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La Conoscenza del Che/Capitolo 3

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CAPITOLO 3: Psicologia individuale di Alfred Adler

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Alfred Adler
Alfred Adler

In questo Capitolo viene esplorata la "psicologia individuale" di Alfred Adler. Vengono discussi individualmente i vari aspetti della teoria, inclusa la visione adleriana sullo sviluppo e la struttura della personalità, e come l'ordine di nascita, l'atmosfera familiare, la cultura e le dinamiche motivazionali influenzano questo sviluppo e questa struttura. Inoltre, vengono descritti i compiti della vita, in particolare quelli dell'interesse sociale, dell'amore e dell'occupazione.

Sviluppo e struttura della personalità

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La psicologia individuale di Adler (1929) è olistica e sottolinea l'unicità di ogni individuo e l'unità della personalità, sostenendo che le persone possono essere intese solo come esseri integrati e completi che si sforzano verso obiettivi autodeterminati e organizzano la loro vita di conseguenza. Adler (1958) non usa componenti strutturali o delinea fasi di sviluppo, ma vede lo stile di vita individuale come un'espressione creativa della lotta per la superiorità e della ricerca di un significato mentre affronta i compiti occupazionali, sociali e sessuali della vita.

Logica privata

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Man mano che cresciamo, ci sviluppiamo e maturiamo, sperimentiamo innumerevoli eventi, la cui esperienza ci consente di trarre conclusioni sulla vita in generale, sugli altri e su noi stessi. Non sperimentiamo la realtà oggettivamente; invece, la realtà è soggettivamente filtrata attraverso le nostre lenti personali, cioè ognuno di noi ha il proprio modo di vedere le cose focalizzando in maniera univoca il mondo. In tal modo distorciamo o modelliamo la realtà oggettiva per confermare i nostri atteggiamenti interiori (Eckstein, 2008).

Questa creazione soggettiva della realtà si plasma in età molto precoce come risultato di interazioni nell'ambito del nucleo familiare. Secondo Adler, è da questa visione soggettiva della vita (da lui chiamata "schema of apperception" = Schema dell'appercezione) che si costruisce una logica privata. Questa logica privata è l'insieme degli atteggiamenti e delle reazioni che abbiamo nei confronti della vita e del nostro posto in essa. Adler afferma quanto segue:

« In considering the structure of a personality, the chief difficulty is that its unity, its particular style of life and goal, is not built upon objective reality, but upon the subjective view that the individual takes of the facts of life. »
(Citato in Ansbacher & Ansbacher, 1956, p. 183)

Adler (come citato in Ansbacher & Ansbacher, 1956) parla della necessità di avere empatia quando si cerca di comprendere le opinioni personali di un altro individuo dicendo che dobbiamo essere in grado "to see with the eyes of another, to hear with the ears of another, to feel with the heart of another" (p. 135).

Peluso (2006) osserva che un senso iniziale del proprio stile personale avviene intorno ai sei anni. È in questo momento che i bambini prendono decisioni sul loro posto nel mondo. Il sentimento sociale innatamente posseduto dall'individuo e la misura in cui si esprime, è legato all'atmosfera familiare complessiva e alle conclusioni che l'individuo ne trae. Quindi, la famiglia, o l'equivalente familiare, è il gruppo sociale prototipico per il bambino. Svolge un ruolo cruciale in relazione allo sviluppo di questa logica privata e dell'eventuale stile di vita (Peluso, 2006).

Stile di vita

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Adler è stato influenzato dagli scritti di Jan Smuts, il filosofo e statista sudafricano. Smuts sentiva che, per capire le persone, dobbiamo capirle più come un insieme unificato che come un insieme di frammenti, e dobbiamo capirle nel contesto del loro ambiente, sia fisico che sociale. Questo approccio si chiama olismo e Adler lo prese molto a cuore (Boeree, 1997).

Per riflettere l'idea che dovremmo vedere le persone come un insieme piuttosto che come parti, Adler decise di etichettare il suo approccio alla psicologia come "Psicologia Individuale". Invece di parlare della personalità di una persona, con il senso tradizionale dei tratti interni, delle strutture, delle dinamiche, dei conflitti e così via, preferì parlare di stile di vita. Lo stile di vita si riferisce a come vivi la tua vita, come gestisci i problemi e le relazioni interpersonali (Boeree, 1997). Adler (come citato in Ansbacher & Ansbacher, 1956) riteneva che l'individuo partecipasse attivamente alla creazione di questo stile di vita.

Lo stile di vita è l'espressione visibile della personalità. La continuità nel comportamento riflette l'orientamento di base di una persona verso la vita che si è sviluppato da un piano esistenziale e da una logica privata alimentata da obiettivi immaginari autodeterminati sviluppati durante l'infanzia (Dinkmeyer et al., 1979). Questo stile di vita è influenzato dalla percezione soggettiva da parte della persona della dotazione genetica e della situazione ambientale (Fouché, 1999).

Secondo Adler (come citato in Ansbacher & Ansbacher, 1956), questo stile di vita diventa la risposta impostata per tutta la vita ed è il filo conduttore che intreccia i pensieri, i sentimenti e le azioni di un individuo in uno schema coerente. Nella teoria della personalità, ci sono problemi contrastanti di condizione e di caratteristica (= tratto). I primi sono più situazionali; i secondi sono più a lungo termine, per tutta la vita. Come il concetto junghiano di temperamento, lo stile di vita è più un tratto della personalità che dura tutta la vita. Questo non vuol dire che lo stile di vita sia statico e immutabile, ma che comprende gli aspetti stabili e prevedibili della persona per tutta la sua vita. In effetti, gli adleriani credono che gli individui possano imparare a far funzionare meglio il loro particolare stile di vita attraverso le esperienze di vita o la psicoterapia (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Disturbi della personalità, malattie mentali e altri sintomi e/o comportamenti problematici non possono essere separati dallo stile di vita. Pertanto, si deve riconoscere che lo stile di vita non è né tutto buono né tutto cattivo (Peluso, 2006).

Dinamiche motivazionali

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In quanto creatori e creazioni della loro vita, i bambini sviluppano un'immagine immaginaria di cosa significhi essere al sicuro, superiori, e avere un senso di appartenenza (Dinkmeyer, Pew & Dinkmeyer, 1979). Questo obiettivo fittizio o ideale-guida di sé determina la scelta creativa di ciò che è accettato come verità, come comportarsi e come interpretare eventi ed esperienze (Corey, 2005). L'attualizzazione di questo obiettivo immaginario inconscio diventa il tema centrale unificante dello stile di vita di una persona che fornisce un sentimento di appartenenza e scopo, nonché una superiorità autodefinita (Meyer et al., 2003).

Anche se l'obiettivo può essere fittizio, Adler (1958) credeva che gli individui agissero "come se" fosse raggiungibile e quindi avessero una notevole libertà di determinare i propri destini. Adler (1929) affermava che il comportamento di un individuo è diretto da questo impegno e questo comportamento fornisce l'immagine di un piano di vita e di un obiettivo integrati. Ogni comportamento è considerato intenzionale e quindi la continuità nel comportamento può essere notata nei temi che attraversano una vita (Adler, 1958). A causa della relazione tra l'obiettivo-guida fittizio flessibile e lo stile di vita, Dinkmeyer et al. (1979) indicano che un osservatore può dedurre il piano di vita e la finzione-guida dallo stile di vita di un individuo.

Inferiorità

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Adler sottolinea l'importanza delle esperienze sociali dell'infanzia, credendo che tutti gli individui sperimentino l'inferiorità fin dalla loro prima dipendenza dagli adulti (Meyer et al., 2003). Questa percezione di inferiorità persiste per tutta la vita come fonte naturale di creatività, la cui costruzione individuale costituisce l'individualità (Adler, 1929).

Adler (come citato in Boeree, 1997) nota inoltre una forma di inferiorità ancora più generale: l'inferiorità naturale dei bambini. Tutti i bambini sono, per natura, più piccoli, più deboli e meno competenti socialmente e intellettualmente degli adulti che li circondano. Adler suggerisce che, se guardiamo ai giochi, ai giocattoli e alle fantasie dei bambini, essi tendono ad avere una cosa in comune: il desiderio di crescere, di essere grandi e di essere adulti. Questo tipo di compensazione è in realtà identico alla ricerca della perfezione.

Tutti soffrono di inferiorità in una forma o nell'altra. Secondo Boeree (1997), Adler iniziò il suo lavoro teorico concentrandosi sull'inferiorità degli organi, cioè sul fatto che ognuno di noi ha parti più deboli, e altre più forti, nell'ambito della nostra anatomia o fisiologia. Alcune persone nascono con problemi cardiaci, o hanno occhi deboli o problemi di udito. Adler si rese presto conto che questa era solo una parte del quadro. Un'altra forma di inferiorità è psicologica. Nonostante non abbiano inferiorità organiche, ad alcune persone viene semplicemente detto da bambini che sono in qualche modo inferiori a coloro che li circondano, più deboli o poco intelligenti. Queste non sono questioni di vera inferiorità organica, ma si può imparare a credere che lo siano. Alcuni compensano diventando bravi in ciò di cui si sentono inferiori. Altri compensano diventando bravi in qualcos'altro, ma conservando per il resto il loro senso di inferiorità. E alcuni semplicemente non sviluppano mai alcuna autostima positiva (Boeree, 1997).

Nonostante il fatto che siamo tutti naturalmente inclini ad auto-realizzarci, a raggiungere i nostri obiettivi, a cercare il successo e la perfezione, alcuni individui falliscono e finiscono per essere insoddisfatti, imperfetti e lontani dall'autorealizzazione. Adler (1958) attribuisce questo tipo di fallimento a una mancanza di interesse sociale, o semplicemente perché siamo troppo egotisti. Secondo Adler, essere troppo egotisti significa essere sopraffatti dalla nostra inferiorità. Quando si sta bene e ci si sente competenti, ci si può permettere di pensare agli altri. In caso contrario, le proprie attenzioni diventano sempre più concentrate su se stessi.

Se un individuo è sopraffatto dalle forze di inferiorità, che si tratti di un'effettiva inferiorità organica o di un'inferiorità psicologica percepita, può sviluppare un complesso di inferiorità. Questa nevrosi porta spesso l'individuo a diventare timido e timoroso, insicuro, indeciso, sottomesso o arrendevole. Inoltre, questo può portare alla dipendenza da altre persone che ti sostengano, persino manipolandole affinché ti sostengano (Adler, 1958).

Un altro modo in cui le persone possono rispondere all'inferiorità oltre alla compensazione e al complesso di inferiorità, è lo sviluppo di un complesso di superiorità. Il complesso di superiorità implica nascondere la propria inferiorità reale o percepita fingendo di essere superiori. Lo stile di personalità narcisistico ne è un ottimo esempio. Esempi più sottili sono le persone che si dedicano a fare i drammatici per attirare l'attenzione, coloro che si sentono potenti quando commettono crimini, e coloro che sminuiscono gli altri per genere, razza, origini etniche, credenze religiose, orientamento sessuale, peso o altezza (Boeree, 1997).

Compensazione

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Adler (1929) considerava la lotta per la superiorità (la ricerca della perfezione) come la motivazione umana complessiva che si manifesta come lotta per il potere e interesse sociale (Meyer et al., 2003). L'obiettivo della superiorità per ogni individuo è personale e unico, dipende dal significato individuale dato alla vita ed è raggiunto attraverso la compensazione (Ansbacher & Ansbacher, 1956). La forma naturale e sana di lotta per il potere è correlata alla crescita personale piuttosto che alla superiorità sugli altri (Meyer et al., 2003).

Attraverso il processo di compensazione, gli individui rispondono alle loro inferiorità compensando le proprie carenze. L'organo inferiore (o aspetto del sé) può essere rafforzato e diventare ancora più forte di quanto non lo sia negli altri; o altri organi possono essere sovrasviluppati per compensare il deficit; oppure la persona può compensare psicologicamente il problema organico sviluppando determinate abilità o addirittura determinati stili di personalità (Boeree, 1997).

Ricerca della perfezione

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Le motivazioni per il proprio comportamento possono essere riformulate come mirate o finalizzate. Quasi tutti cercano un qualche tipo di significato o perfezione. Adler (come citato in Ansbacher & Ansbacher, 1956) non era d'accordo con l'enfasi di Freud secondo cui le persone sono guidate dagli istinti o modellate dall'eredità, dall'esperienza o dall'ambiente. Piuttosto, sono gli obiettivi o un ideale di sé guida che dà energia agli individui in una direzione prescelta.

Adler (1929) affermava che gli obiettivi fondamentali della vita, sebbene generalmente sconosciuti alla persona, danno una direzione a tutti i comportamenti. Nella misura in cui gli obiettivi sono allineati con l'interesse sociale, la direzione di vita della persona è utile, positiva e sana. Al contrario, se gli obiettivi mancano di interesse sociale e sono semplicemente un'espressione per superare le inferiorità percepite raggiungendo la superiorità personale, la direzione di vita della persona tende ad essere inutile, negativa e malsana (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Rudolf Dreikurs (1973) ha identificato quattro classici obiettivi di comportamento fuorvianti che sono formulati nella prima infanzia: attenzione indebita, potere, vendetta e inadeguatezza. Queste sono descrizioni abbreviate di modelli coerenti di comportamento scorretto nei bambini. Dreikurs (1973) ha dichiarato che tutti i comportamenti scorretti nei bambini possono essere compresi dalla prospettiva di uno di questi quattro obiettivi. Questi obiettivi sono in gran parte inconsci nei bambini perché una mancanza di consapevolezza facilita la fluidità di azione e salvaguarda il bambino dal dover affrontare consapevolmente l'inutilità di determinati comportamenti.

Tali obiettivi sono metodi scoraggiati per cercare di ottenere un significato. La ricerca del significato è essenzialmente un movimento verso il raggiungimento dell'obiettivo per raggiungere un'identità unica e di appartenenza. Questo movimento verso un'identità unica è la forza motivante dietro ogni attività umana, che può essere definita un tipo di motivo principale (Dreikurs, 1973). Secondo Dinkmeyer, Dinkmeyer & Sperry (1987), gli adleriani vedono questo processo da una prospettiva teleologica piuttosto che causale, cioè come una pulsione data dall'obiettivo piuttosto che una spinta data dalla forza motivante.

Un altro modo di riflettere su come il nostro comportamento sia intenzionale e diretto a un obiettivo, si riferisce al concetto di priorità numero uno di Kefir (come citato in Eckstein, 2008). Kefir (come citato in Eckstein, 2008) ha originariamente definito quattro priorità numero uno, vale a dire: comfort, piacere/soddisfare, controllo e superiorità. Dewey (1978) ha anche notato che, sebbene sia spesso difficile per un individuo determinare il proprio stile di vita, l'ordine relativo delle priorità è generalmente riconoscibile. Dewey (1978) ha elaborato il concetto di Kefir riconoscendo che al lato opposto di ogni priorità numero uno, c'è qualcosa che gli individui vogliono evitare a tutti i costi.

La tabella seguente mette a confronto le quattro priorità con ciò che deve essere evitato a tutti i costi:

Priorità Numero Uno:

Da evitare a tutti i costi:

Comfort

Stress

Piacere

Rifiuto

Controllo

Umiliazione

Superiorità

Insensatezza

Sebbene le persone raramente rinuncino alla loro priorità numero uno, è possibile diventare più consapevoli mediante l'intuizione e scoprire di essere troppo coinvolti in ciascuna priorità. Adler usa vari termini, come la necessità di completamento, padronanza, perfezione e la finzione guida, prima di stabilirsi definitivamente sulla superiorità come motivo principale. Ciò che Manaster & Corsini (1982) chiamano una spinta alla crescita è simile all'autorealizzazione di Maslow. Carl Rogers (1951, p. 487) descrisse in modo simile la tendenza alla crescita con la ricerca di luce verso l'alto quando osservò "l'organismo ha una tendenza e uno sforzo basilari — per attualizzare, mantenere e migliorare l'organismo esperienziale". Le persone si muovono verso obiettivi auto-selezionati che sentono daranno loro un posto nel mondo, forniranno loro sicurezza e conserveranno la loro autostima. La vita è uno sforzo dinamico (Eckstein, 2008).

L'uguaglianza è un principio cardine della psicologia adleriana che sostituisce l'atteggiamento autoritario con un dialogo tra pari in un'atmosfera di rispetto e accettazione reciproci. L'uguaglianza può essere dimostrata descrivendo il verticale rispetto all'orizzontale in termini di relazioni con gli altri. L'approccio orizzontale alla vita considera tutte le persone ugualmente degne di rispetto e considerazione, sebbene le persone siano ovviamente disuguali sotto alcuni altri aspetti. Tale uguaglianza non significa identicità, ma piuttosto una posizione secondo cui tutte le persone, indipendentemente dalla razza, dal genere o dallo stato socioeconomico, hanno per nascita il diritto fondamentale del rispetto e della dignità reciproci incondizionati. Al contrario, l'approccio verticale misura le persone in una prospettiva one-up o one-down (Eckstein, 2008).

Adler sottolineava che la visione orizzontale porta alla contentezza e alla felicità, mentre la visione verticale non offre alcuna sicurezza. Chiunque veda la struttura sociale come se fosse su un piano verticale rimane altamente vulnerabile. Come disse Dreikurs (1973, p. 116): "L'individuo competitivo può sopportare la competizione solo quando vince". L'interesse sociale è legato alla salute mentale basata sull'uguaglianza e sulla vita democratica in contrasto con la lotta per una superiorità personale che è al di sopra degli altri.

Interesse sociale

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L'interesse sociale si riferisce al desiderio innato di far parte e servire la comunità umana (Meyer et al., 2003). Essere un essere umano significa essere un essere umano consimile. Non si esiste al di fuori degli obblighi della comunità (Orgler, 1963). Sebbene l'interesse sociale sia intrinseco, deve essere sviluppato consapevolmente cercando di ottenere un significato in un modo che contribuisca all'intera umanità (Adler, 1958). Adler sentiva che la preoccupazione sociale non era semplicemente innata, né semplicemente appresa, ma una combinazione di entrambe, in quanto si basava su una disposizione innata, ma doveva essere coltivata per sopravvivere. Quindi la tendenza all'empatia deve essere sostenuta dai genitori e dalla cultura in generale. Anche se ignoriamo le possibilità di conflitto tra i miei bisogni e i tuoi, l'empatia implica sentire il dolore degli altri (Boeree, 1997).

Seconda per importanza solo alla ricerca della perfezione, è l'idea di interesse sociale o sentimento sociale. In linea con l'olismo di Adler, è facile vedere che chiunque cerchi la perfezione difficilmente può farlo senza considerare il proprio ambiente sociale. Come animali sociali, semplicemente non esistiamo, né tanto meno prosperiamo, senza gli altri, e anche i misantropi più risoluti formano quell'odio in un contesto sociale (Boeree, 1997). L'interesse sociale è il concetto più caratteristico della Psicologia Individuale adleriana. È, tuttavia, anche il più difficile da definire e uno dei concetti principali che ha ricevuto il minor riconoscimento nella letteratura psicologica generale (Eckstein, 2008).

La cooperazione è sempre stata necessaria tra le persone. Questa cooperazione inizia per ogni individuo alla nascita e, come la vede Alder, è l'unica cosa che mantiene in vita il bambino. La madre è responsabile di insegnare al bambino a collaborare. Deve estendere l'interesse del bambino al padre, ai fratelli e alla comunità in generale (Orgler, 1963).

La nozione di interesse sociale non deve essere confusa con l'adattamento per cieca obbedienza o conformità all'autorità. Nazionalismo, razzismo, sessismo e ageismo troppo spesso caratterizzano le norme sociali prevalenti. La ribellione o il confronto di tali sistemi e individui caratterizza le aspirazioni di un mondo migliore per tutte le persone (Eckstein, 2008). L'interesse sociale paradossalmente può assumere la forma della disobbedienza civile per preservare l'ambiente. La ribellione può effettivamente ricevere una notevole attenzione dalla comunità. Gli obiettivi di tale ribellione sono motivati ​​da un senso di interesse sociale, una preoccupazione per il bene più alto di tutta la vita. L'interesse sociale dovrebbe essere il metro con cui un individuo misura ciò che i buddhisti chiamano il percorso della "retta azione". Individui leggendari come Mahatma Gandhi e Martin Luther King, Jr. furono imprigionati e/o assassinati per la loro ribellione. Tuttavia, un maggiore impegno per principi universali come la non-violenza e le libertà civili fondamentali sono esempi contemporanei di interesse sociale ribelle (Eckstein, 2008).

Kaplan (1991, p. 83) ha descritto in modi molto concreti i comportamenti, i sentimenti e le cognizioni specifici associati all'interesse sociale. Questi sono i seguenti:

Comportamenti associati all'interesse sociale:
Aiutare, condividere, partecipare, rispetto, cooperazione, compromesso, empatia, incoraggiamento e riforma.
Sentimenti associati all'interesse sociale:
Appartenenza, sentirsi a proprio agio, comunanza, fede negli altri, essere umani e ottimismo.
Cognizioni associate all'interesse sociale:
« As a human being, my rights and obligations are equal to the rights and obligations of others.
My personal goals can be attained in ways consistent with the welfare of the community
The ultimate measure of my character will be to what extent I promote the welfare of the community. »
(Kaplan, 1991, p. 83)

Più una persona si comporta, sente e pensa come indicato sopra, più gli altri risponderanno positivamente a lei. Ciò aumenta la fiducia in se stessi, che espande ulteriormente l'interesse sociale sia per la realtà presente che per la costruzione di un futuro migliore. Un equilibrio tra praticità e idealismo è anche fortemente correlato con un alto grado di salute mentale (Eckstein, 2008).

Un malinteso che Adler (1958) voleva evitare era l'idea che l'interesse sociale fosse in qualche modo un'altra versione dell'estroversione. Adler (1958) intendeva preoccupazione o sentimento sociali non in termini di comportamenti sociali particolari, ma nel senso molto più ampio di prendersi cura della famiglia, della comunità, della società, dell'umanità, persino della vita. La preoccupazione sociale è una questione di essere utile agli altri. L'interesse sociale può essere visto come un barometro dell'effettiva salute mentale; al contrario, la malattia mentale è caratterizzata come assenza di interesse sociale. L'obiettivo del successo per gli individui psicologicamente malsani è quello della superiorità personale, e i loro trionfi hanno significato solo per loro stessi (Adler, 1958).

Ambiente sociale

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Radicamento (embeddedness) sociale

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La vita psicologica umana non è in grado di fare ciò che vuole, ma è costantemente confrontata da compiti che provengono da qualche parte. Tutti questi compiti sono inseparabilmente legati alla logica della vita comunitaria dell'uomo (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Le condizioni di vita sono determinate socialmente, dal fatto che gli uomini convivono e dalle regole e regolarità che ne derivano spontaneamente. Le esigenze della società regolano essenzialmente le relazioni umane, perché prima della vita individuale delle persone c'era la comunità. Nella storia della cultura umana non esiste una sola forma di vita che non sia stata condotta come sociale. Mai una persona è apparsa se non nell'ambito della società (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Questioni difficili nella vita, delusioni, preoccupazioni, perdite, pressioni sociali di ogni tipo, possono sempre essere viste come incluse nel quadro del sentimento di inferiorità, per lo più sotto forma di emozioni e stati d'animo come ansia, dolore, disperazione, vergogna, timidezza, imbarazzo e disgusto (Ansbacher & Ansbacher, 1956). I sentimenti di inferiorità non sono di per sé anormali. Sono la causa di tutti i miglioramenti nella posizione dell'umanità. Il progresso si verifica solo quando le persone percepiscono la loro ignoranza e il loro bisogno di miglioramento. È il risultato degli sforzi degli esseri umani per migliorare la propria intera situazione, per conoscere di più l'universo ed essere in grado di controllarlo meglio. Sembra infatti che tutta la nostra cultura umana sia basata su sentimenti di inferiorità (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Una delle prime frasi di Adler (1958) fu la "protesta virile". Notò qualcosa di abbastanza ovvio nella sua cultura (e non certo assente dalla nostra): i ragazzi erano tenuti in maggiore considerazione rispetto alle ragazze. I ragazzi volevano essere considerati forti, aggressivi e controllati, cioè tradizionalmente virili e non deboli, passivi o dipendenti, cioè tradizionalmente femminili. Il punto, ovviamente, era che gli uomini sono in qualche modo fondamentalmente superiori alle donne (Boeree, 1997).

In una cultura che valorizza intrinsecamente ciò che può essere definito virile rispetto a ciò che definisce femminile, sia gli uomini che le donne subiscono conseguenze negative. Per le donne, la protesta ha a che fare con la sopravvalutazione del virile; per gli uomini, paradossalmente, anch'essi faticano nell'avere un ideale quasi irraggiungibile di vero uomo a cui spesso vengono paragonati (Eckstein, 2008).

Adler (1958) non vedeva l'assertività e il successo degli uomini nel mondo come dovuti a una superiorità innata. Lo vedeva come un riflesso del fatto che i ragazzi sono incoraggiati ad essere assertivi nella vita e le ragazze sono scoraggiate dal farlo. Sia i ragazzi che le ragazze, tuttavia, iniziano la vita con la capacità di protestare. Tante persone hanno frainteso Adler come se dicesse che gli uomini sono, per natura, più assertivi, e questo lo portò a limitare il suo uso della frase.

Ambiente familiare

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Dal momento della nascita il bambino cerca di connettersi con sua madre. Questo è lo scopo dei suoi movimenti. Per molti mesi la madre svolge in modo schiacciante il ruolo più importante nella vita del bambino che è quasi completamente dipendente da lei. È in questa situazione che si sviluppa per la prima volta la capacità di cooperare. La madre dà al suo bambino il primo contatto con un altro essere umano, il primo interesse per qualcuno diverso da se stesso. Questa connessione è così intima e di vasta portata che non siamo mai in grado, negli anni successivi, di indicare una caratteristica come effetto dell'ereditarietà. Ogni tendenza che potrebbe essere stata ereditata è stata adattata, addestrata, educata e rinnovata dalla madre. La sua abilità (la sua capacità di cooperare con il bambino e di ottenere la cooperazione del bambino) o la mancanza di abilità influenza l'intera potenzialità del bambino (Adler, 1958).

Non sono le esperienze del bambino a dettare le sue azioni; piuttosto sono le conclusioni che trae da queste esperienze. Tra i bambini problematici troviamo migliaia di varietà di bambini viziati che lottano per l'attenzione delle loro madri e resistono a ogni richiesta dell'ambiente. Il bambino diventa presto esperto nello scoprire i mezzi con i quali può riuscire meglio ad attirare l'attenzione. La malattia è spesso un rifugio per bambini viziati; perché quando sono malati sono più che mai coccolati. Accade spesso che un bambino del genere inizi a mostrarsi un bambino problematico qualche tempo dopo una malattia e all'inizio sembra che sia la malattia a renderlo un bambino problematico. Il fatto è che il bambino, durante la sua malattia, ha scoperto di poter manipolare i suoi genitori per ottenere ciò di cui ha bisogno, che si tratti di attenzioni, cure o limitazioni.

La parte del padre nella vita familiare è importante quanto quella della madre. All'inizio il suo rapporto con il bambino è meno intimo ed è in seguito che la sua influenza ha il suo effetto. È dal matrimonio dei genitori che i figli acquisiscono la prima idea del matrimonio e dell'unione dei sessi. Il modo in cui i genitori svolgono individualmente i loro ruoli paterni nella famiglia avrà conseguenze di vasta portata per la visione del bambino sulle relazioni, sul matrimonio e sulla famiglia (Adler, 1958). Se la madre non è in grado di diffondere l'interesse del bambino verso il padre, il bambino subisce un grave blocco nello sviluppo del suo sentimento sociale. Pertanto, quando il matrimonio è infelice, la situazione familiare è piena di pericoli per il bambino. La madre potrebbe sentirsi incapace di includere il padre nella vita familiare. Se i bambini trovano disaccordo tra i loro genitori, sono molto abili nel metterli l'uno contro l'altro, quindi può sorgere una competizione per vedere chi può gestire meglio il bambino o viziarlo di più. È impossibile addestrare un bambino alla cooperazione in un'atmosfera del genere (Adler, 1958).

Il compito del padre è dimostrare di essere un buon marito per sua moglie, padre per i suoi figli e membro della società. Deve essere in grado di risolvere i problemi della vita, cioè l'occupazione, l'amicizia e l'amore, e deve cooperare alla pari con sua moglie nella cura e nella protezione della sua famiglia. L'influenza del padre sui figli è così importante che molti di loro lo considerano, per tutta la vita, come il loro ideale o come il loro più grande nemico. La funzione che tutti si aspettano sicuramente da un padre è una soluzione del problema dell'occupazione lavorativa. Egli deve essere in grado di sostenere se stesso e la sua famiglia. Con il suo stesso atteggiamento aiuta a preparare i suoi figli al compito dell'occupazione (Adler, 1958).

Ordine di nascita

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L'ordine di nascita si riferisce all'ordine in cui i fratelli nascono in una famiglia. Sebbene i fratelli possano essere classificati numericamente in base al loro ordine di apparizione, in genere vengono riconosciute quattro posizioni: primo, medio, minore e figlio unico. Adler (1958) riconobbe l'importanza dell'ordine di nascita nella famiglia di origine nel contribuire a una coerenza unica nel pensare, percepire, sentire e agire (Corey, 2005). È il primo teorico a includere non solo la madre e il padre di un bambino e altri adulti come prime influenze sul bambino, ma anche i fratelli del bambino. La sua considerazione degli effetti dei fratelli e dell'ordine in cui nascono è probabilmente ciò per cui Adler è meglio conosciuto. Adler considerava l'ordine di nascita un'idea euristica che, pur contribuendo alla comprensione delle persone, non dovrebbe essere presa troppo sul serio (Corey, 2005).

Adler teorizzò specificamente gli effetti dell'ordine di nascita sullo sviluppo della personalità (Stewart & Stewart, 1995). La psicologia adleriana e i contributi della psicologia dello sviluppo e della teoria dei ruoli suggeriscono che le variabili di personalità possono essere correlate in modo più significativo ai ruoli che i fratelli costruiscono o sono loro attribuiti piuttosto che all'effettivo ordine di nascita (Adler, 1929; Hoffman, 1991). Vale a dire, sebbene un bambino possa essere il più giovane, il mix di genere dei fratelli/sorelle, le differenze di età e altre variabili uniche possono combinarsi per creare un ruolo primogenito per il bambino più piccolo. Dall'inizio delle teorie adleriane, sono stati scritti molti articoli e dissertazioni sull'ordine di nascita e la sua relazione ad un'ampia varietà di argomenti psicologici (Stewart & Stewart, 1995). Oltre alla personalità, la ricerca sull'ordine di nascita si è in gran parte concentrata anche sulla sua relazione con l'intelligenza e il rendimento scolastico. La letteratura in quest'area rivela risultati inconsistenti che derivano in gran parte da variabili confondenti presenti in molti studi sull'ordine di nascita, inclusi lo stato socioeconomico, la razza ed etnia, e l'età dei partecipanti (Rodgers, Cleveland, van den Oord & Rowe, 2000; Steelman, 1985; Sulloway, 1996). Inoltre, gran parte della ricerca in quest'area indica che gli effetti dell'ordine di nascita sono indissolubilmente legati alla dimensione della famiglia, con effetti più forti che appaiono nelle famiglie più numerose (Heer, 1985; Sputa e Paulson, 1995).

Diversi studi hanno scoperto che la motivazione al successo, piuttosto che l'intelligenza, è associata alla posizione ordinale nella famiglia (Vandergriff e Rust, 1985). Ricerche successive sull'ordine di nascita e sui risultati iniziarono a concentrarsi sui livelli di aspirazione e sulle attribuzioni dei risultati più che semplicemente sui risultati accademici. I primogeniti attribuiscono il successo o il fallimento a cause interne e possono persino sottovalutare come le loro situazioni potrebbero aver influenzato il successo, rispetto ai nati dopo (Phillips & Phillips, 1994). Falbo (1981) ha osservato una relazione significativa tra ordine di nascita e competitività. I bambini di primo e secondo grado hanno ottenuto punteggi significativamente più alti degli ultimi nati in termini di competitività. I figli unici non differivano significativamente da nessuno degli altri gruppi su questa variabile. Come per ogni fattore nel sistema di Adler, l'ordine di nascita deve essere compreso nel contesto delle circostanze speciali dell'individuo (Boeree, 1997).

Secondo Orgler (1963), il bambino primogenito si trova in una situazione unica in quanto, poiché la sua nascita è stata accolta con tanta gioia, diventa il centro dell'attenzione e si abitua ad essere applaudito per tutto ciò che dice e fa. La tragedia si verifica per questo bambino quando nasce un fratello, poiché il primo bambino viene sostanzialmente detronizzato ed è quindi costretto a condividere questa attenzione con il nuovo arrivato. Si rende conto che non è più il sovrano onnipotente. Si teorizza che i primigeniti più sono stati coccolati, più intensamente sentiranno la perdita e più duramente lotteranno per mantenere il loro percepito potere (Orgler, 1963). Possono regredire solo per essere poi respinti e viene loro detto di crescere. Alcuni diventano disobbedienti e ribelli, altri scontrosi e introversi. Adler credeva che i primi figli avessero più probabilità di tutti gli altri di diventare bambini problematici. Tendono ad essere relativamente solitari e più conservatori degli altri bambini della famiglia (Boeree, 1997).

L'opinione di Adler è che ogni bambino preferisce prima sua madre, e solo quando è deluso dal suo amore per sua madre, si rivolge al padre. I bambini più grandi, a meno che non acquisiscano delle intuizioni, cercheranno sempre di riprendere le vecchie situazioni del loro paradiso perduto. La loro visione è diretta all'indietro. Sono ammiratori del passato e spesso grandi pessimisti riguardo al futuro. Una volta che hanno assaporato il potere, rimangono adoratori del potere (Orgler, 1963). I figli più grandi di solito hanno una certa autorità sui fratelli più piccoli, e così imparano i vantaggi del potere. Questo sviluppa il loro interesse per l'autorità e la legge, e fanno in modo che l'autorità sia mantenuta. I figli maggiori spesso diventano ottimi funzionari di servizio civile o governativi e sono noti per la loro coscienziosità. Sono spesso a capo di grandi organizzazioni perché hanno dovuto imparare ad organizzarsi in tenera età (Orgler, 1963).

Figlio mediano

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Questo bambino è in una buona posizione in quanto dalla nascita deve imparare a cooperare con gli altri (Ansbacher & Ansbacher, 1956). Secondo Boeree (1997), il secondo figlio vede il primo figlio come una sorta di battistrada e tende a diventare piuttosto competitivo, cercando costantemente di superare il figlio maggiore. Spesso ci riescono, ma molti pensano che la gara non sia mai finita. Gli altri figli di mezzo tenderanno ad essere simili al secondo figlio, sebbene ciascuno possa concentrarsi su un concorrente diverso.

Figlio più piccolo

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È probabile che il figlio più piccolo (o minore) sia il più coccolato della famiglia e sono gli unici bambini che non vengono mai detronizzati, il che può ostacolare la loro capacità di sviluppare l'indipendenza. Di conseguenza, i figli più piccoli sono la seconda fonte più probabile di bambini problematici, subito dopo i figli maggiori (Boeree, 1997). A volte un bambino più piccolo può soffrire di sentimenti di estrema inferiorità poiché tutti nell'ambiente sono più grandi, più forti e più esperti (Ansbacher & Ansbacher, 1956). Ma, con tutti quei battistrada davanti, anche i più giovani possono essere spinti a superarli tutti (Boeree, 1997).

Figlio unico

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Secondo Adler (1958), il figlio unico si trova in una posizione speciale. Come il figlio più piccolo, non si confrontano mai con la tragedia della detronizzazione, ma non hanno il vantaggio di crescere in una comunità di bambini. Quando i genitori non riescono a fornire a questo figlio la compagnia di altri bambini, il figlio unico non impara mai cosa significhi cooperazione. Da piccoli, circondati da adulti, corrono il rischio di maturare troppo presto e diventare precoci. Possono in seguito provare shock e delusione quando si rendono conto che non tutti sono interessati a loro quanto lo erano stati i loro genitori (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Compiti della vita

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Nell'osservare un essere umano, la Psicologia Individuale non lo vede mai come isolato ma sempre nel suo rapporto con il mondo. Solo nell'atteggiamento verso l'ambiente l'individuo si rivela. Possiamo capirlo meglio dal modo in cui risolve i tre grandi problemi della vita. Interesse sociale, amore e matrimonio, e occupazione sono le tre grandi questioni a cui tutti devono rispondere (Orgler, 1963).

Interesse sociale

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Da questo compito di vita che viene affrontato in molti modi, abbiamo un continuum in cui si trovano le persone. Da una parte abbiamo persone che si limitano a guardare oltre i propri interessi e, dall'altra, persone che cercano solo di servire l'intera comunità, con poco riguardo per l'individuo (Orgler, 1963). Poiché il concetto di interesse sociale è stato discusso a lungo nella Sezione 1.2.5., non verrà qui ripetuto.

Amore e matrimonio

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È facile capire che se un individuo è interessato ai suoi simili e al benessere dell'umanità, tutto ciò che farà sarà guidato dagli interessi dei suoi simili e cercherà di risolvere il problema dell'amore e del matrimonio come se il benessere degli altri fosse coinvolto. Adler (1958, p. 263) offre la seguente definizione di amore e matrimonio:

« Love, with its fulfilment, marriage, is the most intimate devotion towards a partner of the opposite sex, expressed in physical attraction, in comradeship, and in the decision to have children. It can easily be shown that love and marriage are one side of cooperation – not a cooperation for the welfare of two persons only, but a cooperation also for the welfare of [hu]mankind. »

Secondo Adler (1958) il problema dell'amore è che è un compito per due persone. Sebbene questo possa rivelarsi un nuovo compito per la maggior parte, la difficoltà può essere superata se queste due persone hanno sviluppato un interesse per i loro simili, perché allora possono imparare più facilmente a interessarsi l'uno dell'altro. Potremmo anche dire che per una soluzione completa di questa cooperazione a due, ogni partner deve essere più interessato all'altro che a se stesso. Questa è l'unica base su cui l'amore e il matrimonio possono avere successo. Se ogni partner è più interessato all'altro partner che a se stesso, può esserci solo uguaglianza. Dovrebbe essere lo sforzo di ciascuno di facilitare e arricchire la vita dell'altro. In questo modo ognuno è al sicuro.

Secondo Adler (1958), l'amore non è un compito puramente naturale. Il sesso è una spinta o un istinto; ma la questione dell'amore e del matrimonio non è semplicemente come soddisfare tale spinta. Ovunque guardiamo, scopriamo che le nostre pulsioni e i nostri istinti sono sviluppati, coltivati e raffinati. Abbiamo represso alcuni dei nostri desideri e inclinazioni, per conto dei nostri simili. I nostri impulsi sono stati tutti adattati alla nostra cultura comune, in quanto riflettono tutti gli sforzi che abbiamo imparato a fare per il benessere dell'umanità e per la nostra vita in comunità con il genere umano (Adler, 1958).

Saremo sempre più preparati se il matrimonio dei nostri genitori è stato armonioso. I bambini ottengono la loro prima impressione di come sia il matrimonio dalla vita dei loro genitori. Se i genitori non sono in grado di cooperare essi stessi, sarà loro impossibile insegnare la cooperazione ai propri figli. Sappiamo che un individuo non è determinato dal suo ambiente, ma dalla stima che fa del suo ambiente (Adler, 1958).

L'attrazione fisica della vita adulta viene già allenata nell'infanzia. L'impressione che il bambino ottiene riguardo alla simpatia e all'attrazione, le impressioni date dai membri del sesso opposto nelle immediate vicinanze del bambino sono l'inizio dell'attrazione fisica. Quando un ragazzo ottiene queste impressioni da sua madre, dalle sorelle o dalle ragazze intorno a lui, la sua selezione di tipi fisicamente attraenti in età avanzata sarà influenzata dalla loro somiglianza con questi membri. A volte, se i bambini incontrano difficoltà con il genitore del sesso opposto, cercano il tipo antitetico (Adler, 1958). L'attrazione sessuale verso l'altro partner è necessaria, ma deve essere sempre modellata sulla linea del desiderio di benessere umano. Se i partner sono veramente interessati l'uno all'altro, non ci sarà mai la difficoltà di un'attrazione sessuale che si spegne. Ciò implica sempre una mancanza di interesse; ci dice che un individuo non si sente più uguale e collaborativo nei confronti del proprio partner, e non desidera più arricchire la vita del proprio partner (Adler, 1958).

La soluzione al problema dell'amore e del matrimonio nella nostra vita pratica e sociale è la monogamia. C'è sempre la possibilità di una rottura in tale relazione, ma è più facile da evitare se consideriamo il matrimonio e l'amore come un compito sociale che ci sta di fronte, un compito che dobbiamo risolvere. Le rotture nella relazione monogama di solito si verificano perché uno o entrambi i partner non comprendono il matrimonio e il compito dell'amore dal punto di vista dell'interesse sociale (Adler, 1958). Secondo Adler (1958) le persone che sono più spontaneamente interessate al benessere dell'umanità hanno maggiori probabilità di avere figli, e coloro che non sono interessati, consciamente o inconsciamente, ai loro simili, rifiutano o esitano ad assumersi questo fardello della procreazione. Le persone che sono sempre esigenti e in attesa di ottenere, senza mai dare, tendono a non amare i bambini. Sono interessati solo a se stessi e considerano i bambini un fastidio. Possiamo dire, quindi, che per una soluzione piena del problema dell'amore e del matrimonio è necessaria la decisione di avere figli (Adler, 1958).

L'atteggiamento di ogni individuo nei confronti del matrimonio è una delle espressioni del suo stile di vita. Possiamo capirlo solo se comprendiamo l'intero individuo. È coerente con tutti i suoi sforzi e obiettivi. L'atteggiamento delle persone che rimangono bambini viziati è quello di cercare sempre sollievo o fuga. In relazione al matrimonio, vogliono averlo in prova. Se non riescono a ottenere ciò che vogliono, vedono la vita come senza scopo, diventano pessimisti e concepiscono un desiderio di morte. Si rendono malati e nevrotici e dal loro stile di vita sbagliato costruiscono una filosofia. Sentono che le loro idee sbagliate sono di importanza unica e tremenda: sentono che è un dispetto da parte dell'universo che debbano reprimere le loro pulsioni ed emozioni. Vengono formati in questo modo (Adler, 1958).

Si può facilmente riconoscere lo stile di vita di una persona dal modo in cui le persone gestiscono il compito dell'occupazione. Quelle persone che fanno bene il loro lavoro di solito hanno fiducia in se stesse. Tuttavia, ci sono altre persone che non riescono a prendere una decisione su quale professione intraprendere, altre continuano a cambiare professione senza ottenere nulla o trovano altri modi per rimandare il completamento di questo compito. Si può dire che queste persone abbiano un complesso di inferiorità. Questo accade spesso con i bambini che sono stati viziati. Trovano molto difficile svolgere un lavoro indipendente poiché sono cresciuti con la convinzione di dover essere aiutati dagli altri (Orgler, 1963).

In contrasto con queste persone che falliscono nella loro occupazione, ce ne sono altre che vivono solo per la loro professione e non fanno nient'altro. Anche questi fanatici dell'occupazione hanno un atteggiamento errato nei confronti della vita. Un'eccessiva enfasi sulla loro professione di solito significa una fuga dalla soluzione di altri problemi. Non avere tempo per altro è spesso il motivo addotto per evitare i compiti imposti dall'interesse sociale e dall'amore. Il successo professionale dà loro il riconoscimento desiderato nella loro lotta per la superiorità (Orgler, 1963).

Uno sforzo esagerato per ottenere riconoscimento è un ostacolo a grandi risultati. Adler (1958) spiega inoltre che l'ambizione esagerata impedisce un risultato davvero grande in quanto produce troppa tensione mentale nelle persone e inibisce il pieno sviluppo delle loro capacità. Solo quando le persone hanno un atteggiamento oggettivo nei confronti del proprio lavoro sono in grado di sviluppare pienamente le proprie capacità e talenti (Adler, 1958).

Tipi psicologici

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Non possiamo considerare gli esseri umani come tipi, perché ogni persona ha uno stile di vita individuale. Se parliamo di tipi, quindi, è solo come un dispositivo concettuale per illustrare le somiglianze tra individui. Possiamo giudicare meglio quando postuliamo una classificazione concettuale, come un tipo, e studiamo le sue particolarità (Ansbacher & Ansbacher, 1956). Sebbene tutte le nevrosi siano, per Adler, una questione di scarso interesse sociale, egli notava che si potevano distinguere tre tipi in base ai diversi livelli di energia coinvolti:

  • Il primo è noto come tipo dominante. Queste persone sono caratterizzate da una tendenza ad essere dominanti e talvolta aggressive nei confronti degli altri. La loro energia, la forza della loro ricerca del potere personale, è così grande che tendono a spingere via qualsiasi cosa o chiunque si metta sulla loro strada. I più energici sono bulli e sadici, e quelli un po' meno energici feriscono gli altri facendo del male a se stessi (autodistruttivi) (Boeree, 1997).
  • Il secondo è noto come il tipo che si appoggia. Queste sono persone sensibili che hanno sviluppato un guscio protettivo attorno a sé. Si affidano agli altri per superare le difficoltà della vita. Hanno bassi livelli di energia e quindi diventano dipendenti. Quando sono sopraffatti dalle circostanze, sviluppano ciò che di solito pensiamo come sintomi nevrotici, come fobie, ossessioni e compulsioni, ansia generale, isteria, amnesie e così via, a seconda dei dettagli individuali del loro stile di vita (Boeree, 1997).
  • Il terzo tipo è noto come tipo elusivo. Questo è l'individuo esitante che non ha la sicurezza di superare le difficoltà e di avanzare, ma che inizia i suoi passi con la massima cautela e che preferisce stare fermo o indietreggiare piuttosto che correre rischi. Questo è un individuo in cui l'indecisione prende il sopravvento e che di solito è incline a pensare più a se stesso che agli altri, così che tale tipo non ha punti di contatto per le grandi possibilità della vita (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Esiste anche un quarto tipo: il tipo socialmente utile. Questa è la persona sana, che ha sia interesse sociale che energia. Da notare che senza energia, non si può avere interesse sociale (Boeree, 1997). Il tipo socialmente utile risulta essere quello che, nella propria infanzia, è stato meno esposto al sentimento di inferiorità, che ha mostrato poche inferiorità organiche evidenti e che non è stato sottoposto a forti irritazioni, in modo che potessero svilupparsi indisturbate, ha imparato ad amare la vita e di venire a patti con essa (Ansbacher & Ansbacher, 1956).

Riassunto del Capitolo

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Alfred Adler, c.1920

In questo Capitolo abbiamo esplorato i concetti più salienti della Psicologia individuale di Alfred Adler. Ciò ha incluso le sue idee sulla struttura della personalità, le dinamiche motivazionali, l'inferiorità, la compensazione, l'ordine di nascita e l'influenza della famiglia, della società e della cultura sullo sviluppo della personalità. Abbiamo visto che egli considera l'interesse sociale, cioè un interesse per la comunità in generale, in contrapposizione all'interesse personale, come uno dei fattori chiave per vivere una vita piena e realizzata. Abbiamo ulteriormente esplorato le sue opinioni sui vari compiti della vita che si devono completare, vale a dire quelli dell'occupazione, dell'amore e dell'interesse sociale. Nel Capitolo 5, la teoria di Adler verrà applicata alla vita di Ernesto Guevara, descritta nel Capitolo 2.