Il delitto di Cogne/Capitolo 8

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Ipotesi madre colpevole[modifica]

Al di là della sentenza emessa dal tribunale, vediamo di improvvisarci detective e formulare delle congetture. Come già detto, la Franzoni è stata subito sospettata a causa di una serie di situazioni che sembrano ineluttabili.

Secondo le dichiarazioni della stessa Franzoni, quella mattina come al solito ha preparato Davide per la scuola, poi mentre stavano per uscire sente Samuele che piange e la chiama. Va a vedere e lo trova in fondo alla scala. Lo porta allora nella camera matrimoniale e lo sistema sul letto. Per tranquillizzarlo lascia anche accesa la televisione al piano di sopra. Sempre dalle parole della Franzoni, apprendiamo che la maggior parte delle volte la donna si portava appresso anche Samuele quando accompagnava Davide, e quelle rare volte che lo lasciava a casa da solo chiudeva la porta a chiave. Quella mattina invece la lascia aperta, secondo lei per non spaventarlo col rumore dello scatto della serratura. Ma rumore lo faceva già il televisore, senza contare che il volume dello stesso copriva certamente lo scrocco della serratura. E poi col bambino sveglio e inquieto sarebbe stato ben più logico chiuderla a chiave, la porta, per evitare che Samuele si facesse venire in mente di uscire per seguire madre e fratello. Vi è poi lo scambio di battute avute con la Satragni durante le operazioni di soccorso: la Satragni si informa proprio sulla chiusura della porta e la Franzoni le risponde: “non sono stupida, era chiusa e so bene quello che faccio”. Ma non essendo stati riscontrati segni di scassinatura era necessario che la Franzoni, più tardi, sostenesse di aver lasciato la porta aperta per giustificare un’intrusione esterna.

Vi è poi da prendere in considerazione il ristretto tempo durante la quale la Franzoni è stata fuori di casa e la conformazione della zona: la villetta dei Lorenzi si trova in una posizione abbastanza isolata e soprattutto priva di vegetazione. Data l’ora c’erano parecchie persone già sveglie che stavano svolgendo diverse attività, non è stato notato nessuno aggirarsi intorno alla casa e in un paese così piccolo, soprattutto, si sarebbe notata la presenza di un estraneo.

Altra controversia arriva dalle ciabatte della Franzoni. Essa asserisce di essersele infilate appena rientrata in casa, ma sia la Satragni che la Ferrod ricordano che durante le operazioni di soccorso la Franzoni indossava le scarpe. Sembra certo, dalle tracce trovate sulle ciabatte, che l’assassino le indossasse. Se si fosse trattato di un estraneo avrebbe dovuto prenderle dal bagno superiore, togliersi le scarpe e indossarle, poi commesso l’omicidio, indossare di nuovo le proprie scarpe e riportare le ciabatte al piano superiore, il tutto in una situazione di tempo già ristrettissimo. Ovvia dunque la necessità della Franzoni di convincere che aveva ai piedi le ciabatte durante i soccorsi per giustificare le tracce di sangue.

Sembra che la Franzoni abbia anche cercato di minimizzare l’accaduto forse per ritardare l’intervento delle forze dell’ordine che certo si rendeva conto sarebbero intervenute. Nella telefonata alla Satragni la prega di intervenire perché il bambino sputa sangue, al 118 dice invece che Samuele vomita sangue, e questo non suggerisce una situazione molto grave. Alla Ferrod dice che il bambino perde sangue dalla testa, e la Ferrod pensa a qualcosa di banale. Ma dopo essere stata così vaga con le vicine, quando telefona al marito di primo acchito prega la segretaria di informarlo che Samuele è morto.

E’ certo che la situazione nella camera da letto imponeva ben altra interpretazione che un semplice “mio figlio vomita sangue” La frase poi detta al marito e sentita da un carabiniere: “ne facciamo un altro figlio? Mi aiuti a farne un altro?” denota un disinteresse per il figlio che ancora non era giunto all’ospedale e respirava ancora.

Con tutta la delicatezza del caso, è stato interrogato anche il piccolo Davide ma le sue dichiarazioni non sono attendibili soprattutto perché prima dell’interrogatorio ha subito pesanti pressioni dal padre che gli diceva frasi del tipo: “aiuta la mamma che non ha nessuna colpa” e “aiuta la mamma che ha già sofferto tanto”.

Ma gli elementi più decisivi sono racchiusi nel pigiama della Franzoni. Sembra certo che l’assassino indossasse per lo meno i pantaloni. Che senso aveva dunque togliere i propri indumenti, indossare il pigiama e poi fare l’operazione inversa lasciando il pigiama in bella vista sempre tenendo conto del pochissimo tempo a disposizione?

Riassumendo, è impossibile la presenza di una terza persona perché: non poteva aspettarsi che proprio quella mattina la Franzoni non avrebbe chiuso la porta a chiave, non può essersi mosso in ambienti aperti senza essere notato, doveva mettersi le ciabatte e il pigiama della Franzoni, uccidere il bambino con 17 colpi, rimettersi i propri abiti, lavarsi e uscire il tutto in poco più di 5 minuti. L’accanimento contro il bambino, poi, denoterebbe un’ira per una situazione non prevista, altrimenti fosse entrato con la volontà di uccidere gli sarebbero bastati molti meno colpi. E se non voleva uccidere, che entrava a fare dai Lorenzi?

La Franzoni è dunque l’assassino.