Introduzione allo Zohar/Capitolo X

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Amuleto cabalistico di protezione, Cabala pratica (c. 1906)

Capitolo X[modifica]

Durante gli ultimi due secoli di vita ebraica in Spagna, lo Zohar continuò ad essere copiato e studiato da un piccolo gruppo di devoti. Fu in competizione con altre due scuole di pensiero cabalistico, il catalano e l'abulafiano, per coloro che erano interessati in attività mistiche. Alcuni cabalisti sembra avessero combinato questi vari approcci, o altrimenti avessero "migrato" nel corso delle loro proprie ricerche da una scuola di pensiero mistico ad un'altra. Anche il razionalismo ebraico era molto attivo in Spagna nel quindicesimo secolo, probabilmente con un seguito più numeroso di quanto non avesse la Cabala. In tale periodo, i manoscritti dello Zohar raggiunsero anche l'Italia, le terre bizantine del Mediterraneo orientale, e la Terra Santa.

Fu dopo l'espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492 che l'influenza della Cabala sostenne un periodo di rapida crescita. Varie spiegazioni sono state date per questo aumento d'interesse nella tradizione mistica. Alcuni l'hanno attribuito alla sofferenza e disperazione che afflissero questo già orgoglioso gruppo di comunità ebraiche nel periodo tra il 1391 e il 1492. La devastazione dell'epoca, così si disse, provocò gli ebrei a cercare più profonde risorse di consolazione di quelle offerte dalla visione del mondo tipicamente ottimistica offerta dai filosofi. Altri affermano che la crescita della Cabala avvenne come reazione ad una causa diversa dall'espulsione spagnola. Gli ebrei in tutto il mondo mediterraneo, inclusi molti esuli spagnoli, furono traumatizzati dall'alto numero di ebrfei spagnoli che si convertirono al cristianesimo nel corso del quindicesimo secolo. Ancora una volta la colpa fu data in parte alla filosofia, la raffinatezza intellettuale degli ebrei spagnoli avendo presumibilmente portato alla lassità nell'osservanza religiosa e una relativa indifferenza alla questione dell'identità religiosa. Tuttavia un'altra opinione attribuisce la crescita dell'influenza cabalistica alle nuove culture che ospitavano gli ebrei iberici esiliati. La Turchia Ottomana, con il suo sistema di millet chiuso – in cui ogni comunità di fede si atteneva strettamente ai propri principi religiosi ed escludeva qualsiasi influenza esterna – era un ambiente ospitale proprio per quella visione zoharica chiusa mentalmente al mondo esteriore, a differenza del quasi-universalismo aristotelico dei filosofi, che aveva soddisfatto i bisogni di un'età alquanto differente.

Quale che fosse la ragione (e quasi sicuramente era una combinazione dei succitati fattori), cominciamo a vedere nuove opere cabalistiche scritte e antiche distribuite e spiegate nei primi del sedicesimo secolo. Lo Zohar e altre opere della tradizione castigliana sono specialmente prominenti in questo periodo. Forse tipica è la figura di Rabbi Meir ibn Gabbai, un cabalista turco che ci dice di esser nato in Spagna nel 1480 e di essersene andato come bambino tra gli esiliati.[1] Il magnum opus di Ibn Gabbai, Avodat ha-Qodesh (Venezia, 1567) è una grande sistematizzazione della Cabala ed una sua difesa contro la filosofia. Tipico del XVI secolo, Ibn Gabbai conosce molti testi precedenti e cerca di armonizzarli tra loro. Ma l'importante fonte di verità cabalistica è lo Zohar, che cita praticamente in ogni pagina come "il Midrash di Rabbi Shim’on figlio di Yoḥai".

Tomba di Shim’on bar Yoḥai, c. 1920–1930, Meron, Israele[2]

Anche le conventicole cabalistiche di Safed, che fiorirono nel tardo sedicesimo secolo, attribuirono allo Zohar un posto privilegiato quale fonte autorevole di verità cabalistica. Chiaramente, la scelta di Safed come luogo di residenza per ebrei sostenitori del lascito cabalistico ebbe molto a che fare con la vicinanza di Meron, il presunto luogo di sepoltura di Rabbi Shim’on bar Yoḥai. La sua tomba era stata un sito di pellegrinaggio per ebrei locali molto tempo prima, ma con la crescita della comunità di Safed divenne un santuario veramente importante. Sia Rabbi Moses Cordovero (1522-1570), che probabilmente immigrò a Safed da altra località dell'Impero Ottomano, sia Rabbi Isaac Luria (1534-1572), che venne dall'Egitto, scelsero di vivere a Safed a causa della vicinanza di tombe sacre e possibilmente (come descritto da Cordovero nel suo Sefer Gerushin) per ottenere conoscenze mistiche nel prostrarsi davanti a loro. Tra i secri defunti, Rabbi Shim’on, ormai acclamato autore indiscusso dello Zohar, aveva un posto centrale d'onore. Luria specificamente sperava di ottenere una vera comprensione dei passi dello Zohar mentre visitava quella che credeva essere il sepolcro del suo autore.

Il "ritorno" della Cabala sulla scena galilea degli eroi zoharici accese l'immaginazioni degli ebrei in tutta la Diaspora. Resoconti dei santoni di Safed, specialmente la misteriosa figura di Luria, noto come ha-ARI ha'Qadosh (il Leone Santo), furono copiati assiduamente e stampati in molte versioni. Una vasta letteratura sia di scritti cabalistici sia di opere etiche o pietistiche influenzate dalla Cabala si riversò nelle tipografie di Venezia, Costantinopoli e Amsterdam — per essere distribuite in tutto il mondo ebraico. Non passò molto tempo prima che emergesse la proclamazione che l'anima dell'ARI fosse in effetti una reincarnazione dell'anima di Rabbi Shim’on bar Yoḥai.

Fu in questo periodo che lo Zohar venne considerato non solo un libro antico e sacro, ma anche un testo canonico, autorevole quanto la Bibbia o il Talmud. L'autorità dello Zohar come fonte primaria di verità mistica era stata già presa in considerazione dai cabalisti del quattordicesimo secolo, alcuni dei quali erano arrivati a stimare la sua parola come superiore a quella di Naḥmanide, per esempio, a causa della presunta maggiore antichità. Naḥmanide era considerato da questi come una fonte "moderna", la cui parola poteva esser messa da parte da una citazione contraria presa dall'opera di Rabbi Shim’on figlio di Yoḥai. Tuttavia, nel sedicesimo secolo si arrivò a dire che lo stesso Elia era apparso a Rabbi Shim’on, e allora l'autorità dello Zohar divenne quella del Cielo stesso. Meir ibn Gabbai tracciò la tradizione cabalistica indietro fino al Sinai, affermando che i segreti zoharici furono dati a Mosè insieme alla Torah Scritta.

Sabbatai Zevi ritratto secondo un testimone oculare, Smirne, 1666
Nathan di Gaza
Jacob Frank

Lo status canonico, nel contesto dell'ebraismo, comporta in sé un'autorità halakhica oltre che un prestigio mistico. Se lo Zohar conteneva il "vero" significato sia della Torah Scritta che di quella Orale, poteva essere usata anche come fonte di autorità legale, specialmente in materie rituali e liturgiche? Tale questione emerse tra gli studiosi halakhici, specialmente in quei rari casi in cui lo Zohar sembrava contraddire l'opinione maggioritaria dei rabbini che decidevano la legge sulla base di precedenti talmudici e la sua formulazione in responsa e codici. In effetti, come hanno dimostrato gli studiosi, questi casi si collegano a usanze locali — lo Zohar costumanze franco-tedesche o spagnole antiche, mentre la halakhah decideva in favore di altre. Un esempio classico di tali dispute halakhiche che coinvolga lo Zohar riguarda l'indossare i tefillin nei giorni intermedi di Pesaḥ e Sukkot. Lo Zohar si esprime alquanto fortemente sulla questione, considerando che indossare i tefillin in quei giorni sia un insulto alla festività e un virtuale sacrilegio. Sebbene i codici halakhici in maggioranza tendessero all'incontrario, alcune autorità halakhiche accettarono la versione dello Zohar e l'uso dei tefillin in quei giorni venne rifiutato da tutte le comunità sefardite (e in seguito chassidiche).

Grazie all'influenza del revival degli studi mistici a Safed, la Cabala divenne largamente conosciuta tra gli ebrei dell'Europa orientale nel diciassettesimo secolo. Le opere di Rabbi Isaiah Horowitz, un cabalista di Praga che in seguito si stabilì a Gerusalemme, portò gli insegnamenti di Ibn Gabbai e Cordovero, tra gli altri, a predicatori in tutte le comunità aschenazite. Anche qui, lo Zohar venne citato molto spesso e diffusamente. I libri di preghiera con commentari cabalistici, inclusi quelli sia di Cordovero che di Horowitz, portò il pensiero cabalistico nel reame della reale pratica sinagogale. La Cabala alquanto mitica di Naftali Bacharach, autore tedesco di Emeq ha-Melekh (Valle del Re) del XVII secolo, è soprattutto influenzata da linguaggio e immagini dello Zohar.

Un'altra area di crescente canonicità dello Zohar è riflessa nel suo uso in contesti liturgici e la sua presenza nella pratica religiosa quotidiana. Vari Tiqqunim "Ordini" cabalistici furono pubblicati lungo tutto il corso del XVII e XVIII secolo. Questi includono molte raccolte di passi dello Zohar da recitarsi durante le vigilie di Shavu’ot e Hosha’na Rabbah, alla tavola del Shabbat, e in varie altre occasioni. Si venne a ritenere in questo periodo che la recitazione orale dello Zohar fosse efficace anche per coloro che non comprendevano il suo significato. Nel diciannovesimo secolo, edizioni vocalizzate dello Zohar furono stampate per permettere tale situazione e assicurare che la recitazione fosse comunque svolta con un certo grado di accuratezza. Ci furono inoltre vari digesti prodotti per la recitazione/studio quotidiani, specialmente nel diciottesimo secolo. Il più diffuso di questi era intitolato Ḥoq le-Yisra’el (Cairo, 1740), che includeva passi da recitarsi ogni giorno dalla Torah, da Profeti, Hagiographa, Mishnah, Talmud, Zohar, guide etiche e digesti legali. La Ḥemdat Yamim, un compedio anonimo di prassi cabalistica (Izmir, 1731/32), prescrive letture dallo Zohar per tutte le occasioni nell'anno liturgico ebraico. In entrambi questi compendia, vediamo lo Zohar all'apice della sua accettazione e integrazione nel regime quotidiano della vita spirituale ebraica.

Nel tardo diciassettesimo secolo e primi del diciottesimo, il movimento messianico intorno a Sabbatai Zevi (1626-1676) si diffuse per tutte le comunità ebraiche. Nelle forme più radicali di sabbatianismo, lo Zohar ebbe ancor più peso man mano che autorità della legge talmudica veniva messa in dubbio. Il sistema cabalistico di Nathan di Gaza, (1643/4-1680), il grande profeta del sabbatianismo, si basa sulle immagini dello Zohar e la sua devozione venne fortemente propagandata in tutta la storia del sabbatianismo. Alcuni dei successivi sabbatiani aschenaziti – seguaci di Jacob Frank – vennero a chiamarsi "Zohariti", ebrei che seguivano l'autorità dello Zohar mentre rifiutavano quella del talmud e dei rabbini. Questa sarebbe stata comunque un'affermazione spuria se si fosse chiesta l'opinione degli autori dello Zohar, i quali non avevano assolutamente nessuna intenzione di ribellarsi all'autorità del Talmud. Ma di quei tempi (e in quei circoli) lo Zohar veniva letto attraverso le lenti di interpreti radicali quali il Ra’aya Meheimna, il Sefer ha-Qanah del XV secolo, l'opera anonima Galei Razayya, e gli scritti di Nathan di Gaza. Visto quale fonte di questa tradizione letteraria, lo Zohar poteva veramente essere interpretato come opera molto radicale.

Adolf Jellinek

Il declino del sabbatianismo a metà del XVIII secolo precedette solo di alcuni decenni l'inizio dell'Illuminismo nell'Europa occidentale e l'ammissione degli ebrei in una società più aperta e religiosamente tollerante. Man mano che vasti numeri di ebrei si entusiasmavano e sostenevano ciò che reputavano fosse la loro emancipazione, si diffusero letture di ebraismo che supportavano o si adattavano a tale nuova situazione. Una caratteristica di questo emergente ebraismo post-Illuminismo, sia nella sua versione riformata che in quella ortodossa, fu un manifesto rifiuto o un tacito accantonamento della Cabala e dello Zohar in particolare. Scholem scrisse un saggio in merito a diversi oscuri personaggi del diciannovesimo secolo che designò "Gli Ultimi Cabalisti in Germania". Abbiamo già parlato delle opinioni negative di Heinrich Graetz sullo Zohar, posizione che venne largamente condivisa dai suoi contemporanei. Sebbene ci fossero alcuni studiosi nel periodo della Wissenschaft des Judentums (Adolf Jellinek di Vienna è il più notevole) che studiarono lo Zohar, questi venne in gran parte trascurato dagli ebrei occidentali per tutto il XIX secolo e inizi del XX.

Elia (Eliyahu) ben Shlomo Zalman, Gaon di Vilna

Nell'Europa orientale la situazione era alquanto differente. Il Chassidismo, revival popolare basato sulla Cabala, continuava a riverire lo Zohar e credere nella sua antichità. Diversi commentari importanti dello Zohar furono scritti nell'ambito di circoli chassidici e gli autori di opere chassidiche spesso si riferivano allo Zohar. Si diceva che Rabbi Pinḥas di Korzec, uno dei primi maestri chassidici, avesse ringraziato Dio per averlo fatto nascere dopo l'apparizione dello Zohar, "poiché lo Zohar mi ha mantenuto ebreo". Una leggenda chassidica narra che quando lo Zohar fu pubblicato dai suoi figli, che possedevano una stamperia a Slawuta, essi immergessero la stampatrice nella mikveh (vasca rituale) prima di stampare ciascun volume, tanto grande era l'impresa santa che stava per compiere tale macchina! Maestri chassidici, a causa di questa leggenda, si diedero da fare per acquisire copie dell'edizione Slawuta dello Zohar e studiarlo su di esse. Anche il forte opponente del Chassidismo, Rabbi Eliyahu (il "Gaon") di Vilna (1720-1797), era un cabalista, e un piccolo gruppo nell'ambito del circolo dei suoi discepoli continuò a studiare lo Zohar per molte generazioni.

Tra gli ebrei sefarditi e mizraḥi, la reputazione dello Zohar quale libro sacro fu particolarmente alta. Ebrei di distanti comunità in Marocco, Turchia e Iraq lo studiavano alacremente. Ebrei ordinari recitavano lo Zohar un po' come gli ebrei comuni dell'Europa orientale recitavano i Salmi. A partire dal XVIII secolo, Gerusalemme divenne nota quale centro di studi cabalistici, e gli ebrei di tutte queste comunità si recavano lì per studiare opere che emanavano da tale centro. Fuori d'Europa, era soprattutto la Cabala lurianica che teneva il primo posto, mentre lo Zohar, per quanto riverito, veniva generalmente considerato tramite il prisma lurianico. Solo quando le idee illuministiche iniziarono a diffondersi agli inizi del ventesimo secolo, in parte con l'arrivo di ebrei europei nell'era coloniale, l'autorità dello Zohar fu messa in dubbio.

Moshe Idel

Gli scritti di Scholem e Tishby, e gli studiosi che li seguirono, hanno fatto molto per rendere intelligibile lo Zohar ai moderni e rinnovare l'interesse nel suo studio. Il libro di Tishby, Wisdom of the Zohar, traducendo brani scelti dall'aramaico all'ebraico,è stato un tentativo di successo per rendere lo Zohar più accessibile a lettori esperti in Israele. L'interesse sollevato tra studiosi di religione dai saggi di Scholem, specialmente quelli presentati per la prima volta ai Colloqui di Eranos, è servito a riaccendere un grande interesse per la Cabala nell'ambito della più vasta comunità accademica. Questo interesse è mantenuto a tuttoggi grazie ai profondi studi, a volte provocativi, di Yehuda Liebes ed Elliot Wolfson. Gli scritti importanti di Moshe Idel continuano ad attirare l'attenzione del mondo accademico e intellettuale allo studio della Cabala. La disponibilità di traduzioni in inglese e altre lingue ha ben servito lo Zohar, attirando l'attenzione dei lettori al di fuori di Israele. In recenti decenni, l'interesse intellettuale sulla Cabala si è diffuso tra più vasti circoli, tra cui quelli coinvolti in questioni di simbolismo, filosofia del linguaggio e relative aree.

Yehuda Liebes

Allo stesso tempo, due altri fenomeni apparentemente non correlati sono arrivati insieme ad aumentare l'interesso per gli studi zoharici agli inizi del ventunesimo secolo. Uno è il forte interesse in tutto il mondo occidentale per opere di misticismo e "spiritualità". La nosta epoca ha visto un gran revival di fonti di saggezza trascurate da due secoli di modernismo, in parte nella speranza di trovare in loro una verità che serva da guida nei tempi difficili e complessi in cui viviamo. Recentemente, un interesse in Zohar e Cabala è emerso come parte di questa tendenza. Come è vero per tutte le altre saggezze esaminate nel corso di questo vasto fenomeno culturale, l'interesse nella Cabala include sia elementi seri sia elementi triviali e faddisti (vedi, per es., l'ambiente pop). Tale revival della Cabala è un fenomeno complicato di per sé, contenendo espressioni di grande bramosia per esperienze religiose e crescita personale, insieme alla più ampia ricerca di saggezza.

Questo interesse si è combinato con un tipo molto differente di rinnovamento della Cabala, primariamente in Israele, dopo le guerre del 1967 e 1973. Si manifesta nella crescita di yeshivot o accademie cabalistiche, nella pubblicazione di molte nuove edizioni di opere cabalstiche, e in una campagna di sensibilizzazione pubblica intesa a diffondere gli insegnamenti della Cabala più in generale. Questa nuova enfasi sulla Cabala è in parte dovuta alla riaffermazione di orgoglio nel patrimonio culturale sefardita e mizraḥi, in cui la Cabala ha un posto importante. È in parte dovuto anche ai tempi difficili attraversati da Israele, risultanti sia in una risorgenza di messianismo sia a un ritorno alla Cabala pratica — una parte di vecchia data dell'ebraismo del Vicino Oriente — quale fonte di protezione contro nemici e speranza di vittoria su di loro. La Cabala insegnata in questi circoli è innanzitutto di varietà lurianica, interpretata tramite una lunga sequenza di insegnanti basati a Gerusalemme. Alcune versioni di ciò che viene offerto come "Cabala" oggi possono essere descritte solo come versioni altamente degradate degli insegnamenti originali. Ma lo Zohar, anche se reinterpretato in termini lurianici, viene riverito in tutti questi circoli quale fonte primaria di verità cabalistica, antico insegnamento di Rabbi Shim’on bar Yoḥai.

Come questo alquanto complesso intreccio di forze influenzerà il futuro dell'interesse per la Cabala è tutto da vedere. Per certo, tuttavia, lo Zohar continuerà a trovare un posto nel cuore di nuovi lettori, alcuni dei quali si entusiasmeranno ad approfondire gli aspetti più autentici dei suoi insegnamenti. Spero che questa mia introduzione abbia quindi portato un po' di luce sul Libro dello Splendore e che tale opera mistica dell'ebraismo venga avvicinata degnamente da coloro che ne cercano illuminazione.

Note[modifica]

Per approfondire, vedi Messianismo Chabad e la redenzione del mondo.
I Cinque Mondi
nella Cabala
  1. Meir ben Ezekiel ibn Gabbai (מאיר בן יחזקאל אבן גבאי), fu un cabalista ebreo vissuto inizialmente in Spagna, poi esiliato in Turchia e forse morto in Eretz Yisrael nel 1540. Nel suo ventisettesimo anno si lamentava di "dover lavorare sodo" per mantenere se stesso e la sua famiglia (cfr. la fine del suo Tola‘at Ya‘aḳob). Era un cabalista entusiasta, noto per la sua completa padronanza di tutta la tradizione cabalistica, di cui i punti più importanti, per quanto si possa giudicare ora, fu il primo della sua generazione a trattare sistematicamente. Deve quindi essere considerato come il precursore di Moshe Cordovero e di Isaac Luria. La sua prima opera, completata nel 1507 e tenuta in grande considerazione, fu Tola‘at Ya‘aḳob, un'esposizione cabalistica del rituale di preghiera. La sua opera principale, che terminò il 22 dicembre 1531, dopo averci passato sopra otto anni, fu Avodat Hakodesh, in cui si espone in dettaglio il suo sistema cabalistico, svolgendo un attento studio di Maimonide al fine di confutarlo meglio. Nel 1539 scrisse un'esposizione e difesa delle sefirot con il titolo Derek Emunah, in risposta al suo allievo Joseph ha-Levi, che lo aveva interrogato riguardo alla sua dottrina delle Sefirot, che aveva basato su Perush ‘Eser Sefirot di Azriel di Gerona. Gabbai considerava lo Zohar come il libro canonico della Cabala ebraica. Il suo sistema è intriso di panteismo. Dio stesso, come causa prima di tutte le cause, non può essere né concepito, né conosciuto, e non può nemmeno essere menzionato; il nome "Ein Sof" (Nulla Infinito) è solo un ripiego. Anche Keter Elyon, la prima sefirah, non la si può concepire o immaginare, è coeterna con Ein Sof, sebbene solo il suo effetto; è quello che nella Scrittura viene chiamato "Il Suo Nome". Per suo mezzo le altre sefirot sono emanate da Dio, come diverse manifestazioni attraverso le quali la Divinità si rende conoscibile. A loro vengono rivolte le preghiere destinate alle diverse denominazioni di Dio, la Cui relazione con esse è la stessa dell'anima col corpo. Le altre emanazioni sono le sette "hekalot", che procedono dalle sefirot e rappresentano in un certo modo il mondo femminile in contrapposizione a quello maschile delle sefirot; le "hekalot" sono i veri contenitori dell'ulteriore evoluzione del mondo. Questa emanazione del mondo da Dio costituisce la "gloria di Dio". La coscienza della dipendenza da Dio, con l'impegno verso di Lui per esserGli uniti e diventare uno con Lui, e riconoscere quindi la Sua unità e effettuarne la realizzazione, si chiama "yiḥud", "l'unione cosciente con Dio", che è lo scopo finale del mondo. L'uomo, riflesso del più alto "hekal", unisce nella sua anima i raggi di tutte le sefirot e in se stesso in generale, come microcosmo, tutti gli elementi di base dell'essere. La sua anima è quindi in connessione con il mondo superiore, che è in grado di influenzare e stimolare con le sue azioni e aspirazioni; poiché tutto ciò che accade in questo mondo raggiunge come onda radiante in cerchi, le regioni superiori. Riconoscendo e adempiendo i precetti religiosi e morali, l'uomo fa sviluppare l'armonia e l'unione dei vari gradi di creature, e riesce a svolgere il suo compito nella vita – la realizzazione dello "yihud". Anche il figlio di Gabbai, Ḥayyim, fu un cabalista, mentre suo genero Senior (Señor/Signor?) ben Judah Falcon pubblicò i primi due libri di Gabbai dopo la sua morte, il Tola‘at Ya‘aḳob con la collaborazione di Abraham Reyna a Costantinopoli nel 1560, e l‘Avodat ha-Qodesh a Venezia nel 1567.
  2. Si vedano le immagini della tomba di Shim’on bar Yoḥai a Meron su Commons:Tomba di Rabbi Shimon e quelle relative al pellegrinaggio alla sua tomba, su Commons: Pellegrinaggio alla tomba di Simeon bar Yochai.