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Gli dèi della Grecia/Helios

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Metopa raffigurante Helios che esce dal mare. Rinvenuta all'angolo Nord-Est del tempio di Atena a Troia da Heinrich Schliemann nel 1872, e risalente al IV secolo a.C., è oggi conservata presso il Pergamonmuseum di Berlino. La raffigurazione di Helios che esce dal mare può riprendere quanto riportato in Ateneo (469c e sgg.) dove viene raccontato il modo in cui Helios, dopo aver attraverso il cielo da oriente verso occidente, torni col suo cocchio al suo punto di origine: entro un'enorme coppa attraversa l'oceano.

Helios (Ἥλιος (Hḗlios) è, nella religione greca, la potenza divina dell'astro solare.

Helios nell'Iliade

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La più antica attestazione greca del dio Helios è nel III canto dell'Iliade dove viene indicato come colui che "tutti vede e tutto ascolta"[1]:

(IT)
« Zeus padre, signore dell'Ida, grande e glorioso,
Sole che tutti vedi e tutto ascolti,
fiumi e terra, e voi che sotto terra
punite da morti coloro che giurano il falso,
siate testimoni, e custodite i patti. »

(GRC)
« Ζεῦ πάτερ Ἴδηθεν μεδέων κύδιστε μέγιστε,
Ἠέλιός θ', ὃς πάντ' ἐφορᾷς καὶ πάντ' ἐπακούεις,
καὶ ποταμοὶ καὶ γαῖα, καὶ οἳ ὑπένερθε καμόντας
ἀνθρώπους τίνυσθον ὅτις κ' ἐπίορκον ὀμόσσῃ,
ὑμεῖς μάρτυροι ἔστε, φυλάσσετε δ' ὅρκια πιστά »
(Iliade III, 276-280. Traduzione di Guido Paduano. Milano, Mondadori, 2007, p.91)

La facoltà di onnivegenza lo fa invocare nei giuramenti [2].

Helios nella Teogonia di Esiodo

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Nella Teogonia di Esiodo (vv.371-374) i titani Theia (Θεία, anche Teia o Tia)[3] e Iperione (Ύπέριον) generano Helios insieme a Selene (Σελήνη, Luna) e Eós (Ἠώς, Aurora).
Mentre ai versi 956-957 Helios e l'oceanina Perseis (Περσηίς, anche Perseide) generano Circe (Κίρκη) e Aiete (Αἰήτης, anche Eeta).

Helios nelle altre tradizioni

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  • Negli Inni omerici, la possibilità di vedere e ascoltare ovunque (così come testimoniato nell'Iliade) consentì a Helios di assistere al rapimento di Persefone (Περσεφόνη) da parte di Ade (Ἅιδης)[4].
  • In Pindaro, Helios è lo sposo della ninfa Rodo (Ῥόδη, anche Rodi)[5] e sull'isola di Rodi ebbe sette figli[6]. Sempre in Pindaro, Zeus assegna a Helios l'isola di Rodi in quanto, assente al momento della spartizione del mondo tra gli dèi, ottiene Rodi appena emersa dal mare[7].
  • Platone, nel suo Simposio (220 D) cita la lirica di Socrate dedicata a Helios che sorge[8].
  • In Ateneo (469c e sgg.) viene raccontato il modo in cui Helios dopo aver attraverso il cielo da oriente verso occidente, tornasse al suo punto di origine: entro un'enorme coppa attraversava l'oceano.
  • In Diodoro Siculo[9] Helios risulta particolarmente venerato a Rodi che è l'isola a lui sacra, in quanto inizialmente non era che una palude divenendo fiorente grazie ai raggi del sole che la prosciugarono.
  • In Pausania Helios è genitore di Pasifae (Πασιφάη)[10] da intendersi questa come un appellativo di Selene[11].
  • Il mitografo romano Igino[12] narra la vicenda di Fetonte (Φαέθων) il quale figlio di Climeno (Κλύμενος)[13], a sua volta figlio di Helios e della ninfa Merope (Μερόπη), venne a sapere dal padre che suo nonno era Helios, ma adoperò in modo errato il cocchio solare in quanto si avvicinò troppo alla terra incendiando dove passava finché un fulmine lo colpì facendolo precipitare nel fiume Po che i Greci chiamano Eridano (Ferecide fu il primo a indicarlo in questo modo). Le sorelle di Fetonte piansero in tal modo il fratello che furono trasformate in pioppi. Queste loro lacrime (narra Esiodo[14]) rapprendendosi si trasformarono in ambra, e per questa ragione sono chiamate Eliadi (Ἡλιάδες): Merope, Elie, Egle, Lampezia, Febe, Eteria e Diossipe.
  • Il dio viene normalmente rappresentato alla guida del carro del sole che conduce da oriente verso occidente[15]. Il poeta romano Ovidio[16], riprendendo Pindaro[17], indica questo carro in una quadriga tirata da quattro cavalli che soffiano fuoco dalle narici: (Eòo, Etone, Flegone e Piroide).

Il culto di Helios non era regolare in Grecia[18] in quanto questo dio non risiedeva né nelle città, né nelle campagne, ed essendo un astro era considerato lontano dagli uomini che comunque gli prestavano debito onore. Il suo culto risulta invece particolare nell'isola di Rodi dove gli era consacrata una colossale statua rappresentante un giovane con una folta chioma cinta da una corona a raggiera conosciuta con il nome di Colosso di Rodi[19], a dimostrazione dei tratti propriamente non greci della sua civiltà[20].

A Helios erano dedicate, sempre a Rodi, le Hēliaîa (Ἡλιαῖα), festività comprendenti gare atletiche[21] e un sacrificio di quadrighe gettate in mare[22].

In età successive il culto di Helios assunse viepiù un'importanza centrale, dapprima fu identificato con altri dèi, ad esempio l'identificazione con il dio Apollo risulta già attestata nel V secolo a.C.[23], successivamente, in epoca tardo-imperiale, a partire da Aureliano, il suo culto divenne il principale culto dell'impero romano[24]; in Macrobio [25] sono riassunte le motivazioni teologiche:

(IT)
« Allora Vettio: 2 Non credere, caro Avieno, che la schiera dei poeti, quando parla degli dèi, non tragga per lo più ispirazione dai recessi della filosofia. Infatti non è vana superstizione quella che fa loro ricondurre al Sole tutti gli dèi, o per lo meno quelli celesti, ma divina saggezza. 3 Se il Sole, secondo l'opinione degli antichi, regge e governa tutti gli altri astri[26] e presiede esso solo al movimento dei pianeti, e se è vero che le stelle con le loro orbite regolano, come taluni ritengono, l'ordine degli eventi umani, o, secondo la teoria di Plotino, lo preannunciano, dobbiamo necessariamente considerare il Sole, in quanto governa i governatori del nostro destino, come origine di tutto ciò che accade intorno a noi. 4 E come Virgilio Marone dicendo a proposito della sola Giunone "per quale suo nome offeso", intese significare che le varie manifestazioni di un solo dio si devono considerare come altrettante divinità, così le diverse proprietà del Sole diedero origine a nomi degli dèi. Di qui i primi sapienti prclamarono il principio hèn tò pan (il tutto è unico). 5 Dunque chiamarono Apollo la proprietà divinatrice e curatrice del Sole, mentre quella che presiede al linguaggio ricevette il nome di Mercurio. In effetti, poiché il linguaggio interpreta i pensieri nascosti, con denominazione appropriata fu chiamato in greco Hermes da hermenèuein (interpretare). »

(LA)
« Tum Vettius: Cave aestimes, mi Aviene, poetarum gregem, cum de dis fabulantur, non ab adytis plerumque philosophiae semina mutuari. Nam quod omnes paene deos, dumtaxat qui sub caelo sunt, ad solem referunt, non vana superstitio sed ratio divina commendat. 3 Si enim sol, ut veteribus placuit, dux et moderator est luminum reliquorum, et solus stellis errantibus praestat, ipsarum vero stellarum cursus ordinem rerum humanarum, ut quibusdam videtur, pro potestate disponunt, ut Plotino constat placuisse, significant: necesse est ut solem, qui moderatur nostra moderantes, omnium quae circa nos geruntur fateamur auctorem. 4 Et sicut Maro, cum de una Iunone diceret: Quo numine laeso, ostendit unius dei effectus varios pro variis censendos esse numinibus, ita diversae virtutes solis nomina dis dederunt: unde ἓν τὸ πᾶν sapientum principes prodiderunt. 5 Virtutem igitur solis quae divinationi curationique praeest Apollinem vocaverunt: quae sermonis auctor est Mercurii nomen accepit. Nam quia sermo interpretatur cogitationes latentes, Ἑρμῆς ἀπὸ τοῦ ἑρμηνεύειν propria appellatione vocitatus est. »
(Macrobio. Saturnali I, 17, 2-5. Traduzione di Nino Marinone; Torino, Utet, 1987)

Così già Giuliano imperatore nel suo Inno a Helios re:

« Questo universo divino e assolutamente splendido, che si estende dalla sommità della volta celeste fino all’infimo della terra, tenuto insieme dalla continua provvidenza del dio, esiste increato dall’eternità e in eterno esisterà nel futuro, conservato da nient’altro se non direttamente dal quinto elemento[27] il cui vertice è il raggio del Sole; a un secondo livello, per dir così, è sostenuto dal mondo intelligibile e quindi, in forma ancora più nobile, dal re del cosmo, centro di tutto quel che esiste. Quest’ultimo, comunque lo si voglia designare, come ciò che sta oltre l’intelletto o come l’idea dell’essere, oppure come l’intero mondo intelligibile, o ancora come l’Uno, poiché l’Uno sembra preesistente a tutte le cose, o come il Bene, per usare l’espressione favorita di Platone; questo principio unitario del tutto che è fonte primaria, per ogni essere esistente, di bellezza, di perfezione, di unità e di potenza irresistibile, in virtù della sua sostanza creatrice e permanente, ha originato da sé, quale mediatore, al centro delle cause mediatrici, intelligenti e demiurgiche, Helios, dio potentissimo, in tutto simile a sé. Così pensa anche il divino Platone, quando dice: "Questo è appunto quello che chiamo figlio del Bene, che il Bene generò simile a sé: ciò che nel mondo intelligibile è il Bene rispetto all’intelletto pensante e all’oggetto pensato, questo è Helios nel mondo visibile rispetto alla vista e alle cose vedute". Mi sembra, dunque, che tra la sua luce e il mondo visibile ci sia un rapporto identico a quello che esiste tra la verità e il mondo intelligibile. Ma lo stesso Helios nella sua totalità, dal momento che è figlio dell’idea, che è il primo e massimo Bene, esiste dall’eternità nell’ambito della sua sostanza permanente, avendo ricevuto il dominio fra gli dei intelligenti e avendo elargito agli dei intelligenti quanto il Bene produce per gli dei intelligibili. Il Bene, credo, è per gli dei intelligibili fonte di bellezza, sostanza, perfezione e unità, riunendo e irradiando questi benefici con la potenza che è espressione della sua natura. Questi, dunque, sono i doni dispensati agli dei intelligenti da Helios, preposto dal Bene a comandare e regnare su di loro, benché siano apparsi e abbiano avuto origine insieme a lui, allo scopo, io penso, che anche per gli dei intelligenti ci fosse una causa, dotata della natura del Bene e promotrice di benefici, che regolasse ogni cosa per tutti in conformità con l’intelletto. »
(Giuliano imperatore Inno a Helios re, 5-6. In Giuliano imperatore. Inno alla Madre degli dei e altri discorsi (a cura di Jacques Fontaine, Carlo Prato e Arnaldo Marcone). Milano, Mondadori/Fondazione Lorenzo Valla, 1997, pp.105-7)
  1. Ἠέλιός θ', ὃς πάντ' ἐφορᾷς καὶ πάντ' ἐπακούεις
  2. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  3. Pindaro Istmica V la canta; da intendere come divinità della luce (cfr. Colonna p.83)
  4. Cfr. Inni omerici A Demetra.
  5. Pindaro, VII, 14.
  6. Pindaro, VII, 73 e sgg.
  7. Pindaro, VII, 54 e sgg.
  8. Lirica ripresa in epoca moderna da Friedrich Hölderlin nel suo Al dio del Sole.
  9. Diodoro Siculo, V, 56,4.
  10. Pausania, V,25,9: "Helios, padre di Pasifae"
  11. Pausania, III,26,1: "Pasifae è un appellativo di Selene"
  12. I miti, 154
  13. Giulio Guidorizzi (in nota n.749 a Igino Miti, Milano, Adelphi, 2005, p.432) nota come sia probabile che qui Igino, o il suo epitomatore, inverta i nomi: Climene doveva essere la madre, mentre il padre putativo di Fetonte fu Merope. La versione meglio conosciuta della vicenda di Fetonte rimane quella di Ovidio (Metamorfosi I, 750-779 e II, 1-400) ma Igino dipende probabilmente da altre fonti (cfr. ad es. Eschilo Eliadi frr. 68-73 a Radt). Nella tragedia perduta di Euripide Fetonte, questi era figlio di Climene e del suo sposo Merope essendo il vero padre Helios.
  14. Fr. 150, 23-24; ma anche Euripide Ippolito 737-741.
  15. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  16. cfr. Le metamorfosi II, 150 e sgg.
  17. "Guida cavalli che spirano fuoco" Pindaro, VII.
  18. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5; cfr. anche Franco Ferrari, Marco Fantuzzi, Maria Chiara Martinelli, Maria Serena Mirto, Dizionario della civiltà classica vol.II, Milano, Rizzoli, 2001, p.1115 e sgg.
  19. Franco Ferrari, Marco Fantuzzi, Maria Chiara Martinelli, Maria Serena Mirto, Dizionario della civiltà classica vol.I, Milano, Rizzoli, 2001, p.851.
  20. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  21. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  22. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  23. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  24. Herbert Jennings Rose Helios in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  25. Saturnali I, 17, 2 e sgg.
  26. Cfr. Plotino, Enneadi II,3.
  27. Consiste nell'"etere" (αἰθήρ aithḗr) il quale segue in questo modo Giamblico (De Mysteriis Aegyptiorum, I,7), che a sua volta segue Aristotele, considerandolo relazionato alla sostanza immateriale di cui si compongono gli dèi.