di quello che sono. Dire che una persona (o una nazione) è santa non ne vuol dire nulla di "ontologico"; è dire soprattutto come tale persona o nazione agisce. Parimenti, dire che un luogo è santo non ne vuol dire nulla di "ontologico"; vuole soprattutto evidenziare la storia del luogo e come tale luogo debba essere trattato in ambito halakhico.[28]

  1. Oltre a Twersky, "Maimonides on Eretz Israel", si veda Henshke, "Legal Source"; Idel, "Some Conceptions"; Kreisel, "Land of Israel", Levinger, Maimonides as Philosopher and Codifier, 88-99; Nehorai, "land of Israel"; Ravitzky, "Awe and Fear", spec. pp. 18-22; Rosenberg, "Link to the Land of Israel"; infine Schweid, The Land of Israel.
  2. La maggior parte degli studi elencati nella nota precedente contengono anche riferimenti a Halevi. In aggiunta, si veda Alloni, "Kuzari"; Altmann, "Climatological Factor"; Baer, "Land of Israel"; Melamed, "Land of Israel and Climatology".
  3. In uno studio recente, Ya’akov Blidstein riassume il consenso accademico come segue: "Halevi viene presentato come sostenitore di una posizione "mitica", che attribuisce un significato intrinseco alla Terra, mentre Maimonide è descritto come sostenitore di un'interpretazione "halakhica" che le attribuisce in primis un significato strumentale" ("Living in the Land of Israel", 171). Vale la pena di sottolineare che, per Halevi, la profezia è un fenomeno connesso intimamente con la Terra di Israele, mentre per Maimonide la profezia è una perfezione del profeta, ovunque possa risiedere.
  4. "Leggi delle Offerte Elevate", 1:5; citato dal Libro dell'Agricoltura, trad. Klein, 99.
  5. Non è qui il mio scopo di dibattere se l'interpretazione maimonidea della santità (come elucidata in questo studio) catturi accuratamente o meno l'insegnamento normativo ebraico in materia. Tuttavia vorrei notare che il suo approccio sembra che rifletta accuratamente un modo ragionevole di leggere il locus classicus per le discussioni halakhiche sulla santità della Terra di Israele, Mishnah Kel. 1:6-9. La Mishnah discute graduali livelli di santità, tutti in termini di ciò che può e non può essere fatto nei luoghi specifici. La santità in questo testo sembra essere soltanto una funzione della halakhah (e non viceversa).
  6. Nella sua glossa a questa frase, il critico maimonideo, Abraham ben David di Posquières (ca. 1125-1198), ricusa la distinzione qui fatta tra Gerusalemme e il resto della Terra di Israele, dicendo che Maimonide non ne aveva alcuna fonte.
  7. Si confronti il Commentario alla Mishnah di Maimonide, Zev. 14:8, tradotto da Twersky, "Maimonides on Eretz Israel", 286.
  8. Qui cito (con emendamenti) dal Libro del Servizio al Tempio, trad. Lewittes, 28-29.
  9. Che di certo non vuol dire che questa santità non sia importante agli occhi di Maimonide, o che non avesse un grande affetto per la Terra. Tale affetto viene espresso chiaramente in MT "Leggi dei Re", 5:9-12, su cui si veda l'importante analisi di Blidstein, "Living in the Land of Israel" cit.
  10. Questo, a sua volta, riflette il fatto che, per Maimonide, Abramo scelse Dio, e non l'incontrario.
  11. Sulla speciale santità di Gerusalemme nel pensiero maimonideo, si veda Freudenthal, "Jerusalem ville sainte?".
  12. Si veda per es. Twersky, "Maimonides on Ertez Israel", 285-6, e Ravitzky, "Awe and Fear", 21 nota 86.
  13. Naturalmente, se l'intero avvenimento ebbe luogo solo in una visione profetica, allora le parole di Maimonide qui assumono un significato molto differente dal loro senso semplice, sebbene certamente rimangano riconducibili all'intento della mia discussione. Questa interpretazione di Maimonide (abbastanza ragionevole alla luce della sua asserzione in Guida ii.42 che ogni volta che un profeta parla con un agelo la conversazione avviene in una visione di profezia) era sostenuta da alcuni dei suoi interpreti medievali, come dimostrato dalla risposta appassionata di Abravanel nel suo commento a Guida i.8. Lì Abravanel ammonisce Joseph ibn Kaspi (1279-1340) per aver sostenuto questa posizione. Sulla posizione di Kaspi, si veda H. Kasher, "How Could God Command Us?", e Goetschel, "Le Sacrifice d'Isaac". Abraham Nuriel suggerisce che questa interpretazione, così sdegnosamente rifiutata da Abravanel, potrebbe benissimo essere stata la vera posizione di Maimonide: si veda Schwartz, Amulets, 71-4.
  14. Libro del Servizio al Tempio, trad. Lewittes, 10.
  15. Schweid, Land of Israel, 67. Secondo me, quest'ultima frase di Schweid suona più di tipo haleviano che maimonideo.
  16. Si veda Altmann, "Saadya's Theory of Revelation".
  17. Questo è importante: il suolo su cui è costruito il Tempio è di grande significato storico per gli ebrei e per tutta l'umanità; ma diventa (e rimane sempre) sacro quando il Tempio è consacrato; non era sacro prima.
  18. Se non fosse così, uno dovrebbe ritenere che le miriadi di siti nel Deserto del Sinai e della Terra d'Israele su cui venne "parcheggiato" il Tabernacolo, avessero una santità permanente, come Gerusalemme.
  19. Tale affermazione sicuramente sorprenderà chiunque abbia avuto il privilegio (come il sottoscritto) di guardar giù (verso il basso!) al Monte del Tempio dal Monte Scopus o dal Monte degli Ulivi.
  20. Non mi è chiaro cosa Maimonide intenda con questo. Kafih, nei suoi commenti su questo passo, indica che Maimonide sostenesse che Abramo, che si pensa tradizionalmente abbia istituito la preghiera mattutina, potesse aver stabilito un posto permanente sul sito in cui egli pregava ogni mattina.
  21. Potrebbe anche solo significare che Abramo in questo caso avesse sperimentato il primo grado di profezia (Guida ii.45). Un tale individuo "riceve un aiuto divino che lo muove e lo muove verso un'azione grande, giusta e importante" (p. 396), ma non profetizza veramente. Se questa è l'interpretazione giusta, allora tutto quello che Maimonide sta dicendo qui è che Abramo fu ispirato (nel senso più generico del termine) nella sua lotta contro l'idolatria.
  22. Si veda spec. La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah.
  23. Guida iii.45 (p. 576). Corsivo aggiunto.
  24. Ulteriormente sull'idolatria in contrasto alla Torah intera, si veda MT "Leggi dell'Idolatria", 2:7-8, e i seguenti passi della Guida: iii.29 (p. 521), iii.30 (p. 523), iii.37 (pp. 542, 545). Si veda inoltre MT "Leggi del Sabbath", 30:15, citato a fine libro.
  25. Libro del Servizio al tempio, trad. Lewittes, 29 (emendato). Cfr. MT "Leggi della Macellazione Rituale", 14:11 (ultimo paragrafo del Libro della Santità): "Quando uno osserva il comandamento di coprire il sangue, lo deve fare, non col piede, ma con la mano, o con un coltello o utensile, in modo da non condurre l'osservanza del comandamento in maniera dispregiativa, trattando quindi i comandamenti di Dio con disprezzo. Poiché la riverenza è dovuta non ai comandamenti stessi, ma a Colui Che li ha emessi, che Egli sia benedetto, e che ci ha liberato dallo strisciare nelle tenebre rendendo i comandamenti una luce che raddrizzi i luoghi corrotti e una luce che ci insegni i percorsi della rettitudine. E quindi di certo la Scrittura dice: «La Tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero»" (Salmi 119:105). Cito la traduzione (EN) di Rabinowitz e Grossman, p. 322.
  26. Maimonide include la sua discussione della sinagoga nel Libro dell'Amore e non nel Libro del Servizio al Tempio. Apparentemente egli sceglie di discutere la sinagoga nella sua capacità di sede di adorazione per tutti gli ebrei, e non nella sua capacità di rimpiazzo del Tempio. Mi chiedo se questa non sia una sottile svalutazione del Tempio: è fondamentalmente definito come luogo per sacrifici, non come luogo di preghiera, per Maimonide forma più elevata di adorazione.
  27. Su tale passo, si veda la discussione di Blidstein, "Living in the Land of Israel".
  28. Un interessante digressione alla nostra discussione sui luoghi santi è fornita da MT "Leggi del Lutto", 4:4. Maimonide vi scrive (sulla sepoltura): "Viene scavata una grotta nella terra. Su un fianco viene aperta una nicchia dove il corpo è sepolto a faccia in su; poi la tomba viene coperta con polvere e pietre. Il morto può essere sepolto in una bara di legno. Gli accompagnatori dicono al defunto: "Vai in pace", poiché è detto : "Te ne andrai in pace presso i tuoi padri" (Gen. 15:15). Tutte le tombe nel cimitero sono segnate e un monumento viene eretto su ciascuna. Per i giusti, tuttavia, non c'è bisogno di monumento; le parole [divreihem] sono il loro memoriale; non si devono visitare le tombe." Cito il Libro dei Giudici, trad. Hershman, 174, emendato liberamente e corretto. L'ultima frase, "non si devono visitare le tombe", non si ritrova in nessun'altra fonte prima di questo testo di Maimonide; cfr. Kanyevsky, Kiryat melekh, ad loc. Sembra essere un'aggiunta sua propria. (Cercando una fonte, ho controllato il CD-ROM del Progetto Responsa dell'Università Bar-Ilan e lì ho scoperto che il passo in questione proviene dall'edizione Higger di Baraitot lemasekhert soferim. Ma Higger, come poi risulta, cita Maimonide come sua fonte! Cfr. Higger, Masekhet semaḥot, 246.) Questa frase ha preoccupato alcuni commentatori di Maimonide – medievali (Radbaz = David ben Solomon ibn Abi Zimra, 1479-1573) e moderni (Kafih) – che hanno cercato in tutti i modi di non prenderla letteralmente. Presumendo che Maimonide significasse ciò che disse (e non vedo ragioni per non prenderlo qui letteralmente, mente ne vedo molte per prenderlo), troviamo Maimonide che insegna che uno non debba visitare una classe intera di luoghi – tombe dei giusti – considerati santi da molti ebrei. Per un'ulteriore discussione di questo testo maimonideo, si veda Horowitz, "Speaking to the Dead", 313; Lichtenstein, "Rambam's Approach Regarding Prayer", 28ff.; infine, Bar-Levav, "We Are What We Are Not", 19-20.