Gallerie di piazza Scala/VIII
Sezione VIII
[modifica | modifica sorgente]Il revival del Settecento nel salotto borghese (Sala 16)
Sono presenti 7 opere che mostrano come pubblico e collezionisti preferirono l'evasione, il disimpegno in un mondo, come quello del Settecento, dominato dalla grazia, dall’eleganza, dalla spensieratezza, rispetto al modello di una pittura impegnata che faceva riflettere, come era stata quella del Romanticismo.
112. Gerolamo Induno La pittrice
La pittrice è presentata alla Seconda esposizione nazionale di belle arti di Brera nel 1872 accanto a un’altra opera in Collezione, Mi ama o non mi ama? di Francesco Valaperta. Entrambe entrano nella Collezione Turati per volontà del conte Ercole formando così un perfetto pendant. Mecenate artistico come già il padre Francesco, appartenente ad una delle più importanti famiglie della borghesia imprenditoriale lombarda, Ercole Turati (1829-1881) come altri collezionisti mostrava uno spiccato gusto per la pittura di genere in costume e accostò probabilmente da subito la donna in abiti medievali di Valaperta a questa pittrice del Settecento.
L’iconografia della donna che si diletta con l’arte proviene dai repertori d’oltralpe di Ernest Meissonier e si diffonde in Italia attraverso le opere di artisti quali Eleuterio Pagliano e Mosè Bianchi oltre agli stessi Induno. Questi pittori tuttavia si ispirano non solo al gusto decorativo delle scene in costume ma anche alle numerose artiste conosciute direttamente frequentando la società aristocratica e borghese del tempo, donne che nella pittura vedevano un piacevole passatempo oltre che un segno di emancipazione e tra le quali possiamo ricordare le nipoti dello scrittore Cesare Beccaria, Rachele e Antonietta. Gerolamo per la sua Pittrice guarda probabilmente anche a un’opera del fratello Domenico Induno, Giovane pittrice nell’atelier (1870, collezione privata) rispetto alla quale egli si concentra meno sull’ambientazione e più sulla figura femminile dipingendone gli abiti e l’acconciatura con ricercatezza cromatica e con una stesura pittorica abilmente rifinita.
- 113. Francesco Valaperta, Mi ama o non mi ama? (La malata d'amore), 1871
Il dipinto è stato originariamente attribuito a Gerolamo Induno con il titolo La malata d’amore per via delle affinità che lo accomunano all’altra opera in Collezione, La pittrice, anch’essa proveniente dalla Collezione Turati; le recenti ricerche ne hanno tuttavia permesso l’identificazione con Mi ama o non mi ama?, dipinto di Francesco Valaperta presentato come quello di Induno alla Seconda esposizione nazionale di belle arti di Brera nel 1872. Le somiglianze di formato e soggetto che caratterizzano le due opere e la medesima cornice, attribuibile all’intagliatore milanese Carlo Colombo, derivano probabilmente dalla stessa committenza, quella del conte Ercole Turati (1829-1881) che appare tuttavia indicata nel catalogo dell’esposizione braidense solo per il dipinto di Valaperta. Figlio di Francesco Turati, titolare di una delle più importanti manifatture nazionali del cotone e grande mecenate artistico, Ercole continuò ad arricchire le collezioni paterne allestendo le sale del nuovo palazzo di via Meravigli 9-11, edificato nel 1880 da Ernesto Pirovano accanto a quello del padre. Al pendant dei dipinti di Induno e Valaperta doveva aggiungersene un secondo, oggi disperso, composto da Suonatrice di liuto di Eleuterio Pagliano e Leggitrice dello stesso Valaperta. Ritorna in tutte le opere la figura femminile secondo le diverse iconografie previste dalla pittura di genere, diffusa in Italia nella prima metà dell’Ottocento e tradotta spesso in opere di derivazione storico-letteraria rispondenti alle istanze della poetica romantica. Valaperta raffigura una giovane donna in abiti medievali, intenta a sfogliare i petali di una margherita; l’attenzione rivolta alla resa di alcuni particolari, come la scarsella legata alla cintura, svela una pittura ispirata a un cauto realismo, lo stesso che troviamo anche nei ritratti eseguiti per la quadreria dei benefattori dell’Ospedale Maggiore di Milano
- Gerolamo Induno, La lezione di ballo, 1867
Presentata all’Esposizione di belle arti dell’Accademia di Brera del 1867, l’opera appartiene alla Collezione Turati. Fu infatti eseguita su commissione del conte Francesco Turati (1802-1876), industriale del cotone la cui celebre collezione fu ospitata nelle sale del palazzo neorinascimentale di via Meravigli 7 e successivamente nella nuova dimora a questa adiacente voluta dal figlio Ercole (1829-1881) che allo stesso Induno commissionò un’opera di gusto affine, La pittrice. Il dipinto è poi apparso alle due esposizioni retrospettive dedicate ai fratelli Induno nel 1891 e nel 1933.
Il soggetto è tratto dalla pittura di genere in costume settecentesco, allora molto in voga tra i collezionisti dell’alta borghesia e largamente interpretato dagli artisti. In una sala riccamente decorata con stucchi dorati ed arazzi, un maestro di ballo si appresta a condurre la propria lezione a due giovani donne, mentre una terza li osserva seduta e un domestico alle loro spalle prepara il tè; una quarta figura femminile fa capolino oltre il paravento posto contro la finestra. Induno descrive con grande abilità e in modi accattivanti la scena che viene apprezzata dalla critica sia per la vivacità della narrazione, esaltata anche da accesi accostamenti cromatici, sia per la verosimiglianza dei costumi resi fin nei minimi particolari. Il successo dell’opera giustificò le repliche eseguite da Induno negli anni successivi, tra le quali una datata al 1884 giunse nelle collezioni di Javotte Bocconi Manca di Villahermosa.
- 115. Eleuterio Pagliano La lezione di geografia
Il dipinto fu presentato in occasione dell’Esposizione Nazionale di Torino del 1880 e, in seguito, esposto alla mostra retrospettiva di Eleuterio Pagliano allestita presso la Società Permanente di Milano nel 1903.
Le grandi dimensioni e l’inquadratura molto ravvicinata, che presenta i personaggi di tre quarti, distinguono questa versione del soggetto dalle numerose varianti eseguite dall’artista nel corso degli anni Settanta. Ambientata in una loggia monumentale aperta su un paesaggio di campagna, la scena raffigura due dame in costume settecentesco, sedute ad un tavolo, intente ad ascoltare la lezione del maestro che, alzatosi in piedi, indica sul mappamondo luoghi lontani, evocando località esotiche. Il tono disimpegnato e piacevole dell’opera, del tutto estraneo alla produzione di maggior impegno e più popolare dell’artista rivolta a temi storico-letterari o episodi risorgimentali, corrisponde a una pittura di genere di gusto neosettecentesco molto richiesta dal mercato, alla quale l’artista si accostò nella maturità.
La critica, nel rilevare le straordinarie qualità tecniche del dipinto e, in particolare, l’armoniosa fusione della tavolozza direttamente ispirata ai modelli del Settecento, evidenziò l’allontanamento di Eleuterio Pagliano, sodale di Domenico Morelli e precoce interprete delle prime istanze naturaliste, dallo studio dal vero. La grande fortuna e l’ampia diffusione negli anni Settanta dei temi neosettecenteschi, spesso ripetuti in varie versioni, sono ben documentate in Collezione da due opere di Gerolamo Induno che ottennero un particolare successo di critica, La lezione di ballo e La pittrice.
Gaetano Previati Paggetto con mandolino L’opera è riferibile ai primi anni di attività del pittore che nel 1879 ottiene il Premio Canonica all’annuale esposizione dell’Accademia di Brera di Milano con Gli ostaggi di Crema (Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito al Museo Civico di Crema). Ai temi storici, nuovamente affrontati l’anno seguente nel Cesare Borgia a Capua (Il Valentino) (Forlì, Cassa dei Risparmi di Forlì), Previati affianca anche soggetti tratti dalla pittura di genere, molto richiesti dai collezionisti del tempo. Figure in costume come questo Paggetto ricorrono con sicuro successo di mercato a partire dagli anni Settanta anche nella produzione di artisti quali Eleuterio Pagliano e Gerolamo Induno, presenti in Collezione con La lezione di geografia, La pittrice e La lezione di ballo. Nella scelta del soggetto Previati mostra di essere ancora legato agli insegnamenti accademici, ma la stesura pittorica pastosa rivela i suoi primi contatti con l’ambiente della Scapigliatura milanese, al quale si avvicina tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta grazie ad amici quali Luigi Conconi. La solida definizione dei volumi attraverso l’uso di intense cromie ricorre in questi anni anche nella ritrattistica, di cui ricordiamo il Ritratto di Erminia Cairati (Milano, Galleria d’Arte Moderna) e Aurora (collezione privata), presentato all’Esposizione generale italiana di Torino nel 1884, anno entro il quale possiamo datare l’opera in Collezione.
- 117. Vela_Vincenzo, Ritratto_della_marchesa_Virginia_Busti_Porro_adolescente
L’opera, commissionata dalla famiglia Busti Venegonne ed eseguita da Vincenzo Vela nel 1871, entrò a far parte della raccolta Porro Lambertenghi di Fino Mornasco, nei pressi di Como, nel 1881, a seguito del matrimonio dell’effigiata con Giovanni Angelo Porro Lambertenghi. Donata nel 1925 alla Società Italiana per la protezione dei Fanciulli di Milano, nello stesso anno fu acquistata dalla Cassa di Risparmio, con un chiaro intento filantropico, per la consistente somma di cinquantamila lire.
La scultura, in marmo bianco di Carrara, raffigura l’adolescente in abiti contemporanei, in atto di porgere uno dei fiori che trattiene in grembo. Nella copiosa produzione ritrattistica di Vincenzo Vela, l’opera si distingue per l’adozione di un’immagine piuttosto convenzionale caratterizzata da un realismo descrittivo nei tratti del volto, negli abiti e nel bouquet di fiori, del tutto estraneo alla fresca naturalezza dei ritratti di fanciulli eseguiti a partire dagli anni Cinquanta. Nel Museo Vela di Ligornetto, casa-museo dello scultore ticinese, si conservano il gesso originale dell’opera e due modelletti preparatori in terracotta. L’iconografia della scultura in Collezione - come già per molte altre opere di Vela, tra le quali la celebre Preghiera del mattino (Milano, Museo di Milano) - è derivata direttamente dai modelli pittorici di Francesco Hayez del quarto e quinto decennio del secolo, come il celebre Ritratto della contessina Antonietta Negroni Prati Morosini (Milano, Galleria d’arte Moderna).
118. Odoardo Fantacchiotti, Ritratto di fanciulla che si avvolge in un drappo, 1875