Biblioteche partecipative/Il percorso verso la biblioteca partecipativa
Una prima significativa spinta ad adottare un approccio partecipativo è stata determinata dalla Convenzione di Faro (2005) Convenzione di Faro. La Convenzione ratificata in Italia nel 2013 mette al centro i pubblici, che all’art. 2 sono definiti “comunità di eredità”, costituite da “insiemi di persone che attribuiscono valore a degli aspetti specifici dell’eredità culturale, che desiderano, nell’ambito di un’azione pubblica, sostenere e trasmettere alle generazioni future”. Amministratori e politici sono incoraggiati ad applicare politiche ed approcci partecipativi.
In questa direzione di facilitare la partecipazione attiva dei pubblici, si possono indicare tre progetti: Indices, Me-mind e Digital Community Heritage and Open Access. Questi tre progetti hanno in comune lo scopo di definire ed innovare gli approcci partecipativi in ambito digitale.
Il progetto INDICES ha diffuso il Change Impact Assessment Framework, con lo scopo di evidenziare l'impatto che la partecipazione culturale attiva in ambito digitale può avere sui partecipanti in un ampio spettro di aree psicosociali, ambientali e di innovazione. Il framework usa le 8 aree definite da Sacco (2021; 2017) per facilitare l'individuazione di obiettivi che possono definire l'impatto delle istituzioni culturali oltre il generico stimolo all'elevazione culturale.
Il progetto Me-Mind si concentra sulle pratiche partecipative che facilitano l'impatto delle istituzioni culturali sulle comunità e che sono descritte nel Impact Canvas. Lo scopo del progetto è quello di dimostrare attraverso due casi di studio come si possa integrare la tecnologia nella fruizione culturale e come sia possibile rendere i pubblici partecipativi.
Il progetto Digital Community Heritage and Open Access è realizzato da un Gruppo di Creative Commons e ha lo scopo di favorire l'accesso ai contenuti creati dal pubblico. Il progetto ha raccolto in un rapporto Digital Community Heritage Rapportoi risultati dello studio preparatorio e dell'indagine sulle iniziative di pubblici partecipativi esistenti in Europa.
Gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDG) dell'Agenda delle Nazioni Unite per il 2030 concorrono a diventare uno stimolo per la trasformazione partecipativa delle biblioteche. L'IFLA ha assunto un ruolo attivo nell'Agenda, promuovendo le biblioteche come strumento per il raggiungimento degli SDG. Il documento Access and opportunity for all [ps://www.if%20la.org/files/assets/hq/topics/libraries-development/documents/access-and-opportunity-for-all.pdf] presenta un elenco esemplificativo di alcune attività svolte dalle biblioteche per facilitare gli SDG. In Italia, la rete nazionale ASviS è stata creata per supportare l'Agenda 2030 in tutti i tipi di istituzioni e la rete accademica RUS per supportarla nelle università dove ha molte implicazioni per la ricerca, l'insegnamento e la terza missione. Faggiolani (2019)[1] descrive i metodi qualitativi di misurazione di impatto delle biblioteche per evidenziare il supporto delle biblioteche alla sostenibilità.
L'approccio ai pubblici nella biblioteca partecipativa
[modifica | modifica sorgente]La biblioteca partecipativa inizia quando si comincia a riflettere intorno al pubblico con “empatia”: non si considera un utente generico e sempre uguale, ma individui e comunità dei quali si vuole conoscere non solo quello che dicono: quali comunità afferiscono alla biblioteca? Quali sotto comunità? Cosa desiderano, sentono, pensano e non solo cosa dicono? Come la biblioteca potrebbe migliorare la loro vita? Entrare in empatia con le diverse comunità è la prima fase importante che inizia la trasformazione in una biblioteca partecipativa.
La prima affermazione è che per i bibliotecari del XXI secolo è richiesto un tipo di pensiero “agile” esemplificato dalle pratiche partecipative che coinvolgono attivamente la comunità.
L'attività fondamentale delle biblioteche partecipative è che collaborano col pubblico per il disegno dei servizi. Il bibliotecario in particolare adotta pratiche partecipative per creare le condizioni e per facilitare la collaborazione con diverse comunità fino a disegnare e gestire la biblioteca insieme ai pubblici, per il raggiungimento di comuni obiettivi.
In secondo luogo, i bibliotecari dotati degli strumenti del co-disegnatore di servizi insieme alle comunità sono meglio preparati a realizzare un cambiamento sociale con/della loro comunità, alla ricerca di un mondo più giusto, inclusivo ed equo.
Essenziale per realizzare questa nuova visione della biblioteca è l'impegno a integrare la filosofia e la pratica del disegno partecipativo nel tessuto delle operazioni quotidiane della biblioteca. Cosa possiamo disegnare insieme? Possiamo progettare quasi tutto, da cose tangibili come lo spazio fisico e le interfacce software, a beni immateriali come i servizi, i partenariati ed i processi gestionali. Il disegno dei servizi collaborativi si applica alla risoluzione dei problemi, alla progettazione delle migliori soluzioni per le esigenze degli utenti e al massimo raggiungimento degli obiettivi da parte di tutte le parti interessate.
A partire da un’indagine realizzata dalla Biblioteca di Aarhus sui millennials in biblioteca da Jette Holmgaard e dall’esperienza di pratiche partecipative in Francia esaminate da Raphaelle Bats, il lavoro del Panel “Pubblici partecipativi" si allargherà all’individuazione e alla segmentazione di diverse comunità a cui si rivolgono le biblioteche partecipative nell’esperienza del CSBNO descritta da Riccardo Demicelis e Simona Villa, della biblioteca universitaria di Loyola University esposta da Anne Wittrick e quella dell’Università di Firenze presentata da Silvia Bruni.
Tutte le tipologie di biblioteche e tutti i tipi di pubblici sono interessati dall'approccio partecipativo. Per le biblioteche accademiche si può evidenziare lo sviluppo dell’Open Science e della Citizen Science. Per le biblioteche di ricerca, la Convenzione di Faro evidenzia l’esigenza della partecipazione attiva dei pubblici.