Profili di donne emiliano-romagnole/Partigiane/Partigiane M-Z

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Indice del libro

Clelia Manelli[modifica]

Voce scritta dalla coppia 2: Luca e Giulia

Clelia Manelli è stata una partigiana italiana.

Biografia[modifica]

Nasce il primo gennaio 1917 a Collecchio (PR) da una famiglia di piccola borghesia con ideali anarchici e antifascisti. Suo zio, Giacomo Manzini di Parma, era un politico perseguitato dai fascisti e veniva arrestato ogni 1 maggio e durante ogni manifestazione fascista. Vedere la guerra in Etiopia (in cui vi furono aggressioni disumane e l'uso di veleni e gas tossici contro la popolazione) e i soldati che conosceva partire per combattere in Africa, sensibilizza Clelia Manelli sin da giovane. Si accorge della sua prima avversione contro il fascismo quando in treno le mostrano raccapriccianti fotografie dei crimini di guerra commessi dai fascisti.

Studia, nel 1937 diventa maestra e nel 1942 si sposa con un militare di Modena, Oscar Righi, il quale durante le lotte partigiane è il capo del Comitato militare provinciale modenese. Fino al 1943 lavora in municipio, impiegata nell’ufficio sperimentale anagrafico comunale, e nel 1944 ottiene una cattedra nella zona di Montefiorino, in cui inizia l'attività partigiana. Nell’aprile del '44 nasce il suo primo figlio, quindi si trasferisce a Modena, dove dona ai partigiani la sua casa come base.

Resistenza[modifica]

Clelia Manelli prende parte alla resistenza antifascista contro Mussolini, ma mai con le armi; inoltre si occupa della raccolta dei medicinali per il sostentamento dei partigiani.

Il 25 luglio 1943, durante la caduta di Mussolini, Clelia Manelli si trova a Carpi, città in cui si svolgono una serie di manifestazioni antifasciste, principalmente nella piazza in cui si trova la sua abitazione. Nel settembre 1943, arrivato l'annuncio dell'armistizio, Manelli aiuta e supporta i soldati mandando vestiti e cibo.

Dopo la nascita di suo figlio, nell'aprile del 1944, Clelia Manelli da Montefiorino torna a Modena, lasciando la sua casa a disposizione dei partigiani, che diventa la sede di incontro del comando SAP, in cui vengono svolte riunioni ad alto livello sia politico che militare. Per questioni di sicurezza lei non partecipa mai direttamente a queste riunioni, ma, nonostante ciò, ogni volta che qualche partigiano viene catturato lei e la sua famiglia sono costretti a spostare altrove i loro pochi averi per evitare di essere arrestati ugualmente.

Diventa, inoltre, una staffetta partigiana ed entra lei stessa nelle Squadre d’Azione Patriottica col nome di battaglia ‘Clara’. Si occupa di opere di collegamento, di diffondere volantini e stampa clandestina e di trascrivere verbali di processi che arrivano dai vari reparti.

Il pensiero di Clelia Manelli viene riassunto con la frase:[1]

« Chi è che l'ha fatta la resistenza? I giovani, proprio i giovani a cui si sono poi aggregate le forze politiche, ma proprio il primo impulso è stato dato dai giovani, dai giovani che scappavano via dall'esercito... »

Dopoguerra[modifica]

Nel 1945, dopo la fine della guerra, entra a fare parte della Giunta Popolare organizzata dal CNL locale. È una delle fondatrici dell’UDI di Modena, viene eletta nel consiglio comunale di Modena e poi diventa assessore ordinario. Durante il mandato di assessore viene anche nominata presidente dell’Omni (Opera Nazionale Maternità ed Infanzia). Dal 1947 diviene componente del comitato federale e della commissione femminile del Pci di Modena.

Nel 1956 conclude il suo periodo nell’amministrazione tornando a insegnare e ad occuparsi dei tre figli.

Muore a Modena il 10 luglio 1997.

Aude Pacchioni[modifica]

Aude Pacchioni (Soliera, 1926 - Modena, 2021) è stata una partigiana, sindacalista, consigliera comunale e assessora italiana.

Biografia[modifica]

Aude Pacchioni è nata il 18 dicembre 1926 a Soliera, in via Lama[2], in provincia di Modena, in una famiglia di contadini, produttori agricoli e proprietari del terreno dove svolgevano la loro attività. Oltre ad Aude, la famiglia era formata dal padre, la madre, i genitori della madre (i veri titolari del terreno) e altre due sorelle, una più grande e l'altra più piccola; una famiglia antifascista e attiva nelle azioni di solidarietà durante la Resistenza.[3] Aude Pacchioni ha frequentato la scuola fino alla terza elementare di "avviamento"[4].

È morta il 12 gennaio 2021 a Modena, all'età di 94 anni[5].

Resistenza[modifica]

Dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943 - quando la famiglia offriva rifugio nella cascina familiare a disertori, feriti e fuggitivi dal campo di concentramento di Fossoli - Pacchioni ha partecipata alla Resistenza, militando nella brigata partigiana "Diavolo" della divisione "Modena Pianura"[6] con il nome di battaglia di "Mimma"[7]

Sindacato e amministrazioni locali[modifica]

Dopo la Liberazione, Pacchioni si è impegnata a livello sindacale con Federbraccianti e Federmezzadri (attivandosi a favore delle mondine e delle braccianti), con UDI (partecipando alle lotte del movimento femminile per la parità salariale tra uomini e donne[8]) e politicamente con il PCI[9].

Divenuta consigliere comunale nel 1956 (e riconfermata fino al 1985), a Modena Pacchioni ha ricoperto vari incarichi (come assessora con deleghe a Sanità e Servizi sociali e successivamente Bilancio e Patrimonio, al fianco dei sindaci Alfeo Corassori, Rubes Triva, Germano Bulgarelli e Mario del Monte) e ha presieduto diverse entità - dal 1954 al 1960 è stata presidente provinciale dell'Unione donne italiane (UDI), dal 1970 al 1976 presidente degli Istituti ospedalieri di Modena[10] - che hanno dato vita a quello che è stato chiamato "modello emiliano" di welfare[11].

A livello amministrativo, si è occupata dei servizi per l'infanzia (supervisionando la gestione delle colonie estive e promuovendo il campeggio per le ragazze) ed è stata promotrice della realizzazione, nel 1969, del primo asilo nido comunale di Modena (in anticipo rispetto alla legge nazionale che ha attribuito le competenze agli enti locali solo nel 1971); a lei si deve anche la costruzione - sempre nel 1969 - della prima casa albergo per anziani[12].

Per vent'anni, dal 1998 e fino al 2018, è stata presidente provinciale dell'Anpi di Modena.

Riconoscimenti[modifica]

Nella seduta di giovedì 26 ottobre, su proposta di Sinistra per Modena (sottoscritta da Europa Verde-Verdi e Partito democratico e con il voto favorevole del Movimento 5 stelle), il Consiglio comunale di Modena ha approvato l'ordine del giorno che prevedeva l'intitolazione ad Aude Pacchioni di uno spazio pubblico[8]. Nel 2003, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, le ha conferito l'onorificenza di Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica[13].

Ibes Pioli[modifica]

Voce scritta dalla coppia 1: Wissal e Matteo

Modena tra il 1909 e il 1950

Ibes Pioli (Cavezzo, 18 febbraio 1926 - Modena, novembre 2020) è stata una partigiana italiana.

Biografia[modifica]

Ibes Pioli, nata in una famiglia antifascista il 18 Febbraio 1926 a Cavezzo in provincia di Modena, è stata una partigiana Italiana. Ha frequentato le superiori fino ad arrivare alla quarta ragioneria. Il padre era di famiglia contadina ed era un bracciante agricolo. Il fratello si rifiutò di andare ai primi bandi di richiamo alle armi e il padre, che naturalmente lo sosteneva, si mise immediatamente in contatto con suo fratello, lo zio di Ibes Pioli. Nella sua famiglia, si avvertiva già il peso dell'angheria in ogni aspetto della vita. Sua madre patì molto per questa situazione, al punto di dover prendere la dolorosa decisione di separarsi dai figli. Ibes trovò rifugio presso la sorella, una donna agiata, che la accudì e le permise di studiare un po di ragioneria e altro ancora[14]. Non ebbe mai l'opportunità di conoscere la vita insieme ai suoi fratelli e ai suoi genitori, ma quella nuova realtà si rivelò una fortuna.

Resistenza[modifica]

Durante il corso della resistenza, tra Modena e Mirandola, partecipò nella brigata Remo come staffetta[15] con l'appellativo di Rina e entrò a far parte del Comitato provinciale dei Gruppi di difesa della donna. Dopo il bombardamento di casa sua, avvenuto prima della liberazione, Rina partigiana si inserì in un gruppo di azione patriottica con la scelta del fratello e con le ragazze di via di Sotto a Cavezzo. Quando sono sfollati, nel novembre del 1943, hanno avuto contatti solo con questi ragazzi. Iniziarono così i preparamenti nelle barlete, luogo spopolato situato a ridosso dell'argine del Secchia. La prima riunione fu tenuta da Omar Bisi dandoci le prima istruzioni su come organizzarsi. Cominciammo così ad attaccare i primi volantini in tutto il nostro circondario. Tra le prime attività svolte ci furono i prelevamenti dei viveri. Il primo di questi prelevamenti fu in un caseificio e avvenne nel marzo del 1944.

Dopoguerra[modifica]

Dopo la guerra, sposa un ex comandante partigiano con cui avrà un figlio e inizia a lavorare come amministratrice di azienda[15].

Cesarina Prampolini[modifica]

Voce scritta dalla coppia 7: Tommaso e Nadiia

Cesarina Prampolini (Villanova (MO), 15 aprile 1921 - giugno 2014) è stata una partigiana italiana.

Biografia[modifica]

Cesarina Prampolini nasce a Villanova (Modena) il 15 aprile 1921 in una famiglia di contadini. La sua infanzia è segnata dalla prematura morte del padre, che lascia la madre, da sola, a provvedere a quattro figli. In seguito si trasferiscono a Nonantola; qui l'intera famiglia inizia a lavorare, tra cui la stessa Cesarina (undicenne), i fratelli e la sorella, per guadagnare un po' di soldi, utili a colmare il periodo di profonda crisi in cui si trovano.

Cesarina Prampolini va a scuola fino alla quinta elementare. Arriva a Modena all'età di dodici anni, quando la madre la manda, così che possa imparare un mestiere, da una sarta. Per il troppo basso stipendio cambia però subito lavoro, diventando fruttivendola.

L'intera famiglia, durante il ventennio fascista e l'intera guerra, assume sempre una posizione contraria al fascismo, tanto da avvicinarsi al mondo della Resistenza, a cui la stessa Cesarina prende parte dal 5 aprile 1944. Durante questi anni si sposa, perde la madre per cause naturali e le viene ucciso il suocero in seguito ai bombardamenti degli Alleati sulla città.

Resistenza[modifica]

Avvicinamento alla Resistenza[modifica]

Si avvicina alla Resistenza in seguito, appunto, alla morte del suocero, causata dal primo dei quattro bombardamenti che colpiscono la città di Modena. Con il soprannome di Marta e come staffetta prende quindi parte al CUMER (comando militare della Resistenza in Emilia-Romagna) e diviene membro, dal 5 aprile 1944, del CVL (corpo volontari della libertà).

« Se c'è bisogno vado anche a Bari, purché finisca questo lavoro! »
([16])

Questo passo evidenzia lo strazio emotivo e i pensieri che la tormentavano in quegli anni.

Incarichi presieduti durante la guerra[modifica]

Staffette partigiane (villa del Borello)

Entra nella Resistenza come staffetta del CUMER (Divisione "Modena Pianura"), operando nelle zone di Modena, Reggio Emilia e Bologna. Organizza i Gruppi di Difesa della Donna e offre ospitalità ad alcuni soldati stranieri a casa sua, dando loro acqua e cibo. Le viene attribuito il grado di Capitano e viene riconosciuta partigiana italiana dal 5 aprile 1944 al 30 aprile 1945.

« Ho portato tanta stampa! Una volta mi avevano dato 5000 copie di un giornale, erano sei, cinque plichi così che dico: "Ma come faccio a nasconderli!", allora dice: "Eh, li metti sopra al manubrio con sopra una mano" e son venuta fino a Modena »
([17])

Questo passaggio descrive il ruolo quotidiano della partigiana in un aneddoto ai limiti del reale. Proprio in queste occasioni, infatti, molte donne sono state uccise nel tentativo di passare, trasmettere informazioni tra zone e città diverse.

All'arrivo degli americani a Modena, il 22 e il 23 aprile 1945, durante le parate e le feste di liberazione, la donna assume sempre un ruolo distaccato, non applaudendo mai ai soldati Alleati, poiché pur sempre la causa di numerosi morti.

Dopoguerra[modifica]

Al termine della guerra la donna inizia a lavorare come magliaia.

Dopo la guerra si impegna nel PCI e nell'UDI, non rivelando, almeno inizialmente, di aver fatto parte della Resistenza, per evitare gli stereotipi di genere che si erano creati nei primi anni del Dopoguerra, verso le partigiane italiane.

Vive la sua vita normalmente fino a giugno 2014, data della sua morte.

Olema Righi[modifica]

Partigiane che trasportano armi in una casa di montagna.

Voce scritta dalla coppia 5: Lorenzo e Carolina

Olema Righi (Limidi di Soliera, 18 novembre 1923 - Carpi, 5 marzo 2013)[18] è stata una componente attiva della Resistenza partigiana nella provincia modenese.

Biografia[modifica]

Nata in una famiglia antifascista, il padre, un commerciante di legnami, perseguitato politico che rimane in carcere dal 1921 al 1923. La madre fa la sarta e manda avanti la famiglia con 4 figli. Lei frequenta la scuola fino al quinto anno della elementare. Il padre non ha mai voluto farle prendere la tessera da Piccola Italiana. Finita la scuola inizia a lavorare nella sartoria delle Sorelle Valenti.

Finita la guerra si sposa e fa l'operaia ed l'impiegata in un ufficio che produce buoni benzina per camion addetti al trasporto alimentare.

Resistenza[modifica]

Dopo l'ennesimo arresto del padre, Olema, a 19 anni, esprime per la prima volta la sua avversione al fascismo, affrontando un appuntato dei carabinieri[19]. Ha quattro fratelli, tra questi, Sarno, è arrestato e fucilato a Limidi di Soliera il 17 novembre 1944.

Olema, spinta dalla rabbia e dal dispiacere di essere sempre stata discriminata in quanto donna, si unisce alla Resistenza, sottolineando di non essere mai stata discriminata. Nella Resistenza ricopre il ruolo di staffetta, e, spostandosi con la famosa bici costruita dal padre, porta per mezzo di un "cariolino" armi tra paesi del modenese. La famiglia ha un terreno a Cortile, che viene impiegato come luogo di rifugio per i partigiani durante la Resistenza.

Vita partigiana[modifica]

Olema, spinta dalla rabbia e dal dispiacere di essere sempre stata discriminata in quanto donna, si unì alla resistenza, nella quale non fu mai offesa. Durante la sua carriera da partigiana ricopriva il ruolo di staffetta, e, spostandosi con la famosa bici costruita dal padre, portava con un ''cariolino'' armi tra paesi del modenese. Tra di loro i partigiani non si conoscevano, avevano come un sesto sento con la quale si distinguevano e riconoscevano.

Dopoguerra[modifica]

Le attività politiche del dopo guerra cominciano nel 1946. In quest'anno le prime iniziano anche le prime lotte sindacali e Olema si iscrive a diverse associazioni partigiane come: Unione Donne Italiane, Partito Comunista e Associazione Nazionale Partigiani Italiani.

Associazione Nazionale Partigiani Italiani

Un simbolo[modifica]

Olema Righi è divenuta il simbolo della Resistenza partigiana assieme a Ibes Pioli e Tina Anselmi. Famosa è la foto che la ritrae nei giorni successivi alla Liberazione, sulla bicicletta con i pantaloni e la bandiera tricolore appoggiata sulla spalla. Da questa immagine prende il soprannome de "La partigiana in bicicletta".

Fernanda Rossi[modifica]

Voce scritta dalla coppia 6: Alessio e Enrico

Fernanda Rossi (Monteveglio, il 16 settembre 1925), è una partigiana che ha militato nella brigata Walter Tabacchi, nota in battaglia come Riccia.

Biografia[modifica]

Alla morte della madre, quando lei aveva 9 anni, fu mandata a vivere Rivazzurra dove vive con i nonni e le zie per 13 anni.

« [...] e io son vissuta praticamente con i nonni e delle zie, che ne avevo 5 di zie, perciò non ero sola »

Frequenterà la scuola commerciale a Rimini.

Successivamente il padre si risposerà e andranno a vivere a Ponte Rosso. Lì il padre inizia a collaborare con i gruppi partigiani e lei, si unì a sua volta alla Resistenza.

Resistenza[modifica]

La strage dei fratelli Artioli,[20] e la morte del padre, portano Fernanda ad entrare nella Resistenza come staffetta partigiana trasportando principalmente lettere, documenti, abbigliamento e "bigliettini di una certa importanza"; dopo aver intrapreso diverse azioni nel gruppo, viene arrestata il 29 dicembre nel 1944 insieme ai suoi compagni, a seguito della confessione sotto tortura di uno dei loro comandanti. Finisce nella prigione di San Giovanni in Persiceto.

« ...eravamo in tre donne: una si è appartata con i tedeschi e non abbiamo mai saputo cosa è successo fra lei e loro; comunque danni non ne ha fatti; non è che abbia fatto arrestare gente. Io sono riuscita a salvarmi, però una mia amica di Anzola Emilia l'hanno stuprata: una ragazza di 16 anni! ... è l'unica cosa che mi sono schivata: per il resto, gli interrogatori, le botte, le torture, tutto il resto... ce ne sarebbe a bizzeffe da raccontare. L'unica cosa che mi ha salvato un po' è stata che quel comandante che ha parlato, che ha fatto la spia e ci ha fatto arrestare, io sono riuscita a vederlo prima di andare in interrogatorio, e mi ha detto "io mi sono limitato a dire che tu eri fidanzata con il comandante - non era vero, ma era una scusa che si prendeva - però eri con lui perché eri fidanzata. È stato un fatto più di amore che di politica. »

Rimane in carcere, facendo avanti e indietro per villa San Chiara dove veniva torturata per estorcerle informazioni, per circa 80 giorni.

Dopo esser stata liberata si unirà al CNL, occupandosi del recupero di materiali abbandonati dai tedeschi.

Dopoguerra[modifica]

Susseguentemente si sposa e ha dei figli, inoltre partecipa ad attività nel PCI e nell'UDI.

Gabriella Rossi[modifica]

Gabriella Rossi (Modena, 1921 – Modena, 1992) è stata un'operaia e politica italiana, croce al merito di guerra per la sua attività partigiana dove era conosciuta con il nome di battaglia "Carla".

Biografia[modifica]

Nasce a Baggiovara di Modena in una famiglia antifascista di operai; il padre Francesco lavora a cottimo per una ditta casearia e la madre Caterina Prampolini[21].

Muore a Modena il 18 agosto 1992.

Resistenza[modifica]

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, Rossi si impegno attivamente nella lotta di liberazione, presta soccorso ai soldati in fuga, scrive biglietti, prepara e distribuisce volantini propagandistici antifascisti. Nei primi mesi del 1944 partecipa alla Resistenzia nelle Squadre di azione partigiana (SAP) e dei Gruppi difesa della donna (GDD), offrendo la sua casa come base per l'organizzazione[22].

Iscritta al Partito Comunista Italiano (PCI), comincia l'attività politica nella Federazione Giovanile Comunista, accanto ad un giovane Sandro Cabassi (diventato un suo eroe) e nel 1944 diventa responsabile del settore nord di Modena e contemporaneamente viene nominata segretaria del fondatore del Fronte della Gioventù provinciale, Sandro Cabassi[22].

Il 18 luglio 1972, il Distretto militare di Modena le conferisce la Croce al merito di guerra.

Lucia Sarzi[modifica]

Lucia Evelina Ofelia Sarzi (Acquanegra sul Chiese, 1920 - Modena, 1968) è stata un'attrice e partigiana italiana conosciuta con il nome di battaglia "Margherita".

Biografia[modifica]

Nasce a Acquanegra sul Chiese, la sera dell'8 novembre 1920, durante una tournée dei suoi genitori, sposatisi l'anno prima. Primogenita di Francesco (nato a Mantova in una famiglia che militava nelle file cattoliche, figlio di un burattinaio) e Linda Bozzi (nata nella provincia di Verona in una famiglia di esplicite simpatie fasciste, figlia di una maestra elementare e di un sarto che dirigeva la banda musicale di Dossobuono)[23].

Resistenza[modifica]

Lucia Sarzi, attrice giovane ma già affermata, lettrice appassionata e militante comunista, entra nella Resistenza fra il 1941 e il 1943 al fianco dei fratelli Cervi. Parla un bell'italiano, arriva ai Campi rossi a tutte le ore e nascosta in solaio, discute con gli uomini di politica. Figlia d'arte, cresciuta calcando le tavole del palcoscenico, infiammava le platee con le sue improvisate. Tisbe Bigi, futura partigiana, la ricorda mentre interpretava uno dei suoi cavalli di battaglia, Tosca. La parola d'ordine contro il regime era di «picchiare le mani» quando Lucia diceva: «O popolo incancrenito perché non ti ribelli a tante ingiustizie?». Ma, inconsapevoli, applaudono anche i fascisti e tutti giú a ridere. Con il suo esempio e il suo carisma ha ispirato tantissime ragazze a diventare partigiane[24].

Marta Sola[modifica]

Partigiane italiane all'azione

Voce scritta dalla coppia 3: Vittorio e Federico

Marta Sola (Colegara di Modena, 4 Novembre 1922 - ?) è stata una componente attiva della Resistenza partigiana italiana nella provincia modenese.

Biografia[modifica]

Marta Sola nasce a Colegara di Modena il 4 novembre 1922 da genitori mezzadri. Frequenta le scuole elementari fino alla quinta per poi iniziare il suo impiego lavorativo nei panni di domestica e successivamente operaia presso la fabbrica delle Fonderie riunite[25].

« [...] Andavo a Modena a servizio e poi lavorai per un certo periodo alle Fonderie riunite. Erano gli anni che erano cominciati i bombardamenti; suonava l'allarme, scappavo in campagna [...] Ed è stato un periodo veramente la fabbrica.. c'erano dei dirigenti! Avrebbero voluto che si lavorasse ancora di più. [...] »
« Sì, anche in fabbrica si facevano delle discussioni, ed erano pochi quelli che rano più per il fascismo che contro. Quando si chiedeva per esempio meno ore di lavoro, oppure un lavoro, sì, da faticare meno - eravamo giovani, facevamo un lavoro che sarebbe stato un lavoro da uomo, non da donna - subito dicevano 'Ah, ma si capisce, te rossa te... - ci trattavano subito - ma che cosa volete, siamo sotto questo governo, siamo sotto questo regime, e voi che cosa volete? »

Durante l'occupazione tedesca, con il nome di battaglia di Maria, è staffetta nella brigata Walter Tabacchi e collabora a nascondere renitenti alla leva e partigiani.

« Ho avuto paura tante volte, però era una paura che era più debole del coraggio, cioè era più debole del pensare che la nostra lotta era giusta, ecco! Perché avevamo il desiderio di libertà, avevamo il desiderio di poter vivere, veramente! Non avevamo fatto niente di male al mondo: ma perché meritarsi tanto odio, tanto disprezzo. »

Prende parte e partecipa attivamente alle attività organizzate dai Gruppi di Difesa della Donna.

Resistenza[modifica]

Walter Tabacchi

Marta Sola ha il primo approcio alla resistenza tramite un gruppo di giovani, del quale faceva parte anche suo fratello, ucciso il 25 dicembre del 1944, che si organizzavano in gruppi d'azione e si nascondevano dentro le case.

Marta entra nella resistenza modenese nella brigata di Walter Tabacchi nel ruolo di staffetta[25], accompagnatrice dei giovani partigiani e trasportatrice di viveri e medicinali, sotto il nome da battaglia di "Maria".

Si occupa principalmente di aiutare a nascondere renitenti alla leva e partigiani e partecipare alle attività dei gruppi di difesa delle donne.

Dopoguerra[modifica]

Nel dopoguerra sceglie di frequentare una scuola di partito e di dedicarsi a tempo pieno alla politica come funzionaria, rivestendo incarichi sia all'UDI nazionale che provinciale. Decide poi in questo periodo di sposarsi ed ha due figlie.

Teresa Vergalli[modifica]

« Il mio lavoro consisteva nel fare la staffetta. Portavo ordini e avvisi di pericolo, a voce o scritti su bigliettini che nascondevo tra i capelli. E poi accompagnavo i capi alle riunioni, e le ragazze e i ragazzi che volevano arruolarsi nelle formazioni partigiane che già si stavano costituendo nella Val d'Enza[26] »

Teresa Vergalli (San Polo d'Enza, 1927), è una partigiana italiana conosciuta con il nome di battaglia "Annuska".

Biografia[modifica]

Nasce ad ottobre del 1927 nel comune di San Polo d'Enza, frazione Villa Ghilga, in una famiglia di contadini poveri; la madre Caterina proviene da una famiglia di mezzadri e il padre Prospero da una di affittuari, diventato esso stesso affittuario. Ha un fratello nato il 26 giugno 1932. Va a scuola fino al bombardamento di Reggio Emilia del 7 gennaio 1944, quando le magistrali vengono trasferite più lontano, a nord verso il Po, ed andare in bicicletta per 20 chilometri in più diventa faticoso. Termina gli studi appena finita la guerra, diventando maestra elementare. Sposa Claudio Truffi[27].

Resistenza[modifica]

Giovanissima, a nemmeno 17 anni, partecipa alla guerra di liberazione con il nome di battaglia "Annuska". Con una piccola rivoltella - che non sapeva usare - nascosta nel reggiseno, porta messaggi e documenti, accompagna in bicicletta, per i sentieri delle campagne della Val d’Enza, i comandanti militari da un posto all'altro, curandosi che non venissero intercettati o arrestati, partecipa ai sabotaggi e rischia la vita nei posti di blocco, difende i diritti femminili nei Gruppi di difesa delle donne[28]. Dopo la guerra prosegue l'attività politica, partecipando alla creazione dell'Unione Donne Italiane (UDI) e dell'Associazione delle ragazze<ref name="libro">.

Note[modifica]

  1. citazione tratta dall'intervista a Clelia Manelli del 23 giugno 1994
  2. Aude Pacchioni commemorata a tre anni dalla scomparsa, Comune di Soliera, 12 gennaio 2024
  3. Caterina Liotii e Angela Remaggi, A guardare le nuvole, Carocci, 2004, ISBN 88-430-2961-4 (p.194)}}
  4. Aude Pacchioni, Arte Stampa Edizioni, 21 novembre 2021
  5. Chiara Ugolini, Addio a Aude ‘Mimma’ Pacchioni, partigiana della Resistenza a Modena e una vita dedicata al bene comune. “Una madre della Repubblica”, Il Fatto Quotidiano, 12 gennaio 2021
  6. Aude Pacchioni, Modena '900
  7. Aude Pacchioni, Aude Pacchioni (ANPI)
  8. 8,0 8,1 A Modena uno spazio pubblico per Aude Pacchioni, Comune di Modena, 28 ottobre 2023
  9. Paola Nava, Aude Pacchioni, Enciclopedia Delle Donne
  10. Modena dedica uno spazio pubblico ad Aude Pacchioni, partigiana a politica, Modena Today
  11. Modena, è morta Aude Pacchioni, la partigiana Mimma, pioniera del welfare, La Repubblica, 12 gennaio 2021
  12. Pacchioni Aude (Mimma) (1926-2021), Fondazione Altobelli
  13. Aude Pacchioni, autentica “madre della Repubblica”, Comune di Modena, 12 gennaio 2021
  14. A guardar le nuvole, p. 205.
  15. 15,0 15,1 A guardar le nuvole, p.204.
  16. Frase pronunciata dalla partigiana durante un'intervista del 10 aprile 1996, a cura di Anna Maria Agnini
  17. A guardare le nuvole, pag. 215.
  18. È morta Olema, la partigiana in bicicletta, su gazzettadimodena.it, 6 marzo 2013. URL consultato il 9 aprilie 2024.
  19. Anna Rossi, titolo dell'articolo, in Rinascita, 20 luglio 1985, p. 45.
  20. Episodio di Casale California, San Cesario sul Panaro, 14.06.1944, Episodio di Casale California, San Cesario sul Panaro, 14.06.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 9 aprile 2024.
  21. Gabriella Rossi: una vita al servizio della democrazia, ANPI Modena
  22. 22,0 22,1 Rossi Gabriella, Siusa Archivi Beni Culturali
  23. Lucia Sarzi. Partigiana e attrice girovaga, Rai Cultura
  24. Benedetta Tobagi, La resistenza delle donne, Einaudi, 2022, pp. 24-25
  25. 25,0 25,1 A guardar le nuvole, pp. 243-245.
  26. 25 Aprile, la lotta di liberazione dal nazi-fascismo in Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna
  27. Teresa Vergalli, Una vita partigiana, Mondadori, 2023, capitolo I Era l’altro secolo
  28. Simonetta Fiori, Aspettando il 25 aprile: Teresa Vergalli, ora e sempre partigiana, La Repubblica, 2 aprile 2023

Bibliografia[modifica]

  • Caterina Liotti (curatrice) Angela Remaggi (curatrice), A guardare le nuvole. Partigiane modenesi tra memoria e narrazione, Carocci (2004), ISBN 9788843029617
  • Roberta Pinelli, Dizionario biografico delle donne modenesi, Elis Combini editore in Modena (2019), ISBN 9788865091838
  • Teresa Vergalli, Una vita partigiana, Mondadori (2023), ISBN 9788835724698
  • Benedetta Tobagi, La resistenza delle donne, Giulio Einaudi editore, 2022, ISBN 9788858440810