Storia dei papi del Novecento/Pio XII
Pio XII (Eugenio Pacelli; Roma, 2 marzo 1876 – Castel Gandolfo, 9 ottobre 1958) divenne pontefice a ridosso dello scoppio della seconda guerra mondiale. Usò la sua grande esperienza diplomatica in favore della pacificazione e in molti radiomessaggi affrontò il tema di un nuovo ordine internazionale. La sua politica conservatrice e accentratrice portò però all'isolamento la Santa Sede e la figura del papa in particolare. Con la sua scomparsa si chiuse un'epoca, quella che vedeva il vescovo di Roma come un monarca.
Le origini
[modifica | modifica sorgente]Eugenio Pacelli viene tuttora definito l'«Ultimo Principe di Dio»: la famiglia del futuro pontefice rappresentava infatti una delle colonne portanti della nobiltà italiana.[1] Il nonno, Marcantonio Pacelli, fu nominato principe e marchese da Pio IX per averlo aiutato durante il periodo della seconda repubblica romana.
Il futuro papa frequentò le scuole elementari presso un istituto cattolico, successivamente il liceo romano Ennio Quirino Visconti, per poi ottenere la laurea presso la Pontificia Università Gregoriana in utroque iure (diritto canonico e diritto civile). Due anni prima del dottorato, conseguito nel 1901, Pacelli era stato nominato sacerdote.
Forse per la grande tradizione ecclesiastica di famiglia, forse per la straordinaria intelligenza, il cursus honorum del futuro Pio XII all'interno della Chiesa fu rapido e costellato di successi. Nel 1904 divenne ciambellano di papa Pio X, nel 1911 Consultore del Santo Uffizio e nel 1917 nunzio apostolico in Baviera, insieme alla nomina vescovile. Dopo solo 3 anni, la nunziatura si estese all'intera Germania.
Nel 1929 fu elevato alla dignità cardinalizia, e appena un anno dopo, durante il pontificato del suo predecessore, Pio XI, divenne segretario di Stato. Insignito di questa importantissima carica, Pacelli firmò numerosi concordati con gli Stati dell'epoca, tra i quali la Germania di Adolf Hitler. Il Reichskonkordat, che doveva assegnare ai cattolici numerosi vantaggi, fu violato innumerevoli volte dai nazisti, tanto da spingere il cardinale a inviare ben 55 note, e, successivamente, a scrivere un'enciclica ammonitiva in merito.
Ma non c'era solo la Germania; il segretario di Stato visitò numerosi paesi, anche lontanissimi per l'epoca, come l'Argentina o gli Stati Uniti d'America, servendosi dell'aereo. Questo mezzo di trasporto, che cominciava a prendere piede anche nel trasporto civile, gli valse l'appellativo di «cardinale volante».
L'elezione
[modifica | modifica sorgente]Come camerlengo, Pacelli aprì il conclave chiamato a eleggere il successore di Pio XI, scomparso il 10 febbraio 1939. Il 2 marzo, dopo sole tre votazioni, eseguite nello stesso giorno di apertura dei lavori, fu proprio il camerlengo a venire eletto pontefice.[1] Una scelta di grande consapevolezza, per un pontefice di grande esperienza in un periodo, come quello che precedette e seguì la seconda guerra mondiale, estremamente difficile. Pacelli, in segno di continuità con il lavoro svolto da Achille Ratti, scelse il nome di Pio XII.
Fatto insolito per un conclave, fu eletto colui che, alla vigilia, aveva le migliori possibilità di diventare papa. In effetti Pacelli rappresentava un'ottima scelta politica in quanto era il più esperto in diplomazia tra i cardinali del Collegio. Pacelli fu il primo segretario di Stato dal 1667 (Clemente IX) e il secondo camerlengo (dopo Leone XIII) a venir eletto papa.
La condanna dei totalitarismi
[modifica | modifica sorgente]L'elezione e l'incoronazione di Pacelli ebbero un'accoglienza mista in Germania. Da parte di alcuni settori della stampa tedesca giunsero commenti alquanto ostili: il Berliner Morgenpost scrisse che «l'elezione di Pacelli non è accolta favorevolmente in Germania poiché egli è sempre stato ostile al nazionalsocialismo»; la Frankfurter Zeitung scrisse che «molti dei suoi discorsi hanno dimostrato che non comprende del tutto le ragioni politiche e ideologiche che hanno iniziato la loro marcia vittoriosa in Germania».[2][3] D'altra parte l'elezione fu accolta favorevolmente in ambienti diplomatici: il capo del Dipartimento degli Affari vaticani presso il Ministero degli Affari esteri del Reich, il consigliere Du Moulin, redasse un memorandum sulle tendenze politiche e sulla personalità del nuovo pontefice ove si descriveva il neoeletto come «molto amico della Germania». A Berlino ci si ricordò che Pacelli era stato il promotore del Concordato fra la Santa Sede e il Terzo Reich e che, quando le relazioni fra Chiesa e regime nazionalsocialista si erano fatte tese, l'atteggiamento del segretario di Stato era stato sempre - secondo i dispacci dell'ambasciatore Bergen - molto più conciliante di quello di Pio XI. Il giorno stesso della elezione del nuovo pontefice, il conte Ciano, ministro italiano degli affari esteri, annotava nel suo diario che alla vigilia Pignatti di Custoza, ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, gli aveva detto essere Pacelli il cardinale favorito dai tedeschi:[4]
Dopo la cerimonia dell'incoronazione, il 12 marzo, Ciano annotò, sempre nel suo diario: Mussolini «è contento dell'elezione di Pacelli. Si ripromette di fargli pervenire alcuni consigli circa quanto potrà fare per governare utilmente la Chiesa».[5] Uno dei primi atti di Pio XII dopo la sua elezione fu, nell'aprile del 1939, quello di togliere dall'Indice i libri di Charles Maurras, animatore del gruppo politico di estrema destra - antisemita e anticomunista - Action Française, che aveva molti simpatizzanti e seguaci cattolici; agli aderenti revocò, tra l'altro, anche l'interdizione dai sacramenti irrogata da Pio XI. Alcuni storici tendono a leggere questo episodio non tanto in chiave antisemita quanto pragmaticamente anticomunista, stante la necessità di favorire gruppi e aggregazioni che sapessero competere, quanto a organizzazione e rapidità di azione politica, con quelli di ispirazione marxista, la cui capacità di mobilitazione nelle Brigate Internazionali nella recente guerra civile spagnola era chiaramente emersa. Altri storici, comunque, sono del parere che il provvedimento sarebbe stato in linea con una minore riprovazione nei confronti del pregiudizio antisemita, in un periodo storico in cui anche l'Italia iniziava a dar concreta applicazione alle cosiddette leggi per la difesa della razza.[6]
Secondo la sociologa e storica francese Jeannine Verdès-Leroux, i discorsi antisemiti divulgati dall'Action Française hanno contribuito «a rendere "possibile", "accettabile" l'introduzione dello statuto degli ebrei nell'ottobre 1940;[7] l'assuefazione ai discorsi di Maurras e dei suoi accoliti – discorsi che si erano diffusi, avevano oltrepassato la cerchia degli adepti – ha attenuato, in qualche modo, il carattere mostruoso di quelle misure».[8]
Nella sua prima enciclica Summi Pontificatus (1939), Pio XII condannò in nome della pace ogni forma di totalitarismo, nel solco della dottrina della regalità di Cristo che era stata uno dei cardini del pontificato di Pio XI. Sempre nel 1939, proclamò san Francesco d'Assisi e santa Caterina da Siena patroni d'Italia. Nel 1940 riconobbe definitivamente le apparizioni di Fatima e consacrò nel 1942 il mondo intero al Cuore Immacolato di Maria. Inoltre incontrò più volte suor Lucia e le ordinò di trascrivere i famosi segreti di Fatima diventando quindi il primo pontefice a conoscere il famoso terzo segreto, che ordinò però di mantenere nascosto.
La seconda guerra mondiale
[modifica | modifica sorgente]Eletto in un periodo di grandi tensioni internazionali, con il regime nazista che iniziava a occupare molti territori europei, il papa tentò invano di scongiurare una nuova guerra mondiale con diverse iniziative, fra cui la più famosa è il discorso alla radio del 24 agosto 1939 in cui pronunciò la frase simbolo del suo pontificato: "Nulla è perduto con la pace; tutto può essere perduto con la guerra". Tuttavia tali iniziative furono inutili.[9] Il 1º settembre, la Germania invase la Polonia e il 3, Francia e Regno Unito risposero all'attacco: è la seconda guerra mondiale. Papa Pacelli tentò con altri appelli di far cessare le ostilità e organizzò aiuti alle popolazioni colpite e creò l'ufficio informazioni sui prigionieri e sui dispersi. Cercò inoltre di distogliere il fascismo dall'idea di far entrare in guerra l'Italia, ma nonostante ciò il 10 giugno 1940 anche l'Italia entrò in guerra.[9]
Vari e ripetuti furono gli appelli del papa in favore della pace. Vanno ricordati in particolare i radiomessaggi natalizi del 1941, 1942 e 1943, in cui Pacelli delineò anche un nuovo ordine mondiale basato sul rispetto reciproco fra le Nazioni e i popoli. Mussolini commentò il radiomessaggio del 1942 con sarcasmo: «Il Vicario di Dio - cioè il rappresentante in terra del regolatore dell'universo - non dovrebbe mai parlare: dovrebbe restare tra le nuvole. Questo è un discorso di luoghi comuni che potrebbe agevolmente essere fatto anche dal parroco di Predappio». Nel 1941 trasformò la Commissione delle Opere Pie, nata nel 1887, nell'Istituto per le Opere di Religione (IOR).
Durante l'occupazione nazista dell'Italia, dopo l'8 settembre, offrì asilo politico presso la Santa Sede a molti esponenti politici antifascisti tra cui Alcide De Gasperi e Pietro Nenni, appellandosi al fatto che la Città del Vaticano era uno Stato sovrano. Non sempre i tedeschi rispettarono l'extra-territorialità di alcune altre aree a Roma di pertinenza della Santa Sede: nell'inverno del 1943 i tedeschi fecero irruzione nella basilica di San Paolo fuori le mura, dove arrestarono chi vi si era rifugiato, ed è stato scoperto di recente un piano segreto di Adolf Hitler che prevedeva l'occupazione del Vaticano e l'arresto di Pio XII, il quale secondo il dittatore nazista ostacolava i piani della Germania.[10] A questo proposito, per evitare che Hitler tenesse prigioniero il papa, Pio XII preparò una lettera di dimissioni da utilizzare in caso di propria cattura, dando istruzioni di tenere un successivo Conclave a Lisbona.
Nel 1943, quando i tedeschi imposero agli ebrei romani di versare oro in cambio di un'effimera e temporanea salvezza, il Vaticano contribuì fornendo 20 dei 50 chili d'oro richiesti.[11] Durante il corso della guerra, nonostante le numerose informazioni ricevute Pio XII non condannò mai né si impegnò mai pubblicamente per fermare le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento. Secondo lo storico vaticanista Alberto Melloni, i tedeschi avrebbero poi organizzato il ratto del ghetto di Roma proprio per fare un affronto a papa Pacelli.[10]
Il 19 luglio 1943, dopo il violento bombardamento di San Lorenzo a Roma, si recò nei quartieri colpiti, uscita eccezionale del pontefice dal Vaticano (allora il papa usciva dal suo Stato in casi estremamente rari). Durante la visita, papa Pacelli spalancò le braccia alla folla recitando il salmo De profundis.[12] Dopo l'armistizio dell'8 settembre e la fuga dei Savoia dalla capitale, Pio XII dovette fronteggiare da solo l'occupazione nazista della città. Negli ultimi giorni di maggio del 1944, i tedeschi si preparavano alla fuga e avevano minato i ponti sul Tevere per impedire alle forze angloamericane di procedere nell'avanzata verso nord. Pacelli ammonì: «Chiunque osi levare la mano contro Roma, si macchierà di matricidio».[13] Il 4 giugno 1944, dopo la Liberazione, ricevette in Vaticano i soldati alleati. La domenica successiva i romani si recarono in massa a piazza San Pietro a salutare e a festeggiare il papa che, di fatto, era l'unica autorità religiosa, morale e politica rimasta nella capitale dopo l'8 settembre.[14] Per questo Pio XII fu anche soprannominato Defensor civitatis.[15]
Il dopoguerra
[modifica | modifica sorgente]Il 18 febbraio 1946, a guerra finita, tenne il suo primo concistoro per la creazione di nuovi cardinali: per la prima volta dopo secoli, il numero di cardinali italiani risultò inferiore a quello dei cardinali non italiani. Con la bolla Quotidie Nos dell'11 aprile 1946 definì la gerarchia ecclesiastica della Chiesa cattolica in Cina, la quale era oggetto della persecuzione da parte del regime comunista nato dalla rivoluzione cinese;[16] nell'enciclica Ad Sinarum Gentem[17] del 7 ottobre 1954 Pio XII si rivolse ai cattolici cinesi esortandoli a sopportare ogni persecuzione per rimanere fedeli alla legge divina.
Neutrale durante il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, dovette a guerra finita fronteggiare la nascita della guerra fredda e della divisione del mondo in due blocchi contrapposti. In questo caso, però, il papa non si mantenne sopra le parti ma si schierò decisamente contro il comunismo, di cui fu un fermo oppositore. Nelle elezioni politiche italiane del 1948 si schierò con determinazione a favore della Democrazia Cristiana, favorendone la schiacciante vittoria, e appoggerà sempre con slancio questo partito anche se non condivise alcune scelte di Alcide De Gasperi, tra cui il rifiuto di quest'ultimo di collaborare con i partiti di destra.
Nel 1949, dimostrò un certo interesse alle opere di carità - ricevette in visita il sacerdote Giulio Facibeni, noto per aver fondato l'Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa - e tolse la sospensione a divinis a Don Zeno, fondatore della comunità di Nomadelfia. Inoltre, impose al Sant'Uffizio di "lasciar stare Padre Pio".
Lo stesso anno 1949, con un atto clamoroso a livello mondiale, scomunicò i cristiani che si dichiaravano comunisti e, in seguito alle persecuzioni dei cristiani nell'Europa dell'Est, i capi di governo a essi riferiti. Inoltre cercò di attivare contatti e di salvare i cattolici dalle deportazioni nei gulag sovietici, pur senza riuscirci. Ma in un mondo ancora segnato dalle ferite della guerra, intuì che, più che un papa politico, la gente aveva bisogno di un "pastore angelico che porta il suo gregge sulle vie della pace". Con questi intenti, Pio XII proclamò il Giubileo del 1950, cui molti si dichiararono contrari. In tanti sostenevano che l'Italia, ancora distrutta dalla guerra, non era in grado di reggere a una manifestazione di respiro mondiale.
Invece, il Giubileo, con il suo messaggio di riconciliazione, speranza e pace, fu un vero trionfo, con oltre un milione e mezzo di pellegrini e, tra l'altro, contribuì a far conoscere le bellezze italiane all'estero, favorendo i primi boom turistici. Durante il Giubileo, con la bolla Munificentissimus Deus, istituì il dogma dell'Assunzione di Maria, il 1º novembre, ricorrendo per l'unica volta in tutto il Novecento all'infallibilità papale. Inoltre, venendo incontro alle numerose richieste dei fedeli, proclamò santa Maria Goretti, sebbene fossero passati solo due anni dalla sua beatificazione (all'epoca il diritto canonico prevedeva che passassero almeno vent'anni).
Gli anni cinquanta
[modifica | modifica sorgente]Negli anni successivi, Pio XII, anche per il suo carattere schivo e introverso, ridusse all'osso l'organizzazione della Curia Romana (dal 1944 non nominò nessun nuovo Segretario di Stato). Tuttavia fu un papa particolarmente amato dalla gente: istituì l'Angelus domenicale dalla finestra di piazza San Pietro e fu il primo pontefice le cui immagini vennero trasmesse in televisione (sul cui uso emise anche un'enciclica, la Miranda Prorsus). Grazie alla conoscenza di numerose lingue, fu uno dei primi a rivolgersi in lingua straniera ai pellegrini che venivano a Roma. Nel 1950 affermò, nella Humani Generis, la compatibilità tra fede cattolica ed evoluzionismo, nondimeno considerando l'evoluzione una teoria scientifica e non una realtà già dimostrata, e la necessità di doverose ulteriori chiarificazioni concettuali.
Nel 1952 in un famoso discorso alle ostetriche ammise la possibilità che i coniugi avessero rapporti sessuali anche durante il periodo di sterilità naturale della donna che è ancora oggi l'unico mezzo di contraccezione riconosciuto dalla Chiesa. Inoltre, in molti discorsi ai giovani sposi, rilanciò il ruolo della famiglia e del matrimonio e indicò la Sacra Famiglia come modello di santità per le famiglie. Venendo incontro alle richieste del mondo moderno autorizzò diversi provvedimenti, preludio delle riforme del concilio Vaticano II: permise la celebrazione della Messa nelle ore serali, apportò modifiche alla lettura dei Salmi nel Breviario dei sacerdoti, riorganizzò la pratica del digiuno eucaristico riducendolo a tre ore per i cibi solidi, a un'ora per le bevande non alcoliche ed eliminandolo del tutto per l'acqua e i medicinali.
Consapevole dei benefici apportati dal progresso, ma anche dei pericoli insiti in esso, aggravati dall'instabilità della situazione internazionale dovuta alla guerra fredda, Pio XII era convinto che la vera pace avrebbe potuto scaturire solo da un nuovo ordine cristiano del mondo. Un tale ordine gli sembrava minacciato dalla perdita del senso di responsabilità individuale, schiacciato dalla massificazione sociale, in cui ognuno era come diventato una semplice ruota di organismi privi di consapevolezza, e in cui la libertà risultava dunque svuotata:
Nel 1953 tenne il suo secondo e ultimo concistoro per la creazione di nuovi cardinali. In seguito rivolse la sua attenzione anche alle vicende dei cattolici ungheresi, colpiti dalla repressione militare successiva alla rivoluzione del 1956. Ai fatti dell'Ungheria dedicò, infatti, tre encicliche: la Luctuosissimi Eventus, la Laetamur Admodum e la Datis Nuperrime. La salute di Pio XII si aggravò durante la fine del decennio: fu afflitto per molto tempo da un singhiozzo continuo, dovuto forse a una gastrite.
La morte e lo scandalo Galeazzi-Lisi
[modifica | modifica sorgente]Già nel 1956, Pacelli fu colpito da una malattia gravissima che per poco non ne causò la morte. In quell'occasione, si disse che il pontefice malato ebbe un'apparizione di Cristo, al quale si rivolse dicendo Voca me!, «Chiamami a te».[18] La morte avvenne due anni dopo a Castel Gandolfo (residenza estiva del Romano Pontefice), alle 3:52 del 9 ottobre 1958.
L'archiatra papale, Riccardo Galeazzi Lisi, senza alcuna etica né rispetto per l'uomo agonizzante, scattò foto a papa Pacelli mentre spirava, e le vendette a vari giornali francesi, suscitando enormi moti di sdegno. Decise inoltre di imbalsamare il corpo di Pio XII con la plastica, aggiungendo, prima dell'"incartamento", aromi ed erbe. Il corpo, da Castel Gandolfo, venne trasportato a Roma con un carro funebre che attraversò tutta la città. Il metodo sconsiderato di imbalsamatura e il caldo dell'ottobrata romana fecero succedere il peggio: il cadavere entrò velocemente in decomposizione mentre veniva trasportato nella basilica per l'omaggio della gente. Nulla poté fare il gruppo di medici legali chiamati a rimediare con un secondo tentativo di imbalsamazione durante i nove giorni in cui il feretro rimase esposto. In seguito, Galeazzi Lisi fu licenziato dal collegio cardinalizio, radiato dall'ordine dei medici ed espulso a vita dalla Città del Vaticano dal nuovo papa Giovanni XXIII.[19]
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ 1,0 1,1 G. Zizola, I papi del XX secolo, Roma 1995, p. 46.
- ↑ J. Cornwell, Il Papa di Hitler, Milano 2000.
- ↑ P.L. Guiducci, Il terzo Reich contro Pio XII - Papa Pacelli nei documenti nazisti (Attualità e storia), san Paolo 2013, p. 88 (l'autore dai documenti della cancelleria tedesca perviene alla conclusione che la connivenza di Pio XII fluisce nel suo contrario).
- ↑ S. Friedländer, Pio XII e il Terzo Reich, Milano 1965. Secondo Friedländer, è possibile che tali reazioni contrastanti siano dovute a una divergenza di opinioni tra Göbbels e Ribbentrop in merito all'atteggiamento che il segretario di Stato di Pio XI avrebbe assunto verso il Reich, nel caso fosse stato eletto papa.
- ↑ A. Riccardi, Roma città sacra? Dalla Conciliazione all'operazione Sturzo, Milano 1979, p. 181.
- ↑ M. Phayer, La chiesa cattolica e l'olocausto, Roma, 2001, pp.35-36.
- ↑ Fin dall'indomani della sua costituzione, il governo di Vichy emanò alcuni decreti che facevano chiaramente presagire le sue intenzioni riguardo agli ebrei. Tra il luglio e l'agosto del 1940 infatti fu disposta la revisione delle naturalizzazioni accordate dopo il 1927 e venne abrogato il decreto Marchandeau che puniva l'ingiuria "verso un gruppo di persone che, per la loro origine, appartengono a una determinata razza o religione". Nell'ottobre del 1940 il governo di Vichy avvia una politica antiebraica con lo Statuto degli ebrei e la Legge sugli stranieri di razza giudaica. Gli ebrei vengono allontanati dalla scuola, dalla pubblica amministrazione e dalle professioni liberali, i loro beni sono "arianizzati", cioè espropriati. Gli israeliti stranieri vengono internati nei campi di concentramento. In seguito, previo accordo con i tedeschi, il governo di Vichy permetterà la deportazione degli ebrei, stranieri e francesi, nei campi di sterminio, ove ne saranno massacrati 75.000 (Roberto Finzi, L'antisemitismo: dal pregiudizio contro gli ebrei ai campi di sterminio, Giunti, Firenze, 1997; Giovanni Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, Rizzoli, Milano, 2000).
- ↑ Jeannine Verdès-Leroux, Refus et violences: politique et littérature à l'extrême droite des années trente aux retombées de la Libération, Gallimard, Parigi, 1996, pag.55; Giovanni Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, Rizzoli, Milano, 2000, p. 297.
- ↑ 9,0 9,1 G. Zizola, Storia dei papi del Novecento, Roma 1995, p. 47.
- ↑ 10,0 10,1 La Grande Storia; puntata del 29 dicembre 2006 "Il Principe di Dio".
- ↑ Il Piccolo di Trieste, 15/10/2007, "Gli ebrei e l'olocausto a Trieste - La ricostruzione storica degli anni terribili - della guerra nella morsa nazifascista - Gli ebrei e l'olocausto a Trieste In esclusiva per «Il Piccolo»: i documenti inediti di Londra" di Fabio Amodeo e Mario J. Cereghino, citato in "Rassegna Stampa" dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
- ↑ G. Zizola, Storia dei papi del Novecento, Roma 1995, pp. 48-49.
- ↑ Citato in La grande storia "Pio XII - Il principe di Dio", Rai Tre 2006
- ↑ E. Biagi Racconto di un secolo 1999 Ed. Rai-Eri
- ↑ Defensor civitatis (o defensor urbis) fu chiamato, durante la Seconda guerra mondiale, Papa Pio XII in quanto si adoperò per evitare a Roma i massimi orrori bellici. Defensor civitatis sull'Enciclopedia Treccani.
- ↑ Andrea Riccardi, Il secolo del martirio, Mondadori, 2009, pp. 250-52.
- ↑ Testo dell'enciclica Ad Sinarum Gentem.
- ↑ J. Chélini, L'Eglise sous Pie XII, Fayard 1989, vol. II, pp. 513-514.
- ↑ E. Duffy, Saints & Sinners: A History of the Popes, Yale University Press, 2006, p. 291.